Ali di carta, eppur si vola


di Patrizia Lessi 

È una donna pakistana la vincitrice più giovane del Nobel per la pace. Una blogger che nel 2010, a soli tredici anni, ha quotidianamente documentato per la BBC le vessazioni subite dai talebani a Mingora, nel distretto di Swat. Ma Malala Yousafzai è diventata celebre a livello mondiale per l’attentato subito alcuni anni dopo mentre stava tornando a casa da scuola. Colpevole di appoggiare i valori degli infedeli e una visione oscena della religione e del ruolo sociale della donna, Malala è stata colpita da uno sparo alla testa sullo scuolabus assaltato dai suoi attentatori, in mezzo a bambini e bambine che lottano ogni giorno per il diritto di studiare. Sopravvissuta e curata fuori dai confini della sua terra, Malala è oggi un’attivista che contribuisce a non spengere il riflettore sulle condizioni di minorità, ignoranza e paura in cui versano coloro che finiscono sotto il regime talebano. E non è l’unica donna, né la prima, ad aver rivendicato il diritto di movimento ed espressione che nella possibilità di apprendere trova uno dei suoi veicoli più potenti.

Ad Azar Nafisi si deve uno dei primi bestseller letterari in grado di squarciare il velo sulla rivoluzione islamica avvenuta in Iran alla fine degli anni ’70. Leggere Lolita a Teheran rappresenta al meglio come biografia personale, storia del proprio paese e amore per la letteratura possano fondersi in una narrazione che ci coinvolge tutti, emotivamente e socialmente. L’esperienza di lettura clandestina operata dall’autrice con sette studentesse di letteratura inglese, impossibilitate dal regime di Ruhollah Khomeyini a continuare il loro corso di studi, è un esempio della forza sovversiva insita nella parola orale e scritta e nella trasmissione fra donne del sapere come forma di autodifesa, riscatto e speranza. Nel libro, autori come Nabokov, Austen, James, Brontë sono le soglie aperte sul mondo esterno ed interno delle protagoniste che attraverso le storie lette imparano soprattutto a guardare dentro di sé. In questo percorso ogni studentessa delinea così la propria identità individuale, autentica armatura e vero, grande spauracchio di ogni dittatura.

Ancora dall’Iran arriva il lungo racconto di formazione in fumetto di Marjane Satrapi. Persepolis ha in sé l’anima di molti mondi anche se è uno quello che descrive. C’è lo sguardo della bambina che cresce sotto il governo sempre più in crisi dell’ultimo scià Pahlavi e che nell’ascesa del nuovo regime teocratico vede progressivamente ridursi le possibilità di accesso ad una visione altra delle tradizioni e delle suggestioni d’oltreconfine; quello dell’adolescente che non può più frequentare scuole dove ci siano anche i ragazzi, studiare una lingua straniera, vestirsi come vuole, fino al trasferimento in Europa e alla conoscenza di quella condizione di mezzo in cui si trovano tanti giovani come lei: orgoglio delle proprie origini, dolore per la mortificazione delle libertà, smarrimento nel nuovo mondo di cui si diventa cittadini senza sentirsene figli. Gli occhi di Satrapi ormai donna non perdono mai questa alterità di sottofondo che accompagna le sue esperienze di cittadina francese che illustra libri per bambini di ogni luogo.

Se oggi la voce più nota proveniente dall’Afghanistan è quella di Khaled Hosseini, sono le donne afghane a tentare il tutto per tutto in una terra il cui futuro si fa di giorno in giorno sempre più oscuro. Alla poetessa persiana Rabia Balkhi, sorella del re e da lui condannata per aver sfidato le regole scrivendo ed amando qualcuno non scelto per lei, è dedicato il primo lavoro di Free Women Writers, www.freewomenwriters.org, associazione internazionale che unisce le anime e le penne di giornaliste, scrittrici, artiste in lotta contro le autorità estremiste disseminate nelle aree del Medio Oriente.

La raccolta Daughters of Rabia dà voce a numerosi scritti di autrici afghane che con racconti, riflessioni e poesie affrontano il loro tempo sforzandosi di tenere alte le difese dei loro spazi di autonomia. Queste donne che solo a giugno 2020 si chiedevano come essere solidali col movimento #BlackLivesMatter -perché ogni discriminazione ed abuso in qualsiasi parte del mondo racconta ciò che avviene o può avvenire anche a casa tua- oggi chiedono dalla propria pagina Facebook di non abbandonarle in una lotta che appartiene a ognuno di noi: The women of Afghanistan will not be silenced. We are speaking under the daily threat of death and violence. Does the world have an ounce of our courage to stand with us?[1]
 
Sembrava lontano il doloroso clamore suscitato dal film di Mohsen Makhmalbaf Viaggio a Kandahar in cui Nafas, cresciuta in Afghanistan, ma da anni giornalista in Canada, decide di tornare nella terra in cui è nata per soccorrere la sorella ormai prossima al suicidio come ultimo atto di liberazione dall’isolamento e dall’oppressione talebana. In quel viaggio in cui lo sguardo di Nafas progressivamente si riduce alla fessura che il burqa concede ai suoi occhi, il suo cuore e quello di chi assiste per contrappasso si allargano sulle rocce impervie di quella terra antica, sui suoi bambini vocianti o  un marito che prova su di sé, riflettendosi allo specchio, delle gambe di legno per sceglierne una destinata alla moglie. L’amore con cui l’uomo ne imita le movenze trovando la compagna nella propria immagine è forse l’esempio che tutti dovremmo seguire mentre le notizie di ciò che avviene alle donne in Afghanistan e in altre parti del mondo si riflettono nella nostra realtà. Nel film Nafas decide di rimanere a fianco della sorella perché è insieme che forse potranno trovare la speranza e la forza di  non perdere se stesse nel sonno di una ragione che ha generato mostri.
Leggere e ascoltare queste voci, farsene memoria e megafono, può essere l’inizio di un legame che renda tutte e tutti più forti. Che ci risvegli e ci faccia volare con ali di carta più in alto dei demoni, verso un sole che non possa bruciarci.

[1] “Le donne dell’Afghanistan non verranno messe a tacere. Stiamo parlando sotto la minaccia quotidiana di morte e violenza. Il mondo ha un grammo del nostro coraggio per starci a fianco?” Tradotto dal post del 6 settembre 2021.