Nautilus - n- 28 Ottobre 2023
Adamo, Eva e il mito della performatività
Una breve storia del concetto di lavoro
di Patrizia Lessi
Cosa intendiamo oggi col termine lavoro?
Ciò che facciamo per vivere? Il mestiere che ci permette di mangiare e pagare le bollette? Il dovere opposto al piacere?
La Costituzione italiana fonda tutta la Repubblica sul lavoro. Perché? Che valore ha avuto dal passato fino ad oggi il concetto di lavoro nella nostra cultura?
Nella Grecia classica lavoravano i poveri, gli schiavi, coloro che dovevano prestare il proprio corpo per delle funzioni, rinunciare al possesso delle proprie braccia, delle mani, della schiena per fare cose evitate da chi, a quel possesso, non doveva rinunciare, essendo il cittadino in grado di contribuire alla grandezza e alla bellezza della Polis, qui intesa non solo come città, ma come Stato, cultura, mondo. A rendere disprezzabile il lavoro era inoltre la fatica fisica, lo sforzo costato per portare a termine un compito utile. Quella fatica fatta col corpo non poteva essere elevata al livello di quella utilizzata per pensare, ideare cose, meditare. Anche nella Bibbia si sancisce col lavoro la condanna dell’umanità all’inizio della propria esperienza terrena.
Nel Genesi Dio decreta che Adamo e i suoi discendenti dovranno vivere lavorando la terra da cui sono stati tratti.
Ciò di cui l’umanità è fatta, la consistenza stessa del mondo, diventa contemporaneamente sostentamento e limite dell’esistenza umana...
Nautilus - n- 25/26 Luglio-Agosto 2023
Non solo storia: il Mediterraneo
The grand object of all travel is to see the shores of the Mediterranean
Samuel Johnson
Per i turchi Ottomani era Akdeniz, il Mar Bianco. Il turco, infatti, usava i colori per riferirsi ai punti cardinali: bianco, Ak, per l’Occidente, dunque il colore del Mediterraneo per chi veniva dall’Asia Minore come loro (Vanoli). Per i Romani era Mare nostrum. Gli ebrei si riferivano a lui come al Grande Mare (Abulafia).
Ma che cosa è il Mediterraneo?
Se siete alla ricerca di una risposta semplice, allora potere cambiare lettura. Quello che cercherò di fare qui è indicare possibili percorsi interpretativi, con la consapevolezza che nessuno ha la risposta. Poi lascio ai lettori la scelta di quale percorso intraprendere per ri/scoprire il Grande Mare.
Iniziamo, allora.
Nautilus - n- 25/26 Luglio-Agosto 2023
Gli agrumi e il Mediterraneo, un incontro fecondo
Le ragioni del diffondersi degli agrumi, dalle originarie regioni asiatiche fino alle terre più fertili di ogni continente e ai giardini più preziosi, si ritrovano nella prefazione al Traité du Citrus (1811) nella quale Giorgio Gallesio dà conto dei caratteri particolari dei loro frutti ed alberi: “Questi alberi affascinanti riuniscono nello stesso tempo i vantaggi delle piante ornamentali e quelli delle piante utili, niente uguaglia la bellezza del loro fogliame, il soave profumo dei loro fiori, la lucentezza e il gusto dei loro frutti: nessuna altra pianta fornisce così deliziose confetture, piacevoli condimenti, acque profumate, essenze, sciroppi e il prezioso acido che tanto si usa per i coloranti: tutto, insomma, in questi alberi, affascina gli occhi, soddisfa l’odorato, stimola il gusto, nutre il lusso e le arti, e mostra all’uomo stupito l’insieme di tutti i piaceri”.
La loro storia inizia nelle regioni tropicali ai piedi dell’Himalaya...
Nautilus - n- 25/26 Luglio-Agosto 2023
Un mare di ospiti
Quando in classe al liceo comincio a “raccontare” il Mediterraneo e le prime civiltà nate nel Mare Nostrum il discorso cade subito sul loro senso dell’ospitalità, il tratto contraddistintivo di quella gente e di quei popoli vissuti così tanti secoli fa.
