Parchi, un cammino di lungo respiro
di Monica Pierulivo
“La foresta è in tutte le mitologie un luogo sacro, come le querce tra i druidi e il boschetto di Egeria; e anche nella vita più quotidiana e familiare si parla con rispetto di foreste celebri, come quella di Sherwood. Se Robin Hood non avesse avuto Sherwood come rifugio, sarebbe difficile investire la sua storia di tutto il fascino che possiede. È sempre la parte della storia che non viene narrata, le gesta compiute e la vita vissuta nell’inesplorata segretezza del bosco, che ci incanta e ci fa tornare bambini”.
Henry David Thoreau, Ascoltare gli alberi, Diario, 23 dicembre 1841
L’Italia è un Paese molto ricco, non solo di arte e cultura, ma anche di natura e risorse ambientali estremamente eterogenee e diversificate, definite come “capitale naturale”. Una ricchezza essenziale per garantire la vita, la salute e il benessere dell’umanità, attraverso la produzione di ossigeno e acqua potabile, la disponibilità di materie prime naturali, la diminuzione degli inquinanti nell’aria, nelle acque e nei suoli, la prevenzione dalle alluvioni, di medicinali necessari alla ricerca biomedica e molto altro.
La rottura degli equilibri in questo settore può causare danni gravi, come la crisi pandemica che stiamo vivendo che ha reso più chiara l’urgenza di un radicale cambiamento culturale e sistemico, a favore di una società e di un sistema economico imperniati sull’importanza centrale della natura per il futuro di tutta l’umanità (One Planet – One Health, 2019).
Il 4° Rapporto sullo Stato del capitale naturale in Italia (2021), realizzato dal Comitato per il capitale naturale, parla proprio di questo. Con il 2021 si aprono i dieci anni fondamentali per avviare concretamente il nostro mondo sulla strada della sostenibilità, in linea con gli impegni derivanti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, dal Green Deal europeo e dalle nuove Strategie Europee per la Biodiversità e Farm to Fork.
Una parte significativa del capitale naturale italiano, il 10,5% del territorio, è riservato alle 871 aree naturali protette del nostro Paese, di cui 24 parchi nazionali, 134 parchi regionali, 147 riserve statali, 536 riserve e altre aree protette regionali, 27 aree e riserve marine, 3 altre aree naturali protette statali per un totale di 3.163.000 ettari di superficie protetta a terra e quasi altrettanti ettari a mare, secondo il 6°aggiornamento approvato il 27 aprile 2010.
Questo risultato si deve principalmente alla “Legge Quadro sulle aree naturali protette”, (n. 394 del 6 dicembre 1991) considerata una delle migliori leggi di carattere ambientale del nostro Paese.
È opinione diffusa ritenere che i parchi naturali siano nati per “salvare la natura”. Questo è in parte vero, perché le aree protette italiane sono enormi serbatoi di biodiversità, ospitando 5.600 specie vegetali, cioè il 50% di quelle europee, e 57.000 specie animali ma sono anche un fattore importante di promozione dello sviluppo locale, realtà dinamiche in grado di produrre ricchezza nel Paese, permettendo all’agricoltura e al turismo di generare rispettivamente il 6,5% e il 5,9% del valore aggiunto nazionale.
Nei soli parchi nazionali il settore primario è responsabile della produzione di 150 prodotti DOP, IGP, DOC, DOCG e 180 prodotti alimentari censiti da Slow Food che devono alla biodiversità di interesse agricolo presente nei parchi la loro varietà unica ((La ricerca scientifica fa bene ai Parchi).
Ma da politiche di stampo conservazionistico, come era quelle di fine ‘800 e del primo ‘900, si è passati sempre più ad un concetto di parco come strumento di tutela, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale dei territori, dunque come strumento per lo sviluppo locale e regionale nell’ottica della sostenibilità. I parchi, quindi, in virtù della biodiversità che sarebbero predisposti a tutelare e dell’integrazione delle risorse presenti al loro interno, sono potenziali acceleratori del benessere dei territori, oltre a essere custodi della salute dell’uomo. Inoltre le aree protette non sono realtà a sé stanti, ma sono inevitabilmente connesse agli spazi che abitiamo.
Parlando di questi temi quindi, il n. 5 di Nautilus propone articoli di vario genere, che incrociano il tema ambientale con quello più propriamente culturale, sociale ed economico, intrecciando il locale con il globale, parlando della nascita e del declino di progetti legati ai territori, della storia dei Parchi nazionali e regionali nel nostro Paese, dell’impatto del turismo di massa sui centri storici e sulle aree naturalistiche, della nostra scuola.
Abbiamo dunque raccolto articoli che spaziano dai parchi propriamente intesi a forme più specifiche di aree protette, regionali e/o tematiche.
L’auspicio è che la conoscenza di questo nostro grande patrimonio, delle sue enormi potenzialità, insieme alle azioni che dovranno essere intraprese per limitare i danni causati fino a oggi in campo ambientale, portino a una sempre maggiore attenzione, anche in termini di risorse finanziarie, nei confronti di un settore strategico per la conservazione della natura e la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, della sua bellezza, della sua complessità, con un sguardo rivolto al futuro.