Fomà Fomic
Quando la Memoria e la Cultura si dissociano dalla Realtà
di Elio Vernucci
“Le parole sono importanti ma ribadire la centralità non è sufficiente se le parole vengono staccate dall’azione. Parole, società e realtà non possono essere disunite” Vera Gheno, di cui sono fedele lettore. Questa frase mi ha fatto trovare una delle possibili strade che portano a un termine difficile che mi ha sempre affascinato: l’enantiosemia. Fantasma che si para in maniera orribile davanti a una parola, per cui essa viene ad assumere un significato opposto al primitivo. Per esempio, rimanendo in campo gastronomico “Ho spolverato i mobili” cioè ho tolto la polvere “Ho spolverato la torta con zucchero a velo” cioè ho aggiunto polvere (di zucchero ma sempre di polvere si tratta). Penso allora che se la parola perde il suo contatto con le due realtà di cui parla la Gheno con più facilità può imboccare la strada paludosa che la porta senza potersene nemmeno accorgere davanti al fantasma orribile dell’enantiosemia. Faccio queste considerazioni dopo l’ultima lettura della Gheno su Nautilus, perché mi sto domandando se le parole Memoria e Cultura si stiano disunendo dalla società e dalla realtà di Piombino e stiano camminando senza compagnia.
Se ne parla molto (Polo Culturale, Memoria delle Acciaierie, del Metropolitan) e, come penso spesso succede se la parola è ripetuta continuamente (senza le altre due della Gheno) questa diventa sfocata. Che è poi il primo passo verso il suo sfarinamento e il suo svuotarsi, pronta ad accogliere, magari dopo anni, il suo significato opposto.
Voglio raccontare un episodio, un fatto concreto che forse può farmi capire meglio. Una ventina di anni fa leggendo Candido di Sciascia trovai un riferimento a Fomà Fomìc (Tommaso di Tommaso) un personaggio tra i protagonisti del romanzo di Dostojevskij “Il Villaggio si Stepàncikovo”.
Di quel personaggio Candido-Sciascia si serviva per rappresentare il simbolo dello stalinismo e prefigurare (il romanzo è del 1859) il funzionario del PCI inconcludente, prepotente e ipocrita. E del romanzo russo non si diceva altro però. Incuriosito lo cercai nelle varie librerie senza esiti. Lo trovai e lo presi in prestito nella biblioteca Falesiana di Piombino. Non so se lo avete letto. E’ un romanzo quasi “gogoliano”, ironico, paradossale lontano dai Fratelli Karamazov o dall’Idiota. E questo lo rende ancora più interessante. Qualche mese fa per questioni private mi sono imbattuto in un personaggio-funzionario (non del PCI ovviamente) inconcludente prepotente ipocrita. Mi son visto davanti Fomà Fomic e mi è venuta la voglia di rileggere le pagine del sommo scrittore russo. Forte della precedente esperienza ho “baipassato” le librerie e sono andato direttamente alla biblioteca Falesiana senza ulteriori giri. Ho chiesto il libro in prestito, mi è stato risposto che non esisteva. Ho ribattuto che io lo avevo preso in prestito qualche anno prima (sudando freddo all’ormai tardivo pensiero di non averlo riportato) e che ricordavo anche la copertina e la grandezza del libro (senza considerare che tutto questo poteva essere usato contro di me).
E’ stata fatta una ricerca. Il libro esiste, è in dotazione ancora alla biblioteca (mio sospiro di sollievo) ma al momento del trasloco (avvenuto pochi anni fa per inagibilità della vecchia biblioteca che usufruiva dei locali dell’ex liceo) non potendo trasportare e trasferire tutti i libri perché i nuovi locali erano insufficienti e non adeguati alla bisogna, alcuni erano stati ben inscatolati e lasciati nei magazzini.
La realtà superava il romanzo. Il Fomà Politico aveva fatto una scelta di luogo, contestabilissima a quanto pare. Il Fomà Funzionario aveva fatto una scelta di Autori, non so quale e qualunque sia stata ho il pregiudizio di non poterla condividere, avendo sotto gli occhi i titoli dei libri ora a disposizione dei possibili lettori. Una delle risposte data dagli incolpevoli custodi è che forse Fomà di Dostojevskij non era molto richiesto. Taccio. Penso che siamo al nodo del chiasma, al punto in cui la forbice si divarica.
Per ritornare alla Gheno, la mia Parola (flebile, di poca risonanza) e quella più autorevole, forte, di Personalità e Gruppi che si stanno battendo perché la Memoria, la Cultura rimangano radicate a Piombino, si sta avviando a camminare da sola, non supportata –brutta parola- dalla realtà, dai vari Fomà.
E la realtà diventa tragicomica: mentre invio queste righe vengo a sapere che l’Università La Bicocca di Milano mette in quarantena le quattro lezioni di Nori proprio su Dostojievskij.