Nautilus n.37 - luglio 2024

Girerai il mondo …

di Francesco Viegi

“Vieni a Ingegneria, Girerai il mondo” c’era scritto in alto sul muro dell’aula B11 in via Dio Ti Salvi a Pisa.

Non mi ero iscritto per quello, ma è stata una giusta profezia.

Più di vent’anni dopo la laurea posso dire di aver viaggiato molto per lavoro, facendo anche alcune lunghe esperienze di vita all’estero. Ho iniziato con i miei genitori da bambino ed ho continuato a farlo a lungo come ‘turista’, ma vivere in un altro paese è tutta un’altra cosa. Il fatto che la ragione primaria della presenza in quel luogo sia di natura lavorativa comporta un'integrazione ed un radicamento assolutamente impossibile per un turista, per una questione sia di tempi che di modi.

Sud Africa, Bulgaria, Canada, Stati Uniti, Trinidad e Tobago … solo alcune delle tappe del mio viaggio professionale che inevitabilmente è diventato anche personale.

“Il fascismo si vince leggendo, il razzismo viaggiando” avevano scritto sui muri della facoltà di filosofia. 

Tutto vero.

Per lavorare in un altro paese devi poter interagire appropriatamente e proficuamente con gli altri lavoratori del luogo. C’è solamente un modo: aprirsi all’ascolto. Comprendere. Cercare nei primi mesi di capire la loro cultura. E’ questa la chiave del cambiamento. Una chiave duplice, perché se da una parte ti fornisce gli strumenti per agire nel tuo contesto lavorativo apportando cambiamenti efficaci, dall’altra modifica te stesso. 

Nautilus n. 37 - luglio 2024

Che viaggio strano, quando tornerò poi lo rifarò.[1] 

Su Come cambiare la tua mente di Michael Pollan, Adelphi, 2019 

di Patrizia Lessi 


Che il concetto di trip nel nostro paese sia ancora saldamente ancorato agli effetti negativi dell’assunzione di sostanze allucinogene lo si evince dalla traduzione in italiano di How To Change Your Mind, titolo del bestseller internazionale di Michael Pollan pubblicato nel 2018 da Penguin Books Ltd, tradotto in svariate lingue e divenuto nel 2022 una delle docuserie di Netflix più apprezzate dal pubblico.  Va da sé che tradurre letteralmente quel titolo in Come cambiare la tua mente non sia sbagliato, ci guardiamo bene dal bacchettare l’ottima traduzione di Isabella C. Blum per Adelphi, tuttavia How to change your mind nel parlare comune significa più frequentemente e semplicemente Come cambiare idea, concetto che meglio identifica il senso del lungo percorso di ricostruzione fatto da Pollan a proposito della ricerca scientifica sugli psichedelici in relazione alle idee collettive di “coscienza, morte, dipendenza, depressione e trascendenza”[1]. Questo testo è ben lungi dall’essere un manuale di self-help in cui trovare teorie su come l’assunzione di allucinogeni possa aiutare nella crescita personale o nel superamento di traumi e patologie, né è un manifesto a difesa dell’uso di droghe. 

Nautilus n. 37 - luglio 2024

Viaggiare migrante

Voci dalle rotte di mare

di Barbara Borgi

Viaggio, estate, mare. Con un esercizio associativo degno di un settimanale scandalistico, apro con questa triade dal cui appeal pochi di noi possono dirsi immuni: tra le più evocative, mai fuori moda, declinata in formato pop, disponibile in versione vip, accende un immaginario ancestrale, mitologico, colto e, insieme, si strizza da un tubetto di plastica rosa fluo, pronta all'uso, instagrammabile. Perfetto incastro con la triade appena presentata, un altrettanto caratteristico e giustificato insecchirsi della forza vitale, un afflosciarsi dell'essere tutto, capace di assolverci - all'occorrenza e meglio del solito - dagli sforzi di coscienza e autoformazione, dalle fatiche emancipatorie altrui.

 

Ricordo precisamente quel tipo di mollezza estiva, appiccicosa e salmastra, quando la mia personale associazione è saltata, rendendomi impossibile tornare a pensare al viaggio, al mare - al mio mare - come avevo fatto fino ad allora. Era uno dei miei tanti andirivieni in nave sulla linea Patrasso - Ancona con scalo a Igoumenitsa. Lo scalo era una parentesi breve, giusto il tempo di imbarcare qualche turista che non aveva consumato le mete greche più "in" sull'Egeo, ma soprattutto i camion. Lì, affacciata sul ponte, mentre osservavo svogliatamente la stiva inghiottire i veicoli, ho visto per la prima volta quelli che poi sono stati definiti "ragazzi delle reti" (di cui si è parlato intorno al 2010 grazie a monitoraggi pluriennali e report di attiviste/i e giornaliste/i indipendenti, intervenuti sul campo - con copertura quasi nulla sui canali mainstream). 

Nautilus n. 37 - luglio 2024

Guido Piovene, viaggiatore in Italia

Il progetto radiofonico della RAI

di Arianna Brazzale

Nel maggio del 1953 lo scrittore e giornalista vicentino Guido Piovene salì a bordo della macchina guidata dalla seconda moglie Mimy e con lei intraprese un viaggio di tre anni, che sarà ricordato come una vera impresa di avvicinamento e restituzione delle diverse realtà sociali che durante il secondo dopoguerra animavano la penisola. L’incarico di realizzare un reportage dettagliato che raccontasse i diversi volti degli italiani che in quegli anni erano i protagonisti, da Nord a Sud, delle contraddizioni del periodo della ricostruzione e del boom economico era stato affidato a Piovene dalla RAI, che intendeva realizzare un ciclo di episodi per una trasmissione radiofonica finalizzato a far conoscere l’Italia ad un pubblico di ascoltatori ampio e variegato, che iniziava ad essere intercettato dai programmi di divulgazione culturale di massa.

La trasmissione andò in onda dal 1954 al 1956 ed ottenne un tale riscontro da pubblico e critica che il materiale raccolto fu utilizzato e affinato dallo stesso Piovene per pubblicare nel 1957 “Viaggio in Italia”, uno dei più significativi e influenti lavori documentaristici del secondo Novecento.

Nautilus n. 37 - luglio 2024

Viaggiare?

di Marco Giovagnoli

Agli inizi degli anni Ottanta del Novecento, in quello che sarà il suo ultimo lavoro (incompiuto a causa della sua morte), Italo Calvino fa riflettere il suo protagonista senza nome sulle motivazioni del viaggio. Siamo nel racconto che dà il titolo al libro, Sotto il sole giaguaro, dedicato al gusto (il libro era un progetto sui cinque sensi, che si è fermato all’odorato e all’udito, oltre a quello del racconto in questione), in un Messico lussureggiante di stimoli e di luoghi da conoscere. Ma è proprio su questo che si appunta il pensiero di uno dei due viaggiatori – l’altra è la sua compagna di viaggio e di assaggi, Olivia – sulla ratio, oggi, di spostarsi per vedere luoghi che “senza muoverti dalla tua poltrona” si possono conoscere con la televisione (e non eravamo ancora nell’era social). L’unico, valido motivo per il Nostro è spostarsi per assaggiare (“inghiottire il paese visitato, nella sua fauna e flora e nella sua cultura”, con una sfumatura antropofaga che si capirà bene nel prosieguo del racconto) il cibo, nella sua immensa ed irreplicabile diversità e pregnanza di significati (non vale andare in quelli che oggi noi chiamiamo ‘ristoranti etnici’ sotto casa, perché, dice il narratore, falsano talmente tanto la realtà che “equivalgono non a un documentario ma una ricostruzione ambientale filmata in uno studio cinematografico”).

Nautilus n. 37 - luglio 2024

Donne con la penna 

Viaggiatrici nell’Italia del Grand Tour 

di Stefano D’Atri

Verso la fine del XVII secolo, e soprattutto nel secolo successivo, comincia ad essere un fatto di moda scrivere e pubblicare memorie di viaggio. Poco alla volta diventa un genere letterario che obbedisce a norme proprie, ma con una sostanziale differenza: nei testi settecenteschi c’è un’oggettività analitica e descrittiva, che lentamente si trasforma in ricerca al fondo della individuale emotività del viaggiatore (De Seta). 

Si viaggia per i motivi più diversi: necessità, studio, diletto, conoscenza e curiosità. A volte per molte di queste cose insieme. Viaggiano uomini e donne e spesso vanno in Italia, alla scoperta (o riscoperta) del mondo classico. Quella che i loro sguardi catturano è spesso una realtà quasi uguale a se stessa,  stereotipata, ma non sempre è così: esistono sguardi “diversi” e sono soprattutto sguardi femminili (d’Atri).

Nautilus n. 36 - giugno 2024

La “rigenerazione degli spazi” del diritto d’autore

Come l’apertura alla concorrenza ha sciolto l’ultimo grande monopolio Italiano

di Gianluca De Vito Franceschi

L’autorità garante della concorrenza e del mercato, con delibera del 2 settembre 2018 afferma:

a) la Società Italiana degli Autori ed Editori ha posto in essere, almeno dal 1° gennaio 2012 e tuttora in corso, un abuso di posizione dominante contrario all’art. 102 TFUE, riconducibile a un’unica e complessa strategia escludente dei concorrenti nei mercati relativi ai servizi di intermediazione dei diritti d’autore e del servizio di tutela dal plagio e consistente nell’imposizione di vincoli nell’offerta di servizi diversi nella gestione dei diritti d’autore, di vincoli nell’offerta di servizi di gestione dei diritti d’autore e il servizio di tutela dal plagio, di vincoli nella gestione dei dirittidi autori non iscritti alla SIAE nonché di ostacoli ai concorrenti nel rilascio di licenze ad emittenti TV e nella gestione di repertori di aventi diritto stranieri

 

In questo modo e con una multa “simbolica” dovuta comunque alla complessità e alla storicità della questione, il garante della concorrenza e del libero mercato (AGCM) nel lontano 2018 aveva stabilito che la SIAE occupava una posizione dominante nel mercato dei diritti d’autore e, su questa base, aveva sancito l’adesione immediata della stesso società alla Direttiva 2014/26/UE (detta altresì direttiva Barnier). 


Nautilus n. 36 - giugno 2024

Il MAI. Museo ArcheoIndustriale di Terra d’Otranto a Maglie

di Antonio Monte

Un Museo che racconta la storia di un territorio e le aziende che hanno creato la Maglie industriale.

Il MAI è stato istituto per fare conoscere vicende, protagonisti e aspetti della storia imprenditoriale di Terra d’Otranto e in particolare della città di Maglie; contribuendo così a documentare parte del processo di industrializzazione della Puglia e liberarsi da un pregiudizio costituito dal fatto che per industria si sono intese e s’intendono le grandi realtà produttive sorte nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento. 

 

Nella città di Maglie si è dato vita ad imprese minori derivanti dalla tradizione manifatturiera locale, ad un artigianato di qualità che si è trasformato, nel tempo, in delle piccole industrie; aziende che hanno operato in stretto contatto con le produzioni agricole.

Già a partire dalla metà del secolo XVIII a Maglie erano visibili i primi germi di un artigianato di qualità che era quasi sconosciuto al resto del Salento, dove la principale occupazione restava l’agricoltura. 


Nautilus n. 36 - giugno 2024

Il ferro e il ghiaccio

Da lughi di lavoro a itinerari culturali nell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese 

di Manuela Geri

Sulla Montagna Pistoiese da tempo si è sviluppata una realtà museale concreta e attiva, nata a fine anni ’80 del 1900 con l’obiettivo di valorizzare quel territorio, documentando il passaggio da una economia agro-silvo-pastorale e protoindustriale ad una economia postindustriale. Parlo dell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, che negli anni ha recuperato ambienti, luoghi del lavoro, memorie, itinerari, ponendo a fondamento del proprio lavoro una chiave interpretativa, ovvero il rapporto tra uomo e ambiente: in una interazione continua, l’attività umana ha modellato il paesaggio, mentre le risorse ambientali hanno consentito la nascita di economie, usanze e culture molteplici.

Quando ha preso vita (era il 1989) questo progetto museale ha rappresentato un apripista (1) il primo caso italiano. Da allora ad oggi c’è stato un lungo e costante lavoro per implementare l’idea, che ha visto coinvolti vari soggetti pubblici, Provincia, i Comuni dell’area montana, la Diocesi, le associazioni locali, i soggetti privati.  Pian piano si è costruita la rete ecomuseale, tassello per tassello, come un puzzle all’interno del quale hanno trovato la propria collocazione e la propria identità mulini, ferriere, ghiacciaie, opifici, beni culturali materiali e immateriali, ambienti naturali, ecc.  

Nautilus n. 35 - maggio 2024

Un'esperienza educativa di ieri con contenuti attuali

di Adolfo Carrari

a Patrizia Rossi e a Claudio Gentili

 

Nell’ambito di un percorso di riflessione sulla figura di Don Milani, il 12 e il 14 aprile 2024 si è svolto a Piombino un seminario di studi dal titolo La scuola dell’andare verso

Il presente articolo, concepito nell’ambito di questo seminario, riguarda un’esperienza degli anni Settanta, quella del Centro Proletario di Cultura a Piombino (CPdC).

Un’esperienza che ho ricostruito non soltanto sulla base della mia memoria e dei ricordi, ma soprattutto sulla base dei documenti fortunatamente conservati e di un periodico pubblicato dal Centro stesso in quegli anni.

Nell’ottobre del 1971 nel quartiere Salivoli aprì un doposcuola gestito da un gruppo di studenti universitari e da alcuni operai di formazione post-sessantottina, che avevano i propri riferimenti nelle esperienze della scuola di Barbiana di Don Milani e della comunità di Don Mazzi nel quartiere dell'Isolotto di Firenze.

Il locale era quello della ex Coop. "La Proletaria", di fronte alla spiaggia di Salivoli, ed era frequentato da 20 ragazzi delle scuole secondarie di primo grado. 

Al tempo il quartiere era formato da un misto di villaggi: Lombriconi, via Salivoli, Diaccioni e intorno la campagna con vigne di ottimo bianco.

Nautilus n. 35 - maggio 2024

Il terzo tempo dell’apprendimento

di Patrizia Lessi

Quanto sono ancora radicati gli stereotipi sulla terza età nell’immaginario comune?

Che sia la signora ad inforcare gli occhiali per fare un cruciverba, o il nonno amorevole che legge fiabe ai nipoti, l’anziano è spesso mostrato nell’atto di mantenere la salute fisica e mentale attraverso continue azioni di conservazione dello status quo: la memoria, le competenze, quanto appreso nell’arco di una vita che non va disperso. Raramente una persona anziana, ad eccezione di una eccellenza in campo intellettuale o scientifico, è descritta in termini di apprendimento attivo, di capacità che con la pratica dello studio possono avere esiti altamente produttivi per la società contemporanea.

 

Fra gli studi più interessanti sul tema vale la pena citare la Stereotype Embodiment Theory della psicologa statunitense Becca Levy che all’interno dell’Universtà di Yale conduce da anni una importante ricerca sul rapporto fra stereotipi, salute e apprendimento nella terza età i cui esiti sono stati recentemente pubblicati in Breaking the Age Code.[1]

Nautilus n. 35 - maggio 2024

Studiare in “cucina”

Il racconto dello chef Sergio Maria Teutonico

di Manuela Militi

Al giorno d’oggi l’appellativo di “chef” non si nega a nessuno. Quanti, almeno una volta, si sono fregiati di questo titolo per aver preparato un piatto particolare o, più semplicemente, una pietanza ben riuscita. In televisione i programmi che hanno il cibo come tema abbondano, si va dallo chef stellato al cuoco improvvisato, attraversando cucine professionali fino a giungere in quelle domestiche. I social non sono da meno: dagli antipasti ai dolci è un continuo esibire pietanze di ogni genere e di ogni luogo, spesso, troppo spesso, opera di dilettanti che si credono padroni dell’arte culinaria. Cucinare, o come diceva mia nonna “far da mangiare” è un’attività che rientra nella quotidianità di molti, indiscutibilmente si acquisiscono delle competenze con la pratica ed è forse questa quotidianità che spinge alcuni a credere di essere dei cuochi provetti.

Ma in quanti sanno o si sono mai chiesti quanto bisogna studiare per diventare un vero esperto dell’arte culinaria?

Nautilus n. 35 - maggio 2024

Il diritto allo studio e il sistema carcerario

di Antonella Balante

Nell'immaginario comune il carcere è inteso quale luogo di espiazione della “giusta pena” comminata al soggetto socialmente pericoloso; fa eco a questa cognizione atecnica il riferimento alla sanzione penale come una “giusta retribuzione”, preordinata alla compressione di ogni diritto soggettivo della persona che varca la soglia dell'istituto penitenziario.

I confini che delimitano nei vari campi scientifici i concetti generali ed astratti di “giusta pena”, di “giusta retribuzione” e di “giusta compressione di ogni diritto” sono fluidi ed oltremodo vari; nella cultura giuridica nazionale ed internazionale è stata introdotta una dimensione evolutiva e dinamica della pena e del trattamento sanzionatorio della persona. Infatti, la Costituzione abbandona l'idea del trattamento sanzionatorio inteso come corrispettivo da comminare in risposta ad un comportamento socialmente dannoso posto in essere dal reo: in tal modo la Carta si distacca dalla mera funzione preventiva, che la pena deve assurgere, e definisce la pena nella sua dimensione polifunzionale prioritariamente volta al “recupero sociale” della persona.

Nautilus n. 35 - maggio 2024

Obiettivo Zero NEET

di Silvia Duranti

Nonostante i giovani rappresentino una risorsa relativamente scarsa nel nostro Paese, ancora oggi molti di loro restano esclusi dai circuiti scolastici, formativi e lavorativi. Si chiamano NEET, acronimo dall’inglese Not in Education, Employment or Training, e secondo gli ultimi dati Istat in Toscana sono circa 55mila, ovvero l’11% dei giovani tra 15 e 29 anni, percentuale che sale al 16% per l’Italia.  


Nel dibattito pubblico i NEET vengono spesso dipinti come giovani “sdraiati”, demotivati e disinteressati, ma il fenomeno è molto più ampio e variegato: si va dal neolaureato o neodiplomato che sta attivamente cercando un lavoro in linea con le proprie aspettative, fino al giovane uscito precocemente dagli studi, che non dispone delle competenze necessarie per entrare nel mercato del lavoro ed è a rischio marginalità. Ma tra i NEET troviamo anche le persone che non lavorano per scelta, ad esempio per dedicarsi alla famiglia, o coloro che vivono di lavoretti saltuari, collocandosi nell’area grigia tra precarietà e disoccupazione. 

Nautilus n. 34 - aprile 2024

Ex GKN: ogni cosa è illuminata nonostante i tempi bui

di Benedetta Celati

“Non siamo qui per intrattenervi” recita,
citando Mark Fisher, il titolo scelto per la seconda edizione del festival di letteratura working class, organizzato da Edizioni Alegre e dal Collettivo Di Fabbrica - Lavoratori Gkn Firenze (insieme alla Società operaia di mutuo soccorso Insorgiamo e all’Arci Firenze), dal 5 al 7 aprile a Campi Bisenzio, davanti al cancello principale di uno spazio diventato ormai il fulcro di moltissime battaglie. 

Come afferma Alberto Prunetti, ideatore e direttore del festival, su Jacobin: «Siamo qui per contribuire, assieme alle lotte sociali, a cambiare i rapporti di forza nella società».

 

L’ambizione è una motivazione, è una direttrice lungo la quale da tre anni si muovono migliaia di persone. L’ambizione è un atto di resistenza. Resistenza delle lavoratrici e dei lavoratori, dell’assemblea permanente più lunga (e più resistente) del movimento operaio italiano, delle tante e dei tanti che ci credono e che hanno fatto diventare quella lotta un simbolo, come ricorda Dario Salvetti, una “questione personale” (la famosa domanda “e tu come stai?”).


Nautilus n. 34 - aprile 2024

Resistere, restare, fare comunità

di Enzo Scandurra

 Resistere è la parola nuova di questo secolo; resistere si può declinare con sopravvivere in un’epoca nella quale la guerra, il genocidio, le deportazioni di massa sono tornate e promettono di estendersi e intensificarsi attraverso l’olocausto nucleare o il collasso climatico. 

