Donne e Istituzioni. Gocce di fiducia
di Sabrina Lallitto
Nella storia delle istituzioni le donne sono state spesso rappresentate come figure marginali o semplici spettatrici di un mondo dominato dagli uomini. Tuttavia la realtà è molto diversa. Nel corso del tempo, le donne hanno lavorato instancabilmente per guadagnare un posto al tavolo delle scelte, influenzando politiche, decisioni e cambiamenti sociali in modo significativo.
Donne come Tina Anselmi, Nilde Iotti, Lina Merlin continuano ad essere, fuori dagli schemi dei partiti, donne che hanno profondamente segnato le istituzioni e la vita sociale dell’intero Paese.
Nel 1977, Tina Anselmi fu tra i primi firmatari della legge italiana che apriva alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro, nell'ottica di abolire le discriminazioni di genere fra uomo e donna, fu sempre lei che diede impulso alla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale e fu firmataria, nel 1978, della legge per l’interruzione volontaria di gravidanza; a Nilde Iotti dobbiamo l’introduzione del divorzio nell'ordinamento giuridico e a Lina Merlin, prima donna ad essere eletta al Senato della Repubblica, si deve la nota Legge che porta il suo nome sulla chiusura delle case di tolleranza.
Leggi che hanno cambiato i lineamenti di un Paese che cresceva ad una velocità frenetica e il corso della vita sociale.
Donne che ricoprono importanti incarichi politici e istituzionali ne vediamo ogni giorno, dall’Europa al nostro Paese; eppure, si deve ancora “garantire” la loro presenza con le quote rosa. E dunque, se da un lato leggiamo di esempi di donne delle istituzioni potenti e incisive, dall’altra, ci scontriamo con una cultura che ancora fa fatica a garantire alle donne fiducia e pari rappresentanza.
Senza voler fare della retorica è, però, inevitabile sottolineare che una delle sfide principali che le donne affrontano scegliendo le istituzioni è il bilanciamento tra lavoro e vita personale. La pressione per eccellere sul fronte professionale, combinata con le responsabilità familiari e domestiche, può essere schiacciante sino a divenire, troppo spesso, un deterrente.
Io sono sindaca e amministro da diverso tempo un comune molisano, piccolo, che conta meno di 2mila persone; sono la prima donna sindaca del mio Comune che pur essendo stato sempre un centro di fervida attività politica e vivacità culturale, ha faticato a dare fiducia ad una donna. Prima donna sindaca della mia comunità in un Paese guidato dalla prima donna capo di governo della storia d’Italia e, in prospettiva, in una Europa che ha come presidente della Commissione una donna, Ursula Von Der Leyen, la prima donna a ricoprire tale incarico.
Insomma, dovrebbe essere l’apoteosi del riscatto femminile, la “linea rosa”, il meridiano zero, della politica; eppure, ciò che manca sono proprio le donne nei “luoghi” della politica, nello specifico dove si fa la politica vera, quella pragmatica: negli enti locali territoriali.
Le percentuali sono bassissime e questa assenza si paga anche nello sviluppo sociale e culturale. Poche sindache, pochissime consigliere comunali (specie nei piccoli comuni) e regionali, significano tavoli di confronto difficili in cui le stesse signore della politica devono dimostrare costantemente di “meritare” la poltrona su cui sono sedute.
Ambienti maschili in cui le donne ricoprono quasi sempre incarichi che hanno a che fare con i servizi sociali e le pari opportunità. Un cliché visto e rivisto, come quello della Vicesindaca accanto ad un Sindaco, a rimarcare il “secondo posto”.
Fortunatamente, in un Paese che si apre all’Europa, abbiamo esempi che ci fanno sperare per il futuro, per quello delle nostre figlie e di tutte le donne che, con coraggio, seguono l’ambizione di volersi prendere cura degli altri occupandosi di ciò che dovrebbe essere il più nobile degli interessi: la politica.
La mia esperienza è una tra tante; sindaca in un territorio del Sud che soffre lo spopolamento, la denatalità, la carenza di infrastrutture; poche colleghe e tanto lavoro.
Essere a disposizione delle comunità è diventato difficile: sempre meno personale e sempre meno risorse economiche richiedono agli amministratori a sforzi fisici e mentali, nonché ad una propensione al sacrificio – soprattutto quello degli affetti -, davvero oltre il limite. Tutto questo, naturalmente, lo vivono anche gli uomini, ma alle donne è richiesto un plus, un quid che continui a “giustificare” la fiducia concessa.
Amministrare per le donne non è ancora equo, così come non è facile fare carriera, se così non fosse, da tempo avremmo messo da parte materie come le pari opportunità, la tutela della parità di genere e soprattutto le richieste di servizi che consentono alle donne madri di potersi realizzare anche professionalmente.
Tuttavia c'è speranza nel cambiamento.
In tutto il mondo le donne stanno facendo sentire la propria voce e guidano il cambiamento in sempre più settori eterogenei. Aumentano i servizi in favore delle donne lavoratrici e, nei nuovi contratti di lavoro, si valorizzano organizzazioni del tempo in grado di distribuire le responsabilità dei figli su entrambi i genitori.
Da Sindaca impegnata, preservo la motivazione personale con la convinzione che, anche se con grande fatica, le donne e le istituzioni stanno scrivendo insieme una nuova storia di progresso e cambiamento.
Una storia che richiede impegno, determinazione e solidarietà – e dunque anche un cambiamento culturale -, ma che promette di portare a una società – e a un mondo - in cui ogni donna possa realizzare il suo pieno potenziale e contribuire al bene comune.
Gocce di fiducia che possono aprire ad un oceano di possibilità per le donne… e, forse, a far traboccare il vaso.