Moda, architettura e arte. Dalla boutique agli spazi architettonici 



 

di Francesca Passeri 


Se alcune creazioni di moda possono senz’altro essere definite vere e proprie architetture per la complessità delle lavorazioni e la maestosità del design, occorre altresì tenere presente il significato che la moda assume grazie al dialogo con il mondo dell’architettura.

Giovanni Battista Giorgini, per lanciare il brand Made in Italy, sceglie Firenze, nello specifico una splendida dimora, Palazzo Pitti, al cui interno, nella ormai celeberrima Sala Bianca organizza la prima vera e propria sfilata di moda, sancendo ufficialmente la nascita della moda italiana e l’affermarsi di uno dei country branding più conosciuti e desiderati al mondo.

Il dialogo fra moda e architettura ha assunto nel tempo le forme più varie; l’Armani Silos a Milano è uno spazio espositivo, dove le straordinarie creazioni dello stilista si fondono con l’armonia degli spazi architettonici, dando vita a quel minimalismo chic di cui Giorgio Armani è re indiscusso.

I grandi brand della moda, a partire dalla fine degli anni Novanta, hanno utilizzato l’ingegno di grandi architetti per rafforzare la propria immagine e la propria identità di marca, contribuendo ad alimentare l’immaginario legato alla moda stessa.

L’integrazione con l’architettura ha consentito e consente di moltiplicare le relazioni con il consumatore; la moda non si lega più a semplice business e applicazione esasperata di strategie di marketing volte alla vendita, ma pone il consumatore al centro di una esperienza estetica e sensoriale volta a comunicare la moda come vero e proprio fenomeno culturale.

L’architettura d’avanguardia ridimensiona anche l’esperienza di acquisto; il negozio, lo store, il flagship store, divengono luoghi simbolo della marca, ne rappresentano l’identità e allo stesso tempo la rafforzano; Elio Fiorucci alla fine degli anni Sessanta apre il suo primo concept store a Milano, straordinario contenitore di esperienze e strumento di comunicazione non solo del brand, ma della sua filosofia: usufruire di un concetto attraverso i suoi spazi.

Un mix di moda, arte, architettura, design, un luogo di incontro, di inclusione e di contaminazione che renderà immortale Fiorucci.

Un altro luogo della moda, LuisaViaRoma (www.luisaviaroma.com), grazie all’intuizione di Andrea Panconesi, diviene negli anni Ottanta uno dei simboli dell’avanguardia fiorentina; la vetrina non è più esposizione di abiti ordinati per colore e stile, ma diviene vivente, tematica, racconta una storia in cui gli abiti perdono la loro centralità per lasciare spazio all’immaginario evocato dalla rappresentazione; architetti, oggi definiti archistar divengono attori di tale trasformazione, creando riferimenti culturali in grado di intensificare emozioni e percezioni.

Alla fine degli anni Novanta Prada elabora un ambizioso progetto architettonico in linea con la contemporaneità che da sempre contraddistingue il brand. 

Gli Epicentri di Prada mirano a ridefinire l’esperienza di acquisto, il cliente diviene più esigente, il prodotto fine a se stesso non è più sufficiente; il rituale dello shopping si trasforma in una esperienza immersiva, differenziando la marca e dandole un diverso significato di unicità.

Prada privilegia percorsi di shopping stimolanti per un consumatore che conosce i codici estetici e identitari del brand, reso famoso dall’aristocratico minimalismo che Miuccia Prada riversa nelle sue collezioni.

L’intimità della boutique lascia spazio a location urbane; il concetto di sostenibilità assume connotati multipli, contribuendo a rendere più durevole la moda, la quale non detta più trend stagionali, ma si lega indissolubilmente agli spazi che occupa, rendendo estremamente suggestivo e coinvolgente il dialogo con il consumatore-visitatore-attore.

Più recente il coinvolgente capolavoro di Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci; l’antico Palazzo fiorentino della Mercanzia, sede dal 2011 del Museo Gucci, si trasforma nel 2018 nel Gucci Garden, dando vita a un fenomeno di Guccification in cui la marca e il logo si fondono con l’individualità di una generazione che urla il bisogno di una moda fluida e fortemente identitaria.

All’interno del Gucci Garden nasce il Giardino degli Archetipi, uno spazio immersivo e multi-sensoriale che esplora le campagne di Gucci degli ultimi sei anni e il manifesto creativo di Alessandro Michele” (www.gucci.com).

L’architettura diviene strumento per rafforzare la brand equity; il neologismo artification, coniato dai sociologi Nathalie Heinich e Roberta Shapiro, offre un esempio di come l’arte nel suo significato più ampio, sia in grado di restituire rarità ai beni del lusso, talvolta vittime della perdita di unicità dovuta agli ingenti fatturati generati dalla vendita di prodotti che rischiano pertanto di essere percepiti come prodotti di massa.

La moda rafforza così il suo valore culturale e sociale, guidando il consumatore in una dimensione innovativa e contemporanea, in cui il valore e l’identità del brand vengono rafforzati grazie ad architetture cariche di significati (Marenco Mores C., From Fiorucci to the Guerrilla Stores, Ed. Marsilio, 2006).