Il cambiamento è donna

Tante sono le farfalle spezzate ogni giorno dalla violenza nelle mura domestiche, sul lavoro, in una società ancora lontana dal rispetto verso le donne, dove gli stereotipi di genere fanno ancora parte purtroppo della pratica quotidiana. I dati parlano chiaro, esistono ancora troppe narrazioni al maschile.
“Per capire il femminismo è necessario capire il sessismo”, diceva Bell Hooks, teorica femminista afroamericana scomparsa pochi anni fa, nel suo libro Il femminismo è per tutti. Una politica appassionata (2015).
“Masse di persone pensano che il femminismo consista sempre ed esclusivamente nel tentativo delle donne di essere uguali agli uomini - afferma Bell Hooks - E una larga maggioranza di queste persone pensa che il femminismo sia anti-uomini. Il loro fraintendimento della politica femminista riflesse un semplice fatto: molta gente conosce il femminismo attraverso i mass media patriarcali”.
Si pensi anche al modo in cui viene normalmente comunicata la violenza contro le donne. I manifesti o non fanno mai vedere l’immagine di chi aggredisce, che viene quasi sempre occultata, ma l’immagine femminile che subisce (una donna in un angolo che si copre il viso) riproponendo l’immagine della donna debole, passiva, paurosa ecc.
Il tema dell’empowerment femminile è quindi fondamentale e per questo è necessario un ribaltamento dei punti di vista, inducendo delle riflessioni, aprendo al dubbio verso un avanzamento culturale e di civiltà.
Le nostre azioni quotidiane sono di grande importanza, promuovendo forme di sensibilizzazione attraverso e dentro la società, le istituzioni, i diversi contesti in cui viviamo.
A distanza di quasi settantotto anni da quando le italiane hanno votato per la prima volta e dal decreto che il 10 marzo 1946 ha sancito la loro eleggibilità, solo il 15% degli ottomila comuni italiani è guidato da donne sindaco, anche se nel frattempo un’italiana è andata nello spazio.
C’è anche un’altra faccia della medaglia che è quella rappresentata da un cambiamento forte nella nuova generazione Z e Millennials. “Le ragazze sono forti” è il titolo di copertina di alcuni anni fa del settimanale “Internazionale”. Le adolescenti oggi sono considerate per quello che sono, con una identità propria e non più in contrapposizione con i ragazzi. Dalla fine del ‘900 sono state incoraggiate sempre più a essere sportive, vivaci e determinate. Stanno quindi cambiando, basti pensare alla figura di Greta Thunberg. Sono liberate da uno specifico modello femminile e sono molte cose: amiche, figlie, attiviste e donne del domani. Ogni ruolo apre uno spiraglio al loro futuro e lascia intravedere la ricchezza del presente. In questo hanno avuto un ruolo fondamentale l’istruzione, soprattutto, ma anche Internet e la libertà di uscire di casa.
Anche in Italia ci sono tante realtà interessanti in rete da questo punto di vista, si parla infatti di Femminismo 2.0, femminismo intersezionale, di un’era digitale del femminismo, ragazze arrabbiate contro la società patriarcale, contro la “rape culture”. contro chi crede che fischiare in strada sia galanteria e non espressione di potere, o che le donne siano una categoria, le omosessuali un’altra, le disabili o le immigrate altre ancora.
Sono le femministe del XXI° secolo: giovani come Jennifer Guerra, molto seguite dalle ragazze, che comprano i loro libri e ascoltano i loro podcast. Trasversali e capaci di intercettare il disagio delle e degli adolescenti.
Giulia Blasi, autrice di molte pubblicazioni su questi temi, tra cui Rivoluzione Z, Brutta, Diventare adulti migliori con il femminismo, Manuale per ragazze rivoluzionarie, parla di quarta ondata del femminismo (la prima è stata quella delle suffragette per il diritto di voto, la seconda negli anni Sessanta per i diritti civili, la terza negli anni Novanta contro il divario salariale), «che oggi si definisce “intersezionale” perchè porta avanti le battaglie che si intersecano, perché non esiste una sola forma di oppressione.
Anche l’identità di genere va ridefinita: ci sono i maschi, le femmine e tante cose in mezzo.  Le femministe storiche erano concentrate sul genere biologico, ma oggi la sessualità è fluida e ogni definizione è sentita come una costrizione.
Michela Murgia è stata la prima figura pubblica italiana a parlare in modo esplicito di forme familiari diverse da quella cosiddetta tradizionale.
«Dovremmo essere tutti femministi» sostiene la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie ricollegandosi a quello che diceva Bell Hooks. Un punto di partenza nuovo, che include e non separa, che promuove una società più inclusiva, giusta, libera. E quindi più femminista.