Prendiamo atto che tutti i capovolgimenti avvenuti con la violenza (le rivoluzioni) hanno stabilito un nuovo ordine ma, infine, sono falliti. In un momento storico come l’attuale, caratterizzato da una ripresa del fascismo e dalle atrocità delle guerre - usando una categoria non politica, dalla vittoria del Male sul Bene -: è un’opzione praticabile quella di limitarsi a resistere alla barbarie dilagante? O si tratta di rassegnazione? 

Perché tutti i movimenti, per la pace, per il cambiamento, sono destinati a soccombere di fronte al dilagare del neoliberismo, dello smantellamento dello stato sociale, delle disuguaglianze sempre più aspre, delle povertà, del dilagare di un “io” di fronte a un “noi”.

Nautilus n. 34 - aprile 2024

Resistere alla deriva neoliberista

Una riflessione sul ruolo della formazione e della ricerca nel ventennale della Fondazione Metes

di Tina Balì

Dobbiamo prendere atto che negli ultimi cinquant’anni il progetto egemonico che ha preso nome di liberismoha purtroppo stravinto! Come lo definisce la politologa Nancy Fraser “il capitalismo cannibale” o come dice il sociologo e fisico Marco D’Eramo che parla di dominio, si tratta di una guerra invisibile dei potenti contro i sudditi.

Nel disegno e nel programma del capitalismo neoliberista il lavoro è stato sempre più ridotto a merce, lavoro povero, svalorizzato e malpagato, utilizzato come leva per la competizione internazionale e non come strumento di redistribuzione della ricchezza, un mondo in cui la ricerca del profitto e il mercato senza regole producono miliardi di nuovi poveri e mettono in discussione le stesse possibilità della vita umana sul pianeta.

Come è avvenuto tutto ciò? Noi tendiamo ad attribuirlo a megatrends, alla globalizzazione, alla nuova rivoluzione industriale dei computer, a fenomeni oggettivi e statistici, alle crisi. Invece il fatto è che una guerra è stata combattuta. 

Nautilus n. 34 - aprile 2024

La (difficile) resistenza nella società dei consumi di massa

di Marco Giovagnoli

L’aforisma ben noto di Oscar Wilde sull’idea di poter resistere a tutto tranne che alle tentazioni evoca, con felice intuizione, la complessa questione dell’attrattività intrinseca della società dei consumi di massa. Perché proprio sulla desiderabilità del consumo in quanto tale si è costruita una prospettiva difficilmente aggirabile da parte di un sistema di mercato che ha la crescita – della produzione, del fatturato, dei profitti – al centro della propria ragion d’essere. Una crescita fondata sull’attrattività dei prodotti, sulla loro piacevolezza, sulla trasformazione dei desideri in bisogni. Anche il socialismo reale era ossessionato dalla crescita, ma non aveva affatto capito il suo lato sexy: non di solo pane si vive, e ha fatto mancare anche quello, alla fine. Il capitalismo no: ha saputo vendere l’utile e, subito dopo, l’inutile, trasfigurandone lo status; Albert Hirschman lo aveva ben capito nell’applicare il suo straordinario schema exit, voice and loyalty al crollo subitaneo del sistema sovietico e dei suoi satelliti; voglia di libertà, sì, ma anche di entrare al Kaufhaus des Westensdi Berlino Ovest e immaginare (in un primo momento solo immaginare) di scivolare tra i piani di quel magnifico edificio traboccanti di beni più o meno necessari, di vestiti di lusso e di grassi salsicciotti, di ammennicoli vari e di bella gente del ‘mondo libero’. 

Nautilus n. 34 - aprile 2024

Scurati, RAI…e della necessità di resistere. 

di Marco Bracci

Stop della Rai al monologo sul 25 aprile, scontro tra Scurati e Meloni

L'opposizione: 'È censura'. L'azienda nega: 'Voleva troppi soldi'. Bortone legge il testo in trasmissione (ANSA).

 

Questa notizia riferisce di uno dei fatti più rilevanti accaduti nella seconda metà di questo mese di Aprile 2024, in questa Italia che si appresta a celebrare il 25 Aprile, che forse alcuni vorrebbero solo celebrare come festa di San Marco; ma dato che non tutti gli italiani sono veneziani è forse utile ricordare “il 25 Aprile” non soltanto come una data, ma come una data storica, un momento epocale, uno spartiacque per l’Italia, un nuovo avvio per il nostro Paese che nel 1945 poteva iniziare a guardare al futuro con occhi diversi, sicuramente non più con occhi “fascisti”. Sto semplificando troppo? Beh, forse è vero, ma i lettori di Nautilus mi perdoneranno se in questo caso mi permetto di farlo. 

 

Nautilus n. 34 - aprile 2024

Resistenza

di Elio Vernucci

La resistenza con cui ho fatto i conti quasi quotidianamente è quella che Freud definiva come “tutto ciò che l’inconscio frappone al suo disvelamento”.   Inconscio che quando ha paura di essere scoperto pesca nel suo repertorio dialettico con raffinatezza causidica e estemporanea improntitudine...La Resistenza di cui voglio parlare, nei giorni in cui altri, più appropriatamente di quanto senta di poter fare io, parleranno e scriveranno della LIBERAZIONE, è una mia resistenza attuale.  Dalla quale non so se uscirò vincitore o sconfitto. E che sicuramente sta logorando le mie fibre nervose. Parlo della mia privata resistenza alla Pubblicità. La scrivo con la maiuscola perché la sento come una Persona reale che non ha cognome ma sicuramente ha un corpo, una mente. Una mente perversa e crudele. Che ricorre anche a metodi subdoli e violenti. 



Nautilus n. 34 - aprile 2024

Costruire il diritto all'abitare

di Carlo Cellamare

Come noto, in Italia non si fanno politiche per l’abitare da molti anni. Il diritto all’abitare sta diventando progressivamente nel tempo un fattore di diseguaglianza e una possibilità concreta e di qualità per sempre meno persone.

Un’ingiustizia sofferta in primo luogo dai più vulnerabili, ma che coinvolge, quindi, in misura crescente fasce sempre più ampie di popolazione che per via delle loro condizioni non possono accedere e vivere in case dignitose, sicure, salubri ed economicamente sostenibili. Un’ingiustizia alimentata per di più, dalla carenza e cattiva qualità dei servizi essenziali disponibili (scuola, mobilità, salute). Si pone quindi l’attenzione sull’accesso ad un abitare funzionale e sostenibile, come diritto, ma anche come strumento di contrasto delle disuguaglianze e supporto a processi di crescita individuale e della società in senso lato.

Questa situazione non è frutto di casualità ma l’esito di un lungo concatenarsi di scelte susseguitesi nel tempo: a partire dagli anni ‘90 il problema della casa gradualmente scompare dall’agenda pubblica e dal dibattito disciplinare, con una drastica contrazione dei finanziamenti, della produzione di nuove abitazioni di edilizia residenziale pubblica e delle attività di riqualificazione e adeguamento del patrimonio esistente.

Nautilus n. 34 - aprile 2024

La resistenza per una vera democrazia in Mozambico

di Ivan Pereira

Il tema della resistenza in Mozambico non consiste in una novità: pensiamo in primo luogo alla grande lotta contro il colonialismo portoghese, dove sono esistite diverse forme di manifestazione e resistenza a livello economico, sociale e culturale che hanno condotto il Paese alla indipendenza. La resistenza, quindi, rappresenta un segno importante per il popolo mozambicano. Diverso è parlare della resistenza del dopoguerra, che possiede invece un carattere ben diverso. 

Guardando la genesi del processo di democratizzazione in Mozambico, possiamo vedere che è stato un processo estremamente faticoso e che ha condotto ad una guerra chiamata ‘dei 16 anni’. Fin dalle sue origini, l’agenda internazionale dell’ONU per la costruzione della pace si è basata fondamentalmente sulla promozione della democrazia, anche se intesa in modo minimalista, con particolare attenzione alle procedure istituzionali, come lo svolgimento delle elezioni. 

Nautilus n. 34 - aprile 2024

Resistere nell'epoca della crisi climatica

di Leonardo Lovati

Resistere oggi significa valorizzare la fragilità dei nostri legami con le persone e gli ambienti che viviamo. L’unico merito che si può attribuire alla crisi climatica è quello di aver riposizionato l’ego umano, ridando la consapevolezza di quanto sia fragile e interdipendente la sua esistenza. Non era così scontato fino a qualche anno fa che la “natura” si sarebbe ripresa quello che le abbiamo tolto a colpi di catastrofi naturali. Pensavamo però che la fine dell’essere umano fosse stata per mano dell’essere umano stesso, e in questo avevamo più o meno ragione. Modificando così tanto gli equilibri terrestri, l’essere umano è il colpevole di questa crisi mastodontica, ma allo stesso tempo non sarà stata un’azione diretta di qualche Capo di Stato, come potrebbe essere il lancio di una atomica (situazione, comunque, non da escludere a priori data l’aria che tira), a creare i maggiori danni, ma il mondo naturale che pensavamo di controllare. Questa riacquisizione del potere del non umano è una fonte di angoscia molto profonda perché archetipica. 

Nautilus n. 33 - marzo 2024

One Health e diritto: sono rose e fioriranno

di Flaminia Aperio Bella

Il termine One Health (OH) è diventato “mainstream” nel dibattito pubblico, specialmente dopo la pandemia da Covid-19. Inizialmente noto solo tra epidemiologi, medici e veterinari, il termine ha fatto irruzione nel linguaggio dei politici, dei documenti di policy e anche della legge, in combinazione con la crescente consapevolezza che esiste una sola salute che lega tutti gli abitanti del nostro Pianeta e, dunque, che la salute umana non può più essere considerata (né tutelata, come si vedrà) isolatamente, senza tenere conto delle connessioni con quella animale e degli ecosistemi.

 L’idea che le minacce per la salute debbano essere affrontate valutando l’interrelazione tra la dimensione umana, animale e ambientale non è affatto nuova nelle scienze naturali. Le radici del concetto possono farsi risalire addirittura a Ippocrate, che già prospettava l’idea che tutte le creature viventi condividessero la stessa anima (Zinsstag, 2020). 

Nautilus n. 33 - marzo 2024

Il progetto BES dell’Istat per la misura del benessere equo e sostenibile

Luigi Costanzo (*), Alessandra Ferrara (*)


Il progetto BES (Benessere Equo e Sostenibile) è stato avviato in Italia nel 2011, su iniziativa congiunta di Istat e CNEL[1], sulla scia del dibattito internazionale sul tema going beyond the GDP, con l'obiettivo di "misurare e valutare il progresso della società italiana" mettendo in atto, nell'ambito delle statistiche ufficiali, la produzione regolare di un insieme di indicatori di benessere, da affiancare alla misura classica del Prodotto interno lordo (PIL). Il progetto muove dai risultati della Commissione sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale (Commissione Stiglitz, 2008).[2] Alla fine del 2011 è stata istituita una Commissione scientifica, aperta ai rappresentanti di un'ampia gamma di organizzazioni della società civile, e nel marzo 2013 è stato pubblicato un primo rapporto sul "benessere equo e sostenibile in Italia".[3]

L'idea alla base del progetto è che il PIL venga impropriamente utilizzato ben oltre il suo scopo originario, basandosi sul presupposto che il benessere di una popolazione sia una funzione lineare della sua produzione di beni e servizi. Per una serie di ragioni, dopo la Seconda Guerra Mondiale il PIL è diventato il principale parametro di riferimento per la definizione delle politiche a livello mondiale, nonostante persino l’economista[4] che per primo lo aveva proposto nel 1934, aveva messo in guardia contro il suo utilizzo come misura del benessere. 

[1] Alla fine del 2011 è stata istituita una Commissione scientifica, coordinata dall’Istituto Nazionale di Statistica e dal Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro e aperta ai rappresentanti di un'ampia gamma di organizzazioni della società civile; nel marzo 2013 è stato pubblicato un primo rapporto sul "benessere equo e sostenibile in Italia. Per saperne di più sul progetto BES, si veda Istat, LA MISURAZIONE DEL BENESSERE https://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/la-misurazione-del-benessere-(bes).[2] Per consultare il Rapporto finale della Commissione si veda https://ec.europa.eu/eurostat/documents/8131721/8131772/Stiglitz-Sen-Fitoussi-Commission-report.pdf[3] Istat e CNEL (2013). Per saperne di più sul progetto BES, si veda Istat, LA MISURAZIONE DEL BENESSEREhttps://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/la-misurazione-del-benessere-(bes)[4] Simon Smith Kuznets (1934), p. 7 ("Il benessere di una nazione può difficilmente essere dedotto da una misura del reddito nazionale").

Nautilus n. 33 - marzo 2024

La persona al centro del processo di cura

di Antonella Golino


La concezione di salute costituisce un intricato concetto in costante mutamento, plasmato in relazione al contesto sociale circostante. Quest’ultimo ha il compito di riformulare e affrontare le esigenze mediche e sanitarie che si manifestano nel corso del tempo, contribuendo così a ridefinire il significato stesso di salute.

La salute dipende dalla sua definizione teorica, dagli strumenti che si adottano per osservarla e misurarla e dai modelli analitici che si impiegano per spiegarla e comprenderla. È dunque un concetto sociale, in quanto fortemente dipendente dal contesto socio ambientale in cui viene a modellarsi. Il concetto di salute evolve infatti, ad opera di coloro che sono più attivi istituzionalmente nell’ambito e cambia nel tempo, a causa degli attori sociali che, all’interno della divisione sociale del lavoro, tendono occuparsi di quelle indispensabili funzioni di sopravvivenza e riproduzione biologica e psicologica della società, ovvero i medici e gli esperti (Sarti, Terraneo, 2023).

La relazione che s’istaura tra il cittadino e il professionista della salute, o meglio, il rapporto tra medico e paziente, nel corso del tempo ha abbandonato il tono paternalistico che lo connotava, e recentemente, l’orientamento biomedico, per indirizzarsi sul paziente diventato sempre più persona.

Nautilus n. 33 - marzo 2024

La sicurezza è rock!

di Stefano Pancari

Benessere, ovvero stare bene. Non è forse il minimo comun denominatore dei desideri di tutte le persone? A prescindere da quali siano le modalità e gli obiettivi con cui lo perseguiamo, questo è il nostro scopo più profondo dal momento in cui ci alziamo fino alla fine della nostra giornata, lavoro compreso. Perché lavoriamo? I motivi sono tanti e ognuno di noi ha una classifica diversa, ma di sicuro lavoriamo per onorare i nostri bisogni economici primari come un affitto, mangiare, le bollette, facendoci sentire al sicuro da eventuali preoccupazioni. Lavoriamo per senso di responsabilità, per garantirci uno stile di vita dignitoso, per soddisfare i bisogni di figlie e figli, i loro studi e per supportarli nel loro percorso verso l’età adulta. Lavoriamo per toglierci qualche sfizio, sia esso una vacanza, una cena con gli amici, un’automobile, l’abbonamento allo streaming tv, piuttosto che il corso di cucina. Da ultimo, ma non per ultimo, lavoriamo per avere soddisfazioni personali, di crescita, di contributo per la società e, in ogni caso, per dare un senso alla nostra vita e per sentirci realizzati

Nautilus n. 33 - marzo 2024

Salute e sanità

di Massimo Catarini

Queste due parole vengono spesso utilizzate come sinonimi ma non lo sono, perché nonostante siano legate l'una con l'altra esprimono due concetti ben distinti e con differenze significative. La salute è insita nel concetto di umanità, mentre la nascita della sanità come sistema organizzato e diffuso su tutto il territorio, che dà risposte alla malattia e promuove la salute dei cittadini, avviene a cavallo tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900.

 

Evoluzione del concetto di salute

Il concetto di salute risente della cultura e delle conoscenze della natura da parte dell'umanità e si evolve nei periodi storici. Nelle popolazioni antiche è predominante la concezione magica della salute, che viene considerata dono degli Dei; nel MondoGreco è l'armonia tra micro e macrocosmo (Epicuro), per Galeno, che instaura il metodo osservazionale filosofico-razionale, la salute entra in una fase di separazione con la malattia; Catone, nella Roma imperiale, identifica la malattia come prova e la salute è considerata un bene comune, in particolare quella dei soldati che va perseguita; in Occidente, nel Medioevo, prevale l'influsso religioso: la malattia viene identificata come volontà di Dio.

Nautilus n. 32 febbraio 2024

Quale genere di ecologia? L’ecofemminismo come controcultura per la sostenibilità

di Marco Giovagnoli

L’approccio ecofemminista rappresenta una linea di pensiero che si avvicina al gruppo di ecologie non ambientaliste e può essere considerato una specificazione dell’idea di ecologia sociale, anche se in realtà alcuni temi sono molto vicini agli approcci più profondi (Deep Ecology), con al centro il tema del dominio, le cui radici vanno fatte risalire all’ordine patriarcale, al dominio del maschile sul femminile. All’origine della storia umana vi sarebbe, secondo l’approccio ecofemminista, l’alleanza tra donna e natura, una relazione spezzata dall’avvento del dominio maschile. La natura è sin dagli inizi Madre Terra (Demeter nel greco classico), la madre vivente e nutrice che dà conto del regime matriarcale “prestorico”; il rovesciamento maschile del matriarcato conduce all’instaurazione di una società guerriera con il dominio dei maschi adulti ed anziani sul resto della società stessa, come sostenuto dal filosofo e sociologo anarchico Murray Bookchin. Tuttavia tale rovesciamento ha un forte connotato simbolico, oltre che “pratico”, poiché la Natura–Terra/Madre/Donna viene desacralizzata e trasformata da principio vitale a materia inerte, un processo che viene definitivamente legittimato con le metafore cinque-seicentesche (di stampo cartesiano e baconiano) della natura-donna che deve essere soggiogata dalla mente-uomo attraverso processi di dominio vicini allo stupro e alla violenza, e trova infine il proprio campo d’azione più consono negli imperativi capitalistici di sfruttamento, come sostenuto ad esempio dalla scienziata indiana Vandana Shiva

Nautilus n. 32 febbraio 2024

Donne e Istituzioni. Gocce di fiducia

di Sabrina Lallitto


Nella storia delle istituzioni le donne sono state spesso rappresentate come figure marginali o semplici spettatrici di un mondo dominato dagli uomini. Tuttavia la realtà è molto diversa. Nel corso del tempo, le donne hanno lavorato instancabilmente per guadagnare un posto al tavolo delle scelte, influenzando politiche, decisioni e cambiamenti sociali in modo significativo. 

Donne come Tina Anselmi, Nilde Iotti, Lina Merlin continuano ad essere, fuori dagli schemi dei partiti, donne che hanno profondamente segnato le istituzioni e la vita sociale dell’intero Paese.

Nel 1977, Tina Anselmi fu tra i primi firmatari della legge italiana che apriva alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro, nell'ottica di abolire le discriminazioni di genere fra uomo e donna, fu sempre lei che diede impulso alla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale e fu firmataria, nel 1978, della legge per l’interruzione volontaria di gravidanza; a Nilde Iotti dobbiamo l’introduzione del divorzio nell'ordinamento giuridico e a Lina Merlin, prima donna ad essere eletta al Senato della Repubblica, si deve la nota Legge che porta il suo nome sulla chiusura delle case di tolleranza.

Leggi che hanno cambiato i lineamenti di un Paese che cresceva ad una velocità frenetica e il corso della vita sociale.

Nautilus n. 32 febbraio 2024

L’Europa delle donne riparte dalla lotta alla violenza e agli stereotipi di genere 

di Federica Di Sarcina


Il 5 marzo 2020, la Commissione europea – presieduta per la prima volta in 60 anni da una donna, Ursula von der Leyen, figura chiave nella Germania di Angela Merkel – ha approvato un nuovo piano per l’uguaglianza di genere (COM 2020 152 final), rinnovando profondamente l’approccio strategico dell’Unione europea in materia di parità tra i sessi. Del tutto in linea con quanto annunciato da von der Leyen negli orientamenti politici della Commissione attualmente in carica – “Non dobbiamo aver paura di essere fieri di dove siamo arrivati o di essere ambiziosi per il nostro futuro” – il nuovo piano rilancia la sfida per una “unione dell’uguaglianza” a partire dalla lotta alla violenza e agli stereotipi di genere. 

 Fin dalle sue origini (1958), la Comunità/Unione europea (CEE/UE) ha prestato un interesse crescente verso la condizione femminile. Dapprima limitato agli aspetti salariali e lavorativi,  l’attenzione dell’UE nei confronti delle «questioni di genere» si è progressivamente ampliata e l’uguaglianza tra i sessi è divenuta una delle cosiddette cross cutting issues del processo di integrazione europea, al pari delle questioni ambientali

Nautilus n. 32 febbraio 2024

Che lavoro fai? La calciatrice….

