Nautilus
NavigAzioni tra locale e globale
Nautilus è una rivista mensile che non parla solo di cultura ma è cultura: nella narrazione di ciò che accade, partendo dai territori locali per spingersi e confrontarsi con altri luoghi, fisici o immateriali, si propone di raccontare le vie che la cultura intraprende attraverso le molteplici vesti con le quali si manifesta, con lo scopo di offrire una visione multidimensionale dei processi e di proporre una mappa dei problemi e delle opportunità del patrimonio e delle attività culturali.
Di volta in volta, si viaggerà nel tempo e nello spazio, cercando di costruire ponti metaforici tra passato, presente e futuro, tra locale e globale, tra centro e periferia, tra competenze diverse, tra punti di vista plurali per offrire, in ciascun numero, non una fotografia dell’esistente bensì un’immagine in movimento di ciò che sta accadendo, che sia foriera di nuove prospettive.
Sommario
Dicembre 2024 n. 42
Editoriale
L’universalità della musica
Parlare di musica significa parlare della società, del suo rapporto con il pubblico e della sua evoluzione nella storia, di cultura, arte, memoria, gioco, comunicazione, relazione, emozione, linguaggi, scoperta, pensiero e molto altro.
Per i musicisti suonare può rappresentare una ragione di vita, “un nutrimento iper-dimensionato per l'anima, una tale spinta sufficiente a far trascorrere loro migliaia di ore della propria vita in solitudine, chiusi in una stanza in compagnia solo dello strumento” (B. Giovannetti).
Perché la musica rappresenta un’infinità di mondi da scoprire e da comprendere. Nella sua complessità, è racchiusa tra due dimensioni: quella delle regole della fisica, e dei precisi rapporti matematici sui quali è costruita, e al tempo stesso quella legata alla capacità di esprimere sentimenti e ideali con un'intensità che l'immagine e la parola raramente raggiungono. Lo stesso Pitagora sosteneva l’esistenza di una stretta correlazione tra la matematica e la musica, tanto da definirla come una serie armonica di frequenze, note e accordi calcolate in modo meticoloso per creare melodie emozionanti e ordinate.
Tutto questo ci spinge a riflettere anche sul significato politico e sui diversi significati che quest’arte ha avuto nella storia e che assume ancora oggi.
Il Museo internazionale e biblioteca della musica fa parte dei Musei Civici del Comune di Bologna. La sua finalità è quella di valorizzare, tutelare e far conoscere al grande pubblico le straordinarie collezioni di beni musicali che la città di Bologna possiede e che documentano oltre sei secoli di storia della musica occidentale (ma non solo…), proponendosi come luogo di conservazione e tutela, ma anche come centro di attività culturali in cui l’eredità del passato è un valore per costruire il presente e il futuro della vita musicale cittadina e dove la musica è scoperta, informazione, formazione e incontro.
- Quali sono le peculiarità di un museo della musica e del vostro in particolare?
I musei della musica in generale non sono moltissimi, soprattutto se paragonati - come numero - a quelli archeologici, alle pinacoteche o alle raccolte di arte contemporanea. Ce ne sono di famosi in Europa e nel mondo, basti pensare al Musée de la Musique di Parigi, al MIM di Bruxelles, al Museo degli Strumenti Musicali di Hamamatsu in Giappone o alla collezione di strumenti musicali del MET di New York.
Peculiarità di tutti i Musei della musica - incluso il nostro, ovviamente - è quella di conservare ed esporre un particolare tipo di oggetti: gli strumenti musicali.
Ma ciò che si tende a dimenticare è che uno strumento musicale inoltre non è l’equivalente di un quadro o di una scultura. Parafrasando la synthèse judicieuse di Claude Lévi-Strauss, possiamo affermare che mentre questi ultimi sono sia l’oggetto estetico “finale” dell’azione artistica che il suo obiettivo intrinseco, ciò che si può esporre nei musei come il nostro in realtà sono gli oggetti che materialmente “servono” per fare musica: in pratica l’equivalente di un museo dei pennelli per l’arte visiva o degli scalpelli per la scultura se vogliamo fare un esempio.