Prendiamo l’epica e il più antico dei due poemi omerici, l’Iliade. Diomede, grande eroe greco, si trova a combattere in singolar tenzone contro il giovane troiano Glauco. Seguendo un codice cavalleresco che farà scuola nelle età successive, Diomede chiede al nemico: chi sei? Chi vincerò? A quale stirpe appartiene colui che mi potrebbe dare la morte? Glauco menziona l’illustre avo, Bellerofonte, che si si scopre essere stato ospitato dal nonno di Diomede. Lo scontro muore sul nascere, i due eroi scendono da cavallo e si scambiano le armature: quella d’oro di Diomede, ben più preziosa, va a Glauco che dona, come ricordo dell’ospitalità ricevuta, la sua corazza di bronzo. Il vincolo ospitale è più importante dello scontro eroico e del valore squilibrato dello scambio...
Nautilus - n- 24 Giugno 2023
Se le scuole fanno storia, memoria e patrimonio.
Un fertile terreno per esercitare il mestiere di storico
La scuola italiana non è solo l’occasione per riflettere sulle sfide che la società deve affrontare per formare le future generazioni nei sistemi complessi, ma rappresenta anche l’ambito attraverso il quale ripensare il passato a partire dalle domande del presente.
Ma come ci è stata tramandata la rappresentazione della scuola del passato? Che visioni di società le classi dirigenti e quelle popolari hanno espresso nel corso dei secoli che ci hanno preceduto? Che cosa hanno studiato gli alunni e gli allievi delle nostre scuole? In quali condizioni hanno esercitato la professione insegnante i tanti maestri e maestre, o le tante professoresse e professori che hanno animato le aule scolastiche? Ed oggi attraverso quali forme la memoria della scuola condiziona la rappresentazione storica delle nostre scuole?
Nautilus - n. 23 Maggio 2023
Il naufragio del piroscafo Utopia del 1891
Tra scarsità di conoscenza, mood politico condizionante e asfittica ricerca delle fonti
di Gianni Palumbo
Nella storia dell’umanità nomade, errante, che migra per tanti e differenti motivi, ogni naufragio - antico o recente - è causa di dolore.
Dolore generato anteriormente dalla drammaticità dell’evento, sovente premonitore di sottrazione di vite umane; evento che disarciona esistenze, seppellisce vite, sottrae al mondo di chi esiste. Nei naufragi avvenuti durante l’epoca delle grandi migrazioni, uno, in particolare, è stato mediamente dimenticato, quello del piroscafo inglese SS Utopia della compagnia Anchor Line che il 17 marzo del 1891, con a bordo oltre 800 migranti di terza classe (tranne tre viaggiatori “di cabina”), quasi tutti italiani, si inabissa poco prima delle colonne d’Ercole[1].
Il piroscafo Utopia, dopo anni di viaggi tra Glasgow e gli States viene sottratto alla navigazione per la quale era stato concepito e, montato un motore al posto delle vele, viene aggiunto a servizio esclusivo del mercato dei migranti nel Mediterraneo.
L’Utopia naufragherà durante una drammatica tempesta, all’ingresso del porto di Gibilterra, causando quasi 600 vittime[2].
Nautilus - n. 22 Aprile 2023
Confini, frontiere e guerre tra storia e attualità
di Giorgio Vecchio
Il significato delle parole “confine” e “frontiera” ci sembra chiarissimo, tanto da non aver bisogno di spiegazioni. La storia invece ci mostra come esso abbia assunto connotazioni diverse nel corso del tempo. Nella nostra cultura europea otto-novecentesca, confine e frontiere ci sono stati descritti come insormontabili, netti, da difendere con ogni mezzo. Rigidi, quindi. Ma basta spostarsi nella cultura degli Stati Uniti d’America per capire che, lì, almeno per tutto l’Ottocento, confini e frontiere erano mobili: come aveva mostrato già un secolo fa Frederick J. Turner (The Frontier in American History, 1920), la storia degli USA andava intesa come la storia di una frontiera mobile, che spingeva verso l’Ovest da conquistare e colonizzare. La storia di una sfida, non a caso ripresa nella proposta della “nuova frontiera” di John F. Kennedy.
In Europa, peraltro, confini e frontiere sono stati impermeabili sulla carta.
Nautilus - n. 22 Aprile 2023
I confini delle fonti storiche territoriali
Tutte le volte che ci avviciniamo a una fonte storica dobbiamo operare un’accurata analisi critica chiedendoci chi l’ha creata, come e perché. Le fonti, infatti, non vengono prodotte per rispondere alle nostre domande ma per ragioni spesso di tipo pratico, amministrativo, politico, letterario e molto altro.
