Troppe case senza gente 

troppa gente senza casa

 
Il tema dell’abitare pone moltissime implicazioni, legate alla qualità degli spazi urbani, ai luoghi geografici e fisici, alla pianificazione e alla progettazione della città, alle relazioni sociali e affettive, alle scuole. Un tema che ha a che fare con la vita stessa.
La casa infatti non è semplicemente un oggetto, un insieme di strutture, materiali e impianti, È luogo dell’identità personale e anche delle relazioni, è luogo umano per eccellenza dove non solo si sta ma soprattutto si è. In questi significati, “abitare” assume il senso del prendersi cura, cura di sé, ma anche degli altri.
La casa che con le sue mura offre riparo all’uomo per le necessità basilari del suo esistere (nutrirsi, riposarsi, riprodursi), diventa luogo dove possiamo metterci a nudo,  e ci sentiamo a casa là dove non abbiamo più bisogno di difenderci da nessuno e dove non abbiamo più bisogno di dimostrare nulla, per essere autenticamente quelli che siamo.
Per questo quando progettiamo soluzioni di co-housing (o di co-abitazione) tra persone con storie ed esperienze differenti dobbiamo considerare non solo gli aspetti funzionali e organizzativi della condivisione degli spazi, ma la dimensione personale: i significati profondi dell’abitare che ciascuno si porta dietro, l’esigenza di uno spazio individuale, il rispetto della dimensione dell’intimità di ognuno
Ma se non c’è casa senza chiusure (i muri, il tetto), non c’è casa neppure senza aperture (le porte, le finestre) e in questo rapporto tra interno ed esterno, tra apertura e chiusura la casa diventa luogo dell’accoglienza, dell’ospitalità, dell’altro. Non uno spazio statico, ma una dimensione di equilibri tra interno ed esterno, tra bisogni e desideri, tra intelligenza e ragione, per essere, in ultima istanza, luogo in cui il soggetto si prende cura della vita.
Oggi purtroppo la casa è divenuta una sorta di miraggio per i giovani e un problema per molti altri.  Ma senza una dimora degna non si può stare, e questo problema riguarda ormai tante fasce della popolazione, non soltanto i più fragili dal punto di vista economico e sociale, ma anche gli studenti e gli anziani, i lavoratori fuori sede, le famiglie monoreddito, le donne sole con bambini, perché il rialzo dei canoni di locazione, soprattutto nelle grandi città turistiche ma non solo, mette in difficoltà anche chi fino a poco tempo fa poteva pagarsi un affitto.
Sono pertanto necessarie politiche chiare in questo senso, per il momento molto carenti soprattutto a livello nazionale.

Le locazioni turistiche ad esempio, in Italia non vengono ancora riconosciute come una grave criticità nella sottrazione di spazi abitativi, mentre in Europa sono già stati sperimentati strumenti di diversa natura, con l’obiettivo di arginare le tendenze speculative. Nel caso italiano la questione è stata ridotta ad una problematica meramente fiscale, mentre a Barcellona è in vigore un piano urbanistico per gli alloggi turistici, in Francia, sulla base di una legge già esistente in difesa della residenzialità, gli annunci Airbnb hanno limitazioni temporali in diversi comuni. 
 
Gli aspetti sui cui agire possono essere diversi: lo spazio abitativo e urbano (quante case in una determinata zona possono essere adibite ad usi differenti da quelli abitativi), i rapporti tra privati (contratti di locazione), i rapporti tra enti (chi regola il fenomeno) e le piattaforme (cosa devono assimilare delle normative vigenti, quali dati devono fornire e come devono rivedere il proprio funzionamento). 
C’è poi il tema ambientale, La sfida è proprio quella di realizzare opportunità abitative a costi accessibili senza consumare altro suolo e migliorando la qualità ambientale del territorio, trasformando zone degradate e abbandonate delle città. 
Su questi temi c’è molto fare, sia nelle grandi città sia nei centri più piccoli; compito delle istituzioni è quello di studiare e proporre modelli diversificati per affrontare queste criticità, tenendo presenti i differenti contesti.