Basta sorvegliare?
di Simone Ficicchia (Ultima Generazione)
Nota formale: nell’articolo, per scelta politica dell’autore, si utilizza il femminile sovraesteso quando l’identità di genere dei soggetti è varia o sconosciuta
L’11 gennaio 2023 la prima pagina del quotidiano Il Manifesto titolava “Sorvegliato speciale”[1], con dietro un’apocalittica foto della centrale a carbone di Mehrum (Bassa Sassonia), tornata in attività nel 2022, come tante altre, con la scusa della crisi energetica dovuta al conflitto Russia-Ucraina. Quel sorvegliato speciale ero io, che il giorno prima mi ero presentato davanti alla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano per essere giudicato sulla mia pericolosità sociale. Ma quel sorvegliato speciale era anche il surriscaldamento globale: si dava, in parallelo, la notizia del report dell’Osservatorio sul clima della Commissione dell’Unione Europea, riportante che nel 2022 si erano raggiunte per la prima volta stabilmente 417 parti per milione di anidride carbonica nella nostra atmosfera. Il titolo era impostato per chiedersi “cosa dovrebbe veramente essere sorvegliato? La crisi climatica o chi, con tutti i mezzi a propria disposizione, cerca quantomeno di limitarne le cause e le conseguenze?”. In questo anno e mezzo, parte dell’opinione pubblica ha cambiato la sua risposta a questa domanda, ma la politica, evidentemente, no. Sempre più persone riescono, nonostante la propaganda serrata dei media mainstream, a mettere la crisi climatica fra le proprie priorità e – talvolta – a rendersi conto della sproporzione della repressione applicata a chi, a vari livelli, fa attivismo per il clima (e non solo). Allo stesso tempo, il Governo non ha cambiato di un millimetro la sua linea e a colpi di decreti e voti di fiducia restringe ogni volta che può le maglie del dissenso, mentre – al di là del negazionismo climatico vero e proprio di alcuni esponenti della maggioranza – dal punto di vista tecnico propone un PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) e un PNACC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici) che fanno acqua da tutte le parti. Letteralmente, visto che per le conseguenze delle alluvioni fra il 2022 e il 2024, con interi pezzi di Centro-Nord Italia (senza dimenticare, nel Sud, Ischia a settembre 2022) rimasti anche per settimane sommersi da acqua e fango, non si sono ancora viste che briciole, sia a livello di riparazione che di prevenzione; e che la Sicilia sta vivendo una siccità mai sperimentata, mentre conviviamo da anni con una rete idrica nazionale che perde fino al 40% dell’acqua che trasporta.
A dicembre 2022 alcune di queste cose non erano ancora successe, ma Ultima Generazione, già da quasi un anno, cercava di portare la consapevolezza della realtà del collasso ecologico e climatico e del suo impatto sul nostro Paese, fra i più vulnerabili in tutto l’Occidente tra l’altro. Lo facevamo, come continuiamo a farlo nel 2024, con il nostro corpo e la disciplina nonviolenta, unici strumenti rimasti a disposizione di chi vede sgretolarsi la propria vita del futuro e il proprio spazio di partecipazione politica del presente.
La Polizia di Voghera mi aveva convocato in commissariato per notificarmi la richiesta di Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza emessa dalla Questura di Pavia. Nel mio libro[2] descrivo quel momento come un “pugno nei denti”, ma racconto anche di come i giorni intorno alla relativa udienza (10 gennaio 2023) e il lavoro fatto per assicurarci la solidarietà siano stati per me un’importante vittoria in risposta all’accanimento repressivo. Allora avevo 20 anni e qualche decina di denunce in meno di ora, ma poco è cambiato. La Sorveglianza Speciale per me è stata rigettata dal Tribunale di Milano il 19 gennaio 2023, così come quella richiesta per Laura Zorzini (XR[3], UG[4], RA[5]) è stata respinta dal Tribunale di Trieste nell’aprile del 2024, ma ci siamo ritrovate a dover affrontare questa misura di prevenzione una terza volta il 14 ottobre 2024, stavolta davanti al Tribunale di Roma, per Giacomo Baggio Zilio (XR, UG). Per la terza volta, una giudice ha confermato non solo la mancanza di presupposti per la pericolosità sociale di chi fa azioni nonviolente, ma ha anche riconosciuto l’alto valore civile che esse ricoprono, data la posizione di rilievo che la salvaguardia di clima e ambiente ricoprono nella Costituzione.