Di Marco Bracci 

1 luglio 2022. Inizio di una nuova era (almeno sulla carta). Il calcio femminile diventa sport professionistico, dopo decenni di ipocrisie e di sacrifici non ripagati, soprattutto dal punto di vista di vista economico. Uno sport, il calcio, che in Italia si è sviluppato a livello amatoriale e professionistico ribadendo diseguaglianze di genere e un neanche troppo velato sessismo, anche perché “il pallone” da noi è sempre stato considerato uno sport per uomini, anzi, uno sport “maschio”. Ricordiamo ancora l’uscita poco felice dell’ex Presidente della FIGC Carlo Tavecchio – sfiduciato e costretto a dimettersi nel novembre 2017 dopo la clamorosa mancata qualificazione della Nazionale maschile alla fase finale del Mondiale 2018 - che nel corso di un’intervista rilasciata a Report di Rai 3, dichiara: 

"Noi siamo in questo momento protesi a dare una dignità anche sotto l'aspetto estetico della donna nel calcio", la giornalista incalzava chiedendo "In che senso sotto ‘l'aspetto estetico?’". La risposta del dirigente Figc fu netta: "Perché finora la donna si riteneva un soggetto handicappato rispetto al maschio sulla resistenza, sul tempo ed espressione anche atletica, invece abbiamo riscontrato che sono molto simili".

Nautilus n. 31 gennaio 2024

Uno sguardo sociologico sull'abitare

di Claudia Della Valle

Il tema dell’abitare, negli ultimi anni, sta assumendo una sempre maggiore centralità tanto del dibattito pubblico quanto in quello accademico. A fronte di questa crescente attenzione, tuttavia, la questione di cosa si intenda per abitare è ancora oggetto di riflessioni e interpretazioni plurali. Ne sono un esempio i diversi ambiti disciplinari che hanno affrontato il tema: se le scienze sociali si sono occupate di catalogarne i modelli, definirne le modalità, scandagliarne le implicazioni, ricostruirne il percorso storico e le figurazioni dominanti, restando però spesso ai margini del suo significato, discipline come l’architettura e il design, chiamate a rendere concreto l’abitare, non sono riuscite a chiarirne fino in fondo la sua reale natura e andare oltre il progetto dell’abitazione.

Una tale difficoltà di definizione trova la sua ragione nella complessità e multidimensionalità del tema. L’abitare può infatti essere descritto in molti modi ma è estremamente difficile racchiuderlo in una definizione unitaria ed esaustiva. Non solo perché il senso dell’abitare non è univoco, bensì espressione culturale e dell’organizzazione sociale frutto di un lungo processo di trasformazione, ma soprattutto perché si tratta di un fenomeno che ci appartiene troppo intimamente affinché sia possibile spiegarlo fino in fondo. 

Nautilus n. 31 gennaio 2024

SALUS SPACE: un servizio pubblico innovativo gestito con gli strumenti dell’amministrazione condivisa

di Giuseppe Melucci

Salus Space è uno dei tanti progetti di rigenerazione urbana che, in modo più o meno efficace, stanno provando a ricucire gli strappi del tessuto urbanistico e sociale delle aree metropolitane del nostro Paese.

La peculiarità di Salus Space risiede nella sperimentalità che ne caratterizza la genesi, la governance pubblico-privata e l'oggetto stesso del servizio erogato.

Salus Space nasce nell’estrema periferia est di Bologna, nel Quartiere Savena, dove era allocata un’ex clinica privata denominata “Villa Salus”, che da molti anni versava in uno stato di abbandono e degrado e che era diventata fonte di forte preoccupazione per la cittadinanza e per l’Amministrazione comunale.

Nel gennaio del 2017, grazie all’opportunità offerta dal primo bando europeo del Programma U.I.A. (Urban Innovative Actions), il Comune di Bologna ha avviato una coprogettazione sperimentale (il Codice del Terzo Settore sarà promulgato solo nel luglio del ‘17), che ha coinvolto 16 partner pubblici e del privato sociale e i cittadini del Quartiere, al fine di costruire insieme un nuovo spazio innovativo nel quale l’accoglienza di migranti e rifugiati si incrociasse con il lavoro, il welfare interculturale, ma che al contempo fosse anche un luogo di benessere collettivo per la Città.


Nautilus n. 31 gennaio 2024

ABITARE IL FUTURO

di Jacopo Bertocchi

Evocare il “futuro” è una pratica che rende immortali gli uomini attraverso l’inganno.   

Un paradosso in cui l’incertezza prevale sullo stato delle cose certe dando sollievo allo spirito, soprattutto se lo scenario “presente” si presenta complesso e angosciante. Ancor più difficile diventa immaginare un futuro prospero se analizziamo i macro-eventi che stanno investendo l’Umanità in questi anni. Gli analisti hanno già pensato ad una denominazione per il futuro che ci attende: “il decennio perduto”. Il termine è stato coniato dagli scienziati del National Center for Climate Restorationaustrialiano che ha previsto il 2050 come l’anno del collasso dei principali ecosistemi terrestri: dall’Artico all’Amazzonia, alla Barriera corallina. Nei prossimi decenni una crisi idrica senza precedenti e l’avanzamento dei deserti nelle zone oggi densamente popolote produrrà miliardi di profughi climatici. I venti di guerra non si placheranno, ai conflitti mediatici tornati alla ribalta e piegati da una comunicazione intermittente, si sommano gli altri silenziati che permangono nelle aree più lontane: 22 quelli ad alta intensità nel 2021 (report sui conflitti dimenticati di Caritas). Con l'Ucraina si arriva a 23. Tenendo in considerazione anche le crisi croniche e le escalation violente se ne contano 359 nel 2020, milioni e milioni di morti. Nel luglio 2023 ONU (Italia) lancia l’allarme fame nel Mondo: sono circa 735 milioni le persone che ne soffrono, circa 122 milioni in più rispetto al 2019.

[Nell'immagine a fianco "In cammino", opera di Marcello Scaselli, 2022]

Nautilus n. 31 gennaio 2024

Se lo spazio pubblico non è bene comune, l’abitare va in crisi

di Fausto Carmelo Nigrelli

 
Per il vocabolario Treccani “abitare” è solo un verbo che può essere transitivo (“avere come dimora”) oppure intransitivo (“risiedere, alloggiare, cioè avere la propria casa in un luogo o in una zona”).
Ma l’abitare, il sostantivo, cioè, cosa significa?
È sufficiente fare riferimento alla casa? O è qualcosa di più ampio e complesso?
Si tratta di riflessioni la cui rilevanza è direttamente proporzionale alla banalità che sembrano sottintendere.
Abitare significa, per dirla con Villani, declinare la propria esistenza all’interno di uno spazio che trasformiamo in luogo, cioè – e qui ci aiuta il notissimo ed equivocatissimo Norberg-Schulz – in «un fenomeno qualitativo, che non può essere ridotto a nessuna delle sue singole caratteristiche, come ad esempio quella delle relazioni spaziali, senza perdere di vista la sua natura concreta».
L’abitare, dunque, è l’azione, squisitamente umana, di costruire relazioni materiali e immateriali, fisiche e culturali, all’interno di uno spazio dato o scelto, con oggetti preesistenti e oggetti costruiti, e con le persone che lì erano prima, che lì sono con noi o che verranno. Esso si svolge nel e produce il luogo, spazio funzionale e simbolico, culturale, al tempo stesso. Per questo Heiddeger può affermare che «l’essenza del costruire è il “far abitare”».  

Nautilus n. 30 dicembre 2023


Il serpe si spella dalla coda

di Velio Abati


In altre epoche, quando lo spirito del tempo – volgarmente: le idee dominanti – prescriveva alle visioni l’aspirazione al sublime dello spirito, strappo corrosivo era dire “sogno di una cosa”. Qual è la mossa oggi, quando dirci nella civiltà dell’immagine è persino volgare constatazione? Anche le aule scalcinate delle nostre scuole, luoghi preposti alla lezione, che sappiamo voler dire ‘lettura’, sono sovraccariche da tempo di monitor, schermi e altri immaginifici congegni– e i soldi comandati del PNRR non poco contribuiscono al già carico deposito dei ‘dispositivi’ fuori uso. Non solo non c’è lezione non accompagnata, quando non sostituita, da immagini, ma il prodotto stesso del discente ricalca la medesima via. In altre parole, seguiamo la strada inversa spiegata dalla scienza semiologica: non è la lingua a tradurre l’immagine, ma l’immagine che sostituisce la lingua.

In quest’epoca di visioni, la visione, nelle sue varie sfumature di desiderio, speranza, senso, progetto di ciò che ancora non c’è, si colora della concretezza apparente dell’immagine visiva, inducendo continui slittamenti su due strade opposte, che approdano al medesimo autoinganno: o, aggrappandosi alla faccia non-reale, se ne esalta insensatamente la forza contestativa quand’è in realtà semplice variante dell’esistente; oppure si scommette a vuoto sulla sua concretezza, al punto che il desiderio di un’altra realtà è già appagato dalla pura produzione del sogno.

Certo il processo non è frutto solo della dinamica dell’immaginario, perché l’umanità non ha cessato la fatica di produrre le proprie condizioni d’esistenza, anzi in questo sudore affondano le radici della comunicazione e dell’immaginario, ma sappiamo quanto rilievo ha ciò che l’uomo e la donna pensano di se stessi.

Nautilus n. 30 dicembre 2023

LA TOSCANA, DOMANI?

di Nicola Sciclone

La Toscana, come il resto d’Italia, è stata toccata nell’ultimo quindicennio da tre pesanti recessioni. Ciascuna delle quali ha inevitabilmente indebolito il tessuto economico e sociale della regione. Complessivamente oggi siamo più vulnerabili nella condizione economica rispetto al passato. Lo sono di più soprattutto i giovani e, in generale, lo è di più chi appartiene al mondo del lavoro. Questa è la valutazione di sintesi che è possibile formulare, se si guarda al bicchiere mezzo vuoto. 

L’altra parte della verità, guardando al bicchiere mezzo pieno, è che il tessuto produttivo resta vitale, perché è ad esempio ancora capace di intercettare fette rilevanti della domanda estera, ed il clima sociale non è mai scivolato in una deriva che assume i tratti tipici dell’emergenza. L’occupazione cresce, sebbene a minore intensità di lavoro e di redditività, e la disuguaglianza dei redditi è qui minore che altrove.  

Al momento siamo quindi posizionati lungo un crinale, da cui prima o poi dovremo scendere per incamminarsi lungo uno dei due possibili sentieri che conducono a valle: o quello virtuoso della ripartenza; o quello, viceversa meno virtuoso, della lenta decadenza.

Il cammino lungo il crinale è caratterizzato dalla attuale instabilità dell’equilibrio fra la capacità di generare valore e quella di assecondare i bisogni di istruzione, di salute, di assistenza, di consumo,  che influenzano la qualità della vita quotidiana. 

Nautilus n. 30 dicembre 2023


L'EFFETTO PIGMALIONE IN CLASSE

di Vincenzo Scaringi

Sfogliamo il dizionario Treccani online alla ricerca del lemma "visionario"  e leggiamo i seguenti significati: "Che ha delle visioni, delle apparizioni soprannaturali o delle allucinazioni visive: un santone, un fanatico

visionario.; un soggetto paranoico visionario.; una ragazza psichicamente labile e visionaria.; come sostantivo: un visionario, una visionaria; i visionari.

Con ciò intendiamo dire che per lungo tempo nella comune accezione della nostra lingua questo termine non ha goduto di una buona e lusinghiera reputazione. 

Passiamo ora al dizionario plurilingue online Wordreference e andiamo a leggere il significato del termine corrispettivo "visionary" in lingua inglese e nella traduzione italiana:

"visionary": person who shows foresight; nella traduzione italiana "persona che mostra preveggenza, lungimiranza. E inoltre: idealista, visionario, precursore, lungimirante, futuristico".


Nautilus n. 30 dicembre 2023

La visione rivoluzionaria della relazione con il tutto: l’ecologia integrale della Laudato Sì

di Laura Trappetti

Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. (Isaia 1, 6-8) 

 

Da tre anni a questa parte sono entrata a far parte del Movimento Laudato Sì, una organizzazione di cattolici che in tutto il mondo si impegna per la giustizia climatica, la cura della casa comune (la Terra) e la diffusione dell’ecologia integrale. Non si tratta solo di fede, la mia è una scelta soprattutto umana, figlia di una visione politica del mondo fortemente connessa all’ambientalismo tradizionale e laicamente alla protezione delle persone più fragili e al sentirmi parte di un destino comune, che solo insieme agli altri si può indirizzare lontano dall’abisso che la crisi climatica, quella bellica e quella sociale rappresentano. È un’affinità nel sentire che fonde valori personali e etici con una concezione spirituale e che appunto già a partire dal 2015, anno di pubblicazione delle lettera enciclica di Papa Francesco Laudato Sì, ho ritrovato nelle parole del Pontefice: non più semplicemente un discorso che contrapponeva l’uomo alla natura, in un eterno conflitto fra sviluppo economico e conservazione dell’ambiente, ma l’introduzione del concetto di integrazione, di diritti condivisi, di vita possibile solo nel rispetto reciproco, solo perseguendo diverse relazioni. 

Nautilus n. 30 dicembre 2023

Cinquemila passi nei pensieri 

di Vittorio Graziosi

Cinquemila passi per il mondo, cinquemila passi nei tuoi pensieri e cinquemila parole in una storia si equivalgono. Vivere la suggestione di posti sconosciuti, trovare una catarsi raccontando una visione -per la qualità dell’emozione intendo -, beh io ci vedo poca differenza. Basta muoversi con lo stesso sentimento: un sano stupore. Un atteggiamento “fanciullesco” che rinnova il colore alle cose e le rende brillanti e perfino magiche. 
Ma dovremmo saperle gustare - queste suggestioni - con l’eleganza di un buon intenditore. Eh già! Come si fa con il vino buono. Vivere ingurgitando esperienze, pur di continuare a sentire brividi, non ha a che fare con l’arte dello 

scrivere e neanche con l’arte di saper vivere.

Nautilus n. 30 dicembre 2023

IL POETA È UN VERITORE? 

di Anna Segre

Ma cos’è che rende la poesia poesia? Mi chiedo com’è possibile che, indipendentemente dalla qualità del testo, sgorghino versi in chi è tormentato o innamorato o prigioniero; insomma, e se la poesia fosse il canto dell’essere umano come il gorgheggio lo è di certi uccelli, insopprimibile, naturale? 

La poesia non è un genere per pochi. Anche i bambini scrivono poesie. La percentuale di persone che hanno scritto una poesia è imparagonabilmente più alta di quelle che hanno scritto un saggio o un romanzo. 

Per spiegare cosa intendo, parlerò di me. Io vivo di lettura, anche prosaica; leggere è una dipendenza, la ricerca di uno stato alterato di coscienza. Come tutti i tossici, so creare il mio piacere, essendo i libri sostanze, farmaci, me li doso a seconda dei momenti e del bisogno.

Nautilus n. 30 dicembre 2023

Luoghi relazionali e luoghi virtuali nel turismo: due mondi a confronto 

di Marinangela Bellomo 


In un’epoca dove tutto è veloce, dove tutto è a portata di mano, il turismo esperienziale e l’accoglienza turistica sembrano essere elementi lontani dalla realtà. Nel libro “La testa degli italiani” Beppe Severgnini, giornalista, saggista e opinionista, scrive che ci sono dei luoghi, i luoghi relazionali, dove è possibile incontrare racconti, storie e identità. L’autore li considera i servizi sociali, quelli che è possibile trovare nelle botteghe, nei negozietti dei generi alimentari, nei bar e nelle piazze dei tanti paesi italiani. Oggi il settore turistico è in rapida evoluzione grazie alle innumerevoli innovazioni tecnologiche e l’intelligenza artificiale sta apportando notevoli trasformazioni. 

Nautilus n. 30 dicembre 2023

Visione, dicembre 2023

di Simone Baleani

Occorre necessariamente un nuovo Patto. Hic et nunc ‘il brodo ha preso di pecora’, occorre subito cambiare paradigma ed osservarci attentamente. Imprenditori, clienti ed i protagonisti dell’imponente e variegato mondo del cibo. Chi produce, chi alleva, chi pesca, chi commercializza, chi cucina, chi serve ai tavoli, chi consuma, chi incassa, chi fa profitti.
Ho vissuto l’abbandono professionale. Servire (transitivo) ha perso il suo fascino, il mondo della ristorazione non è attrattivo a sufficienza. Servire (intransitivo) non compensa la forza contraria che ci spinge verso altre direzioni. 
Occorrere, essere necessari non si sa a chi e soprattutto il peso che molti portano sulle spalle è gravoso. Moda dei tempi, capriccio?? Effetto gregge?? Gira la voce che si lavora troppo…sarà vero?? In tanti lo sostengono. E comunque una stupidaggine anche se urlata da molte persone rimane sempre una stupidaggine...


Nautilus n. 29 Novembre  2023

Spazi e luoghi

di Marco Giovagnoli

“Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario né relazionale né storico, definirà un nonluogo”.
In uno dei libri più influenti della seconda metà del secolo scorso Marc Augé definiva, dopo una accurata riflessione sulla natura del luoghi, il rapido diffondersi di contesti spaziali rappresentativi di un’epoca, da lui chiamata surmodernità.
Mai forme pure – né il logo né il nonluogo sono degli assoluti – e tuttavia la distinzione tra luoghi e nonluoghi “passa attraverso l’opposizione del luogo con lo spazio”. L’elenco puramente indicativo ed esemplare di nonluoghi che fa Augé nel testo – dagli autogrill ai campi profughi, dagli aeroporti ai centri commerciali alle autostrade – ha ingenerato, soprattutto (crediamo) in chi non ha letto il libro, una estensione ed una sovrapposizione dell’idea di nonluogo al brutto, al degrado, all’abbrutimento delle relazioni sociali.
In questa chiave, il paesaggio toscano, quello stereotipicamente fissato nell’immaginario turistico mondiale, sarebbe un luogo (ha identità e storia, contiene relazioni) mentre la periferia di una metropoli fatta di cemento e disordine urbanistico diventa per opposizione un nonluogo, spazio desertificato del suo passato, anonimo e terreno della lotta di tutti contro tutti per la sopravvivenza. 
Ma le cose stanno davvero così? 


Nautilus n. 29 Novembre 2023

La giustizia spaziale come metodo (per il diritto)

di Marzia De Donno

 

Da almeno un decennio a questa parte, è andata strutturandosi nel dibattito scientifico europeo una riflessione sulla c.d. giustizia spaziale. A partire da alcuni apporti di importanti esperti degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, dal 2010 circa, soprattutto dopo il lavoro di Edward W. Soja (Seeking Spatial Justice), è approdato anche nel vecchio continente, e, in particolare, a Parigi, un modello teorico che punta essenzialmente a valorizzare la condizione umana nella sua dimensione abitativa, all’interno così come all’esterno delle città.

Si tratta di una interessante riflessione teorica che, in estrema sintesi, cerca di comprendere quali siano le situazioni di ingiustizia che si possono produrre su scala territoriale nei processi sociali, culturali, economici e, dunque, istituzionali, e, si prefigge, per tale via, di fornire alcune indicazioni sull’obiettivo ultimo cui essa ambisce: la costruzione di uno “spazio giusto” in cui possa svolgersi un’esistenza umana qualitativamente accettabile e svilupparsi, quindi, la stessa personalità umana (art. 2 Cost.)...


Nautilus n. 29 Novembre 2023

Per quanto voi vi crediate assolti siete pur sempre coinvolti

di Leonardo Animali

SPAZIO ai giovani!”: si tratta dell’espressione più usata delle generazioni adulte, specie quelle ricche e benestanti, nel loro ingannevole lasciar intendere il poter retrocedere di qualche passo dalle proprie posizioni, per dare qualche piccolo e sorvegliato ruolo alla generazione più giovane. 

Basta scrivere l’espressione “spazio ai giovani” su qualche motore di ricerca, per registrare la sua esponenziale potenzialità di indicizzazione sulla rete, in campi più diversi. Ma qual è nella realtà lo spazio che le generazioni adulte riservano ai giovani? 

