Beni comuni, beni di tutti
La scarsità nella società dell'abbondanza
In una società che consuma troppo e spreca molte delle sue risorse più preziose, parlare di un concetto come la scarsità sembra un paradosso. Ma il problema esiste ed è sempre più pressante, causato spesso da una mancanza di cura, di attenzione, da scelte sbagliate e spesso ingiuste, da comportamenti non ponderati adeguatamente. Oltre ai problemi ambientali che affliggono il pianeta, si parla sempre più di liste di attesa, carenza di personale, pronto soccorso in tilt, tagli alla sanità e, di conseguenza, aumento della spesa privata.
Le scarsità che caratterizzano i nostri tempi non riguardano solo i beni fisici e materiali ma anche quelli immateriali, che tendiamo a dare per scontati, che consideriamo inesauribili, come afferma Marco Giovagnoli nel suo articolo “Esaurire l’inesauribile”.
Rende bene l’idea Massimo Panicucci con la sua bella illustrazione di copertina che rappresenta una clessidra inserita in un’architettura a forma di tempio, a simboleggiare qualcosa di sacro, il tempo, percepito in diminuzione progressiva nel corso degli anni, si veda il grafico disegnato sotto il timpano della struttura classica. Festina lente, affrettati lentamente, era una delle massime preferite dall’imperatore Augusto che indicava la giusta combinazione tra velocità e tempo, tra il realizzare e pensare. Ma oggi siamo sopraffatti dalla mancanza di tempo. Mentre non ci risparmiamo a smanettare con lo smartphone abbiamo infilato la nostra vita nel tunnel dell’andare sempre e comunque di corsa.
Tornando all’illustrazione di copertina, in alto, sopra la struttura, una bilancia contenente cibo evidenzia gli squilibri alimentari della società contemporanea, tema affrontato da Cinzia Scaffidi in questo numero, evidenziando il paradosso esistente tra la ricchezza delle risorse naturali e le storture prodotte dall’economia capitalistica e consumistica. Troppo a pochi, poco a troppi, una situazione paradossale in cui abbondanza e scarsità convivono senza incrociarsi.
Questioni legate al modello di sviluppo, all’uso distorto delle parole comunemente usate (intervista a Maurizio Pallante), alla necessità sempre più forte e impellente di preservare la natura (intervista a Giorgio Vacchiano).
Ci sono anche altri beni fondamentali e tuttavia trascurati, la cui disponibilità ed esistenza è data per scontata, come la giustizia (Maria Pia Gasperini) il capitale sociale (Alberto Tarozzi) la cultura (Fabio Canessa), l’economia di pace contrapposta a quella di guerra (Antonio Di Lellis), l’acqua e la necessità di adottare politiche diverse per fronteggiare la sua scarsità come bene essenziale (Luca Martinelli).
Per non parlare dello spazio, sempre più scarso e correlato a stili di vita e a comportamenti economici (Rossano Pazzagli) e del rapporto tra la scarsità di suolo e la città (Claudio Saragosa). La distruzione del suolo deve essere considerata infatti un’azione assimilabile all’uso delle risorse non rinnovabili: una volta distrutto, un suolo è perduto per sempre.
C’è poi tutto il mondo dell’informazione che rappresenta bene questo rapporto scarsità/abbondanza.
Oggi ognuno di noi consuma e produce più informazione e intrattenimento di quanto sia mai avvenuto nella storia. Tutti possono scrivere, disegnare, cantare, suonare, o trasmettere in mondovisione immediata le proprie opinioni. Nelle piattaforme digitali, dove ciascuno di noi si indigna, si informa, si diverte, comunicano Stati, istituzioni, aziende, religioni, superando di fatto quel regime di scarsità che per anni aveva consegnato l’informazione e l’intrattenimento a gigantesche aziende, corporazioni e servizi pubblici richiedendo costi molto alti.
Adesso la competizione e la disintermediazione hanno smantellato tutto questo. Oggi i media non controllano più la formazione del discorso comune, vi partecipano attraverso una competizione con il potere, con il mercato e con miliardi di consumatori che esistono in queste piattaforme digitali globali. L’abbondanza creata dalla tecnologia ha moltiplicato la produzione, la distribuzione e il consumo di informazione e intrattenimento, ma ha anche ricostruito le regole di visibilità e gerarchia sostituendo al giornalista un meccanismo falsamente oggettivo/soggettivo, mostrando e proponendo contenuti vicini ai nostri gusti e idee sulla base dei like e dei retweet che mettiamo. Oggi un’oligarchia di più piattaforme digitali detta i meccanismi di visibilità dell’informazione e dell’intrattenimento. Piattaforme che rispondono spesso a singoli individui o a istituzioni finanziarie portatrici di interessi particolari e di una loro visione parziale (https://www.primaonline.it/2023/03/15/375435/dalla-scarsita-allabbondanza/).
Siamo dunque come le palle da biliardo rappresentate da Massimo Panicucci nella sua immagine di copertina, che possono andare da una parte e dall’altra, solo apparentemente guidate. Sembra che tutto sia facile, sotto controllo, che le biglie vadano dove vogliamo noi e invece basta veramente poco, un millimetro in meno o in più per perdere o vincere.