E dubito che qualcuno andrebbe mai a visitare un museo dei pennelli o degli scalpelli, anche se una delle nostre fortune è che solitamente gli strumenti musicali sono spesso dei capolavori di artigianato e quindi oggetti meravigliosi da ammirare.
Ma non dimentichiamoci che la musica è un’arte immateriale e performativa quindi esiste solo nel momento di una performance o - da poco più di un secolo - della registrazione di una performance. Ed essendo costituita da vibrazioni trasmesse attraverso l’aria, per sua natura fisica è essenzialmente un’arte impossibile da esporre dentro le vetrine. Spingendo il paradosso ancora oltre, ho sempre pensato che i “veri” musei della musica in senso specifico siano i teatri d’opera, gli oratori, le chiese, i jazz club, dove si attuano e si recuperano nuove e antiche pratiche del “fare musica”.
Per questo, i musei della musica in generale un costrutto culturale molto particolare, sicuramente affascinante ma anche molto complesso da trasmettere e da mediare.
E ciò è vero a maggior ragione per il Museo della musica di Bologna, la cui reale unicità sta nel fatto che quella degli strumenti musicali è solo una delle tipologie di collezione che conserviamo ed esponiamo.
E non è la più importante.
Infatti, visitando le nove sale in cui si snoda il percorso espositivo, vi ritroverete attorniati non solo da strumenti musicali, ma anche da oltre un centinaio di dipinti di musicisti e soprattutto da una selezione di circa 250 documenti documenti storici di enorme valore, tra spartiti e libri di musica a stampa e manoscritti, trattati, libretti d’opera, partiture e lettere autografe, che però costituiscono la “punta dell’iceberg” della nostra incredibile biblioteca musicale, che oggi conserva e rende disponibili alla fruizione più di 110.000 documenti.
E la nostra sfida quotidiana, quando un visitatore entra nel nostro museo - tra l'altro ospitato in uno splendido palazzo storico che meriterebbe una visita di per sé - è far capire il significato vero di questo museo, in cui “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
La vita è un musical
di Fabio Canessa
La vita è uno spettacolo che solo il musical può rappresentare adeguatamente. È sempre una festa l'irruzione della musica nella nostra esistenza, perché sublima la quotidianità. Sprigiona l'emozione di essere al mondo grazie alla potenza espressiva del ritmo e della melodia, alla carica travolgente della più astratta tra le arti, capace di muovere il corpo e la mente perché prima ha riempito l'anima. Non è soltanto il piacere di cantare e di ballare, ma l'unica possibilità di rispecchiare fedelmente la vita, con i suoni che, come i colori nella pittura, danno corpo alla nostra interiorità e al contesto che ci circonda (all'io e al non io, dicevano i filosofi idealisti).
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Musica elettronica: dalle origini all’AI
Prima che Thomas Edison inventasse il fonografo, antenato del giradischi, la musica poteva esser fruita unicamente nel tempo e nello spazio nei quali veniva eseguita. In principio fu il grammofono, poi la radio, la TV, i vari lettori e relativi supporti, infine, con l’avvento del web, il suono da fisico è divenuto liquido, una sequenza binaria di 0 e 1. Oggi la musica è ovunque. Possiamo attingere a sterminati archivi digitali e riprodurre qualsiasi titolo con un solo tocco.
Così, da decenni, tutti parlano di musica elettronica, ma chi di noi si ricorda come è iniziata questa storia? In senso stretto, tutta la musica registrata è musica elettronica, dato che è prodotta attraverso l’impiego di macchine elettroniche.
d Adele non è mai venuto in mente di chiedere prestiti o finanziamenti pubblici: fa parte di coloro che sanno di dover fare da sé, ché tanto nessuno ti aiuta, e la sopravvivenza dipende dalla sola risposta della terra alla tua fatica.
Musica, essenza della persona
di Beatrice Giovannetti
Ikigai è un termine giapponese che può essere tradotto in italiano come “ragione di vita”, “ragione d’essere”. Rappresenta l'intersezione di quattro elementi: ciò che costituisce il proprio sostegno economico, ciò che può apportare un cambiamento positivo al mondo, ciò per cui si possiede un talento naturale e ciò che amiamo fare.
