Che viaggio strano, quando tornerò poi lo rifarò.[1] 

Su Come cambiare la tua mente di Michael Pollan, Adelphi, 2019 

di Patrizia Lessi 

 
Che il concetto di trip nel nostro paese sia ancora saldamente ancorato agli effetti negativi dell’assunzione di sostanze allucinogene lo si evince dalla traduzione in italiano di How To Change Your Mind, titolo del bestseller internazionale di Michael Pollan pubblicato nel 2018 da Penguin Books Ltd, tradotto in svariate lingue e divenuto nel 2022 una delle docuserie di Netflix più apprezzate dal pubblico.  Va da sé che tradurre letteralmente quel titolo in Come cambiare la tua mente non sia sbagliato, ci guardiamo bene dal bacchettare l’ottima traduzione di Isabella C. Blum per Adelphi, tuttavia How to change your mind nel parlare comune significa più frequentemente e semplicemente Come cambiare idea, concetto che meglio identifica il senso del lungo percorso di ricostruzione fatto da Pollan a proposito della ricerca scientifica sugli psichedelici in relazione alle idee collettive di “coscienza, morte, dipendenza, depressione e trascendenza”[1]. Questo testo è ben lungi dall’essere un manuale di self-help in cui trovare teorie su come l’assunzione di allucinogeni possa aiutare nella crescita personale o nel superamento di traumi e patologie, né è un manifesto a difesa dell’uso di droghe. Pollan insegna nella School of Journalism dell’Università di Berkeley e lo scetticismo è la lente principale con cui mette a fuoco qualsiasi cosa indaghi, compresa la sperimentazione scientifica sugli psichedelici e la sua sorprendente storia iniziata ufficialmente, limitandosi alla parte occidentale del mondo, nel 1938, quando Albert Hofmann, ricercatore per la casa farmaceutica Sandoz in cerca di un farmaco per lo stimolo della circolazione, sintetizzò la dietilamide dell’acido lisergico, a tutti nota come LSD. Ingerendone alcuni anni dopo una piccola quantità Hoffmann si rese conto di aver creato qualcosa con effetti che andavano decisamente oltre l’aiuto alla circolazione sanguigna. Curiosa anche la scoperta della psilocibina, usata da secoli nelle culture del Sud America nei riti sciamanici, ma totalmente sconosciuta al nostro mondo fino alla metà del secolo scorso quando il banchiere R. Gordon Wasson con l’hobby della micologia, durante una gita in Messico, decise di assaggiare dei funghi del luogo talmente strani da generare due anni dopo un accurato articolo scientifico sulla prestigiosa rivista Life incentrato sulle visioni benefiche indotte dalla loro assunzione.
 
La storia della diffusione di queste sostanze in Occidente ha omesso, almeno fino all’indagine di Pollan, il ruolo centrale che lo studio sugli psichedelici ha avuto nel decennio fra gli anni ’50 e ’60 a proposito delle ricerche sul cervello e sulla possibilità che essi potessero essero utilizzati nei percorsi di psicoterapia e cura di disturbi come la depressione e l’ansia o dipendenze quali l’alcolismo. A interrompere, almeno ufficialmente, le ricerche in questa direzione, fu la diffusione su larga scala della conoscenza degli effetti degli psichedelici nelle giovani generazioni in rivolta di quegli anni. Con l’ascesa in America della controcultura da opporre a quella tradizionale si determinò l’affermazione di un rito di passaggio tutto nuovo, provocatorio e dirompente: il trip da acido i cui effetti sono ben descritti da Pollan:
 
“Invece di incorporare il giovane nel mondo adulto, come i riti di passaggio [in molte culture] hanno sempre fatto, questo [trip] li faceva sbarcare in un territorio della mente della cui esistenza pochi adulti avevano la benché minima idea.”[2]


Qui sta il nucleo attorno a cui gira l’analisi di How To Change Your Mind: se nelle culture in cui sono stati usati per secoli gli psichedelici hanno costituito lo strumento in grado di sancire da una parte la continuità dell’identità personale dall’età giovane a quella adulta, dall’altra la coesione fra vecchie e nuove generazioni in riti collettivi separati dalla quotidianità e dal bisogno di evasione del singolo individuo, nella storia dell’Europa e degli Stati Uniti degli anni ’60 e ’70 hanno invece coinciso con la rottura delle regole, la ribellione del nuovo mondo al vecchio, l’affermazione di sé attraverso la fuga dalle imposizioni borghesi e dall’omologazione sociale. Per questo motivo la potenzialità terapeutica sperimentata sotto controllo medico per il miglioramento della salute mentale è stata via via oscurata dalle conseguenze estremamente negative dell’uso indiscriminato di allucinogeni e affini fuori dalla sperimentazione scientifica, nelle case, università o comunità in cui si moltiplicarono i bad trips, i viaggi, talvolta senza ritorno, finiti in psicosi, esaurimenti, depressioni profonde. Abbiamo dovuto aspettare gli anni ’90 perché nuove generazioni di scienziati tornassero a sperimentare determinate sostanze su pazienti volontari per verificarne i benefici nei percorsi terapeutici di malati terminali prima, pazienti affetti da gravi patologie psichiche poi, fino all’idea che un uso seriamente monitorato di sostanze allucinogene possa rivelare aspetti della nostra coscienza e della percezione della realtà non ancora manifesti. Quest’ultimo aspetto (sperimentato personalmente da Pollan) non è mai presentato nel libro come un invito ad usare gli allucinogeni come se fossero innocui, né a considerarli come la nuova frontiera dei viaggi intra ed inter dimensionali degli esseri umani. Vengono piuttosto elencati i risultati delle attuali ricerche sulla terapia assistita in grado di aiutare a cambiare l’approccio emotivo alla dipendenza da alcool, droghe, gioco fino all’attenuazione del terrore esistenziale in malati oncologici o soggetti affetti da gravi recidive depressive. Pollan pone infine dei quesiti interessanti sulla possibilità che il trip da acido liberato dallo spauracchio moralista dei decenni precedenti il 2000 possa restituire all’individuo adulto la possibilità di vivere una condizione che sperimenta solo da bambino, l’essere cioè coscientemente in viaggio tutto il tempo, sempre a metà fra coscienza della realtà e continua meraviglia. Uno stato fisico e mentale che annullando completamente l’ego giudicante consenta di liberarsi dall’ossessione di se stesso per trovare nello stupore per il mondo il senso di un’autentica felicità. 

Una prospettiva allettante e interlocutoria al tempo stesso che merita di essere conosciuta e valutata senza pregiudizi ed ignoranza. 

 
 

[1] Da Acida, Prozac +, album AcidoAcida, EMI, 1998 

[2] How to Change Your Mind. What the New Science of Psychedelics Teaches Us About Consciousness, Dying, Addiction, Depression, and Transcendence. Michael Pollan, 2018, Penguin Books Ltd 

[3] Cit. Come cambiare la tua mente, Michael Pollan, 2019, Adelphi, pp. 15