La Woodstock generation ovvero la fine del sogno

di Marco Masoni

The dream is over / What can I say? / The dream is over / Yesterday / I was the dreamweaver / But now i'm reborn / I was the walrus / But now I'm John / And so dear friends / You'll just have to carry on / The dream is over

Il sogno è finito / Che posso dire? / Il sogno è finito / Ieri / Ero il tessitore di sogni / Ma ora sono rinato / Ero il tricheco / Ma ora sono John / E quindi cari amici / Bisogna solo andare avanti / Il sogno è finito

Parole amare, crude, sincere, quelle che John Lennon canta nell'ultima strofa della straordinaria God, contenuta nel suo primo album solista, il disco capolavoro Plastic Ono Band, uscito nel dicembre 1970. Per John era finito pochi mesi prima il sogno dei Beatles, certamente (nel testo cita infatti Yesterday e I Am The Walrus, due capolavori stilisticamente opposti della band). Ma John, come ha sempre fatto, parla prima di tutto a se stesso, dicendosi rinato; però sul finale si rivolge a tutta la sua generazione, a tutti i suoi ascoltatori, a tutti i giovani del mondo: dobbiamo andare oltre, il sogno è finito. Ma di quale sogno sta parlando? E se il sogno è finito, com'è stato il risveglio?

Gli anni '60 sono chiamati da molti l'epoca delle utopie, ma a ben vedere lo sono stati solo gli ultimi tre o quattro anni della decade. I sixties furono in qualche modo preparati da un incredibile benessere economico arrivato in occidente dopo la fine della Seconda guerra mondiale, che portò sia al consumismo che al baby boom, e soprattutto dall'invenzione dei giovani come categoria a se stante, cosa nuova e inaudita: all'epoca si passava direttamente dalla gioventù in pantaloni corti al mondo del lavoro quindi all'adulthood. Invece tra il 1958 e il 1964 arrivano (soprattutto) Elvis e i Beatles, e il mercato (la TV, i negozi di dischi, i supermercati, i negozi di oggettistica ecc.) fu inondato da merce nuova, rivolta a un pubblico specifico fatto di ragazzi (principalmente ragazze, diciamolo) che sconvolse le abitudini borghesi di tutti, ma proprio di tutti. Il tessuto sociale dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti fu letteralmente travolto da questi giovani urlatori e dai loro moltissimi epigoni, che insieme alle canzoni portavano anche dei messaggi.
 
Ecco, il messaggio. Quello dei portavoce musicali, primo tra tutti Bob Dylan, era davvero dirompente: era quello idealistico dell'amore (sia quello ideale che quello sessuale), della pace contro la guerra, dei maggiori diritti per le minoranze, siano esse fatte da donne, neri o omosessuali. Tutto ciò si inseriva nel filone molto fertile ma fino ad allora veramente di nicchia della Beat Generation, nata alla fine dei ’50 per voce e penna di autori quali Ginsberg, Borroughs, Leary, Ferlinghetti. L'unione di queste influenze forma velocemente il “Movement” americano, diffuso soprattutto tra gli studenti dei Colleges e dei Campus (i giovani, appunto). La musica è un veicolo potentissimo e velocissimo di ideali, per cui non solo si comprano i dischi ma si organizzano riunioni, manifestazioni, proteste e poi concerti e festival di più giorni. Le droghe psichedeliche con cui si tentava l'allargamento e lo stravolgimento sia delle percezioni che della coscienza personale e collettiva, quelle 'rilassanti' tipo marijuana e hashish con cui si tentava di restare in pace con se stessi e con l'universo circostante furono un fenomeno giovanile di massa strettamente collegato al disperato tentativo e bisogno di cambiamento, di rivoluzione.
Tutte queste cose mescolate insieme spinsero milioni, letteralmente milioni di ragazzi tra Europa e Stati Uniti a provarci, a partecipare a quanti più eventi possibili (anche le feste private erano diventate alternative) in cui si voleva e si doveva manifestare la propria volontà di radicale e utopistico cambiamento dello status quo. “You say you want a revolution / Well, you know, we all want to change the world” come cantava sempre Lennon, stavolta in modo disiluso, alla fine del 1968, l'anno dell'inizio della fine.
Il “Movimento”, semplificando al massimo, attraversò tre fasi: 1) l’astrattismo utopistico del “Peace and love” e della non-violenza; 2) la presa d'atto di quanto gli sforzi della rivoluzione pacifica siano vani, a causa della marmorea sordità dell’establishment, ovvero la borghesia, il capitale e gli apparati dello Stato; 3) la scelta della violenza da parte di alcune frange per risolvere lo stallo, con effetti nefasti; in USA cominciano le Black Panthers, in Italia dilaga il terrorismo. I pacifisti abbandonano l'utopia per tutti e si rifugiano nel privato, fondando comuni dove praticare l'amore libero, il ritorno alla natura e il distacco dalle convenzioni della società (per tutti diventano i fricchettoni).

Il 1966 fu l'anno della diffusione di massa dell'utopia, del passaparola forsennato e gioioso.
Il 1967 fu l'apice della psichedelia - musicalmente parlando - e della diffusione dell'LSD, ancora legale in Usa e in Inghilterra; nello stesso anno nacquero i grandi festival, quello di Monterey su tutti.
Nel 1968 la musica cerca nuove forme espressive (il prog, l'hard rock) o ritorna alla massima semplicità (il folk) ma la protesta popolare comincia a radicalizzarsi, a Parigi e in Italia (Roma e Pisa su tutti) gli studenti hanno violenti scontri con la polizia; i Beatles stanno diverse settimane in India per tentare di ritrovare un equilibrio, che trovò solo George Harrison; gli uomini della speranza Martin Luther King e Robert Kennedy vengono uccisi.
Nel 1969 gli scontri sono all'ordine del giorno, le proteste cominciano a allargarsi alle fabbriche, la musica giovane è ormai parte della cultura di tutti. Il 9 agosto la Family di Charles Manson, una comune di hippies deviati, uccide a Los Angeles cinque persone, tra cui l'attrice Sharon Tate. Si organizza per il 15, 16 e 17 agosto un grande festival a Woodstock, nello stato di New York, vicinissimo a casa di Bob Dylan (che non partecipò). Sul grande terreno della fattoria del signor Max Yasburg si radunò poco meno di mezzo milione di persone, bloccarono per giorni il traffico e la vita della tranquilla cittadina di Bethel per provare a vivere collettivamente un sogno. Si ritrovarono ad ascoltare musica buona e meno buona di più di trenta artisti, tra cui The Who, Jimi Hendrix, Crosby Stills Nash & Young, Santana, Joan Baez, Grateful Dead, Janis Joplin. C'è chi dice – ognuno decida quanto fantasiosamente - che le autorità statunitensi sperimentarono l'effetto delle droghe psichedeliche sulle masse spargendo una vera e propria pioggia di LSD lanciato dagli aerei che sorvolavano la zona. La gente visse pacificamente quei giorni, ma fu letteralmente l'ultima volta. Gli anni '60, con il loro colorato carico di speranze di cambiamento finiscono qui, in tutti i sensi.
 
Il 6 dicembre i Rolling Stones provarono a organizzare ad Altamont la “Woodstock della west coast”, con altri artisti importanti. Ma fu un disastro. Scontri nel pubblico, artisti malmenati, il servizio d'ordine affidato ai violenti Hell's Angels che uccisero un ragazzo di colore. Woodstock fu la fine del sogno, Altamont la pietra tombale sugli anni '60. Poi gli scioperi, le stragi di stato, il terrorismo, il riflusso, il grigiore.
 
We just have to carry on: the dream is over.