Editoriale

Vulnerabilità e limite 

 
La vulnerabilità è una condizione strutturale dell’uomo e del mondo in generale. Il termine deriva infatti dal latino vulnerare con il relativo sostantivo vulnus ed esprime l’idea della possibilità di essere feriti rimandando al senso di precarietà della condizione umana.
La consapevolezza di questa fragilità umana e ambientale è essenziale per portare ognuno di noi ad avvicinarsi alle cose da una prospettiva diversa. Paradossalmente l'essere vulnerabile può diventare un fattore positivo perché costringe a realizzare la consapevolezza del limite.

Se guardiamo le cose anche da un punto di vista personale, la nostra vita quotidiana è definita da continue esperienze di incertezza. Fingere di non essere vulnerabili significa lasciare che la paura guidi il nostro pensiero e il nostro comportamento. Scegliere di gestire la nostra vulnerabilità significa familiarizzare con questa consapevolezza e affrontare al meglio la realtà.

Con la Dichiarazione di Barcellona del 1998, ventidue luminari nel campo della bioetica hanno proposto, in seguito a tre anni di lavoro presso la Commissione Europea, di inserire il principio di vulnerabilità tra le quattro colonne portarti del “credo” bioetico, insieme cioè a integrità, dignità umana e autonomia. La vulnerabilità si propone quindi come principio innovatore, evidenziando, in virtù della fragilità dell’esistenza umana, l’importanza del prendersi cura di chi è caduto in uno stato di malessere. Si tratta di un’etica pubblica della cura che non vuole semplicemente limitarsi alla protezione paternalistica degli incapaci ma che si basa sulla premessa che tutti noi - anche se “autonomi” – siamo fondamentalmente vulnerabili.

La presa d’atto della propria vulnerabilità però non necessariamente ha un effetto risolutivo; quando questa è associata a una condizione imposta di inferiorità, di debolezza, di dipendenza, di minorità, spesso è necessario ricorrere al conflitto per liberarsi dalla condizione di dipendenza (M. Giovagnoli, Vulnerabilità e dipendenza).
Parlando di dipendenze, è importante evidenziare come il benessere delle comunità sociali sia fortemente influenzato dai fenomeni legati al cambiamento climatico. Antonello Pasini, fisico e climatologo, nell’intervista di apertura di questo numero, spiega tutte le implicazioni legate all’aumento della temperatura a livello globale. Il rischio che un evento collegato al clima possa causare danni a persone e al contesto circostante, va messo in relazione alla vulnerabilità del territorio e all’esposizione di persone e manufatti, oltre che alla pericolosità dell’evento climatico.
L’interconnessione tra vulnerabilità sociale e territoriale è evidente. La sociologia dei disastri negli ultimi decenni ha evidenziato come la percezione del rischio, la valutazione della vulnerabilità locale, la resilienza sociale e il community-building sono elementi fondamentali per studiare l’impatto di un disastro su una comunità locale (V. Golino, La vulnerabilità in prospettiva sociologica).

Andando indietro nel tempo, la devastante alluvione di Firenze del 1966 evidenzia chiaramente già in quegli anni quando la questione ambientale non era ancora esplosa, il legame esistente tra vulnerabilità dei luoghi e conseguenze delle calamità (R. Pazzagli, Naturale non è. Quando il territorio diventa più vulnerabile).

La vulnerabilità potrebbe essere l’occasione per provare a cambiare paradigma e vedere le cose da un punto di vista diverso, come è il caso del porto di Livorno e del progetto faraonico di costruzione della Darsena Europa (T. Nadalutti, La vulnerabilità dei territori).

La vulnerabilità ha inoltre il volto della fragilità psichica (M. Riccucci, Le ferite della mente), che nella letteratura e nell’arte trova una possibilità di comprensione e di riscatto, un modo per “sottrarre questo mondo sommerso al silenzio”.
Il corpo della donna, la nudità, totale o parziale, esposta per veicolare un messaggio sociale che nulla ha a che vedere con l'oggettivazione del corpo delle donne alla quale per decenni siamo stati abituati, rappresenta una sorta di riscatto, un simbolo di libertà, contro l’immagine femminile stereotipata e caratterizzata dal dolore e dalla sofferenza (P. Lessi, Mettiamoci a nudo. Il corpo femminile simbolo di libertà)
Vulnerabilità sociale e individuale si associano anche all’idea di progresso e a quella di sviluppo che per secoli, dal pensiero illuminista passando per la letteratura francese dell’800 fino a Pasolini, hanno rappresentato un obiettivo a cui tendere, ma che oggi deve assumere un significato diverso (P. Ceccarini, M. Scatena, Sviluppo e progresso da Flaubert a Pasolini).
C’è poi l’immenso patrimonio culturale che è quello della  fraternità, del sostegno reciproco, della predisposizione all’ospitalità di una comunità della Ciociaria dell'inizio anni '60, l’accoglienza dei profughi “tunisini” raccontata con vividezza a fronte dei cambiamenti intevenuti negli anni (E. Vernucci, Le Fraschette e la vulnerabilità di una città ciociara).
Parlando di immaginari contemporanei e di altri linguaggi, un’incursione nel mondo dei Supereroi ci fa vedere come questi siano gli unici personaggi capaci di rispecchiare l’identità fragile, inquieta e sfaccettata dei giovani di oggi e i ragazzi si identificano in loro proprio perché sono vulnerabili (F. Canessa, Supereroi vulnerabili e forti), così come i miti della musica rock ripresi e fotografati in tutte le loro fragilità e debolezze (P. Mazzucchelli, Note infrante. Le fragilità delle rockstars)
Chi ha super poteri ha grandi responsabilità ma anche chi governa, a qualsiasi livello, dal locale al globale, dovrebbe partire proprio da questo, dall’interiorizzazione del concetto di vulnerabilità per affrontare la mutevolezza e l’imprevedibilità del divenire del nostro tempo, costruendo nuove relazioni sociali, ambientali ed economiche basate sul prendersi cura degli altri e dell’ambiente.