La Toscana è la regione italiana con il più alto patrimonio di carte storiche, eredità di una tradizione scientifica collegata agli interessi territoriali, a partire da Leonardo da Vinci e poi con Galileo e la sua scuola.
Molte le tipologie di fonti che possiamo utilizzare per studiare il territorio dal punto di vista storico: fonti pubbliche fiscali come catasti ed estimi, fonti amministrative, fonti private come i cabrei, mappe delle varie Magistrature territoriali.
Le piante e le carte relative ai confini dello Stato toscano, ad esempio, facevano anticamente parte dell'archivio dei Nove conservatori della giurisdizione e del dominio fiorentino, magistratura alla quale era affidata anche la tutela dei confini dello Stato durante il Principato mediceo.
Nautilus -n. 21 Marzo 2023
Una storia dell' "invisibile": le acque sotterranee
Esattamente un anno fa, in occasione della trentesima Giornata mondiale dell’acqua, il World Water Assessment Programme (WWAP) dell’Unesco dedicava alle acque sotterranee il suo Rapporto mondiale sullo sviluppo delle risorse idriche, intitolandolo Rendere visibile l’invisibile.
Significativamente, l’enfasi degli studiosi del WWAP cadeva fin dalla scelta del titolo sulle ricadute che la principale caratteristica delle acque del sottosuolo ha avuto e tuttora mantiene sulle forme del loro consumo, quella cioè di essere acque sottratte alla nostra percezione, invisibili appunto, inattingibili nei loro connotati oggettivi di quantità e qualità se non attraverso il fragilissimo rapporto tra conoscenza scientifica e senso comune.
Nautilus -n.19 Gennaio 2023
Gli alberi e la memoria
Adesso che sì è deciso che bisogna piantare miliardi di alberi per frenare la temperatura del pianeta e salvare noi umani, sembra che si sia dimenticato quanta cura questo comporti. Cura e cioè, in ragione di una comune radice etimologica, coltura e cultura, che dovrebbe consigliare di andare oltre facili slogan che riducono tutto al semplice gesto del piantare. Per di più l’etimo kwel, nelle lingue classiche indoeuropee, fa riferimento a “girare, muoversi tutt’intorno, andare in giro a osservare” e se ciò si facesse ascoltando gli avvertimenti che provengono dall’esperienza (e dagli esperti), si capirebbe che non tutto si risolve scavando una buca. Andrebbe considerato che se si vogliono piantare 1000 miliardi di alberi (questo è l’obiettivo dell’ONU per il 2030!) bisogna rinunciare a un miliardo di ettari di suolo con inevitabili gravi conflitti sociali, economici ed ecologici.
Nautilus - n. 17/18 Novembre Dicembre 2022
Esposizioni regionali e arti applicate: un rapporto interrotto tra museo e tradizioni locali
La data del 1860 segna un momento fondamentale per la storia italiana, allorquando una costellazione di territori articolati in stati preunitari - che vedevano nelle fede religiosa l’unica sfera comunitaria - si riuniva in una Nazione da costituire. Uno dei primi mezzi di costruzione della nazione fu l’educazione, cui si pensava sia per la formazione laica dei cittadini, sia in chiave di identità e appartenenza. Se da un lato i canoni dell’estetica idealista guidarono le scelte di conservazione e musealizzazione, d’altro canto la necessità di tramandare e conservare le tradizioni locali richiedeva altri modelli per gli spazi della memoria. Contribuirono a tali ragioni l’erezione di monumenti, l’istituzione di festività nazionali, e videro la luce nuove forme di musealizzazione. Tra quest’ultime si annoverano, quali diretti discendenti dell’allora recente passato, i Musei del Risorgimento, con allestimenti di messa in scena del senso della Patria, incardinati intorno alla sacralizzazione di spade, armi da fuoco, foto, lettere e cimeli, esposti in vetrina a rendere “monumento-documento” il valore patriottico di coloro che parteciparono alla lotta per l’indipendenza.