Nell’ambito politico lasciamo perdere. Lì ci sono ruoli solo per quelli che accettano di farsi addomesticare. In un’Italia che sta attraversando la fine della democrazia, il criterio fondante delle oligarchie dei partiti è esclusivamente, e non da ora, quello della fedeltà. 

Nel mondo del lavoro e dell’università, non sembra che la situazione sia migliore. Se volessimo guardare alla regione dove abito, le Marche, tra il 2020 e il 2021 oltre sedicimila under 35 se ne sono andati a vivere stabilmente all’estero o in altre realtà italiane. In una terra di poco meno di un milione a mezzo di abitanti, più dell’1% della popolazione è migrato altrove; è come se fosse sparita d’improvviso una città grande come Porto San Giorgio, senza che se ne accorgesse o curasse qualcuno. Quando, al contrario, questo è un dato per cui le cosiddette classi dirigenti regionali non dovrebbero prender sonno la notte. 

Quali spazi rimangono liberi per la Generazione Z? Quello della strada e, collegato a questa, gli ambienti delle Questure o dei Commissariati. 


Nautilus n. 29 Novembre 2023

La biblioteca. Uno spazio di apprendimento e di democrazia

 di Angela Vitullo


Tra le tante declinazioni del concetto di spazio, mi sta a cuore focalizzare l’attenzione su quello che reputo un luogo di fermento culturale, miglioramento sociale, presidio di educazione e comunicazione democratica: la biblioteca, più specificamente la biblioteca scolastica[1]. La ritengo necessaria per fronteggiare l’emergenza educativa sempre più allarmante, specialmente in aree considerate più a rischio.

Dentro la scuola, una biblioteca innovativa è uno spazio di apprendimento in cui, grazie allo sviluppo integrato di tecnologia e tradizionale attività di letto-scrittura, è possibile valorizzare e approfondire gli interessi individuali in una dimensione socializzante, superare la rigidità dell’articolazione disciplinare con l’integrazione tra i saperi e le arti, potenziare lo sviluppo di immaginazione e creatività e uscire fuori dalla centralità del gruppo classe, favorendo potentemente l’inclusione, il multilinguismo e la multimedialità.


[1]  “La biblioteca scolastica è uno spazio fisico e digitale di apprendimento della scuola, nel quale la lettura, l’indagine, la ricerca, il pensiero, l’immaginazione e la creatività sono fondamentali per il viaggio dell’informazione verso la conoscenza da parte degli studenti e per la loro crescita personale, sociale e culturale” (Linee guida dell’IFLA, 2015).


Nautilus n. 29 Novembre 2023

Medea chi sei tu veramente?

di Franco Novelli

Il sintagma “spazio” ha molti  significati: è un luogo indefinito dove possiamo trovare degli oggetti; è l’ambiente in cui si muovono i corpi celesti – spazio astronomico -; c’è, poi, lo spazio interstellare; lo spazio aereo;  lo spazio pubblico; c’è lo spazio verde – le abitazioni, per esempio, circondate da giardini e, quindi, ricche di vegetazione; c’è lo spazio architettonico. 
Ma per spazio intendiamo anche una estensione di terreni dove si possono svolgere attività sportive, culturali, musicali, teatrali. Ebbene, è questo lo spazio che intendo in questa sede nel proporvi la lettura del mio intervento.

In uno scenario eccezionalmente piacevole, se non incantevole, sulle alture collinari di Castelbottaccio (Cb), paese ospitale, delizioso, in un’ampia campagna soleggiata  e tra i covoni di paglia con cui si è soliti modellare, come da alcuni anni fanno con grintosa continuità Pina e le sue amiche, una specie di antico teatro greco, il pomeriggio/sera del 17 agosto scorso si è svolto il “Teatro di paglia”, caratterizzato dai contributi, in libertà, di letture, di recitazione e di semplici pensieri di quanti amano da anni frequentare questo tradizionale, vagheggiato, appuntamento. 

Il mio contributo ha tratteggiato la figura tragica ed infelice di Medea, di cui qui di seguito ne propongo una sintesi, donna alla quale oggi si raffigurano emblematicamente le donne migranti, povere, infelici, sfruttate, violentate nel fisico e nell’animo..   


Nautilus n. 29 Novembre 2023

Lo spazio sul parquet: armonia e cambiamento

di Marco Bracci

La spaziatura, e più precisamente una buona spaziatura, è un aspetto fondamentale del gioco della pallacanestro e il suo concetto generale è che i giocatori in campo, soprattutto durante l'esecuzione offensiva, dovrebbero sempre cercare di stare ad almeno 12-15 piedi (3.5 -4.5 metri) di distanza l'uno dall'altro. Si tratta di una necessità di questo gioco per il raggiungimento di un fine, fare canestro. La spaziatura deriva dal termine inglese spacing perché il basketball nasce negli USA: 

 

James Naismith, insegnante di educazione fisica canadese naturalizzato americano, inventò il gioco del basket a Springfield, in Massachusetts, nel 1891 per mantenere i suoi studenti in attività durante l’inverno. Il gioco ebbe un successo immediato e l’originale sport americano si diffuse immediatamente ad altri college e associazioni… (National Geographic - La Nascita del basket).


Nautilus n. 28 Ottobre 2023

L'identità perduta del lavoro

di Francesco Orazi


Marx considerava il lavoro un’esteriorizzazione antropologica, una pratica in grado di piegare le risorse naturali ai bisogni umani. Il manufatto “punta di selce” piega e modella la pietra in funzione dell’esigenza di migliorare l’attività di caccia e di auto-difesa, così come i primi scalpelli litici e la scoperta e l’uso dei pigmenti fornirono ai nostri antenati la possibilità di raffigurare il “realismo immaginifico” nelle pitture rupestri.
In esse le pratiche di caccia rispecchiavano il rapporto sacro tra uomo e natura, divinizzando lo spazio sociale. Questa capacità specie specifica ridotta a merce era per Marx il punto terminale del processo storico dello sfruttamento e nello stesso tempo il passaggio necessitato per emanciparsi dal dominio iscritto nelle diseguaglianze di classe. Il marxismo ha assegnato al lavoro una dignità maggiore di quella del Dio della Genesi...

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Nautilus n. 28 Ottobre 2023

Si ricomincia sempre da una resistenza…


 di Paolo Favilli

Elemento fondamentale di questo nostro lungo presente è  il fatto che il rapporto di forza tra la meccanica dominante della fase attuale del processo di accumulazione e le forze in grado di opporvisi ha raggiunto uno squilibrio siffatto che la prima può imporsi quasi senza ostacoli.
Ciò non significa che l’antitesi si sia dissolta, né, soprattutto siano scomparse le condizioni per una sua ricostruzione. Facciamo fatica a individuarne momenti di solido perché è diventata «liquida»,  ha perduto il nucleo centrale aggregante: la classe operaia dell’Occidente industriale.
Gli operai non sono scomparsi, anzi il loro numero complessivo è aumentato negli ultimi trent’anni, diluendesi contemporaneamente nell’ambito del capitalismo-mondo. 
In tale contesto si manifesta la compresenza nella medesima temporalità di modi di produzione del plusvalore tipici di temporalità diverse. Una situazione  che si propone oggi in orizzonti sempre più ampi sia dal punto di vista spaziale che temporale. 

Nautilus n. 28 Ottobre 2023

Lavorare per vivere?

 di Giuseppe Santarelli

Tra le tante sfide che animano la stagione politica e sociale che stiamo vivendo non vi è dubbio che quella di dare risposte alle urgenze e ai bisogni dei lavoratori è la più importante. La brevità dei rapporti di lavoro e il carattere precario di essi ha determinato la crescita esponenziale dell’insicurezza sociale e l’allontanamento dalle vicende politiche. Ne è scaturito un divario sempre più vasto tra le aspettative dei lavoratori e l’offerta politica, confermato dai tanti sondaggi post elettorali che a tinte diverse hanno sottolineato come ci sia uno spostamento consistente del mondo del lavoro subordinato e parasubordinato verso la destra politica o verso l’astensione.
I lavoratori più deboli, meno garantiti e meno retribuiti sono quelli che votano di meno e sono quelli che di meno partecipano a tutti i processi democratici, quindi anche alla vita del sindacato...

Nautilus n. 28 Ottobre 2023

Lavorettare

Giovani dei paesi al bivio 

di Mirco Di Sandro

Il verbo “lavorare” ha una chiara definizione, ma si presta ad interpretazioni molteplici. Deriva dal latino labor che significa fatica, sforzo, sofferenza.
Eppure oggi non tutti sono propensi a dire che il proprio lavoro sia immediatamente una pena. Anzi! L’uso del termine, in linea con i dettami delle società neoliberiste, allude sempre più spesso al successo, alla realizzazione, alla carriera, alle ricompense. Dipende da che mansione svolgi, in che luogo operi, quanto guadagni e in quali sistemi di relazioni sei inserito, il significato soggettivo che ciascuno attribuisce al proprio atto del lavorare.
Il verbo “lavorettare” non esiste nei dizionari, ma è sempre più comune nella realtà. Benché non si coniughi mai è spesso sostantivato. L’atto del lavorettare, va da sé, è quello compiuto da chi riconosce di svolgere non un lavoro ma un lavoretto, di avere un impiego al quale non si può riconoscere la stessa dignità di un lavoro.
David Graeber li ha recentemente definiti Bullshit Jobs, letteralmente e comunemente “lavori di merda”.
Vivo di lavoretti è una delle espressioni che, nel lungo percorso di ricerca tra i giovani dei paesi molisani, ho sentito più frequentemente...


Nautilus n. 28 Ottobre 2023

Il lavoro?

di Benedetta Celati


Nell’estate 2023, il tema del lavoro è stato oggetto di riflessioni varie. Si è parlato molto della scelta del governo Meloni di sospendere il reddito di cittadinanza, nel mese più caldo dell’anno, così come del salario minimo, che ha reso le minoranze parlamentari protagoniste di un primo vero tentativo di opposizione unitaria.

A ben vedere, le questioni che vengono in rilievo sono più profonde delle mere notizie di cronaca. Si è finalmente accesa una luce su tematiche cruciali come quelle della povertà e del lavoro povero, che riguardano ormai una parte considerevole della popolazione. Parallelamente, nel dibattito pubblico si è sviluppato un forte interesse nei confronti della rinuncia al lavoro, fenomeno sempre più dilagante negli Stati Uniti ma anche in Europa.

Di “grandi dimissioni” si occupa in particolare il libro della sociologa Francesca Coin (Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita, Einaudi, 2023), che mette in risalto come nel post pandemia il numero delle dimissioni volontarie sia fortemente aumentato anche in Italia, in connessione alla povertà lavorativa ma non solo... 

Nautilus n. 28 Ottobre 2023

Si fa presto a dire prevenzione

di Valeria Parrini

Sul lavoro, la sicurezza  è  la madre di tutti i diritti,  ma non di tutte le lotte.    

L’associazione Ruggero  Toffolutti è nata nel 1998 a Piombino, sulla spinta dei familiari  del ragazzo che le dà il nome. Stritolato  da un ingranaggio, dal profitto e dall’indifferenza alla Magona. Da allora è attiva ininterrottamente muovendosi in  regioni diverse,  con lo scopo della sensibilizzazione “con ogni strumento non violento”, dice lo Statuto. 

Non abbiamo verità  in tasca ma una buona esperienza. 

E’ importante la cultura della sicurezza, educando anche a comportamenti personali adeguati  sin dai banchi di scuola: e noi su questo lavoriamo molto con strumenti diversi, teatro, fotografia, sport, mostre, assemblee nelle scuole e nelle fabbriche, iniziative  pubbliche...

 

Nautilus n.28 Ottobre 2023

Sicurezza? Una questione di cultura

di Francesco Viegi


Il risultato di una veloce ricerca del significato di sicurezza sul lavoro corrisponde puntualmente a questa definizione: “l’insieme di provvedimenti e misure interni ed esterni all’azienda che mirano a garantire l’incolumità dei lavoratori e del personale presente” .
La spiegazione è ovviamente corretta e richiama un concetto di grande attualità quale la cultura della sicurezza sul lavoro la cui assenza o presenza incide molto più di quanto si creda sulla salute e il benessere non solo di chi lavora, ma di tutto il sistema.
 Uno dei primi miti da sfatare riguarda il fatto che la sicurezza non riguardi direttamente la sfera sociale di una comunità. Se circoscritto all’ambito esclusivamente lavorativo qualsiasi percorso diretto ad aumentare la consapevolezza di chi lavora è dal punto di vista sociale solo parzialmente utile. Entrare nell’ottica della sicurezza significa permeare tutti gli ambiti in cui la nostra cultura si esprime.
Fino a quando la cultura della sicurezza rimarra' relegata esclusivamente all'ambito del mondo del lavoro sara' inevitabile fare i conti con dei limiti difficilmente valicabili: sotto certe dimensioni aziendali e' difficile fare sicurezza a livelli appropriati.

Nautilus n.28 Ottobre 2023

Diritto del lavoro  nuove tendenze

di Simone D’Ascola

 Quella branca del diritto «che dal lavoro prende il nome» (Romagnoli) è soggetta, da oltre un ventennio, alla volontà delle maggioranze politiche d’ogni colore di intervenire con riforme che hanno sempre in comune un elemento: la pretesa del ceto politico e di governo (o più che altro della sua propaganda) che le sorti economico-occupazionali della società siano connesse a tali riforme e al (sovente limitato) impatto reale che esse, in ultima analisi, producono sulle variabili attraverso cui si misura lo stato di salute di ciò che si suole chiamare “mercato del lavoro”.

 Ciascun governo ritiene di dover lasciare il segno in questa materia attraverso provvedimenti spesso dettati dall’occasionalità, a volte solo simbolici, troppo spesso capaci unicamente di peggiorare le condizioni di vita di quella larga maggioranza della società che ha bisogno di lavorare per vivere.

 Molte idee hanno mosso questi interventi nel corso degli anni. Il mantra della flessibilità, unitamente a quello relativo agli aiuti economici alle imprese che, si sostiene, dovrebbero riverberarsi direttamente in una crescita occupazionale qualitativa e quantitativa, è forse la principale di queste idee...

Nautilus n. 28 Ottobre 2023

Le prospettive del mondo agricolo

di Antonella De Marco


Il lavoro, fondamento del nostro ordinamento politico come scritto nel primo articolo della Carta costituzionale, dovrebbe già solo per questo avere un peso ed un’importanza del tutto particolari. Il condizionale è d’obbligo, purtroppo, vista la scarsa propensione ad attuare politiche che incidano realmente sul miglioramento e la crescita del tassello fondamentale della nostra economia.

Ma quali sono i contorni di una politica del lavoro concreta e rispondente alle reali esigenze del Paese? Da un osservatorio sindacale non si può che porre l’attenzione sulla necessità di mettere al centro l’azione di contrasto di tutte quelle storture che hanno stravolto i contorni del lavoro, facendolo diventare povero, precario, non contrattualizzato, sfruttato, poiché la battaglia alla precarietà ed allo sfruttamento è il primo elemento su cui basare una politica di recupero del gap salariale, drammaticamente dilagante in Italia, nell’ottica non solo di ritrovare la funzione di elemento di sostentamento, ma anche di dimensione sociale e realizzazione personale che il lavoro dovrebbe rappresentare.

Nautilus n. 28 ottobre 2023

Madre e figlia, nel segno delle api!

di Anna Kauber

Sono dentro a una densa nuvola ronzante di api al lavoro. Instancabili le operaie della popolosa famiglia dell’arnia stanno provvedendo alla bottinatura. Saccheggiano il nettare dei fiori qui attorno: è primavera, e la casa di Armanda, in un trionfo di colori e forme, è sepolta dalle piante. Dopo l’orgia inebriante dentro la corolla, le api hanno riempito le cestelle delle zampette posteriori dei granuli pollinici rimasti attaccati al corpo e finalmente rientrano.


Lo zoom della videocamera mi spalanca a una ricchezza particolari visti solo sui libri e nelle foto. La pallotta gialla aggrappata alle zampe dell’ape è enorme: mi delizia il contrasto cromatico con il colore brunito dell’insetto peloso. Vedere la fatica della piccola creatura che atterra davanti alla fessura d’ingresso della sua arnia – stremata dal peso pazzesco del suo prezioso bottino – mi inonda di una strana empatia che mi rende allo stesso tempo allegra e intenerita. Che coralità d’azioni, così superbamente calibrate sulle regole primigenie della procreazione e della sopravvivenza. 

Nautilus n. 28 ottobre 2023

Una originale esperienza di storia locale

La ricerca di foto d'epoca sul lavoro delle donne  

di Vincenza Papini 


L'attività della Sezione  tematica Storia e storie al femminile dell'Istituto Storico Lucchese si è configurata fin dall'inizio, nel 2001,  su un doppio binario 

Per realizzare gli obiettivi del nuovo settore degli studi di genere  fu subito identificato un doppio percorso di ricerca: da una parte la esplorazione diretta delle fonti archivistiche locali  per fare emergere e pubblicare  "le storie e le attività " delle donne vissute nel contesto territoriale diriferimanto (l'area geografica tra Lucca e Pistoia); dall'altra la organizzazione di manifestazioni ed eventi più divulgativi come conferenze o mostre che permettessero un approccio meno specialistico e più "facile"a  quella stessa storia. 

Non a caso la prima serie di incontri (organizzata tra il settembre e il dicembre 2001), pensata per gli associati ma aperta anche  al pubblico, fu dedicata alla conoscenza delle varie tipologie di fonti e di  Archivi presenti sul territorio; ma  poco dopo fu avviato anche un secondo binario, quello della ricerca e raccolta di immagini fotografiche inedite  provenienti  da collezioni prevalentemente private che potessero documentare visivamente  l'evoluzione degli spazi di vita e di lavoro delle donne, a partire dalla origine della fotografia fino agli anni Sessanta  del Novecento. (omaggio alla ormai imperante società dell'immagine) 

Nautilus 27 Settembre 2023

La diversità, le diversità

di Marco Giovagnoli

La diversità è la qualità o condizione di chi o di ciò che è diverso. La radice è divertere, comune anche con ‘divertimento’ (e questa condivisione già indica un’idea, un rigetto della ortodossia e della monotematicità dell’esistenza).
Ma vediamo i significati: il primo è ‘scostarsi da, allontanarsi’, che indica un allontanamento rispetto a qualcosa; il secondo riguarda ‘l’essere differenti’, per cui le differenze sono specificazioni della diversità, sono le sue forme concrete; infine c’è l’indicazione di ‘portare via’ (qualcosa che [ci] viene portato via): ciò che la diversità ci porta via, ciò da cui ci allontana o ci separa è la normalità. Ma che cosa è la ‘normalità’? E’  “il carattere, condizione di ciò che è o si ritiene normale, cioè regolare e consueto, non eccezionale o casuale o patologico, con riferimento sia al modo di vivere, di agire, o allo stato di salute fisica o psichica, di un individuo, sia a manifestazioni e avvenimenti del mondo fisico, sia a situazioni (politiche, sociali, etc.)”.


Nautilus 27 Settembre 2023

I sogni che non fanno svegliare

Alterità, accoglienza e autodeterminazione

di Barbara Borgi

 
Nella mia mente esiste una comunità immaginata abitata da chi, come me, è stato svezzato a pane e De Andrè. Con la stessa pretesa demiurgica, coloro che vi appartengono sapranno certamente – anzi, imprescindibilmente – riconoscersi in un esercizio di ascolto ciclico e paziente dei testi, una sorta di solenne rito indagatore (primo sul podio Storia di un impiegato, 1973). La ritualità si ripete a cadenza annuale, quinquennale, decennale e ha delle precise caratteristiche: dal tentativo acerbo di risolverne l’enigmatica complessità, passando per la convinzione puberale di identificarsi finalmente in quella data storia, in quel preciso excursus ideologico, sino ad arrendersi alla meravigliosa consapevolezza dell’inevitabile risemantizzazione che continuerà a darsi a ogni ascolto, a ogni cambio di stagione.

Siamo molto più di un semplice gruppo di professionisti.


Nautilus 27 Settembre 2023

Non chiamateli clandestini

di Donatella Loprieno


Ci sono delle sentenze della Corte di Cassazione che lasciano molto amaro in bocca perché sembrano essere state scritte da uomini e donne che non vivono questi nostri tempi che, per quanto difficili, necessitano della guida dei princìpi della Costituzione repubblicana. Stavolta, invece, sento di dover plaudire alla “coraggiosa” posizione assunta dalla terza sezione della Corte di Cassazione che, in data 16 agosto, ha chiuso una penosa vicenda iniziata nel 2016. 