Il punto, tuttavia, non sta nell’utilizzo del codice antimafia[6] per mettere i bastoni tra le ruote all’attivismo e alla disobbedienza civile: non sarebbe nulla di nuovo nell’orizzonte del nostro Stato di Polizia degli ultimi decenni. Non sta neanche nelle leggi ad hoc contro Ultima Generazione, come la legge Ecoproteste, in vigore dall’8 febbraio 2024[7], che inasprisce le pene relative alle azioni di disobbedienza civile compiute coinvolgendo[8] i beni culturali. Il punto non è, a mio avviso, nei divieti per lo svolgimento di cortei pacifici emessi solo perché il tema non piace al Governo (vedi scorso 5 ottobre) e nemmeno nella riduzione degli spazi per manifestare, sia nelle prassi burocratiche che nello spazio fisico, espellendo le proteste dai centri delle città. Il punto non sta, infine, nemmeno nel DDL 1660 “Sicurezza” Piantedosi-Nordio-Crosetto approvato alla Camera il 18 settembre 2024 e attualmente in discussione nelle commissioni al Senato come AS 1236. Ormai ogni Ministro dell’Interno che si rispetti deve lasciare la sua impronta sulle successive legislature con un proprio provvedimento sulla “sicurezza” e non possiamo proprio fare a meno di chiederci, anche questa volta, se questa sicurezza riguardi le cittadine comuni o si tratti, invece, di serenità, per chi ha il potere economico, di poter continuare a inquinare, sfruttare, truffare indisturbata. In questo disegno di legge troviamo una serie di norme, ancora, ad hoc sulle tattiche usate da determinati movimenti o gruppi: la “norma anti-Ghandi” che rende passibile di arresto da 6 mesi a 2 anni il blocco stradale con il solo proprio corpo, se fatto in gruppo, è contro UG; le aggravanti relative alla vicinanza a “infrastrutture strategiche” e alle grandi opere in costruzione sono contro collettivi, comitati e centri sociali che sui territori si muovono contro i grandi progetti inutili e dannosi, come TAV e Ponte sullo Stretto; la detenzione fino a 7 anni non solo per chi occupa una casa ma anche per chi supporta nel farlo è contro il diffuso e multiforme movimento per il diritto all’abitare. Il mirino, però, non è limitato al mondo “antagonista”: mentre si aumentano sotto vari aspetti i privilegi degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, si tolgono diritti alle persone migranti, alle detenute nelle carceri (anche quelle che detenute non dovrebbero essere, perché magari incinte o con figlie piccole) e a quelle in fermo illegittimo nei CPR. Se noi, attiviste e militanti nelle forme più diverse, abbiamo almeno la possibilità di farci sentire e di organizzarci contro questa legge liberticida, chi è più colpita è chi già non ha voce in questo Paese e questa è la più grande responsabilità che dobbiamo sentire addosso quando contestiamo il DDL 1660, riconoscendo il fatto che è sì un abominio legale – anche dal punto di vista tecnico delle esperte del settore – ma anche uno sputo in faccia alla povertà, alle situazioni di disagio sociale, alle condizioni di chi ha perso tutto a causa della crisi climatica e sociale e adesso non può neanche lamentarsi. Senza contare tutti quegli articoli del disegno di legge che vanno a reprimere coloro che di lamentarsi non avevano magari nemmeno l’intenzione: dal terrorismo della parola al divieto di acquistare SIM senza i documenti, si forma un clima di generalizzata paura che porta chiunque, anche – e soprattutto – chi non fa politica, a muoversi con enorme cautela per non uscire nemmeno un po’ dalle righe di ciò che il Governo vuole che tu sia. E quale momento migliore per questo clima, dovendo, ora, giustificarsi, oltre che delle altre nefandezze, del sostegno politico, economico e militare al genocidio in Palestina (teatro di un’ennesima guerra fossile, tra le altre cose, dove gli interessi di ENI giocano un ruolo di rilievo nella colonizzazione israeliana e occidentale della striscia di Gaza e delle sue acque territoriali)?