Nautilus n. 15 settembre 2022
Le “ferrovie di prossimità”
Un patrimonio da rivitalizzare
Nella seconda metà del XIX secolo le ferrovie cambiarono il mondo, creando i mercati nazionali e contribuendo allo sviluppo degli Stati. Il paese che per primo inaugurò una linea ferroviaria fu l'Inghilterra, nel 1825. Il treno trasportava le merci e i viaggiatori, trainava la rivoluzione industriale.
Nella seconda metà dell'Ottocento, chi aveva la ferrovia era al passo con il progresso, chi non era toccato dalla rete dei binari si sentiva fermo al medioevo, costretto a viaggiare su lenti carri trainati dai buoi, o su scomode carrozze a cavalli.
Una volta completate le ferrovie più importanti, tutti i centri minori cominciarono a chiedere il collegamento su ferro, una sorta di “ferrovia di prossimità” – si potrebbe dire oggi – realizzabile grazie a nuove tecnologie come: la cremagliera, ruota dentata centrale che aumentava l'aderenza consentendo di superare le salite; lo scartamento ridotto che permetteva di ridurre le opere d'arte come ponti e gallerie; la tramvia che non aveva sede propria, visto che i binari erano posati sulla sede stradale...
Nautilus n. 15 settembre 2022
Interconnessioni infrastrutturali nella Pisa dell’800
In un paese come l’Italia, complessivamente non avanzato sul piano dell’industrializzazione e dei servizi, la Toscana dell’800 si connotava per vivacità economica e funzionalità di collegamenti.
Già dall’età medicea una storia prestigiosa aveva piantato salde radici, e i governi successivi avevano sempre tenuto presente che trasporti fluidi ed efficienti erano base di commerci e produzioni; avevano sempre guardato verso il mare i Granduchi, con l’“invenzione” del porto di Livorno, perché il mare significava viaggi, rapporti commerciali, idee e scambi. E al mare bisognava arrivarci, ma la Toscana contava su varie vie d’acqua: l’Arno, prima di tutto, in gran parte navigabile e navigato, e già nel Settecento importante fattore di localizzazione di attività. Di commerci e trasporti beneficiava anche l’agricoltura, che in fiere e mercati trovava una via di sviluppo per superare contratti agrari arcaici. Accanto all’Arno, vie d’acqua costruite avevano il duplice scopo di fornire energia idraulica alle ruote dei mulini e di collegare territori al mare.
Esempio identificativo è il Canale dei Navicelli, già nel nome destinato al transito di barche commerciali. P
Nautilus - n. 13/14 Luglio/Agosto 2022
Porti senza mare
Navigazione e approdi nelle acque interne
Verso la fine di marzo del 1720 i "populi del piano e comunità di Buggiano", nella ricca Valdinievole tra Lucca e Pistoia, si rivolsero al granduca di Toscana per lamentare gli "arbitrj a' poveri abitanti" compiuti dalle guardie del marchese Feroni impedendo "che i navicelli non carichino vino a' particolari al Porto del Capannone, e questo è contro l'uso antico e inveterato che detto Porto è stato sempre per commodo universale". Era uno degli aspetti della privatizzazione del territorio che si andava affermando nel corso dell’età moderna, che ci consente di fare luce sull’importanza storica della portualità interna in Toscana...
Nautilus - n. 13/14 Luglio/Agosto 2022
Le navi e il mare
Ragusa (Dubrovnik), una storia nel Mediterraneo
«Le navi, e il mar, son’ invece à Raugia, di campi e d’oliveti». Questa definizione si trova nella Storia di Ragusa che Serafino Razzi scrive verso la fine del XVI secolo e può essere considerata la migliore rappresentazione di Ragusa. Perché la sua storia è legata al mare e dal mare Ragusa ha tratto la sua forza, forse – facendo le dovute distinzioni di scala - anche più di Genova e Venezia.
Non si può fare a meno di provare un senso di meraviglia davanti alla storia straordinaria di questa piccola Repubblica, un territorio di circa 45 miglia e 54/5 mila abitanti nella seconda metà del XVI secolo...
Nautilus - n. 13/14 Luglio/Agosto 2022
Fra terra e mare: il porto adriatico di Termoli
di Lucia Checchia
Se provassimo a guardare al mare con occhi più attenti non vedremmo una lunga distesa di acqua salata, ma uno “spazio storico” costituito da un intricato sistema di strade, sia di mare che di terra; un complesso sistema di circolazione costituito da innumerevoli nodi tra loro interconnessi: i porti.
