Il terzo paesaggio

di Patrizia Lessi
 

Shabby chic, Industrial style, Eclectic style sono alcuni dei modi in cui l’interior design degli ultimi anni ha definito la scelta di modellare l’interno di una casa su suggestioni e richiami del passato. Se con shabby si intende tutto ciò che richiama l’oggetto invecchiato, ma di pregio, quel trasandato chic fatto di mobili recuperati nei mercatini, o suppellettili lavorate per evocare il passaggio del tempo su legno o tessuto, industrial è l’ottica di recuperare materiale vintage, spesso proveniente da vecchie fabbriche, da inserire nelle proprie case, in pochi pezzi essenziali o mescolato a richiami provenienti da altre culture o storie. Industrial è anche il modo in cui si definì negli anni ’50 del secolo scorso la tendenza a recuperare spazi industriali abbandonati per farne abitazioni, musei, uffici. Da una parte abbiamo così inserito elementi del passato nella quotidianità del nostro presente, dall’altra abbiamo ridato vita a luoghi silenti iniettandovi i contenuti della nostra contemporaneità. Ma ci sono altri modi in cui l’attitudine all’esplorazione del passato attraverso i suoi spazi nascosti ha trovato nuova linfa. È il caso dell’ Urban Exploration, Urbex per coloro che la praticano. Iniziata come esplorazione di luoghi abbandonati, ville, palazzi un tempo vissuti e ora abitati da polvere e silenzio, l’esplorazione urbana ha poi esteso il campo d’indagine allungando lo sguardo su vecchi ospedali, scuole, officine. La fotografia recupera l’identità degli albori, quell’intento esplorativo che se due secoli fa focalizzava l’obiettivo su terre e culture lontane nello spazio oggi si avventura nella zone sfumate di luoghi del nostro mondo, ma allontanati da solitudine e tempo così da farci approcciare ad essi come a terre straniere. Basta digitare l’ashtag #urbex su Instagram per scoprire l’enorme quantità di foto che documentano un intento trasversale comune a fotografi di ogni parte del mondo. Da occidente a oriente spuntano gli scatti di terme, conventi, manicomi, castelli abbandonati. Quei corridoi, quelle stanze arredate da tavoli rotti o macerie, soffitti di cui si intuiscono fastosi dipinti o cassetti semiaperti ora nido per piccoli animali, non rappresentano delle radici. Le fotografie di Urbex non sono un’archeologia del passato, non ci parlano di come eravamo. Ogni inquadratura reca con sé fascino e mistero, narra la meraviglia di muoversi nella penombra di rovine ancora troppo recenti per essere definite antiche, ma abbastanza lontane per essere considerate contemporanee. Un’occhiata al progetto www.ascosilasciti.com consente di farsi un’idea su ciò che viene chiamato il terzo paesaggio, la testimonianza ibrida del nostro esserci in natura. 
A descrivere l’atteggiamento di chi aggiunge questa dimensione allo spazio di esplorazione sono gli stessi curatori di Ascosi lasciti nella loro homepage: 

Ci piace chiamarlo “la crisalide oculare”.  È quel momento in cui l’occhio del visitatore, ignaro, muta radicalmente e permanentemente forma. E’ l’incredibile processo con cui cambia tutto il nostro modo di vedere il mondo. Stupore, adrenalina, malinconia, esaltazione sono solo alcune delle emozioni che pervadono gli animi di coloro che, consapevoli dei rischi, varcano le soglie di luoghi vissuti , pregni di storie, amori, sogni, sofferenze. 

Condizione ineludibile per intraprendere il percorso è l’etica del viaggiatore: il totale rispetto dell’integrità dei luoghi esplorati. Take nothing but photos and leave nothing but footprints – Porta via soltanto foto, lascia solo le tue impronteè la regola d’oro seguita da ogni urbeter a salvaguardia di un patrimonio che limitandosi all’Italia conta migliaia di strutture abbandonate (una indagine del Sole 24ore del 2019 ne segnala oltre settecentomila) per le quali manca una legge specificamente volta alla tutela o riqualifica. Così sono spesso gli esploratori e i fotografi di Urbex a disegnare mappe alternative a quelle consuete con attenzione e rispetto per quanto scoperto. 

Mondi quasi alle porte di casa solo pensando a cosa è possibile trovare in Toscana. Dal Castello di Sassoforte nel grossetano all’ex manicomio di Ville Sbertoli o al più noto ex ospedale psichiatrico di Volterra, fino a Villa Mirabella sulle colline livornesi. Ma si possono esplorare interi insediamenti abbandonati come il borgo medievale di Castelvecchio, vicino San Gimignano. 

Chi percorre i sentieri del terzo paesaggio ha il privilegio di vivere in prima persona quanto immaginato spesso  in qualche romanzo o nei saggi storici sulle origini di una comunità.  Nel silenzio interrotto dai suoi stessi passi il visitatore dirime le luci e le ombre di architetture dimenticate eppure presenti.  Un approccio che si fa ascolto, visione in grado di restituire qualcosa di inedito e a suo modo magico. L’immagine capace di farci intuire, per dirla  con le parole di Alfred Stieglitz, una realtà  così  sottile da diventare più reale della realtà.