Cinquemila passi nei pensieri
Cinquemila passi per il mondo, cinquemila passi nei tuoi pensieri e cinquemila
parole in una storia si equivalgono. Vivere la suggestione di posti sconosciuti, trovare una catarsi raccontando una visione - per la qualità dell’emozione intendo beh io ci vedo poca differenza. Basta muoversi con lo stesso sentimento: un sano stupore. Un atteggiamento “fanciullesco” che rinnova il colore alle cose e le rende brillanti e perfino magiche. Ma dovremmo saperle gustare - queste suggestioni - con l’eleganza di un buon intenditore. Eh già! Come si fa con il vino buono. Vivere ingurgitando esperienze, pur di continuare a sentire brividi, non ha a che fare con l’arte dello scrivere e neanche con l’arte di saper vivere.
La scrittura è un meraviglioso miraggio che chiede il talento, il tempo e molte energie, perché diventi reale. La visione che si proietta davanti a noi e che chiede di diventare racconto sprigiona spesso così tanta potenza che dubito di poter dire che siamo noi a possederla; piuttosto è lei a possederci e spesso a riempiere di buoni propositi i nostri pensieri. Come fanno certe crisalidi, essa spinge sull’involucro della nostra titubanza per riuscire a dispiegare le ali e volare via da noi. Badate bene, dico “via da noi”, perché è giusto che sappiate che se la saprete rappresentare bene, quell’idea, quel sogno, quella visione, ebbene, se la saprete scrivere bene, dicevo, essa non vi apparterrà più! Volerà lambendo menti e cuori, facendo vibrare la pelle dei lettori e questa farfalla ruffiana apparterrà a loro e anche se faranno il vostro nome, non sarà mai più vostra.
E va bene così, perché no?
Adesso, però, dobbiamo considerare anche altre questioni relative alla
scrittura. Rispondete a questa domanda: “Quanti sogni che avete fatto nella
vostra vita appartengono ai vostri ricordi?”
Per quanto mi riguarda, in 63 anni di vita, forse potrei contenere il ricordo dei
miei sogni in una mano - e per fortuna! - Perché è questo che sublima l’arte della scrittura: la raffinazione, l’idea della “unicità degli eventi” che la ispirano. Questo rende urgente per lo scrittore che si debba trovare un apice espressivo per onorare una delle poche storie che pensi meritevole. Come far fruttare quell’unico gioiello prezioso, ritrovato, quella grossa pepita in un fiume di milioni di ciottoli levigati.
Ne siete convinti? Se sì, adesso viene il bello. Siete pronti? Partiamo dal presupposto che sono convinto che ogni essere umano possieda un talento, ma tra questi decisamente pochi - davvero pochi - lo possiedono artistico, molti meno di quanti non si vantino. Ma supponiamo che siate tra questi; allora siate determinati e allenatevi per saperlo esercitare/ esprimere bene, perché è tempo che sommate ad un’infinità di sacrifici alla fine dei quali vedrete la vostra farfalla in tutto il suo splendore. Mi piacerebbe elencarveli!
Potremmo parlare per ogni arte, ma qui prendiamo come esempio l’arte della
scrittura che per essere “molto ben rappresentata” ha bisogno di queste
qualità: “La raffinazione”, lo dicevamo anche prima, è una sorta di messa a
fuoco del testo, sfrondato di molte parole; “la devozione” , abbiamo in progetto
di raccontare una storia? Prendendo per scontato che sarà baricentrata su di
noi, ebbene, nonostante questo, dovremmo leggere ogni giorno qualcosa che
ci arricchisca sull’argomento che coinvolge la storia, e ogni giorno provare a
scrivere qualcosa che forse - e dico forse - metteremo nel testo. Dico “forse” perché, più spesso di quanto vorremmo, ci vedremo costretti a cancellare molte righe dei nostri tentativi; intanto così ci alleniamo ad un testo più raffinato e più completo.
Prendete per esempio il grande scrittore d’avventura Jack London, il quale
raccontava del suo bisogno quasi vorace di leggere continuamente su ogni argomento, anche di chimica e biologia, perché immaginava che certamente alcune nozioni delle cose che leggeva gli sarebbero state utili per i suoi racconti.
… E Flaubert, che scrivendo ad un amico, lo informava della ottima giornata appena trascorsa perché nel rileggere “Madame Bovary” aveva cancellato ben otto pagine del suo testo. “È stata una giornata profittevole”, aveva concluso.
Eh sì! La buona scrittura chiede sottrazione e rispetto della potenza della parola e della magia della sintesi. Sapremo farne buon uso? Beh, per questo, chiunque si trovi tra le mani una storia che lui immagina meravigliosa, addirittura strabiliante, si chieda: Il possesso di questa storia mi dà la capacità di saperla raccontare bene?
Rispondendo “no” a questa domanda, potremmo cercare di erudirci per misurare il nostro talento. Come si fa? Rispondendo con cognizione di causa alle seguenti domande: “So creare dei personaggi che sembrino veri, davvero esistiti? Li ho valutati dal punto di vista sociale, culturale, caratteriale, ideologico? Ma poi il dialogo che gli metterò in bocca sarà coerente con il suobackground? O come fanno in troppi, tutti i personaggi sono tarati sulla mia di cultura e prospettiva, tutti omologati al mio background? (Grave errore!)
E questi personaggi, li farò muovere su ambientazioni tangibili, descritte con capacità artistica che renda di tutti quello che per ora è solo una mia visione?”
E questo solo per iniziare, e scusatemi - vi prego - se vi sembrerà un approccio eccessivamente tecnico, ma vi assicuro che il fatto che teniamo la penna in mano da quando avevamo sei anni non ci dà automaticamente la capacità di saper esprimere una tale bellissima arte.
Insomma, vorremmo consegnarlo ai lettori il nostro sogno o farlo rimanere solo un abbozzo abortito di tentativo, con un racconto eccessivamente criptico o sconclusionato o appena sopra la soglia della formalità, come se ne trovavano fin troppo spesso negli scaffali delle librerie di questi tempi?