La nascita di un porto, a prescindere dall’esistenza o meno di strutture artificiali, era legata innanzitutto alle condizioni geomorfologiche di un luogo ed era favorita dalla presenza di un “territorio abitato” nelle vicinanze.
Ogni porto doveva essere dotato di servizi utili ai naviganti e garantire la presenza di cantieri navali e magazzini per lo stoccaggio delle merci. ..
Nautilus - n. 13/14 Luglio/Agosto 2022
Un palcoscenico mediterraneo
Il porto di Livorno e la portualità toscana nel tempo
«..Si distinguono le città con porto dalle città-porto. Nelle prime i porti sono stati costruiti per necessità, nelle altre si sono creati secondo la natura dei luoghi; qui sono una mediazione o un completamento, là l’inizio o il centro. Ci sono porti che restano sempre soltanto approdi o ancoraggi, mentre altri divengono palcoscenici e infine mondi (...). Possiamo altresì distinguere i porti da altri elementi: se sono stati aperti dal corso di un fiume, se l’hanno scelto o imposto le spinte di terraferma o addirittura dall’entroterra o se infine è stato proprio voluto dal mare…»
Così Prédrag Matvejevic, saggista croato, nel Breviario mediterraneo oltre a ricostruire gli infiniti significati storici della parola “Mediterraneo” descrive le numerose caratteristiche della città-porto mediterranea, definita dal rapporto con il luogo e dalle relazioni che instaura con l’orografia ed il paesaggio. Ne consegue che la scelta fondativa di un porto è legata a condizioni geografiche ottimali di approdo e che a loro volta inducono la fondazione di un insediamento urbano. ..
Nautilus - n. 13/14 Luglio/Agosto 2022
Una struttura tardiva
Le origini del Porto di Marina di Carrara
di Alessandro Volpi
Nel gennaio 1752 il noto ingegnere francese Milet de Mureau, che tra il settembre e l’ottobre del 1751 aveva soggiornato a Carrara, preparò per incarico del duca Francesco Maria d’Este una memoria “sur la construction du port de Massa de Carrare” che individuava il sito migliore di tale opera nella spiaggia di Avenza dove ormai da tempo venivano caricati i marmi provenienti dalle cave apuane.
Si trattava di un tassello importante nel più complessivo progetto del duca, successo nel 1737 al padre Rinaldo, che intendeva aprire una via di comunicazione tra Modena e Massa, garantendo ad essa uno sbocco marittimo. I lavori diretti da Milet, che prevedevano una diga foranea si interruppero già nel 1753 a causa della sua morte, dopo un primo scandaglio di tutta la costa e la realizzazione di alcune opere in muratura...
Nautilus - n. 12 Giugno 2022
In difesa di una storia del turismo
In queste settimane di tarda primavera e inizio estate del 2022 il turismo ha ripreso la sua corsa dopo due lunghi e difficili anni di pausa, causata dal Covid-19. Si parla di effetto rimbalzo, di overtourism, di numero chiuso, di questioni balneari e di tanto altro.
Il turismo: un fenomeno complesso della modernità occidentale, sintesi puntuale e talvolta anticipatrice di pratiche, modelli, mode, tendenze; un fenomeno di cui ciascuno di noi si sente legittimato a parlare, così come si può parlare di che tempo farà, dell’amore, di internet… esprimendo giudizi in cui turismo di massa, turismo mordi e fuggi, turismo buono e cattivo sono denominazioni e classificazioni gettate lì.
Giudicare il turismo è un esercizio che in Italia è nato assieme al turismo stesso; è un esercizio che appassiona e nel quale il pensiero è così corto da non lasciar vedere che giudicare il turismo è giudicare se stessi.
Il turismo siamo noi, verrebbe di sintetizzare.
Nautilus n. 9 - Marzo 2022
Quando le fonti orali sono importanti: una brevissima panoramica
Le fonti orali si sono rivelate molto utili quando utilizzate insieme alle fonti coeve agli eventi, scritte, orali o visive. In alcuni casi illuminano oscurità o falsità contenute nei documenti prodotti in situazioni ambigue e incerte, che si riflettevano nel testo. In altri casi, non di rado, ampliano le informazioni ricavabili dalle fonti tradizionali. E sempre forniscono il punto di vista particolare dei soggetti della storia, permettendoci di capire non solo cosa era avvenuto, ma anche cosa le persone pensavano che stesse accadendo, allora, e spesso pensano ancora oggi.