Nonostante tutto ciò, dicevo, non credo sia questo il punto. Il fatto grave è che queste iniziative della politica maturano in un contesto. Ed è chiaro come, da una parte, la destra al Governo sia assolutamente distaccata e insensibile ai problemi del Paese reale, ma che, allo stesso tempo, il Paese reale sia felice come una Pasqua di questo. Della serie “andateci giù duro con i manganelli che tanto quelli se lo meritano”, finché ad avere la testa spaccata non è tua figlia, ma ormai è tardi. Nel frattempo, ti sei distratta dal fatto che devi tirare la cinghia sempre di più per arrivare a fine mese e che la Natura attorno a te viene devastata. Non è una questione di singoli provvedimenti, ma di clima forcaiolo che è stato creato: non solo l’opinione pubblica (seppur – come si diceva – sempre più attenta al surriscaldamento globale e ad altri vari problemi sociali) tollera l’accanimento poliziesco, giudiziario, mediatico ecc. su chi lotta per un mondo diverso da questo, ma lo esige.
Uno Stato di polizia a grande richiesta/E poi ti lamenti se lo sbirro ti pesta/Un post-it sulla bocca, al lupo, al lupo il bavaglio/Mentre li imploriamo di spiarci meglio/Nuove economie, nuovi schiavi, nuove catene/Vecchie teorie nei salotti per bene/Dotte citazioni dal tirannicidio dell'Alfieri/Ma ferme condanne dell'uso di proiettili veri[9]
Se vinci la battaglia per l’egemonia culturale, in sostanza, hai vinto la guerra. La destra di oggi l’ha capito benissimo, partendo dall’eredità aurea del ventennio berlusconiano. In questo contesto, la disfatta di ogni forza rivoluzionaria sembra essere scontata, ma ci sono due cose in particolare che, fra le tante altre, mi danno ancora le forze per continuare in prima linea.
Una è la bellezza dell’unione di fronte al nemico comune. Paradossalmente, fra i tre arresti seguiti al coloramento in arancione del Senato (2 gennaio 2023) e il presidio di centinaia di persone davanti al Palazzo di Giustizia di Milano per la mia udienza (10 gennaio 2023), Ultima Generazione ha vissuto il proprio periodo d’oro relativamente all’ampliamento dei contatti con persone comuni e, soprattutto, con altre realtà politiche – comunque solidali anche quando non completamente concordi sui metodi della disobbedienza civile nonviolenta. Così sta accadendo di nuovo, per esempio, con la rete “Liberi/e di lottare”[10], che, contro il DDL sopracitato, sta radunando forze anche molto diverse tra loro ma con ottimi motivi per rinsaldare i legami e organizzare una lotta più coordinata.
La seconda questione è che sorvegliarci (e punirci) non basta. Se, dopo condanne, misure cautelari, incarcerazioni, misure di prevenzione, abusi verbali, fisici e legali da parte delle Forze dell’Ordine, violenze di piazza, violenze in commissariato e fermi identificativi illegittimi e chi più ne ha più ne metta, la determinazione del Movimento[11] nel portare avanti le proprie istanze non s’è scalfita di un millimetro, significa che queste istanze sono vitali e fondamentali a livelli che non sono sormontabili dal clima di terrore a cui ho accennato sopra. La questione climatica e la sua applicazione sociale nella forma di “giustizia climatica”, probabilmente, più di ogni altra. Senza contare che lo spettro di tattiche applicabili, anche limitatamente alla resistenza civile nonviolenta, è talmente ampio e aperto alla creatività che le leggi specifiche non saranno mai al passo con l’inventiva di chi organizza e fa azioni dirette di disobbedienza civile nonviolenta. Non riesco a togliermi dalla testa l’ilare immagine di un governo “Willy il coyote” che cerca di fare la pelle a un Movimento che, nel ruolo dello struzzo “Beep Beep”, non solo sfugge dalle trappole tese ma riesce a trarle a suo vantaggio, nella misura in cui più Willy la spara grossa più gli si ritorce contro dolorosamente[12]. Questo è l’effetto che dobbiamo diventare sempre più brave ad accentuare, continuando anche ad avere la nonchalance di Beep Beep che va sempre dritto per la sua strada: la nostra mobilitazione deve essere non tanto contro il ddl “sicurezza” o altre manovre di accanimento, ma per le nostre istanze – in primis il collasso ecologico e climatico – nonostante la riduzione degli spazi per il dissenso.
