Conoscere e attraversare i confini

Cosa c’è oltre il confine? Oltre il limite della “siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”? Oggi si parla molto di confini non solo geografici, politici, fisici ma anche immateriali, simbolici, culturali, sociali, generazionali. Si tratta di confini artificiali, che non esistono in natura.
Il confine può evocare suggestioni diverse: è qualcosa che delimita, chiude, impedisce ma al tempo stesso spinge l’immaginazione a scoprire nuovi mondi, nuovi immaginari. Non a caso la siepe di Leopardi porta il poeta a lasciare la dimensione della realtà per passare al piano dell’immaginazione, figurandosi “spazi sterminati, e silenzi non concepibili dalla mente umana, e una quiete profondissima”.
Le colonne d’Ercole erano un confine nel Medioevo, che, nella rielaborazione dantesca, portarono Ulisse a sfidare il limite estremo delle terre esplorabili per l'uomo e al contempo il confine della conoscenza umana che non poteva essere varcato dall'intelletto. Un viaggio “folle” perché tentava di esplorare l'oceano, l’inconoscibile,  visto come contrapposto alla terra perché s-confinato e s-misurato.

Ancora, il confine regola e dispone il rapporto tra dentro e fuori, tra inclusione ed esclusione e, così facendo interviene soprattutto a produrre, determinare e regolare soggettività, popolazioni, forme di vita secondo questi criteri.

Oggi si sente parlare di un mondo globalizzato, aperto, in cui vengono meno le divisioni rigide, non solo fisiche ma anche immateriali; la questione dell’identità di genere, tradizionalmente presentata come una delle più invalicabili, oggi è al centro di una lotta, anche giuridica, che consegna sempre più alle scelte individuali il profilo della propria individualità sessuale; la differenza tra ciò che è reale e ciò che è virtuale è spesso confusa dai continui progressi dell’intelligenza artificiale; la distinzione politica destra/sinistra, costruita sulla base delle divisioni di classe che dominavano lo scenario della società industriale, è considerata da molti sempre più incapace di corrispondere ai bisogni attuali della lotta politica.
Le nostre scelte su tutti questi temi, compresi i temi più dirimenti come la guerra e l’immigrazione, ci mettono di fronte alla necessità di un superamento dei confini, a una possibile rottura delle barriere.
Un attraversamento che deve basarsi sempre e comunque sulla consapevolezza del limite, sulla costruzione di un percorso culturale basato sul riconoscimento dell’alterità, della diversità. Riconoscere che stiamo oltrepassando una barriera mentre entriamo in uno spazio diverso è fondamentale per vincere le paure e gestire il passaggio verso qualcosa di non conosciuto.

Questa tendenza generale viene rispecchiata anche in tema di confini territoriali, che non corrispondono più solo a linee passive tracciate sul terreno e facilmente riconoscibili, ma hanno una forte componente culturale, che investe anche i luoghi, cosicché varie epoche e vari paesi hanno avuto ed hanno una propria cultura dei confini. Si potrebbe dire persino che il termine stesso «confine» è un termine intriso di una sua storicità, perché indica cose diverse in epoche diverse.

Per tutto questo, partendo dal bisogno ancestrale di conoscenza dell’uomo, la scommessa e la sfida più grande oggi è quella di riuscire a costruire spazi che dialoghino tra di loro, nel rispetto delle reciproche differenze, comunicanti e consapevoli, non troppo fluidi né troppo rigidi e inflessibili, dove la convivenza possa produrre progresso e ricchezza. Dall’incontro tra poli opposti può nascere un terzo elemento positivo, come teorizza Michelangelo Pistoletto nel suo Terzo Paradiso, ideale superamento del conflitto distruttivo in cui natura e artificio si ritrovano nell’attuale società.