Ci sono però ambiti per i quali le fonti orali sono indispensabili, perché uniche o perché capaci di mostrare una verità opposta, o comunque infinitamente più ricca, rispetto a quella fornita dalle fonti scritte.
Penso, ad esempio, alla ricca esperienza di vita delle famiglie mezzadrili, che i libri colonici conservati allo scrittoio della fattoria riescono a descrivere solo in minima parte.
Nautilus n- 9 Marzo 2022
Testimoniare il Lager
Parole di Dante, memoria condivisa
A volte bisogna trovare le parole giuste per tradurre la memoria più dolorosa in testimonianza condivisa. È il caso del ricordo della Shoha così come emerge dalla voce dei sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti, voci che in più occasioni recuperano parole dall’opera di Dante Alighieri, eleggendo termini ed espressioni dell’Inferno a vocabolario della propria testimonianza: il “dovere della parola”, come abbiamo scritto in un libro recente.
Quello della testimonianza è stato - ed è per i pochi che ancora vivono -, comunque per tutti che coloro che, salvati, se la sono sentita, un dovere: un dovere che in molti è giaciuto, doloroso e violento, nel fondo dell’anima, per decenni, prima di farsi voce, prima di trasformarsi in memoria riferita, in racconto di fatti subìti, sia in prima persona che da tanti, troppi, altri che dal Lager non erano tornati..
Nautilus n- 9 Marzo 2022
Vivere Casa Cervi
Vive oggi Casa Cervi, il luogo della memoria della vita di una famiglia i cui 7 figli maschi sono stati catturati e fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943.
Vive la Casa dove i 7 Fratelli, i genitori Genoeffa e Alcide, le sorelle e le nuore hanno vissuto dagli anni Trenta in poi coltivando il podere dei Campirossi, studiando e cambiando l'agricoltura. Ben presto, in pieno regime fascista, hanno cominciato a cambiare la storia diventando antifascisti.
Dal 1972 l'eredità dei Cervi, materiale e morale, è stata affidata all'Istituto che porta il nome del padre, Alcide Cervi. E accanto alla casa, diventata anche Museo, hanno trovato sede la Biblioteca e l'Archivio di Emilio Sereni, antifascista e studioso dei movimenti dei contadini, delle trasformazioni delle campagne, del paesaggio agrario italiano.
Nautilus n- 9 - Marzo 2022
La memoria del 25 aprile
Cosa ricordiamo e cosa celebriamo ogni 25 aprile? In questa data ricordiamo la fine della guerra e la sconfitta dell'esercito tedesco ad opera degli alleati, che nella campagna d’Italia riportarono oltre 300.000 perdite, e celebriamo il sacrificio dei tanti, civili e combattenti, morti in quegli anni lottando contro il regime fascista, nonché l'inizio di una nuova fase nella storia del paese, che vide i suoi momenti fondanti nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946, che sanzionò il distacco degli italiani dalla monarchia complice dei crimini del fascismo, e nella Costituzione della Repubblica italiana del 27 dicembre 1947, che ha garantito in questi cinquanta anni, e garantisce tuttora, le libertà civili e il progresso sociale...
Nautilus n- 9 Marzo 2022
La democrazia e la sua memoria
Democrazia è una parola antica, con significati che cambiano a seconda delle epoche e dei contesti. Evoca l’idea di un coinvolgimento popolare nel governo di una comunità, ma non specifica di per sé né i meccanismi di decisione, né i contenuti, né i criteri attraverso i quali si è inclusi o esclusi dall’assemblea chiamata a decidere.
Democrazia era quella ateniese, considerata un po’ impropriamente come l’origine della moderna cittadinanza europea, che identificava la polis con gli uomini in armi. Pertanto, come ci ricordava Luciano Canfora, il cittadino ateniese era necessariamente il maschio libero, purosangue, abile alla guerra e necessariamente possidente (cioè in grado di pagarsi l’armamento).
Fu solo la nascita della flotta e la conseguente esigenza di reclutare gli equipaggi a estendere la cittadinanza anche ai nullatenenti.