Possiamo, dunque, arrivare a rispondere sotto vari punti di vista alla domanda del titolo. Evidentemente no, a loro non basta sorvegliarci per fermarci. Ma, mantenendo l’ottica della dicotomia del sorvegliato speciale proposta dal Manifesto, voglio chiedere al Movimento: a noi basta sorvegliare? Ci basta sorvegliare decisori politici e prassi istituzionali che falliscono da decenni nel fare le scelte drastiche necessarie riguardo alla crisi climatica? Forse abbiamo bisogno di sostituirli; forse abbiamo bisogno di rimboccarci le maniche e cominciare a costruire nel quotidiano un’alternativa a ciò che non ci piace; forse entrambe le cose. E ci basta sorvegliare la situazione sempre più catastrofica del collasso ecologico e climatico? Forse dobbiamo correre ai ripari e trovare, proporre, applicare direttamente nelle e con le comunità delle soluzioni di adattamento agli effetti del collasso del clima. Questo non può che farci bene, se troviamo anche un modo di comunicarlo il più semplicemente possibile alle persone e offrire sempre una cima a chi volesse anche solo provare ad unirsi a questa scalata verso la fine del capitalismo.
Basta sorvegliare, dunque, e cominciamo ad agire!
[1] https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003283975[
2] Simone Ficicchia, L’ecovandalo. Perché è ora di agire anche a costo di essere odiato, Piemme, Milano 2024, € 18,90 224 pp. https://www.edizpiemme.it/libri/lecovandalo/
[3] Extinction Rebellion https://extinctionrebellion.it/
[4] Ultima Generazione https://ultima-generazione.com/
[5] Ribellione Animale https://italy.animalrebellion.org/
[6] Dlgs 159/2011, ove sono contenute misure di prevenzione quali il Foglio di Via Obbligatorio, l’Avviso Orale e, appunto, la Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza, tutt’e tre usate e abusate a mani basse per la repressione del dissenso
[7] Legge 6/2024
[8] mi piace utilizzare il termine “coinvolgere” quando si tratta di incollarsi a vetri di quadri famosi, imbrattarne le protezioni, colorare temporaneamente dei monumenti o annerire innocuamente l’acqua di fontane famose: l’arte non viene danneggiata in nessun caso, né tano meno disprezzata, ma piuttosto messa in dialogo con i problemi della contemporaneità
[9] Giorgio Canali & Rossofuoco, Risoluzione strategica #6 in Rojo (2011)
[10] https://pungolorosso.com/2024/08/29/nuove-adesioni-alla-rete-liberi-e-di-lottare-fermiamo-insieme-il-ddl-1660/
[11] Quando indicato con la “m” maiuscola si intende in senso storico, comprendendo in questo termine le esperienze extraparlamentari antagoniste, disobbedienti, rivoluzionarie o semplicemente critiche dello status quo a vari livelli
[12] Quest’immagine è riassuntiva dell’effetto “backfire”, fenomeno che si avvera conseguentemente alla capacità di un movimento o una campagna nonviolenta di applicare nel modo migliore il jiu-jitsu politico contro il suo avversario gerarchicamente superiore, in modo da sfruttare la sua forza per metterlo in svantaggio. Questa teoria è alla base della nonviolenza strategica moderna e per approfondirla consiglio il classico La politica dell’azione nonviolenta (1973) di Gene Sharp (l’introduzione del secondo Libro in particolare per la definizione di jiu-jitsu politico, evoluzione del concetto di jiu-jitsu morale proposto da Gregg nella sua concezione, ancora psicologica, della nonviolenza), ma anche il più recente studio di Brian Martin, Justice Ignited (2007), sui meccanismi del backfire. Entrambi reperibili gratuitamente in rete ai seguenti link
https://www.nonviolent-conflict.org/resource/politics-nonviolent-action-volume-2/https://www.researchgate.net/publication/261948342_Justice_Ignited_The_Dynamics_of_Backfire