I lettori e le lettrici non particolarmente avvezzi al linguaggio giuridico stiano tranquilli perché questa breve digressione avrà un taglio quanto più possibile divulgativo...

Nautilus n. 25/26 Luglio/Agosto 2023

Riscoprire i valori della dieta mediterranea: il futuro sostenibile della tradizione

di Alessandra Narciso
 

Tra i temi ricorrenti quando si parla di Mediterraneo vi è sicuramente quello della Dieta Mediterranea (DM), inclusa nella lista del patrimonio culturale UNESCO sin dal 2010 che unisce un modo di alimentarsi comune a molti paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. È assodato che i benefici salutistici della DM sono molti: previene il rischio di malattie cardiovascolari, neurodegenerative e ha potenziale antitumorale e antinvecchiamento. 

L’UNESCO ha riconosciuto nella DM uno stile di vita, di cui la socialità e la convivialità ne rappresentano la caratteristica principale. La DM è, inoltre, considerata un modello di dieta sostenibile da un punto di vista nutrizionale, ambientale, socio-economico e culturale. Tali aspetti possono essere ricondotti anche ai prodotti tipici/tradizionali, che, come tali, fanno parte del vivere mediterraneo e la cui sostenibilità è misurabile anche attraverso degli indicatori (Moscatelli et al. 2017). 


Nautilus n. 25/26 Luglio/Agosto 2023

Ancel Keys e il Cilento. Una storia mediterranea 

di Marco Bracci 

 

Una data, il 1957 e l’inizio di un viaggio che ha letteralmente cambiato, in Italia e nel mondo, la percezione del cibo e delle attività ad esso correlate, e che vede come tappa fondamentale il Mediterraneo

La storia parte dall’Università del Minnesota, e il suo protagonista principale si chiama Ancel Keys, fisiologo statunitense che, su incarico del Governo USA, avvia uno studio sulla mortalità derivante da infarti, diabete e obesità, vale a dire tipi di malattie presenti nei Paesi più sviluppati, industrializzati, caratterizzati da ritmi di vita sempre più veloci e da crescenti livelli di consumismo, anche alimentare.
Il dott. Keys, insieme a colleghi provenienti da varie parti del mondo, avvia il Seven Countries Study(questo il nome della ricerca), la cui ipotesi principale è che il tasso di malattia coronarica nelle popolazioni e negli individui vari in relazione alle loro caratteristiche fisiche e allo stile di vita, in particolare nella composizione dei grassi della dieta e nei livelli sierici di colesterolo. 

L'obiettivo è quello di esplorare in dettaglio le associazioni di dieta, altri fattori di rischio e tassi di malattia tra le popolazioni e tra gli individui all'interno delle popolazioni prese in esame in USA, Finlandia, Olanda, Giappone, Ex-Jugoslavia, Grecia e Italia...

Nautilus n. 23 Maggio 2023

Esaurire l'inesauribile

di Marco Giovagnoli

Quella di scarsità è certamente un’idea dinamica, influenzata da fattori come lo spazio e il tempo, dalla dimensione fisica come da quella immateriale, dal posizionamento sociale e dalla struttura delle opportunità, dalle conoscenze disponibili come dai sistemi morali dominanti.
Nello spazio fisico la percezione della scarsità (e dunque dell’esauribilità) è abbastanza facilmente rappresentabile: il petrolio, il carbone, l’uranio, il litio, per quanto in un primo momento abbondanti sono per definizione non rinnovabili (almeno sulla scala temporale umana) e dunque man mano che vengono utilizzati sono destinati, prima dell’esaurimento, alla scarsità.
Ovviamente su questa percezione premono diversi fattori: ad esempio la tecnologia, per cui alcuni attuali metodi estrattivi del petrolio erano inimmaginabili al tempo de I limiti dello sviluppo e dunque hanno spostato un po’ più in là quei limiti stringenti ...

Nautilus n. 23 Maggio 2023


Scarsità sociale

di Alberto Tarozzi

 

Può sembrare strano, in un periodo storico in cui la questione ecologica si colloca al centro delle politiche nazionali e internazionali, ponendo in evidenza la scarsità delle risorse fisiche necessarie alla riproduzione del modello di sviluppo dominante, affrontare il problema della scarsità di risorse dal punto di vista della scarsità sociale.

Pure mai come oggi la legittimazione dei sistemi politici dei paesi sviluppati deve affrontare una conseguenza contraddittoria del proprio sviluppo. Quella di avere suscitato aspettative diffuse che il sistema non è in grado di soddisfare. Laddove tali aspettative si imbattono in un limite che non si può attribuire solamente alla scarsità di risorse fisiche.
Per meglio dire. La scarsità di risorse fisiche è palese e quindi si presenta come limite con cui è inevitabile far di conto (carenza di acqua, di gas). Di conseguenza risulta ovvio biasimare chi tiene il rubinetto aperto o il gas acceso al di là della stretta necessità. Meno ovvio risulta biasimare coloro i quali, soddisfatte in misura sufficientemente sobria le necessità primarie di beni materiali, puntano a soddisfare un bisogno di protagonismo o ad occupare posizioni di leadership nel sistema sociale di appartenenza.


Nautilus  n. 23 - Maggio 2023

L'abbondanza della natura, la scarsità dell'economia

di Cinzia Scaffidi

 

Parlare di scarsità senza darsi una mappa, un perimetro, porterebbe a perdersi perché è una parola che spalanca troppe porte e che assume il suo segno – positivo o negativo – dal complemento di specificazione che la segue. 

Diamoci un ambito, quello della relazione tra natura ed esseri umani e del principale risultato di questa relazione: il cibo. 

Sulla questione della scarsità la natura e l’essere umano sembrano parlare lingue inconciliabili. 

La natura conosce e agisce il linguaggio dell’abbondanza. Con i semi contenuti in un solo pomodoro si può coltivare un intero orto nella stagione successiva. Con i semi ricavati da un’unica pannocchia si può produrre il mais necessario per un’intera famiglia. Un centimetro cubico di suolo sano può contenere svariati milioni di microrganismi. E lo stesso vale per un centimetro cubico di acqua di mare. 

Finché gli esseri umani hanno vissuto il loro essere natura, lo hanno accettato, riconosciuto e su questa consapevolezza hanno basato i loro pur complessi comportamenti, hanno fatto tesoro degli insegnamenti dell’abbondanza. E in regime di abbondanza non ha senso l’avidità. 

 

Nautilus  n. 23 - Maggio 2023

La giurisdizione come risorsa scarsa: verso una giustizia più sostenibile 

 di Maria Pia Gasperini

La crisi di funzionamento della giurisdizione statale è dato tanto conclamato (in Italia e non solo) da essere continuamente oggetto di interventi da parte del decisore politico, spinto dall’esigenza di rendere effettivo il diritto di ognuno ad un processo equo che assicuri tutela entro un termine ragionevole (art. 6 CEDU). È altresì diffusa la consapevolezza che il fenomeno dell’eccessiva durata dei processi non possa essere contrastato unicamente con interventi “a costo zero” sulla disciplina strettamente procedimentale, bensì vada affrontato anche mediante azioni finalizzate all’adozione di nuovi modelli organizzativi delle strutture di supporto al giudice. 

Nelle riforme processuali intervenute negli anni più recenti (da ultima, la cd. riforma Cartabia del 2022) si avverte, peraltro, la spinta verso un cambio di paradigma culturale che attiene al più generale approccio al tema dell’accesso alla giustizia, e alla visione complessiva dell’attività giurisdizionale.a

 Nautilus  n. 23 - Maggio 2023

Economia di Pace e scarsità 

di Antonio De Lellis

Il concetto di scarsità credo si debba contestualizzare all'interno dell'attuale economia di guerra capitalistica. Analizzo in estrema sintesi la scarsità sotto tre aspetti: lavorativa, di tempo, relativa ai beni comuni. La creazione artificiale di scarsità del lavoro è necessaria ad indurre le persone ad accettare lavori malpagati e spingerle ad impegnarsi in una produttività competitiva.
La disuguaglianza stimola un senso di inadeguatezza che induce le persone a lavorare più a lungo per guadagnare più reddito per comprare cose inutili al fine di aver riconosciuta un po' di dignità.
In questo senso, la disuguaglianza crea una scarsità artificiale di benessere. La pubblicità o propaganda di regime del capitalismo col suo fare ammiccante apparentemente innocuo o solo fastidioso è sostanzialmente violenta e crea un senso artificiale di carenza: non possediamo abbastanza, non siamo alla moda, non siamo sufficientemente belli. Scarsità artificiale di tempo. Il poco tempo libero lasciato a chi lavora induce a pagare/delegare altre persone o strutture per fare quello che si potrebbe fare da soli: cucinare i pasti, pulire e mantenere la propria casa, giocare con i bambini, assistere gli anziani. Per non parlare di consulenze specialistiche (psicologi, nutrizionisti, esperti coniugali, etc). La scarsità artificiale di beni pubblici/comunitari/comuni porta all'ondata di privatizzazioni nel campo della salute, istruzione, trasporti, case, acqua, etc. L'alternativa privata è sempre dietro l'angolo. Scarsità artificiale di moneta e debito.

Nautilus  n. 23 - Maggio 2023

Non è siccità, l'acqua è ormai un bene scarso 

 di Luca Martinelli 


Quando presento il libro “Pane buono”, che ho scritto con Laura Filios per Altreconomia, uno degli elementi che colpiscono di più il pubblico è come i nuovi i panificatori, i fornai artigiani del XXI secolo, siano tornati a chiedere ai propri clienti di prenotare il pane. Alcuni mi hanno raccontato quasi l’indignazione delle persone di fronte a questa richiesta, un’emozione alimentata dall’abitudine di trovare sempre tutto, nei banchi panetteria dei supermercati dove - spesso - si promette il pane caldo (o appena sfornato) tutto il giorno.
È una riflessione sulla scarsità a più livelli quella che mi trovo a condividere, anche se quello a cui stiamo assistendo è semplicemente il ritorno a un modello in cui anche io sono cresciuto, quando in campagna il fornaio passava a consegnare un filoncino di pane che era stato prenotato il giorno prima. Tutti ormai abbiamo però preso un’altra abitudine, che è opportuno è urgente abbandonare. 

Nautilus n. 22 Aprile  2023

Confini di mare e di terra. 

La via dei corridoi umanitari e le altre scelte “possibili”

di Benedetta Celati

 
 

Il concetto di confine viene generalmente utilizzato per distinguere il dentro dal fuori, rompendo la continuità estensiva della superficie (Irti, 2004; Cacciari, 2000). 
Esso crea una terra non comune e rende, così, possibile l’esclusione, attraverso la separazione tra chi risiede al di qua e chi invece si trova al di là del limite tracciato.

Ora, se in un mondo accelerato e globalizzato, gli scambi e i meccanismi del profitto di stampo capitalistico hanno, di fatto, prodotto un superamento di certe distinzioni, come quella tra cittadini e stranieri, quest’ultima differenza torna prepotentemente ad affacciarsi sulla scena ogniqualvolta si verificano le c.d. tragedie del mare, alle quali rischiamo di essere ormai tragicamente assuefatti. 

Nautilus n. 22 Aprile  2023

I confini (mobili) della giovinezza e della vecchiaia 

di Marco Giovagnoli

 

Nel giugno del 2022 la Fondazione Unipolis e Demos&Pi pubblicano il XVI Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa.
Tra le articolate analisi dell’indagine diretta da Ilvo Diamanti spicca una sezione intitolata Giovani e (in)giustizia sociale in Europa dove il campione in cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Polonia) si esprime su due questioni, ossia ‘fino a quando si è giovani’ e ‘quando inizia la vecchiaia’. 
La media delle risposte nei cinque Paesi è quella sotto riportata...


Nautilus n. 22 Aprile  2023

Noi e gli Altri. 

I confini alimentari tra storia e mito 

di Stefano d'Atri

 

«Dimmi quel che mangi e ti dirò ciò che sei». O, se preferite, «l’essere umano è quel che mangia».  Due aforismi, che già nella prima metà del’800 riassumevano il ruolo culturale e sociale del cibo: le pietanze che mangiamo (e come le mangiamo) rivelano non solo gusto e costumi, ma anche – e soprattutto - indicano status, potere e gerarchie (Porciani). Rappresentano una linea di demarcazione non solo tra classi sociali ma anche tra cultura urbana e quella rurale (Grieco). 

E quindi tra tutti i confini - naturali, politici e culturali – esistenti, quello creato dal cibo è uno dei più interessanti perché è quello che li riunisce (riassume?) tutti. 

All’inizio è stata la religione. Se tutte le tre religioni monoteiste prevedono divieti alimentari, solo l’ebraismo e l’islam classificano gli alimenti in base a un valore oggettivo, distinguendoli secondo il paradigma della “purezza” (o viceversa della “impurità”) o del “lecito” opposto al “proibito”. Il cristianesimo, invece, elimina le scelte dietetiche fondate sulla “purezza” degli alimenti (Montanari) ma introduce la contrapposizione tra grasso e magro (e/o tra digiuno e astinenza), un confine che in età moderna si sposterà in avanti, verso un vero e proprio ammorbidimento. 



Nautilus n. 22 Aprile  2023

Confini, confinamenti  e incursioni oltre confine. 

Lo spaesamento dei giovani di paese 

di Mirco Di Sandro

Un viaggio di piacere. Un fine settimana con amici d’infanzia del paese, in una delle più gettonate capitali europee. Amsterdam, una Disneyland per adulti, il Paese dove il libero mercato e la massima tolleranza attraggono ogni anno migliaia di italiani (secondo Banca d’Italia, nel 2019 sono stati 900mila quelli che hanno visitato i Paesi Bassi), per lo più giovani e maschi, per tre giorni di smodato consumo e machismo. 

Il soggiorno è stato anche una preziosa occasione di ricerca, un’incursione di campo fuori dal campo, una strange situation in cui misurarsi con l’altrove e riflettersi nell’interiore. 

Due compagni di viaggio speciali. Entrambi alla ricerca di un altrove. 

Nautilus n. 22 Aprile  2023

Una rete a maglia larga

di Patrizia Lessi

All’origine del termine Cultura troviamo il latino colere, coltivare, il cui participio passato, cultus, indica la porzione recintata di terreno coltivato. Il primo confine stabilisce la differenza fra dentro e fuori, fra ciò che conosciamo bene e di cui ci prendiamo cura e ciò che rappresenta un’incognita, in grado di sfuggire a controlli e previsioni. 
La conoscenza stessa aumenta con l’avanzare del confine, della linea, a volte sottile altre più marcata, capace di dividere il mondo sicuro, fatto di cose che sappiamo, da quello incerto e tutto da esplorare. Nel sovrapporre una mappa politica a quella naturale di un territorio noi stabiliamo dove inizia e finisce la familiarità col mondo, il nostro mondo. 
Oltre confine esistono altri mondi (o i mondi degli altri) con altre lingue, tradizioni, memorie alle quali in tempi storicamente recenti abbiamo attribuito la dignità di cultura. Questo tipo di confine è stato nel tempo molto più plastico di quanto si possa immaginare: si è fatto muro invalicabile o frontiera, territorio di mezzo in cui due o più popoli si sono combattuti e nello scontro anche conosciuti. A guardar bene quello del confine costituisce un aspetto distintivo di ciò che rende l’umanità quella che è. Confinare è prima di tutto un metodo per mettere ordine...

Nautilus n. 21 Marzo  2023

Scarsità dell'acqua e salute mentale

di Matteo Innocenti e Giulia Dockerty


Quasi un miliardo di persone in tutto il mondo soffre di una qualche forma di disturbo mentale. Tra questi, in un caso su sette, si tratta di adolescenti, rimarcando il flagrante malessere diffuso nella popolazione giovanile. Allo stesso tempo, i giovani sono anche i più coinvolti ed esposti nella lotta al cambiamento climatico, soffrendo inoltre i numerosi vissuti negativi riferiti all’ambiente, come ad esempio l’Eco-Ansia, l’intensa paura che si avveri lo scenario catastrofico e disastroso per cui le basi biologiche della Terra vengano meno.
Infatti, secondo il report dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) risalente a Febbraio 2022, il rapido aumento del cambiamento climatico rappresenta una minaccia crescente per la salute mentale e il benessere psicosociale, causando dal disagio emotivo all'ansia, depressione, dolore psicologico e comportamenti suicidari..

Nautilus n. 21 Marzo  2023

Blu  e sostenibile. L'economia dell'acqua

di Maria Carla De Francesco

Così come definito dall’Unione Europea, la ‘Blue Economy racchiude tutte quelle attività economiche connesse al mare e alle coste, dal turismo balneare, alle attività marittime tradizionali e ai servizi navali, alla pesca, alle energie rinnovabili, alla logistica e ai servizi digitali. 
Ma da dove nasce questa nuova idea di economia? 

Generalmente, l’idea di costa ci rimanda all’estate, alle spiagge affollate di turisti, agli stabilimenti balneari, alle passeggiate sul lungomare tra ristoranti e piccoli locali vista mare oppure alle barche ormeggiate nei porti, ai pescherecci che escono all’alba e ai moli con i cantieri navali; ma in realtà è molto di più. 

Nel mondo, l’indotto economico che gira intorno al mare e alle coste è altissimo, contribuendo in modo significativo al sostentamento in particolare dei paesi costieri; basti pensare che i soli settori tradizionali legati all’economia del mare occupano circa 4,45 milioni di persone, generano un fatturato di circa 667,2 miliardi di euro e un valore aggiunto lordo di 183,9 miliardi di euro (European Commission 2022). 
Ma qual è il peso di tutte queste attività sulla sopravvivenza degli ecosistemi costieri e marini? Gli ambienti costieri e marini sono particolarmente fragili perché esposti a condizioni ambientali estreme, quali l’alta concentrazione di sali, escursioni termiche giornaliere e stagionali elevate, presenza delle maree e dell’aerosol marino che comportano un’alta specializzazione da parte degli organismi che vi vivono. 

Nautilus n. 20 Febbraio 2023

Vulnerabilità e dipendenza

 di Marco Giovagnoli

Vi sono due piste da seguire per ragionare sull’idea di vulnerabilità.
La prima è più evidentemente indirizzata verso una accezione critica, problematica del termine, quella più direttamente connessa alla radice etimologica di ferita e estensivamente del danno, della debolezza, della fragilità.  In fondo questa percezione l’abbiamo condivisa, come Occidentali, con la morte di Achille, la cui vulnerabilità si palesa drammaticamente e inaspettatamente in un corpo apparentemente inviolabile e vincente, metafora della modernità e della sua attuale evoluzione; e sempre dall’antico pensiero greco ci perviene (ricordata da Serge Latouche) la possibilità della scelta tra la misura (prhónesis), e dunque il senso del limite, e la dismisura (híbris), la prospettiva dell’illimitatezza, dello sfidare i confini con tutta l’instabilità e l’incertezza che ne sono associate ma anche con l’illusione di sfuggirne attraverso la vertigine dell’invulnerabilità, del non pagar mai prezzo.

Nautilus n. 20 - febbraio 2023

La vulnerabilità in prospettiva sociologica

di Antonella Golino

Il tema della vulnerabilità territoriale può essere affrontato analizzando l’interconnessione esistente  tra la dimensioni fisiche ed ambientali e quelle sociali.

Questo approccio si rileva con particolare chiarezza quando la vulnerabilità, intesa come disastro è di origine antropica. Tuttavia, anche negli eventi la cui causa è naturale e non controllabile, come nel caso dei terremoti, è divenuto di senso comune affermare che ciò che determina il loro effetto non è la causa in sé stessa, ma le modalità con cui essa interagisce con la strutturazione del territorio che si è stratificata nei secoli ad opera delle società umane. 

Riconoscere l’intreccio tra la dimensione fisica e quella sociale implica comprendere il territorio come un insieme di componenti umane e non umane, ciascuna delle quali ha una funzione attiva e interagisce con le altre in complessi processi di coevoluzione (Mela, Mugnano, Olori, 2017).

Il dibattito della sociologia dei disastri negli ultimi decenni ha evidenziato come la percezione del rischio, la valutazione della vulnerabilità locale, la resilienza sociale e il community-building sono elementi fondamentali per studiare l’impatto di un disastro su una comunità locale.

