Famiglie
Negli ultimi 20 anni le famiglie italiane sono profondamente cambiate: oggi in Italia ci sono oltre 25 milioni di famiglie, quasi 4 milioni in più rispetto al 2000 (Istat, 2022). Oltre un terzo di queste sono persone che vivono sole – più di 8 milioni – in netta crescita rispetto a vent’anni fa (erano il 22% nel 2000). Questo aumento ha riguardato soprattutto le fasce di età centrali (25-44), prevalentemente a seguito dell’aumento delle rotture coniugali, mentre si riduce la proporzione tra gli anziani e anche tra i giovanissimi.
Un altro 30% delle famiglie italiane è costituito da coppie con figli (erano il 43% venti anni fa), e sempre più spesso si tratta di coppie con un unico figlio: è così per più di cinque coppie su dieci, mentre circa 4 su 10 ne hanno due, e meno di 1 su 10 tre o più.
Sempre negli ultimi 20 anni inoltre, le famiglie in cui vive un solo genitore con uno o più figli , le famiglie mono-genitoriali (oltre 2,5 milioni) rappresentano il 10% delle famiglie italiane (si veda l’articolo di C. Tomassini e D. Vignoli su questo numero per quanto riguarda il dato nazionale e quello di L. Ravagli per la Toscana).
Nonostante le forme che la famiglia ha assunto nel corso della storia umana siano innumerevoli- e non sempre basate sui legami di filiazione e di sangue- non c’è società che non abbia sviluppato una qualche forma di convivenza domestica in nuclei relativamente piccoli. Si tratta di una profonda necessità dell’uomo. È da questi nuclei che possono nascere spontaneamente nuove forme di convivenza, di inclusione, di progettualità, di condivisione. È dalle famiglie , nella loro diversità e mutevolezza, che partono le prime identificazioni di luoghi, di identità e di alterità. Famiglie e paesi possono essere assunti come terreno privilegiato per una lettura dell'organizzazione sociale e dei meccanismi riproduttivi di un dato sistema di valori (R. Pazzagli).
Questo numero di Nautilus cerca di analizzare i cambiamenti intervenuti nel tempo e nello spazio, nei contesti più diversi, evidenziando come la famiglia sia essenzialmente determinata dai contesti culturali in cui si trova e non sia un’istituzione sacra, intoccabile e immutabile, né debba essere fondata su un modello individualistico e privatistico. Al contrario, per costruire una società giusta e solidale, come spiega bene anche Luca Trapanese intervistato da Benedetta Celati, anche il tema della genitorialità va assolutamente rivisto. “Noi abbiamo bisogno di persone adulte che amano i bambini, che se ne prendono cura, non necessariamente di un padre e una madre” dice giustamente Trapanese.
Purtroppo l’affermarsi troppo spesso del modello individualista e autoreferenziale dei nuclei familiari, non aiuta la costruzione di una società solidale e partecipativa. Basti pensare ai comportamenti di molti genitori nei confronti della scuola e dei docenti. Più che considerarla come un bene comune, la scuola diventa un servizio da personalizzare secondo i propri interessi, creando conflitti e delegittimazione nei confronti di un’istituzione così fondamentale (A. Moscatelli).
Ancora oggi, inoltre, si continua a parlare di “famiglia naturale”, una dicitura di cui non si conosce bene il significato.
L’antropologia ci insegna che nella specie umana la parentela è un dato tanto biologico quanto culturale.
Intanto, se esistesse uno schema immutabile di “famiglia naturale” dovremmo trovarlo presente universalmente in tutte le culture umane, sia nel corso dell’intera storia della nostra specie, e invece sappiamo che non è così. Claude Lévi-Strauss con i suoi studi sulla struttura delle parentele, dimostra che la famiglia è prima di tutto un costrutto socioculturale (P. Lessi). A definirla tale non è la natura, ma la cultura. Può essere patrilineare e matrilineare a seconda dei luoghi e dei contesti in cui si trova e nasce, monogamica, poligamica, allargata, mista, ibrida. Il tentativo da parte di alcuni di far apparire come “naturale” la famiglia patriarcale, è pertanto del tutto ingannevole.
La natura non offre norme né giudizi morali, ma un’esplorazione di possibilità adattative che dipendono dall’ambiente in cui si vive, dall’evoluzione sociale, dalle relazioni ecc. La natura stessa non è qualcosa di immobile e immutabile sul quale incidere i nostri pregiudizi culturali e ideologici, ma è cambiamento, diversità, flusso. Non ci si immerge mai due volte nella stessa natura[1].
E che dire dell’omosessualità? Non possiamo definirla come “contro natura”, come qualcuno continua purtroppo a fare, proprio perché in natura e nel mondo animale è un comportamento molto diffuso e diversificato. Bisognerebbe semplicemente smettere di brandire la natura contro chi è diverso da noi.
In conclusione, e sulla base delle ricerche scientifiche sino ad ora condotte, non esisterebbe una forma di famiglia migliore rispetto ad un’altra, classica o nuova che sia. Ciò che realmente incide sugli esiti di sviluppo delle persone non è tanto la struttura della famiglia di appartenenza, quanto la qualità delle dinamiche relazionali e dei processi che in essa si mettono in atto.
La genitorialità non deve essere quindi definita come una dimensione di ruolo strettamente collegata alla coniugalità (ovvero essere genitori solo all’interno di una relazione coniugale riconosciuta e sancita a livello sociale) o alla generatività (ovvero essere genitori solo se si è in grado di procreare un figlio), quanto piuttosto come una funzione autonoma dell’essere umano, preesistente all’atto del concepire, che ne è soltanto una seppur fondamentale espressione.
Più il singolo genitore è in grado di accudire e di adattarsi ai diversi bisogni evolutivi del bambino, di rassicurarlo e di sostenerlo, ma anche di fornirgli una cornice di riferimento e normativa, più aumentano significativamente le possibilità che il bambino abbia un sano sviluppo psicofisico a prescindere dalla struttura di cui la famiglia di appartenenza è espressione (intervista ad Alberto Pellai).
La questione non è quindi puramente definitoria (M. Giovagnoli): “se si continua pervicacemente a immaginare la Famiglia e a pensare progetti (per lo più inefficaci) a suo sostegno, si perde di vista il mondo reale, l’obiettivo concreto, che è invece quello di sostenere sì la famiglia, ma nella sua pluriformità – pluriformità che garantisce una piena e proficua persistenza della Società”.
[1] T. Pievani, Famiglie naturali?, in “Micromega”, Contro la famiglia. Critica di un’istituzione (anti)sociale, n. 4 2024, p. 6