Ex GKN: ogni cosa è illuminata nonostante i tempi bui
di Benedetta Celati
“Non siamo qui per intrattenervi” recita, citando Mark Fisher, il titolo scelto per la seconda edizione del festival di letteratura working class, organizzato da Edizioni Alegre e dal Collettivo Di Fabbrica - Lavoratori Gkn Firenze (insieme alla Società operaia di mutuo soccorso Insorgiamo e all’Arci Firenze), dal 5 al 7 aprile a Campi Bisenzio, davanti al cancello principale di uno spazio diventato ormai il fulcro di moltissime battaglie.
Come afferma Alberto Prunetti, ideatore e direttore del festival, su Jacobin: «Siamo qui per contribuire, assieme alle lotte sociali, a cambiare i rapporti di forza nella società».
L’ambizione è una motivazione, è una direttrice lungo la quale da tre anni si muovono migliaia di persone. L’ambizione è un atto di resistenza. Resistenza delle lavoratrici e dei lavoratori, dell’assemblea permanente più lunga (e più resistente) del movimento operaio italiano, delle tante e dei tanti che ci credono e che hanno fatto diventare quella lotta un simbolo, come ricorda Dario Salvetti, una “questione personale” (la famosa domanda “e tu come stai?”).
Lo dimostra la grande solidarietà, non solo nazionale ma anche internazionale, che la vertenza è riuscita a catalizzare: lo dimostrano i venti pannelli solari arrivati dalla Germania e montati sul posto dai compagni tedeschi e dagli operai in lotta per ridare luce alla fabbrica – per far tornare “ogni cosa illuminata” – dopo che con una manomissione, a tre giorni dall’inizio del festival, era stata tolta l’elettricità all’intero stabilimento, e dunque al presidio.
La questione personale è una questione di giustizia, prima di tutto, perché gli operai hanno visto riconosciute le loro ragioni in Tribunale, ma continuano a non ricevere un salario da mesi. Perché, nonostante l’immensa intelligenza collettiva messa a servizio dell’azienda, hanno ricevuto solo proposte che mirano a individualizzare il rapporto di lavoro, ad accompagnare all’esodo, alla ricollocazione “volontaria”, senza minimamente tener conto di quella dimensione collettiva che, invece, la progettualità di questi anni di “impegno” ha anteposto a tutto. La reindustrializzazione è diventata una parola bella, come bella è tornata ad essere l’espressione “classe operaia”: se la “proprietà” è un diritto violato, secondo la controparte, attraverso un’occupazione che non può essere tollerata, la bellezza di sapersi riappropriare del racconto e di quella che oggi si chiama “la narrazione” è un diritto, dall’altra parte, compiutamente realizzato.
I simboli non devono diventare dei fossili, ammonisce Salvetti alla fine del festival. Ha ragione, perché se questo è il tempo di “resistere”, questo è anche il tempo di sostenere chi resiste, in maniera concreta. Di dare alla narrazione un seguito che non la faccia apparire (solo) una orgogliosa consolazione.
Il Sindaco del Comune di Campi Bisenzio, che ha dato il patrocinio al Festival, sfila dietro lo striscione con la scritta “Insorgiamo”, nel lungo corteo che sabato 6 aprile, attraversa la città per testimoniare che le istituzioni ci sono e sanno bene da quale parte stare.
Dalla parte del territorio, questione personale di tutte e tutti, come rivendica il claim “fabbrica pubblica e socialmente integrata”.
E poi ci sono le leggi, che sono strumenti fondamentali perché ci richiamano alla realtà, attraverso le parole.
Ci sono i commi da 224 a 228 dell’art. 1 della legge n. 234/2021, norma che prevede, come riconosciuto anche dal Tribunale di Firenze nel caso di specie, che l’azienda effettui la comunicazione di chiusura indicandone le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative ed elaborando un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla stessa, che tenga inoltre conto degli «eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, anche per finalità socio-culturali a favore del territorio interessato» (comma 228 lett. d)).
C’è poi, soprattutto, la possibilità di una nuova legge regionale per la costituzione e il funzionamento dei Consorzi di Sviluppo Industriale, volti a creare un polo di eccellenza nel settore della mobilità leggera e delle energie rinnovabili, al fine di contrastare la profonda crisi industriale che affligge il territorio. Legge il cui testo è stato redatto “dal basso” ma che necessita di essere raccolto “dall’alto” ossia di essere preso in carico dalle istituzioni regionali per diventare un vero e proprio strumento normativo a disposizione della trasformazione sociale.
La riduzione del conflitto a tema e problema di ordine pubblico è una delle peggiori sconfitte che la politica, soprattutto quando aspira a essere etichettata come progressista, potrebbe finire per accettare. La capacità di vivere le questioni sociali che una realtà come la ex GKN chiama in causa (tutte insieme e non una alla volta, perché o si vince tutto o non si vince niente) come enormi questioni personali è la più potente chiave per tornare, invece, a ragionare, come si dovrebbe, in termini di futuro e non di un eterno presente anchilosato dalle battaglie per la sopravvivenza e per “i desideri minori”. Per descrivere e rappresentare i vinti che non si arrendono perché sanno che possono e hanno tutto il diritto di vincere in nome di un’ambizione che è una legittima arma di resistenza.