Nautilus n. 20 - febbraio 2023

Mettiamoci a nudo

Il corpo femminile simbolo di libertà 

di Patrizia Lessi

Uno degli aspetti più inediti dell'ultima ondata del femminismo, quella che ha fatto dell'intersezionalità il proprio tratto distintivo e la prima ad aver avuto ampia diffusione in rete, è la rinarrazione dell'immagine del corpo femminile. Non molto tempo fa Instagram è stata la sede di una campagna di sensibilizzazione avente per tema la nudità, totale o parziale, esposta per veicolare un messaggio sociale che nulla avesse a che vedere con l'oggettivazione del corpo delle donne alla quale per decenni siamo stati abituati. Alla base della campagna c’era l’idea, che ne è stata poi lo slogan, del corpo politico, perché politico è l’uso che ne è stato fatto per discriminare o mettere a tacere determinati soggetti sociali. Così il corpo della donna è stato per molto tempo interprete di messaggi ben precisi, orientati a incasellarne il più possibile il ruolo nella società. Il corpo nudo ed eroticizzato è stato lungamente usato per invogliare il consumatore a comprare determinati prodotti (dalla colla isolante allo pneumatico dell’auto) o esposto giovane, tonico e magro nelle campagne di moda o nelle foto di calendari e shooting di celebri autori.

Nautilus n. 20 - febbraio 2023

Le ferite della mente

di Marina Riccucci

La vulnerabilità ha il volto della fragilità psichica, di cui ci ha detto, per esempio, Mary Jane Ward nel romanzo The Snake Pit (uscito nel 1946, edito in Italia due anni dopo, con il titolo La fossa dei serpenti); ha il profilo di quella che Aristotele nell’Etica Nicomachea chiamava affezione morbosa; ha l’identità che Roberto Lorenzini ha descritto in Psicopatologia generale (un libro uscito nel 2010 e quasi introvabile, oggi). 

Il corpo, dalla mole minotauresca, della malattia che attanaglia la mente, che la perseguita e che la avvinghia, niente, proprio niente, ha del fascino sotteso che Erasmo ha voluto darle. Quella di cui Erasmo parla non è altro che una categoria filosofica: quello che Erasmo scrive, pur nella fantasmagorica raffinatezza dell’Elogio, non rappresenta che un divertissement, nulla che abbia a ha che fare con le ferite (i vulnera, appunto) che il soggetto subisce e alle quali non può sottrarsi; ferite che scompensano, che inducono, per usare l’espressione dantesca, matta bestialitade (Inferno XI 82-82), ove matta è aggettivo che qualifica la fragilità, e bestialitade il sostantivo che esprime la ferocia ferina della malattia.

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Nautilus n. 20 - Febbraio 2023

Le Fraschette e la vulnerabilità di una città ciociara

di Elio Vernucci

Nel 1962 Alatri divenne un punto di raccolta di moltissimi profughi.  Erano persone di nazionalità italiana espulsi dai regimi del nord Africa- soprattutto Tunisia- in seguito alla nazionalizzazione delle terre agricole e alla sostituzione della manodopera  europea con quella locale. Nella frazione Fraschette fu allestito un campo di raccolta riadattando vecchie strutture di un campo di concentramento bellico.  Fu edificata una scuola elementare in cui furono avviati i bambini. I più grandi venivano nelle scuole medie che erano allora solo in città. Ricordo ragazzi splendidi per acume e dolcezza, che venivano dall’Egitto e dalla Tunisia in classe con me. 
Parlavano l’italiano l’arabo e il francese. Che i francesi parlassero francese e gli arabi l’arabo ci sembrava normale  ma che un ragazzino potesse esprimersi in tre lingue diverse era per la nostra comprensione troppo fuori dell’ordinario.

Nautilus n. 20 - febbraio 2023

Sviluppo e progresso di società vulnerabili

di Piero Ceccarini e Matteo Scatena


La vulnerabilità dei sistemi sociali è stata più volte messa in evidenza in ambito letterario.

In questo articolo, azzarderemo un confronto tra due grandi autori di diverse epoche: Flaubert e Pasolini, mettendo in evidenza i punti di contatto oltre le ovvie contrarietà date dal secolo di differenza che separa le due figure, mantenendo centrale la domanda: “Sviluppo o Progresso?”
Il tema del progresso è centrale nel romanzo più celebre di Gustave Flaubert: Madame Bovary. Le posizioni che prende Flaubert sono da una parte molto comprensibili e se si vuole anche assimilabili a quelle di Pasolini.

Nautilus n. 17/18  Nov-Dic 2022


Non è solo il Museo “del Calcio” 

di Marco Bracci 

 

Correva l’anno 1990, lo stesso dei Mondiali di Calcio ospitati dall’Italia; il dott. Fino Fini, medico della Nazionale Italiana di calcio dal 1962 al 1982, ebbe l’idea di realizzare il Museo del Calcio accanto alla storica sede del Centro Tecnico Federale di Coverciano. 

Lo spazio espositivo, inaugurato dieci anni dopo (era il 2000), non solo si proponeva di raccontare la storia della FIGC e della Nazionale Italiana, ma anche di far comprendere quanto  

“il calcio e lo sport recitino un ruolo chiave nello sviluppo della società e del singolo individuo: il calcio, grazie al suo linguaggio universale, è veicolo di valori fondamentali quali solidarietà, sacrificio, altruismo, generosità e giustizia, ed è uno strumento chiave di integrazione e superamento di qualsiasi barriera, sia essa linguistica o culturale”( La storia del Museo del Calcio) 

Nautilus n. 17/18  Nov-Dic  2022

Museo del perduto amor...

di Patrizia Lessi

Di recente hai concluso una relazione? Desideri alleggerire il carico emotivo cancellando tutto ciò che ti ricorda quella dolorosa esperienza? Non farlo, un giorno potresti pentirtene.
 Invia invece il tuo oggetto al nostro Museo e partecipa alla creazione di una storia emozionale collettiva! 
Brokenships.com

                                                                     
Scorrendo rapidamente la lista delle parole o dei concetti associati più di frequente alla chiusura di una relazione (specie se recente) saltano agli occhi immagini come dimenticare, lasciarsi il passato alle spalle, voltare pagina, darci un taglio netto, andare avanti, ricominciare.
Poste del cuore o articoli incentrati sulle dinamiche degli affetti consigliano di cambiare, laddove si può, arredamento  o abitazione, luoghi della città e quelli del pensiero. Si invita a stipare  case, cose, auto e fogli di giornale in scatole di cartone o del pensiero da chiudere ermeticamente finché il tempo non avrà messo la giusta distanza fra noi e il nostro dolore, consentendoci di riaprirle per ritrovare col dovuto distacco qualche bel ricordo...

Nautilus, n. 16 ottobre 2022

La libertà di generare

I colloqui del Tonale

di Velio Abati

Generazione. Ottimo memento, in questo tempo di creazioni posticce che, se appena le graffi, mostrano la coazione angosciosa dell’identico, un eterno presente cui sembra contrapporsi solo la nostalgia del passato più luttuoso. 

La radice, dal greco ‘ghennao’, ha un unico significato su due diversi ambiti del reale: biologico (‘faccio nascere’) e antropologico (‘creo’), sia questo in senso fisico o spirituale. In entrambi i versanti indica un movimento particolare che nella sua forma più generale le Confessioni di Agostino d’Ippona definiscono così: “il mondo non era, dove sarebbe stato creato, prima che fosse creato, affinché fosse”.
Ora, l’interessante in tale formulazione radicale del concetto è che palesa come l’atto di generare, la generazione appunto, sia determinazione essenziale della libertà (ognuno può vedere quanto la libertà di creare sia superiore alla libertà di scegliere tra ciò che già c’è) e, insieme, in quanto movimento, determinazione del tempo. In altre parole, il generare, la libertà umana e il tempo storico (non quello biologico, dal momento che nessuna volontà o nolontà umana può opporsi al mutamento che conduce alla morte) sono tre determinazioni prese in una circolarità causale non unidirezionale. 

Nautilus, n. 16 ottobre 2022


Chiamatemi ricercatrice e ora professoressa

 di Donatella Loprieno

 
Un paio di anni fa, uno stimato collega, nonché carissimo amico, scrisse un post su facebook ringraziandomi per un evento verificatosi forse otto prima. Ero stata invitata dal collega a tenere una relazione ad un convegno e sulla locandina era stato scritto: Donatella Loprieno, Ricercatore Unical.  Al momento della presentazione, davanti ad una aula gremita di studentesse e studenti, colleghi e colleghe, fu reiterato il Donatella Loprieno, ricercatore. Prima di iniziare la mia relazione e ringraziare per l’invito, precisai che non ero un ricercatore ma una ricercatrice. Qualcuno, forse, si risentì leggermente e altri si lanciarono in risolini imbarazzati. “Ecco la solita femminista”, immagino abbiano pensato...


Nautilus, n. 16 ottobre 2022


Generazione Z: schermi, anomia e ribellione 

di Marco Bracci 

 

Nel 16° rapporto CENSIS sulla comunicazione (indagine condotta nel biennio 2017-2019) emergeva che la Generazione Z – nati tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo - preferiva “incontrarsi dov’è l’immagine a farla da padrona” e che essere connessi (nel senso di connessione online) era il principale veicolo di socializzazione, intesa sia come processo di costruzione di relazioni sociali, sia come processo di acquisizione di norme e valori necessari a vivere nella società.  

Sempre CENSIS, questa volta più recentemente, metteva in evidenza l’utilizzo dello screen per la maggior parte degli italiani (“L’Italia multiscreen del post pandemia”), sostenendo che 

“la digital life non è un modo di vivere e di pensare circoscritto a Millennials e Generazione Z, ma è fenomeno strutturale, che coinvolge tutti gli italiani, destinato a restare e a incrementare qualità della vita e benessere di tutti.” 

Nautilus n. 16 Ottobre 2022


Sono un ragazzo fortunato

di Elena Pecchia

“E il futuro ci spaventa più di ogni altra cosa/ E la fine ci spaventa più di ogni altra cosa/ il fallimento
ci spaventa perché i vincitori sono gli unici che scriveranno la storia”
Poco prima del lockdown nel 2019 un duo musicale italiano, gli Psicologi, esce con un testo rap che
ha avuto un gran fortuna e una felice intuizione del futuro prossimo venturo per il mondo e, in
particolare, per la Generazione Z.
Il futuro li avrebbe spaventati più di ogni altra cosa con il suo carico di malattie, disastri climatici,
guerre, libertà negate, minacce nucleari, in una sequenza spaventosa e inimmaginabile.
E loro? Come hanno reagito le ragazze e i ragazzi di oggi con le loro piccole paure adolescenziali di
fronte alle grandi paure che incombono su tutti noi?


Nautilus n. 16 ottobre 2022


Invecchiamento e denatalità

Come affrontare le sfide del futuro

di Stefano Benvenuti Casini

 
L’invecchiamento in buona salute è certamente una grande conquista che fa dell’Italia uno dei paesi più longevi al mondo: la speranza di vita alla nascita ha oramai superato gli 80 anni (85 per le donne) tanto che oramai la soglia oltre la quale si diventa anziani viene spostata ai 75 anni.

Una conquista, ma anche un problema perché per quanto le condizioni di vita e di salute siano decisamente migliorate rispetto al passato, con l’avanzare dell’età affiorano le malattie -spesso croniche- che in alcuni casi compromettono la stessa autonomia dell’anziano, con disagi e costi a carico delle famiglie e della Pubblica amministrazione. .. 


Nautilus n. 16 ottobre 2022


Giovani inquieti

di Piero Ceccarini

Durante un suo concerto, Fabrizio de André pronunciò una frase su cui vale la pena riflettere: "C'erano morali nel Medioevo o nel Rinascimento che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Vedo che c'è un gran tormento sulla perdita dei valori: bisogna aspettare di storicizzarli".

Il cantautore genovese si riferiva a tutti coloro che, appartenenti alla vecchia generazione, non vedevano futuro né alcuna positività nei giovani, ponendo tra loro e se stessi una barriera invisibile ma concreta.

 

Oggi la nostra gioventù inquieta si muove verso uno stato di totale disperazione, generato dalla noia, quella del possesso, del consumo.  

Nautilus n. 15 settembre 2022


Amici in cammino

Stefania, Silvia, Brunella, Giuseppe e altri fanno parte di un gruppo che ha fatto del camminare uno stile di vita, un modo per condividere emozioni, conoscere, socializzare, ritrovarsi.


Molti di noi si sono conosciuti così, camminando. Piccoli gruppi organizzati con tanto di guida o anche da soli, per le montagne degli Appennini:Sibillini, Simbruini,Ernici, Lucretili.

S. è forse stata un po il collante tra le varie conoscenze che via via si andavano collegando, poi io, reincontrando, dopo circa trenta anni amici di adolescenza.  Amici degli anni 70.
così per noi ritrovarci insieme è diventato sopratutto camminare. Nei nostri appuntamenti la prima cosa che pensiamo, oltre che organizzare un pranzo condiviso è:” dove andiamo a camminare?”.
Muovere un passo dopo l'altro su strade conosciute o da scoprire ci ha fatto conoscere un tempo più lungo e attento per stare assieme, che sia di uno o più giorni, prendendoci così lo spazio ed il tempo per lasciar andare le tensioni accumulate nella quotidianità. Il cammino, così come lo intendiamo, ha un tempo lento, attento, ci permette di osservare, guardare e poi riguardare, di nutrirci della bellezza intorno...


Nautilus, n. 15 - Settembre  2022

Media e device: siamo “turisti” o “viaggiatori”? 

di Marco Bracci 

 
La mobilità territoriale ha sempre fornito e presentato i cambiamenti dell’individuo sociale come un movimento da un luogo sociale a un altro. Le trasformazioni dell’individuo sociale che avvengono durante il viaggio derivano da contesti differenti e in continuo mutamento, che offrono riconoscimenti specifici. Da qui deriva che è (è sempre stato) impossibile pensare a un “io” senza l’ “altro”, vale a dire l’identità individuale si forma attraverso una interazione reciproca e continua con gli altri; in tal modo l’individuo assume “forme” diverse da luogo a luogo, a seconda del gruppo che in quel preciso momento diventa il suo referente, ma contemporaneamente e teoricamente emerge il problema dell’adattamento dell’individuo.
 
Ciò a cui stiamo assistendo nella società contemporanea è un cambiamento di percezione del concetto di mobilità e quindi anche del processo che la sostanzia, il viaggio, che da sovvertitore dell’ordine sociale si è trasformato in una routine, finendo per essere sempre più istituzionalizzato e perdendo quindi le sue caratteristiche originarie. Cosa è accaduto?


Nautilus, n. 13/14 - Luglio/Agosto 2022

Il porto come luogo sociale aperto al futuro

di Marco Bracci

 

Passaggio, ingresso. Questo il significato della parola porto; un luogo di transito, di partenza e di arrivo. Per noi turisti-consumatori del viaggio contemporaneo, il porto è quell’ambiente fisico cui si accede per salire a bordo di un’imbarcazione al fine di raggiungere una meta, o che, una volta sbarcati, si attraversa per dirigerci da qualche parte; il porto è percepito come uno spazio fisico cui non sono attribuiti particolari significati, tranne il caso in cui si crei una situazione di forzata, imprevista e prolungata attesa (leggasi: ritardo), uno stato di sospensione temporanea del movimento che dapprima provoca irritazione, poi noia, fino a sfociare nell’attesa. 

Ma c’è un problema: le nostre vite frenetiche e i ritmi cui siamo oramai abituati ci hanno diseducato a coltivare una virtù particolare, tipica delle società del passato e tradizionali, vale a dire la capacità di saper aspettare, ed è veramente strano che proprio all’interno di un porto abbiamo la possibilità di impararlo di nuovo. 

Nautilus, n. 12 - Giugno 2022

In difesa di una storia del turismo

di Annunziata Berrino


In queste settimane di tarda primavera e inizio estate del 2022 il turismo ha ripreso la sua corsa dopo due lunghi e difficili anni di pausa, causata dal Covid-19. Si parla di effetto rimbalzo, di overtourism, di numero chiuso, di questioni balneari e di tanto altro.


Il turismo: un fenomeno complesso della modernità occidentale, sintesi puntuale e talvolta anticipatrice di pratiche, modelli, mode, tendenze; un fenomeno di cui ciascuno di noi si sente legittimato a parlare, così come si può parlare di che tempo farà, dell’amore, di internet… esprimendo giudizi in cui turismo di massa, turismo mordi e fuggi, turismo buono e cattivo sono denominazioni e classificazioni gettate lì.

Nautilus, n. 12 giugno 2022


Il miglior turismo? È il non-turismo


di Rossano Pazzagli


Alla crescita dell’industria turistica si sono accompagnate negli ultimi anni crescenti preoccupazioni per gli impatti che essa genera sulla vita delle comunità residenti, con il moltiplicarsi di conflitti in rapporto all’uso del territorio e alla vivibilità dei luoghi.

Sono quindi emerse le problematiche legate all’overtourism, alle politiche di gestione dei flussi, alla trasformazione delle dinamiche abitative e alle tematiche inerenti la sostenibilità ambientale, spingendo verso un approccio critico alle conseguenze della turistificazione dei territori.

Il turismo del futuro sarà il turismo dell’esperienza e della saggezza e si orienterà verso luoghi che saranno capaci di resistere all’affollamento e all’omologazione: un non-turismo che attrarrà i turisti di domani e che già vanta esperienze significative.

 
Nonturismo”, ad esempio, è il titolo di una collana dell’editore Ediciclo dedicata ai viaggiatori che al tour preconfezionato preferiscono l’incontro autentico con lo spirito dei luoghi: un progetto di guide innovative scritte dalle comunità locali per promuovere il turismo consapevole; di particolare interesse la guida dedicata a Ussita, nel parco nazionale dei Monti Sibillini. .

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Nautilus, n. 12 Giugno 2022 

Comunicare l’immagine dell’Italia nel mondo

Il ruolo e le strategie di Enit – Agenzia nazionale del turismo

di Roberta Garibaldi

Il momento storico sta portando anche il turismo fuori dagli schemi e il processo di normalizzazione investe su nuove attitudini turistiche. L'impianto rivisitato della direzione e della percezione del mondo si orienta verso un processo di maggiore sensibilizzazione, un nuovo modo di sentire, vivere l’esperienza. E il turismo non è estraneo a queste logiche, anzi. Anche il viaggio chiama in causa la connessione diretta dei rapporti tra ambiente, ecosistema e scelte sociali, politiche ed economiche.
 
Enit intercetta, amplifica e coordina questa grande cabina di regia con il sistema Italia sul comparto e promuove l’immagine della penisola nel mondo. Al contempo sviluppa le strategie di potenziamento del turismo sia interno che dall’estero. Con la pandemia il modo di viaggiare mette a fattor comune i rapporti fra innovazione, sostenibilità e il viaggio, invocando l’attenzione dei decisori pubblici affinché si avvalgano nelle proprie scelte di un' interdisciplinarietà valoriale. 

Si fa strada, quindi, un'interconnessione e l'assunzione di responsabilità finalizzata al mantenimento della community di viaggio considerata nella propria complessità, senza l'adagio di flussi continui. 

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Nautilus, n. 12 Giugno 2022 

La Governance  per un nuovo turismo


di Ermanno Bonomi

 Il momento storico sta portando anche il turismo fuori dagli schemi e il processo di normalizzazione investe su nuove attitudini turistiche. L'impianto rivisitato della direzione e della percezione del mondo si orienta verso un processo di maggiore sensibilizzazione, un nuovo modo di sentire, vivere l’esperienza. E il turismo non è estraneo a queste logiche, anzi. Anche il viaggio chiama in causa la connessione diretta dei rapporti tra ambiente, ecosistema e scelte sociali, politiche ed economiche.

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Nautilus, n. 12 Giugno 2022

Turismo del gusto, gusto del turismo

di Marco Petrella


Domandarsi se il turismo gastronomico esista davvero è diventato oggi un interrogativo retorico. Non solo perché l’espressione è ormai diffusamente affermata nella letteratura scientifica e nella pubblicistica ma in quanto mangiare bene e gustare il territorio appaiono elementi sempre più rilevanti tra le motivazioni che portano alla mobilità turistica in tutto il mondo. Imperniato su un atto alimentare che assume i tratti di una vera e propria incorporazione, il turismo gastronomico colloca il piacere della tavola al centro delle pratiche turistiche e media la scoperta e la conoscenza del territorio attraverso il gusto, che diventa la motivazione prevalente per lo spostamento di un numero sempre più elevato di persone.

