Le prospettive del lavoro agricolo
Il lavoro, fondamento del nostro ordinamento politico come scritto nel primo articolo della Carta costituzionale, dovrebbe già solo per questo avere un peso ed un’importanza del tutto particolari. Il condizionale è d’obbligo, purtroppo, vista la scarsa propensione ad attuare politiche che incidano realmente sul miglioramento e la crescita del tassello fondamentale della nostra economia.
Ma quali sono i contorni di una politica del lavoro concreta e rispondente alle reali esigenze del Paese? Da un osservatorio sindacale non si può che porre l’attenzione sulla necessità di mettere al centro l’azione di contrasto di tutte quelle storture che hanno stravolto i contorni del lavoro, facendolo diventare povero, precario, non contrattualizzato, sfruttato, poiché la battaglia alla precarietà ed allo sfruttamento è il primo elemento su cui basare una politica di recupero del gap salariale, drammaticamente dilagante in Italia, nell’ottica non solo di ritrovare la funzione di elemento di sostentamento, ma anche di dimensione sociale e realizzazione personale che il lavoro dovrebbe rappresentare.
Se poi dal quadro generale spostiamo l’attenzione al settore agricolo, questi elementi distorsivi assumono un carattere ancor più complesso, che proveremo a raccontare.
Gli ultimi dati ISTAT disponibili rilevano che nel 2020 il valore dell’economia non osservata – cioè quel complesso di attività produttive che per motivi diversi sfuggono all’osservazione e nel quale spesso rientrano attività illegali - si è ridotto a 174,6 miliardi di euro[1], per effetto della pandemia, e che i lavoratori irregolari sono scesi a 2 milioni 926 mila: una contrazione congiunturale, dunque, che non offusca un dato che resta allarmante. Basti pensare che, a livello nazionale, nel settore primario il valore aggiunto sommerso, generato solo dalla componente di lavoro irregolare, rappresenta il 16,9% del totale del valore aggiunto prodotto dal comparto agricolo[2]. Questi brevi cenni dimostrano quanto il lavoro sommerso, soggetto a caporalato e sfruttamento, generi una vera e propria economia parallela, che prospera sfruttando i lavoratori - fino a renderli in alcuni casi veri e propri schiavi - e danneggia le imprese che operano invece nel rispetto di leggi e contratti.
Nel nostro Paese uno degli elementi fondamentali attraverso cui passa la lotta al lavoro povero in agricoltura, nell’ottica di un complessivo miglioramento del sistema di produzione agricolo, è l’applicazione concreta della Legge 199 del 2016, una legge di civiltà unica nel suo genere in Europa, che in sette anni ha dato i suoi frutti grazie all’attività di controllo svolta dalle Forze dell’Ordine e dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Ma la sola azione repressiva non basta, occorre attuare l’altra parte prevista dalla norma per ottenere un concreto miglioramento ed una azione di contrasto complessiva a sfruttamento e caporalato. Nella sua parte preventiva, infatti, la Legge prevede una serie di azioni volte a contrastare a monte questi fenomeni, attraverso una vasta azione di implementazione e rafforzamento delle Sezioni territoriali della Rete del Lavoro Agricolo di Qualità̀, mediante le quali da un lato è possibile fornire incontro tra domanda ed offerta di lavoro, trasporti ed alloggi ai lavoratori - spezzando quella catena di comando che fa del caporale l’unico elemento di riferimento nella ricerca di un’occupazione in agricoltura - dall’altro determinare un miglioramento delle condizioni salariali grazie all’applicazione dei contratti nazionali e provinciali[3].
A questa riflessione vorremmo aggiungere un altro tassello, strategico per il nostro futuro e per uno sviluppo in ottica green.
Ogni evento climatico estremo porta come risultato drammaticamente ineludibile l’urgenza di attuare una politica di programmazione volta a preservare e tutelare il territorio in chiave sistemica, recuperando quel sentimento di bene comune che è andato via via scolorendosi nel corso dei decenni e che ha causato il progressivo disinteresse verso la tutela dei boschi, dei fiumi, degli alberi.
Per questo crediamo sia fondamentale rafforzare la presenza e valorizzare il ruolo degli operai forestali, troppo spesso vituperati, che rappresentano, al contrario, un’importante e costante presidio per la manutenzione del territorio e la salvaguardia del patrimonio boschivo. Così come centrale è il ruolo dei lavoratori dei Consorzi di bonifica e miglioramento fondiario, per le conoscenze e competenze specifiche che essi esprimono e per il potenziale che queste strutture possono dispiegare verso una transizione energetica ecosostenibile. In questo senso, il lavoro agricolo potrebbe davvero essere volano per una concreta trasformazione del modo di produzione non solo di cibo, ma anche di economia ed energia sostenibili.
[1] ISTAT, L’economia non osservata nei conti nazionali, anni 2017-2020.[2] Ivi.[3] Rete del Lavoro Agricolo di Qualità. Introdotta dalla Legge n.116 del 11 agosto 2014 e successivamente modificata dalla Legge n. 199 del 29 ottobre 2016 al fine di estendere l’ambito dei soggetti che possono aderire alla rete, nonché estendere l’ambito delle funzioni svolte dalla cabina di Regia della rete stessa, nasce come strumento di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso, irregolare e del caporalato.
[1] ISTAT, L’economia non osservata nei conti nazionali, anni 2017-2020.
[1] Ivi.
[1] Rete del Lavoro Agricolo di Qualità. Introdotta dalla Legge n.116 del 11 agosto 2014 e successivamente modificata dalla Legge n. 199 del 29 ottobre 2016 al fine di estendere l’ambito dei soggetti che possono aderire alla rete, nonché estendere l’ambito delle funzioni svolte dalla cabina di Regia della rete stessa, nasce come strumento di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso, irregolare e del caporalato.