Futuro femminile
di Monica Pierulivo
Il filosofo ed economista inglese John Stuart Mill parlava di libertà nella seconda metà dell’Ottocento, intendendo con questo concetto non la libertà dell’individuo dalla politica, bensì la libertà dell’individuo che si esprime anche attraverso la partecipazione alla vita politica. Una partecipazione che includeva anche le donne secondo una visione secondo la quale la vita politica era pubblica manifestazione di opinioni per la conquista di maggioranze parlamentari. Di qui il valore della sua battaglia per l’emancipazione femminile.
Si capisce pertanto come l’equa partecipazione di donne e uomini all’attività politica sia una condizione importante per avere una democrazia e un buon governo efficaci. Oltre a rafforzare e migliorare il sistema democratico, la partecipazione di un maggior numero di donne al processo decisionale politico presenta molti effetti positivi sulla società, che possono aiutare a migliorare la vita di tutti: società più eque e governance inclusiva, tenori di vita più elevati, uno sviluppo positivo nel campo dell’istruzione, della sanità e delle infrastrutture, una diminuzione della corruzione politica.
Il cammino però è ancora molto lungo.
La maggior parte dei partiti politici nell’UE è guidata da uomini, come indica l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) nelle sue relazioni e statistiche.
Le reti formali e informali all’interno dei partiti politici sono estremamente importanti per raggiungere posizioni di vertice, mantenere il sostegno del partito e attuare cambiamenti politici. Le attività di networking informale dopo l’orario di lavoro sono in gran parte curate dagli uomini. Di conseguenza, l’esistenza di queste reti in ambiti a prevalenza maschile può sostenere la dominanza e la leadership maschili.
Anche il Covid19 non ha migliorato la situazione. Secondo il Global Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum, un'altra generazione di donne dovrà attendere per ottenere la parità, infatti il divario di genere su scala globale è aumentato da 99,5 anni a 135,6 anni in una generazione.
L’avanzata verso la parità di genere è in fase di stallo in diverse grandi economie. Ciò è causato dal fatto che le donne sono, nella maggior parte dei casi, impiegate nei settori più colpiti dai provvedimenti di contenimento della pandemia e che si ritrovano spesso a dover gestire le pressioni dovute all'assistenza domiciliare. La persistenza di stereotipi di genere e la cultura interna di molti partiti politici, caratterizzata da un prevalente stile di leadership «maschile», continuano ad ostacolare una rappresentanza paritaria. Gli stereotipi si riflettono anche nella distribuzione dei portafogli di gabinetto e nelle posizioni amministrative di alto livello nei ministeri. Gli uomini dominano i portafogli relativi a funzioni statali di base come la difesa, la giustizia e la politica estera, mentre le donne sono concentrate nei ministeri con funzioni socio-culturali, rafforzando le aspettative stereotipate secondo le quali le donne sono più adatte a settori quali l’istruzione, la sanità e la cultura.
“L’altra metà del cielo” è in difficoltà anche su altri fronti. I dati sulla sicurezza presentati il 15 agosto scorso dal Ministero dell’interno italiano mostrano, per il nostro Paese di aumento dei casi di stalking, femminicidio e maltrattamento.
Come non parlare inoltre dell’Afghanistan e della negazione totale di libertà alla quale stiamo assistendo nei confronti delle donne? Un tema ben rappresentato da Massimo Panicucci nell’illustrazione dedicata a questo numero, e nel box di apertura di questo editoriale, I Fiori di Kabul.
Ci è sembrato dunque importante rivolgere questo terzo numero di Nautilus al mondo delle donne, provando a parlare dei cambiamenti in atto nella nostra società, culturali, economici, di costume, dando spazio ad argomenti diversi, come sempre, attraverso una narrazione unica e complessa allo stesso tempo.
Si parla dunque di lavoro; dei mutamenti demografici in atto; dei diritti per le nuove forme di famiglia e affettività; del racconto di un’esperienza di moda etica, nata dalla tradizione e tramandata fino a oggi da donne del passato, incrociando innovazione e tradizione; di donne oppresse da regimi totalitari che esprimono la propria ribellione attraverso la letteratura, la poesia e le arti in genere, dei modi in cui le donne sono state rappresentate nelle copertine dei dischi per decenni, della creatività femminile e del contributo per niente scontato delle donne al cinema noir.
Ad aprire il numero due interviste. La prima, a Graziella Civenti e Gianna Stefan
promotrici dell’autoinchiesta Vivere soli, a Milano, ai tempi del Covid 19. Un’interessante rappresentazione dei cambiamenti di stile di vita in atto, che riguardano molte donne.
La seconda al nuovo direttore di Irpet, Nicola Sciclone, un’analisi aggiornata della situazione lavorativa delle donne e delle possibilità di superare il cosiddetto gender gap.
Insomma, una riflessione corale per mettere a confronto l’evoluzione dei divari di genere nelle diverse aree ella società e per provare a intercettare le pratiche necessarie per un reale cambiamento di mentalità e per una ripresa che sia davvero inclusiva.