Economia di Pace e scarsità
Il concetto di scarsità credo si debba contestualizzare all'interno dell'attuale economia di guerra capitalistica. Analizzo in estrema sintesi la scarsità sotto tre aspetti: lavorativa, di tempo, relativa ai beni comuni. La creazione artificiale di scarsità del lavoro è necessaria ad indurre le persone ad accettare lavori malpagati e spingerle ad impegnarsi in una produttività competitiva. La disuguaglianza stimola un senso di inadeguatezza che induce le persone a lavorare più a lungo per guadagnare più reddito per comprare cose inutili al fine di aver riconosciuta un po' di dignità. In questo senso, la disuguaglianza crea una scarsità artificiale di benessere. La pubblicità o propaganda di regime del capitalismo col suo fare ammiccante apparentemente innocuo o solo fastidioso è sostanzialmente violenta e crea un senso artificiale di carenza: non possediamo abbastanza, non siamo alla moda, non siamo sufficientemente belli. Scarsità artificiale di tempo. Il poco tempo libero lasciato a chi lavora induce a pagare/delegare altre persone o strutture per fare quello che si potrebbe fare da soli: cucinare i pasti, pulire e mantenere la propria casa, giocare con i bambini, assistere gli anziani. Per non parlare di consulenze specialistiche (psicologi, nutrizionisti, esperti coniugali, etc). La scarsità artificiale di beni pubblici/comunitari/comuni porta all'ondata di privatizzazioni nel campo della salute, istruzione, trasporti, case, acqua, etc. L'alternativa privata è sempre dietro l'angolo. Scarsità artificiale di moneta e debito.
“La ragione principale per cui la nostra economia è così gravata dal debito è che funziona sulla base di un sistema monetario che è esso stesso debito (1).
In altre parole, le banche prestano somme circa dieci volte superiori a quelle di cui dispongono effettivamente.
L'idea di scarsità la metto in relazione ad un nuovo paradigma: l'economia di pace, indipendente, non subordinata ad altri stati o multinazionali e basata su rapporti commerciali non asimmetrici, ma paritari. Per comprendere come siano legati i temi della scarsità, della guerra e del capitalismo riporto in sintesi quello che tre noti economisti come Emiliano Brancaccio, Stefano Lucarelli e Raffaele Giammetti scrivono in un loro recente libro, La guerra capitalista.
In sintesi: in nome di una globalizzazione estrema, le oligarchie creditrici (Cina, Russia, Arabia Saudita ecc) hanno sferrato un attacco finanziario verso le oligarchie debitrici (Stati Uniti, Europa ecc), creando una eccessiva polarizzazione e concentrazioni di quote azionarie, oltre a quelle sui titoli del debito pubblico e sulla formazione specializzata. Questo ha creato per tutta risposta un protezionismo estremo unilaterale e di conseguenza una risposta militare imperialista con la finalità di ricreare un nuovo ordine economico, militare e tecnocratico.
Riporto questa lettura economica perché anche dalla drammatica condizione geopolitica possiamo evincere, come il concetto di scarsità attiene, nel suo utilizzo strumentale, al paradigma del debito/credito.
Se ci poniamo in un ottica di decolonizzazione della terra, della mente e in una visione di progresso, e non crescita, integrale possiamo riconoscere che il DNA di questa economia di pace rientra nella logica del disarmo, anche finanziario, della natura e dell'accoglienza.
La scarsità come senso del limite delle risorse naturali, all'interno di un sistema vorace, di predominio e sfruttamento, va auspicato e coltivato.
Ma la scarsità come costruzione artificiale per spingere verso il predominio sul vivente è un'arma pericolosa che viene alimentata dalla paura dell'altro e dalla costruzione del nemico.
La scarsità, da concetto utile che la nostra storia e tradizione contadina ci tramanda come rispettosa di una economia della custodia e della cura, si è trasformata in arma contro il vivente.
L’economia di guerra si caratterizza per privilegiare la produzione e vendita di armi, per la costruzione dei muri e dei rimpatri di coloro che fuggono da fame, povertà, violenze, persecuzioni, desertificazione o disastri ambientali ed infine, per l’uso della guerra come possibile strumento di politica e di controllo delle risorse naturali. L’economia di pace invece mette in circolazione maggiore ricchezza.
Economia di pace ed economia di guerra sono mutuamente escludenti, una produce diritti e libertà, l’altra distrugge.
Ecco perché il tema dell'economia di pace, che pone al centro l'idea giusta di scarsità, come condizione di un limite, e non come arma verso il vivente, deve diventare sempre più al centro delle nostre analisi per costruire la società della cura che vorremmo.