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Nautilus - n. 11 Maggio 2022

Tra politica e politiche. Il ruolo della partecipazione

di Massimo Morisi


«…esporsi a sollecitazioni politiche; votare; avviare una discussione politica; cercare di convincere un altro a votare in un certo modo; portare un distintivo politico; avere contatti con un funzionario o con un dirigente politico; versare offerte in denaro a un partito o a un candidato; partecipare a un comizio o a un’assemblea politica; contribuire con il proprio tempo a una campagna politica; diventare membro attivo di un partito politico; partecipare a riunioni in cui si prendono decisioni politiche; sollecitare contributi in denaro per cause politiche; diventare candidato a una carica elettiva; occupare cariche pubbliche o di partito»: questi, secondo una celebre tipologia (proposta da L.W. Milbraith, Political participation, Chicago, 1966) i diversi gradi di partecipazione politica o di coinvolgimento nella vita politica registrabili presso il pubblico di una società del mondo occidentale in pieno ‘900 “democratico”.


Nautilus - n. 11 Maggio 2022


Il voto e la partecipazione

Chi sono gli elettori astensionisti e perché non votano?


di Antonio Floridia
 

Puntualmente, ad ogni occasione elettorale in cui si registra una caduta dei livelli di partecipazione, si alzano alte grida di allarme e preoccupazione, che tuttavia vengono ben presto archiviate e rimangono prive di una qualche reale conseguenza. E, soprattutto, spesso mancano delle reali analisi sulle cause del fenomeno, rifugiandosi piuttosto ad una serie di luoghi comuni sempre meno significativi (la “disaffezione”, il “distacco”, ecc.). 

In realtà, i fattori che agiscono sulle motivazioni del voto, così come quelle del non-voto, sono molto complesse: vi agiscono elementi “sistemici” (i caratteri generali del sistema politico, il sistema dei partiti, le leggi elettorali, le “fratture” (cleavages) politico-sociali e territoriali, che dividono una comunità politica; ma anche fattori più contingenti (la struttura specifica del contesto in cui si svolge la competizione: le condizioni dell’economia, la rilevanza dei temi al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, il “posizionamento” dei partiti rispetto a questi temi “salienti”, l’immagine del leader rispetto ad esse)...

Nautilus - n. 11 Maggio 2022


IL GIARDINO DEGLI INCONTRI
Rigenerazione urbana partecipata tra inclusione sociale e giustizia spaziale


di Camilla Perrone

Il testo descrive un progetto in corso che raccorda ricerca e progettazione urbanistica partecipata per la redazione di un “Piano Guida” per la costruzione condivisa (con le comunità locali) di un progetto integrato di rigenerazione urbana basato sulla valorizzazione delle risorse ambientali, economiche, sociali e spaziali, e orientato al superamento delle criticità esistenti (in particolare l’isolamento, la frammentazione morfologica, il degrado fisico e sociale) nell’area sud ovest di Firenze al confine con il comune di Scandicci dove insistono le strutture carcerarie (Sollicciano-Gozzini). L’obiettivo finale è la definizione di una nuova centralità metropolitana. ..

Nautilus - n. 11 Maggio 2022
 

E-participation: i contributi delle tecnologie dell'informazione nella partecipazione dei cittadini ai processi di policy-making 

Livelli, modi e soggetti coinvolti

di Francesca Passeri

 

L’interattività è una proprietà della tecnologia, mentre la partecipazione è una proprietà della cultura (Henry Jenkins).

Gli strumenti tecnologici vengono sempre più utilizzati dai governi nazionali per migliorare la qualità e l’affidabilità dei servizi offerti ai cittadini. Allo stesso modo le tecnologie consentono la partecipazione attiva dei cittadini alle decisioni e alle azioni intraprese dai pubblici poteri, con lo scopo ultimo di dare realizzazione alla Società dell’Informazione.
La cultura partecipativa offre molte opportunità alla collettività di impegnarsi in dibattiti civici e partecipare attivamente alla vita delle comunità e alle scelte compiute dalle pubbliche istituzioni...


Nautilus - n. 10 Aprile 2022


Il capitalismo umanistico di Brunello Cucinelli


di Francesca Passeri

“Agisci in modo da considerare l’umanità sia nella tua persona sia nella persona di ogni altro, sempre come nobile fine, mai come semplice mezzo” (I. Kant). 

Questa è una delle tante citazioni che circondano il borgo di Solomeo, vicino Perugia, quartier generale del brand del lusso Brunello Cucinelli, un modello di capitalismo umanistico e di sostenibilità umana che pone l’uomo al centro dell’impresa. 

Brunello Cucinelli, l’uomo e il suo sogno, come recita un breve documentario dedicato al fondatore, definito il re del cashmere; abbellire l’umanità attraverso i valori di un’impresa fondata sul rispetto delle culture, sul rispetto della dignità dell’uomo, sull’idea che la bellezza sia qualcosa di speciale e che possa contribuire ad abbellire l’umanità, coniugare lo stile con il benessere, come ha ricordato lo stesso imprenditore nel corso di una recente intervista. 

Adriano Olivetti negli anni Trenta sviluppò un modello organizzativo che concepiva l’impresa come un’organizzazione sociale, un luogo in cui, oltre al profitto, si mirava anche al benessere delle persone che vi lavorano. 



Nautilus  n. 9 - Marzo 2022

Memento memoria

di Marco Vichi

La parola Memoria è un “contenitore” assai ampio, come tutte le parole importanti… Amore,
Desiderio, Sofferenza, Cultura,
e molte altre che hanno più declinazioni e che non è possibile comprimere
dentro un unico significato. Da questa parola si diramano molte strade, in direzioni diverse, con scenari e
suggestioni differenti.

Ad esempio, la Memoria Storica, eterno terreno di conquista dove si combatte all’ultimo sangue per affidare significati diversi a ciò che è accaduto, a volte addirittura per occultare o inventare eventi storici, al fine di proteggere o modificare il presente, usando appunto la Memoria come fondamento e giustificazione di visioni attuali, come scudo o arma negli attacchi politici, per calmare o infiammare gli animi, per
mantenere vivi dei sacrosanti valori o al contrario per sostenere la falsa retorica per fini di propaganda...

Nautilus  n. 9 - Marzo 2022

La memoria come patrimonio antropologico

 di Katia Ballacchino

“Ricordare è come un po’ morire”, ripeteva come un mantra il brano di Morricone, colonna sonora della straordinaria pellicola di Tornatore “Una pura formalità” del 1994, che celebra il complesso processo del ricordare, semplificando mirabilmente la potente e spesso inquieta forza che accompagna l’emergere della memoria individuale. 

La memoria è sempre stata elemento distintivo dell’uomo, come individuo e membro di un gruppo sociale, portatore di valori culturali, ma le modalità del ricordare sono mutate profondamente, col passaggio dall’oralità alla scrittura e, poi, dalla memoria individuale a quella collettiva.
Connerton (1999) si riferiva alla memoria come una facoltà culturale individuando il valore delle tradizioni; nelle dimensioni comunitarie, infatti, la trasmissione intergenerazionale della memoria culturale si costruisce selezionando gli elementi valoriali in cui gruppi e istituzioni si riconoscono. 

Si impara a ricordare fin dalla nascita tramite un apprendistato che passa per l’acquisizione del linguaggio, l’interiorizzazione del pensiero e la condivisione di momenti commemorativi privati e pubblici. 
La memoria è parziale e incompleta perché selettiva in base al punto di vista dell’individuo o del gruppo che la tiene in vita; e attraverso la memoria si veicola il rapporto tra soggettività individuali – collettive e il passato ritenuto identificante e creatore di senso di appartenenza...

Nautilus  n. 9 - Marzo 2022

Imitazione, Fantasia, Memoria


di  Alfonso Maurizio Iacono
 
 I bambini apprendono a costruire i mondi intermedi, imparano a entrarvi e ad urscirne e lo fanno soprattutto attraverso il gioco. Lo abbiamo visto e vissuto da genitori con i nostri figli quando erano bambini. Ma noi adulti siamo debitori del nostro stesso essere stati bambini, perché ciò che viviamo come naturale, l’entrare ed uscire in mondi di senso che costruiamo con gli altri in modo cooperativo e sociale, lo abbiamo appreso in quel mondo diverso che è l’infanzia e abbiamo aiutato i nostri figli ad apprenderlo. Non a caso torniamo a ricordarla quando siamo vecchi, perché la distanza di tempo può diventare memoria solo quando la diversità del nostro essere stati bambini viene da noi accettata come una struggente, meravigliosa, irreversibile diversità e alterità.
Mi ha sempre dato da pensare il frammento di Eraclito che suona così: “ho indagato me stesso”...

Nautilus  n. 9 - Marzo 2022


Il gioco delle perle di vetro. Condannati a dimenticare?


di Federico Valacchi

 

La lunga metamorfosi binaria della nostra società porta con sé, tra le sue molte conseguenze, anche la questione centrale della conservazione degli oggetti digitali che produciamo senza pace.
Serpeggia il dubbio sul futuro della memoria, se vogliamo usare questa espressione ormai consunta. 

Il problema va ben oltre gli incerti confini delle discipline documentarie e sarebbe davvero banale ricondurlo solo ad aspetti di natura tecnologica. Si inserisce piuttosto in un percorso culturale ed antropologico che oscilla tra due tratti caratterizzanti della modernità. Si colloca, potremmo dire, tra ipermnesia e società postmnemonica, cioè tra la nostra ubriacante superfetazione informativa e la tendenza subliminale a distruggere le tracce degli avvenimenti subito dopo il loro passaggio.


Nautilus  n. 9 - Marzo 2022


DOC – Nelle tue mani

La memoria ritrovata, la memoria narrata

 

di Marco Bracci

 

Una serie TV RAI di enorme successo, Doc nelle tue mani,  i cui diritti sono stati venduti all’estero (USA inclusi), è giunta alla fine della seconda stagione. 

Se nella prima stagione la dimensione individuale era il framework di riferimento della narrazione, con storie di identità private e intime e quelle professionali che si intrecciavano con il flusso di pensieri e le azioni stentate di Andrea Fanti, il Doc protagonista della serie (Pierdante Piccioni, il doc “vero” ), alla ricerca del proprio passato (dopo aver perso 12 anni di ricordi...), la seconda stagione gioca tutta sui continui rimandi tra memorie individuali e memoria collettiva, per offrire, prima nel suo genere in Italia e nel mondo, una chiave di lettura molto situata sugli accadimenti del primo lockdown del 2020 nella società italiana ma soprattutto nell’ospedale lombardo (nella finzione “Policlinico Ambrosiano”), campo di battaglia tra la vita e la morte di medici e sanitari che si trovarono a navigare a vista, senza bussola alcuna, tra le onde perigliose del Covid-19....


Nautilus  n. 9 - Marzo 2022


Una cattiva memoria 

Last Feminism, Cancel Culture e chiamata alle armi del politically correct 


di Patrizia Lessi
 

Ha fatto a suo tempo discutere la decisione di HBO, storica emittente via cavo statunitense, di cancellare dal palinsesto Via col vento, capolavoro che Victor Fleming diresse nel 1939 consacrando nell’immaginario collettivo la Rossella O’Hara dell’allora semisconosciuta Vivian Leigh.  Prima di dare un’occhiata ai motivi che hanno portato la dirigenza della rete a fare questa scelta vale la pena ricordare cosa ha rappresentato HBO fin dalla sua fondazione nel 1972: una piattaforma controcorrente in cui fruire di prodotti televisivi irriverenti, senza censure su temi come sesso, famiglia, società e showbiz americano. Dalle stand-up comedy politicamente scorrette a serie come Sex and the city che negli anni ’90 sdoganò modelli femminili e maschili di rottura rispetto a quelli tradizionali, HBO si è fatta paladina di racconti alternativi, controversi, in grado di narrare la realtà anche nei suoi aspetti più pruriginosi e sgradevoli, quelle contraddizioni e piccolezze che altre emittenti preferivano nascondere sotto a un tappeto di sani valori e storie in grado di incarnare ancora il sogno americano.


Nautilus  n. 9 - Marzo 2022

Fomà Fomic 

Quando la Memoria e la Cultura si dissociano dalla Realtà 


di Elio Vernucci

“Le parole sono importanti ma ribadirne la centralità non è sufficiente se le parole vengono staccate dall’azione.  Parole, società e realtà non possono essere disunite” Vera Gheno, di cui sono fedele lettore. Questa frase mi ha fatto trovare una delle possibili strade che portano a un termine difficile che mi ha sempre affascinato: l’enantiosemia. Fantasma che si para in maniera orribile davanti a una parola, per cui essa viene ad assumere un significato opposto al primitivo.  Per esempio, rimanendo in campo gastronomico “Ho spolverato i mobili” cioè ho tolto la polvere “Ho spolverato la torta con zucchero a velo” cioè   ho aggiunto polvere (di zucchero ma sempre di polvere si tratta).

Penso allora che se la parola perde il suo contatto con le due realtà di cui parla la Gheno con più facilità può imboccare la strada paludosa che la porta senza potersene nemmeno accorgere davanti al fantasma orribile dell’enantiosemia.

Faccio queste considerazioni dopo l’ultima lettura della Gheno su Nautilus, perché mi sto domandando se le parole Memoria e Cultura si stiano disunendo dalla società e dalla realtà di Piombino e stiano camminando senza compagnia...


Nautilus  n. 8 - Febbraio  2022

Parole, Società e Realtà


di Vera Gheno
Non posso fare a meno di sentire un brivido lungo la schiena, quando ascolto una persona pronunciare la frase “Le parole sono importanti”. Non perché non creda alla veridicità dell’enunciato, ma al contrario, proprio perché lo prendo tremendamente sul serio, e conosco purtroppo cosa succede alle parole stesse quando diventano degli slogan: tendono a svuotarsi di significato, a non possedere più quella “scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze”, come scriveva Italo Calvino in “Lezioni Americane” (1986); scintilla, peraltro, che è necessaria affinché esse lascino un’impronta in noi.
Perché è assolutamente vero: le parole sono importanti, ma non di per sé, non se vengono staccate dalle azioni, dalla realtà, dalle persone...

Nautilus  n. 8 - febbraio 2022

#Chinonlegge


di
Sasha Naspini
Quando uscì la bella iniziativa #ioleggoperché – la grande raccolta di libri a sostegno delle biblioteche scolastiche (ad oggi sono stati donati oltre un milione di volumi) – mi divertii a capovolgere il concetto. Insomma, l’affermazione “Io leggo perché…” dà per assunto che ci sia quel gesto, è divertente provare a dare un nome a una certa spinta, specie per incoraggiare i bambini. Mi chiesi: e chi non legge com’è? Cosa fa? Provai a buttare giù un post scherzoso (ma neanche tanto) in quel senso, che poi dilagò sulle pagine di qualche giornale, fu rilanciato da alcune riviste. Ebbi perfino la tentazione di creare un sito apposito, che contenesse quel fiume di definizioni da parte degli utenti, alcune geniali, ma si rivelò subito un lavoraccio. Lasciai perdere.

Però è un pallino che resta: cos’è che impedisce a tanta gente di farsi un regalo del genere? I dati sulla lettura in Italia sono sempre tra i peggiori in Europa… 

Nautilus - n. 8 - febbraio 2022

Cosa c'è tra di noi?


di Maddalena Bergamin
Che cosa c’è tra di noi? Questa è la domanda in lettere al neon che da diversi mesi viene posta a chiunque passi davanti al Centre Pompidou, il più importante museo di arte moderna e contemporanea di Parigi. Si tratta dell’installazione dell’artista inglese Tim Etchells (1962). 

Una domanda particolarmente diretta, che quasi ci mette a disagio, quando ce la vediamo di fronte e siamo in compagnia di qualcuno.
Passato l’imbarazzo, ricorriamo, nella nostra mente, a risposte il più possibile credibili: tra di noi c’è amicizia, una relazione amorosa, c’è antipatia o antipatia, tra di noi c’è una storia travagliata, svariati affetti.
Tuttavia, credo che l’installazione di Etchells faccia appello a una dimensione diversa da quella del tempo, convocando piuttosto il concetto di spazio. Il suo “tra di noi” significa letteralmente “in mezzo a noi”, nello spazio d’aria (reale o mediatico che sia) che separa due o più individui incastonati nelle proprie rispettive realtà...

Nautilus - n. 8 - febbraio 2022

Lavoro 


di Tiziano Arrigoni
Certe volte ci sono romanzieri che ci dicono molto più sul nostro paese di alcuni saggisti. Uno di questi è Luciano Bianciardi , conosciuto da molti per il suo romanzo più famoso, La vita agra, e di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita.
Bianciardi è stato testimone attento dei cambiamenti della società italiana durante gli anni del miracolo economico e ne ha visto i tarli e le contraddizioni, aldilà di un facile ottimismo imperante, pur senza nutrire nostalgie inutili per un “mondo che fu”, spesso duro per vivere.
Uno degli aspetti che fa da filo conduttore nelle sue opere è proprio il lavoro. Da una parte c’è il lavoro tradizionale, quello dei braccianti, quello dei minatori di Maremma, fatto di fatica, sudore, sfruttamento, voglia di riscatto, insomma il modello che fu in buona parte travolto dall’Italia del boom; dall’altra invece c’è il lavoro intellettuale, compreso quello creativo e qui i paragoni con l’oggi si fanno più stimolanti, anche se il contesto varia molto. 

Bianciardi nel 1954 passò da una città provinciale come Grosseto a una Milano in piena espansione per lavorare nell’industria culturale (nel suo caso alla Feltrinelli)...

Nautilus - n. 8 - febbraio 2022

PASTORE
femminile plurale


di
Anna Kauber
Pastore: femminile plurale. Questo il titolo che ha accompagnato il mio viaggio di ricerca delle presenze femminili nel mondo della pastorizia italiana, tradizionalmente di cultura maschile e spesso anche patriarcale.
Un’indagine di genere, dunque, già evidenziata nell’apparente ambiguità linguistica della parola “pastore”, che nella grammatica italiana identifica sia il sostantivo maschile singolare sia il sostantivo femminile plurale. 
In questo gioco di analisi grammaticale della nostra lingua avevo di fatto trasferito la premessa e l’impalcatura concettuale dell’intero progetto di ricerca. Nei due anni di viaggio il tempo dedicato all’incontro con ciascuna è stato il mio grande alleato e lo strumento indispensabile per porre e via via consolidare le basi per uno scambio sincero e spontaneo tra noi...

Nautilus - n. 8 - febbraio 2022

Digitale


di Filippo Bruni
Rivoluzione digitale, mondo digitale, strumenti digitali, competenze digitali, comunicazione digitale: sono solo alcuni esempi d’uso di un termine legato a fenomeni che hanno trasformato la vita di ciascuno di noi. Digitale: dall’inglese, contare, ma anche dal latino, dito, usato con la stessa funzione.
Il cambiamento avvenuto, sicuramente epocale come ricorda Floridi, è appunto legato al numero e al codice binario. Immagini, testi, musica, video prima prodotti e fruiti tramite strumenti e supporti differenti sono stati tutti trasformati una serie di zero e di uno rendendo possibile la loro gestione in un unico oggetto, che poi sia computer, tablet o smartphone diventa secondario. Il modo di comunicare è cambiato: dalle mail si è passati alle chat, ai social network aggiungendo (o forse in alcuni casi sostituendo) alla rete delle relazioni fisiche la rete delle relazioni virtuali realizzando un intreccio dalle sfumature infinite.    


n. 6-7 Dicembre 2021/Gennaio 2022

Cib'aria 

Un progetto per viaggiare nel mondo rimanendo in Italia


 di Elena Pontil

Nasce a Firenze una rassegna di scambi culturali per tutte le anime curiose che la attraversano. In un periodo di chiusure causate da Covid, diffidenze dovute a politiche di integrazione miopi nasce un progetto che va contro corrente con l’obiettivo di aprire le città a nuove conoscenze, nuove ricette e nuove storie. 

Si tratta di serate dedicate alla cucina, ma che spaziano tra musica e letture provenienti da lontano con l’obbiettivo di avvicinare la città di Firenze al mondo. Il paradosso è infatti quello di essere considerata una meta internazionale conosciuta in tutto il globo grazie al turismo di massa che la attraversa ogni anno, ma rimanendo una città con poca familiarità con le lingue del mondo. 

Proprio per rovesciare questa situazione, le protagoniste del progetto sono donne entusiaste delle loro origini e molto attive nel tessuto cittadino che condividendo le ricette d’infanzia, un ballo e un ricordo ad alta voce, si fanno ambasciatrici di futuro e di una nuova Firenze...

n. 6-7 Dicembre 2021/Gennaio 2022

Un vaccino chiamato SlowFood 

 

di Rita Salvatore 

Seppur di natura metaforica, il virus che - ormai più di trent’anni fa – preoccupava un gruppo di intellettuali non era meno epidemico di quello che attualmente sta minacciando il mondo intero.
Era il virus della “fast life” che, a partire da una esasperata interpretazione della civiltà industriale, come in una sorta di autofagia globalmente estesa, stava conducendo le nostre vite vorticosamente all’interno di ritmi sempre più accelerati, finendo col confondere l' efficienza con la frenesia, l’alimentazione con la fagocitazione, il tempo con la velocità.
Di fronte al dilagare impetuoso di questa “ideologia dominante”, un gruppo di dodici amici illuminati tra cui Carlo Petrini e Folco Portinari, fondatori di quello che da un po’ di anni si è imposto come il più ampio e riconosciuto Food Movement,  elaborarono e sottoscrissero il Manifesto dello Slow-food, come appello rivolto “a tutti coloro che vogliono vivere meglio”.
In modo provocatorio, e per certi versi anche un po’ goliardico, i firmatari vedevano proprio nella proposta dello Slow-food una sorta di vaccino in grado di prevenire e di curare tutti gli effetti collaterali della fast-life....

n. 6-7 Dicembre 2021/Gennaio 2022


Della tipicità …sotto “el capanon” 


di Danilo Gasparini

Sandrigo, Vicenza, anno di grazia 1650, 3 maggio, festa dei patroni San Filippo e Giacomo: lungo le vie del centro sfila la processione con le statue dei santi preceduta con solennità dalla locala Confraternita del Santissimo Sacramento. I confratelli sono tutti vestiti con mantellina rossa e cappa bianca. 
Settembre 2021, in tempi di Covid, per le vie del paese, sfilano i confratelli della Confraternita del baccalà alla vicentina: la cappa in velluto bruno-argenteo che simboleggia le squame del merluzzo, la mantellina gialla, colore della polenta, e il collare con il medaglione riproducente il logo della Venerabile Confraternita.  Qualcosa è cambiato!
 Ed ora quando si dice Sandrigo ma anche Vicenza si pensa al baccalà alla vicentina e quando si pensa al baccalà alla vicentina si pensa a Sandrigo e a Vicenza...

n. 6-7 Dicembre 2021/Gennaio 2022

Elogio di un piccolo seme

Una geografia alimentare tra simbolo, cinema e territorio 

 

di Elio Vernucci 

Credo che quasi  tutti abbiano visto “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino  Visconti. E’ considerato forse il suo film più riuscito e uno  dei migliori film italiani e di tutta la cinematografia. 
Il Morandini lo definisce “Il più generoso dei film di Visconti”. E sicuramente è stato generoso con me perché ha significato una ricerca di libertà  e il passaggio all’età adulta! Per essere più precisi lo sono stati i minuti che vanno dal ventiseiesimo al trentaduesimo. Quando  entra, anzi dovrei dire prorompe, in scena Annie Girardot. E’ semplicemente splendida. Con la sua fresca carnalità sottolineata dal sofisticato uso della fotografia in  bianco e nero di Giuseppe Rotunno, abbagliava la fredda e cupa cucina in cui veniva  accolta e calamitava su di sé  lo sguardo dei fratelli  di Rocco Parondi, nel contempo  catalizzava e canalizzava i primi pruriginosi vaporosi sconosciuti  impulsi di noi adolescenti, e  “Il corpo questo sconosciuto”, come ha detto un grande analista, “ attraverso le emozioni e le sensazioni  sparse che da esso provengono si presentava alla nostra mente“. ..

(Nell'immagine, fioritura di lenticchie di Castelluccio -PG)

n. 6-7 Dicembre 2021/Gennaio 2022

La cultura culinaria italiana sul piccolo schermo, fra tradizione e innovazione

di Marco Bracci

 

“Non c’è qualità nell’ingrediente se non c’è qualità nella persona che lo produce”

Corrado Assenza

 

La recente rappresentazione mediale della cultura italiana del cibo che emerge da programmi TV in onda su canali dedicati e da docu-serie originali online è quella di un universo fantastico e contemporaneamente reale, in cui tradizione e innovazione sono lo yin and lo yang, energie opposte ma necessarie che si completano a vicenda, dove l’esistenza dell’una dipende dall’esistenza dell’altra, e insieme costituiscono un equilibrio dinamico....sempre in costante movimento, così come in movimento e in mutamente è la cultura gastronomica del nostro Paese. 

In che modo è raccontata la tradizione (culinaria) italiana? Come uno stimolo a osservare il mondo intorno, il territorio locale, per imparare a comprenderlo, traendo ispirazione dal passato ma andando oltre gli standard “imposti” da decenni, e spesso secoli segnati da azioni ripetute sempre allo stesso modo secondo ricette oramai entrate nell’immaginario collettivo culinario italiano e poi internazionale...

n. 6-7 Dicembre 2021/Gennaio 2022

Dietland


di Patrizia Lessi
In un numero dedicato al cibo in tutte le sue declinazioni può essere interessante guardare a ciò che lievita in rete, con particolare attenzione all’attivismo intersezionale e ad una terminologia inedita e sempre più diffusa: fat-shaming, fat-acceptance, body positivity non hanno in sé un riferimento diretto a ciò che mangiamo, ma rimandano al complicato rapporto fra cibo e corpo che lungi dall’essere una novità è però oggi riflesso da piattaforme come Instagram in numerosissime sfumature.

Da una parte si ha il fenomeno del food porn, la pratica cioè di condividere nei post i piatti che stiamo per svuotare a casa o al ristorante condendoli con ashtag acchiappa like, dall’altra mostriamo il percorso che ci porta attraverso il cibo sano, sminuzzato, liquefatto e trasformato a raggiungere o mantenere il peso forma, o come dice soprattutto il femminismo di ultima ondata, il corpo conforme...

n. 6-7 Dicembre 2021/Gennaio 2022

L'ingrediente segreto 

 
di Elena Pecchia

Un po' di metagiornalismo. Un giornalista ha appena fondato una rivista dal nome misterioso e intrigante "Ulapino" quando incappa nella morte improvvisa dell'impresario che doveva lanciare la pubblicazione. Il romanzo giallo si intitola "Cous Cous Blues" e l'autore, Dario La Rosa, muove il suo investigatore in una Palermo fascinosa e da leccarsi i baffi alla ricerca dell'assassino, tra una pasta con i ricci di mare e salsicce al pepe rosa.
 
Così il legame tra cibo e giallo impreziosisce uno degli ultimi successi  di Marco Malvaldi, "Il borghese Pellegrino". In un castello isolato, location comune nelle detective stories,  il grande chef Pellegrino Artusi si mette sulle tracce di un omicida che ha ucciso,  tra grandi cene e convivialità, uno degli ospiti.
 
Ma c'è qualcosa che lega il cibo al colore giallo della letteratura di intrattenimento?  Partiamo per una piccola indagine...


Non solo buono

Quando moda, lusso e cibo si incontrano 


di Francesca Passeri

 Sono molteplici le contaminazioni fra cibo, moda, design e lusso.
Il cibo prende le forme della moda, del logo, sviluppando strategie di co-branding o visionarie modalità di dialogo che fanno riflettere sulla necessità di essere costantemente alla “moda” fino a sfiorare esagerazione e talvolta provocazione.
 
Il fenomeno del fashion food design, ad esempio, unisce palato e moda; il mondo dei social è diventato palcoscenico privilegiato di questa “conversazione”, in cui i food bloggers si sono trasformati in veri e propri influencers, e i cosiddetti Foodies, appassionati di cibo, divengono sempre più presenti sul web e in televisione e assurti ormai al rango di celebrità. Il marketing continua pertanto a puntare sull’esperienza, parola chiave per catturare l’attenzione di un consumatore sempre più attento ed esigente.
Ne è un esempio il connubio fra Gucci e Massimo Bottura, anima dell’Osteria Francescana a Modena, che ha dato vita, all’interno del Gucci Garden a Firenze, alla Gucci Osteria, oggi sotto le sapienti mani di Karima Lopez...

Nautilus  n. 5 Novembre 2021

Città o parchi di divertimento?


di Marco Bracci

Guardare una città dall’alto, magari da una ruota panoramica, così tanto di moda negli ultimi tempi in Toscana (come non ricordare la polemica sorta nel febbraio 2020 a Piombino?) O la recentissima notizia apparsa sui media riguardante Firenze (https://firenze.repubblica.it/cronaca/2021/11/11/news/ruota_panoramica_firenze_patron_catena_pizza_vince_bando-326020616/)? 

Una vista mozzafiato, un’esperienza unica, un panorama da fotografare: le nostre città stanno diventando sempre più instagrammabili, lo devono essere affinché i turisti possano goderne appieno le bellezze e possano diffonderle tramite i social media, producendo visibilità internazionale, nuovi arrivi e milioni di soggiorni,  attivando così un potenziale ed economicamente remunerativo circolo virtuoso. Virtuoso? Siamo proprio sicuri? Non c’è il rischio che le città d’arte (ma non solo) siano trasformate in parchi di divertimento da consumare in pochi giorni – sempre più spesso in poche ore – senza che l’esperienza del turista sia realmente arricchita dalla visione delle “attrazioni” divenuta oltremodo superficiale, sfuggente, distratta? 

N. 4 - ottobre 2021

La casa al centro

Riflessioni sull’abitare come gesto politico 


di Benedetta Celati

Il lungo periodo del confinamento imposto dalla pandemia ha reso la casa, intesa come luogo nel quale le persone abitano, oggetto di una rinnovata attenzione. Il lockdown ha, in questo senso, stimolato lo sviluppo di una riflessione sulle implicazioni sociali dell’abitare, che, nella sua dimensione materiale e biografica, assume una valenza collettiva oltre che soggettiva. Non si tratta solo di aver modificato, per un tempo alla fine circoscritto, i propri stili di vita, quanto semmai di aver compreso, in maniera tangibile, come sottolinea Emanuele Coccia, che «la casa ha incluso così tanto mondo e così tanto «pianeta» da non lasciare più alcuno spazio residuo», divenendo essa stessa “un pianeta”...

N. 4 - ottobre 2021

Lo spazio vissuto


di M. Cristina Janssen
 Quando si pensa all’architettura, si pensa alla materialità del costruire. Ogni cultura e ogni epoca si differenzia negli stili architettonici, nell’uso dei materiali, talora si predilige l’aspetto estetico, in altre situazioni, quello pratico, o quello difensivo. 
Gli spazi nei quali vivere, lavorare, stare insieme, sono pensati e realizzati in modi diversi, e in modi differenti vengono utilizzati i materiali locali. E ogni cultura, al suo interno, costruisce abitazioni diverse in base ai chi le abiterà, e al significato sociale che gli edifici rivestiranno. 

Pensiamo allo straordinario esempio di diversità architettonica di una cittadina come Rosignano Solvay, le cui case e i cui edifici (bellissimi, a mio avviso) ancora oggi mostrano le differenze di ceto sociale e di ruolo lavorativo dei loro primi abitanti...

 
N. 4 - ottobre 2021 

Il terzo paesaggio


di Patrizia Lessi

 Shabby chic, Industrial style, Eclectic style sono alcuni dei modi in cui l’interior design degli ultimi anni ha definito la scelta di modellare l’interno di una casa su suggestioni e richiami del passato. Se con shabby si intende tutto ciò che richiama l’oggetto invecchiato, ma di pregio, quel trasandato chic fatto di mobili recuperati nei mercatini, o suppellettili lavorate per evocare il passaggio del tempo su legno o tessuto, ...


N. 4 - ottobre 2021

Moda, architettura e arte. Dalla boutique agli spazi architettonici 


di Francesca Passeri

 Se alcune creazioni di moda possono senz’altro essere definite vere e proprie architetture per la complessità delle lavorazioni e la maestosità del design, occorre altresì tenere presente il significato che la moda assume grazie al dialogo con il mondo dell’architettura. 

Giovanni Battista Giorgini, per lanciare il brand Made in Italy, sceglie Firenze, nello specifico una splendida dimora, Palazzo Pitti, al cui interno, nella ormai celeberrima Sala Bianca organizza la prima vera e propria sfilata di moda, sancendo ufficialmente la nascita della moda italiana e l’affermarsi di uno dei country branding più conosciuti e desiderati al mondo ...

n. 3 - Settembre 2021


Lei Disse Sì 

un film di Ingrid Lamminpää, Maria Pecchioli, Lorenza Soldani - regia Maria Pecchioli 


"Lei Disse Sì" è il racconto di due donne che si amano. Una storia d’amore fatta di musica, di rifiuto e abbandono, di accoglienza e condivisione, di imprevisti, speranze, amici e parenti, testimoni allegri di un sogno che si avvera. Un frammento di Italia, di boschi e laghi svedesi ed una festa dove il menù di nozze è a base di diritti civili.
Nel giro di pochi anni è diventato uno dei progetti più importanti in termini di diritti civili in Italia e contribuisce tutt’oggi a sensibilizzare la comunità sui diritti lgbti. 

Il film ha vinto l’Edizione 2014 del Biografilm Festival di Bologna ed è stato selezionato in svariati festival internazionali e nazionali. Alla vigilia della discussione di legge Cirinnà che regola le unioni civili in Italia il film è stato proiettato alla camera dei deputati in proiezione speciale.

È stato distribuito nelle sale italiane da I Wonder Pictures e SKY ARTE HD e film della giornata delle donne 8 Marzo per circuito UCI nel 2015.

di Lorenza Soldani

Io e Ingrid stiamo insieme dal 2005 e nel dicembre del 2012 abbiamo deciso di sposarci. In Italia non era possibile e, considerata la doppia cittadinanza di Ingrid, abbiamo iniziato le pratiche per poterlo fare in Svezia, dove dal 1995 esistono le unioni per le persone dello stesso stesso e dal 2009 il matrimonio egualitario... 

n. 3 - Settembre  2021

Alta moda etica made in Calabria: il brand Cangiari


di Francesca Passeri

La moda risponde sempre più a un crescente bisogno di sostenibilità; una moda che sia più lenta, con minore impatto sull’ambiente, maggiore rispetto per i lavoratori coinvolti nel processo produttivo, utilizzo di materiali sostenibili.

Problematiche che oramai non sono più ignorabili ed anzi, rappresentano la grande sfida per mantenere la fedeltà e l’attenzione di un consumatore sempre più consapevole delle scelte compiute dai brand di moda.

Ma l’idea che proprio la moda potesse perseguire valori positivi come la responsabilità sociale ed ambientale è sembrata da principio particolarmente azzardata, visto che tra i vari tipi di consumo quello di moda è sempre stato superficialmente liquidato come il più superfluo e eticamente riprovevole (Hilton 2004) (https://www.researchgate.net/publication/305712310_Cultura_materiale_e_nuovi_valori_il_caso_della_moda_etica)...

n. 3 - Settembre  2021


Donne, Turismo ed  Enogastronomia

Competenza, passione e pazienza: le qualità delle donne, che le portano a sviluppare nuove professioni e ad affermarsi nel settore del turismo enogastronomico

 

 di Roberta Garibaldi
Il turismo enogastronomico italiano vede oggi l’ascesa di una componente femminile
che, grazie a specifiche competenze, capacità e sensibilità, contribuisce sempre più ad arricchire un settore in forte crescita, spingendolo verso un ulteriore sviluppo e verso l’innovazione. 

Lavoratrici che portano avanti quotidianamente, con passione, dedizione e pazienza, aziende agricole familiari; donne che hanno saputo reinventarsi e reinventare il proprio lavoro, creando nuovi format turistici di successo; personalità che ricoprono posizioni di leadership e, grazie al loro lavoro, diventano fonte di ispirazione.

n. 3 - Settembre 2021


Ali di carta, eppur si vola

 

di Patrizia Lessi
È una donna pakistana la vincitrice più giovane del Nobel per la pace. Una blogger che nel 2010, a soli tredici anni, ha quotidianamente documentato per la BBC le vessazioni subite dai talebani a Mingora, nel distretto di Swat. Ma Malala Yousafzai è diventata celebre a livello mondiale per l’attentato subito alcuni anni dopo mentre stava tornando a casa da scuola. Colpevole di appoggiare i valori degli infedeli e una visione oscena della religione e del ruolo sociale della donna, Malala è stata colpita da uno sparo alla testa sullo scuolabus assaltato dai suoi attentatori, in mezzo a bambini e bambine che lottano ogni giorno per il diritto di studiare. Sopravvissuta e curata fuori dai confini della sua terra, Malala è oggi un’attivista che contribuisce a non spengere il riflettore sulle condizioni di minorità, ignoranza e paura in cui versano coloro che finiscono sotto il regime talebano. E non è l’unica donna, né la prima, ad aver rivendicato il diritto di movimento ed espressione che nella possibilità di apprendere trova uno dei suoi veicoli più potenti...


n. 2 Agosto 2021


Cambiano le maree..

La storia di Norina Fabbri

Su Nora di Maria Cristina Janssen, 2021, La Bancarella editrice

di Patrizia Lessi
Uno degli aspetti salienti del femminismo storico, o della terza ondata femminista,  dopo le lotte per l'emancipazione e la costruzione di un ruolo sociale autonomo e forte, è certamente dato dall'attività di ricerca in campo filosofico e storico di figure femminili nascoste, se non del tutto cancellate, dalla storia ufficiale. In Italia è grazie al pensiero della differenza e al lavoro della società italiana delle storiche (SIS) se sono emerse identità rimaste per moltissimo tempo in fondo al mare magnum degli eventi generali ...

n. 2 Agosto 2021

La comunicazione responsabile come antidoto all’individualismo e all’egoismo


 di Marco Bracci
Vivere in una società consumistica significa navigare tra le onde dell’individualismo, dell’egoismo, del narcisismo, dell’insoddisfazione continua, e dell’emulazione come se fossimo sempre in una gara che nella maggior parte dei casi siamo destinati a perdere; vivere in una società consumistica significa anche seguire falsi miti, come quello della ricerca della felicità a tutti i costi, con il rischio di adagiarsi su un presente senza prospettiva storica e con il pericolo di trasformarsi in tante micro isole che faticano a dialogare tra loro, incapaci di costruire ponti dotati di empatia, ...

n. 2 Agosto  2021

Gli arcipelaghi della moda. Una nuova definizione di Made in Italy


di Francesca Passeri
La moda Made in Italy ha da tempo recepito l’importanza di rispondere alle crescenti richieste di una maggiore responsabilità da cui il fattore estetico non può ormai prescindere.

Sempre di più le scelte dei consumatori si rivolgono verso aziende e prodotti in cui l’attenzione ai valori di sostenibilità, inclusione, responsabilità sociale risulta parte integrante di quegli aspetti tangibili e intangibili che caratterizzano il brand Made in Italy.

In tale scenario molte aziende hanno deciso di optare per scelte maggiormente etiche, ...

 n. 1 Luglio 2021

Social Media e Moda: non solo influencers. La cultura della moda nella società digitale


di Francesca Passeri

 La moda è da sempre un fattore di cambiamento sociale, rappresentando un fenomeno complesso strettamente collegato ai profondi cambiamenti economici, sociali e culturali che caratterizzano la società contemporanea. 

Occorre non solo soffermarsi sul lato strettamente estetico della moda, ma anche su quegli aspetti comunicativi e identitari che consentono di affrancarla dall’essere percepita comunemente come un settore frivolo ed effimero. ..

n. 1 Luglio 2021

Binocoli e lenti di ingrandimento 

di Patrizia Lessi 

 Si deve a Ronald Robertson e Zygmunt Bauman la traduzione e popolarità di un termine divenuto negli anni di uso comune nel mondo occidentale a fronte dell’origine giapponese e al modo in cui questa lingua definì negli anni ’80 il complesso rapporto andatosi a creare fra globalizzazione e realtà locali. Col termine Dochakuka il Giappone evocava la natura ibrida del mondo globale in cui a distanza di quarant’anni adesso viviamo pienamente.  L’apertura di Tokyo a cultura, estetica e mercato oltreconfine non aveva determinato ...