Molte persone, se non la maggioranza, trascorrono anni alla ricerca di quella cosa che dà quel senso di compimento e gratificazione, e molte altre ancora giungono alla tarda età senza averla mai trovata veramente. Tuttavia, ci sono persone che hanno la fortuna di trovare il proprio Ikigai già nell'infanzia: i musicisti, ad esempio, fin dai primi elementari esercizi (deprimenti e noiosi, col senno di poi) riescono a trovare un nutrimento iper-dimensionato per l'anima, una tale spinta sufficiente a far trascorrere loro migliaia di ore della propria vita in solitudine, chiusi in una stanza in compagnia solo dello strumento.
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Musica e storia
Piccola guida all'ascolto per storici e scrittori
Recentemente, a conclusione del mio viaggio letterario nei territori della pasta tra Settecento e Ottocento, confessavo di non aver «viaggiato solo con l’aiuto delle parole ma, come è mia abitudine, mi sono fatto accompagnare dalla musica, da sempre fedele compagna di scrittura. Johann Sebastian Bach, quasi sempre» (d’Atri).
La musica è la mia fedele compagna di scrittura sin dai tempi dell’Università. Mi aiuta a concentrarmi, mi rilassa nei momenti difficili, mi consiglia - per parafrasare Marc Bloch - la direzione di marcia. E quando sono in difficoltà mi rifugio nel mio porto sicuro, ovvero nelle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach interpretate da Glenn Gould (la prima versione, però, quella del 1956!): mi guidano fuori dalle acque agitate e mi conducono dove il mare è più tranquillo, dove posso navigare con sicurezza. Sempre.
La Woodstock generation ovvero la fine del sogno
di Marco Masoni
The dream is over / What can I say? / The dream is over / Yesterday / I was the dreamweaver / But now i'm reborn / I was the walrus / But now I'm John / And so dear friends / You'll just have to carry on / The dream is over
Il sogno è finito / Che posso dire? / Il sogno è finito / Ieri / Ero il tessitore di sogni / Ma ora sono rinato / Ero il tricheco / Ma ora sono John / E quindi cari amici / Bisogna solo andare avanti / Il sogno è finito
Parole amare, crude, sincere, quelle che John Lennon canta nell'ultima strofa della straordinaria God, contenuta nel suo primo album solista, il disco capolavoro Plastic Ono Band, uscito nel dicembre 1970. Per John era finito pochi mesi prima il sogno dei Beatles, certamente (nel testo cita infatti Yesterday e I Am The Walrus, due capolavori stilisticamente opposti della band). Ma John, come ha sempre fatto, parla prima di tutto a se stesso, dicendosi rinato; però sul finale si rivolge a tutta la sua generazione, a tutti i suoi ascoltatori, a tutti i giovani del mondo: dobbiamo andare oltre, il sogno è finito. Ma di quale sogno sta parlando? E se il sogno è finito, com'è stato il risveglio?
L’umanesimo musicale
di Marco Jacoviello
Quando Mozart intraprende la carriera di libero professionista, si lascia alle spalle il cardinal Colloredo, Salisburgo, e il fantasma del padre Leopold, da sempre ombra del suo destino. I viaggi in Italia e la permanenza a Parigi non hanno incrementato di molto la sua fama di musicista prodigio, e le committenze per i teatri italiani sono minori di quanto supponesse. Ma Vienna e Praga, le due capitali dell’impero asburgico, lo attendono alle soglie dell’investitura tanto ambita. Dapprima con Il ratto dal serraglio si fa largo nella corte imperiale viennese al fianco di sospettosi italiani che dirigono il teatro e dei modesti gusti dell’imperatore. Tra le tante conoscenze d’obbligo, Antonio Salieri in testa, kammercomponist, maestro di cappella e direttore musicale dell’opera italiana. Al di fuori del circuito cortigiano, si intrattiene inaspettatamente, e in modo fortuito, con Lorenzo da Ponte, succeduto nominalmente a Metastasio e a Cesti come “poeta aureo”, anche lui alla ricerca del successo per consolidare la nomina di “librettista di corte”.
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I Sustainable Development Goals in musica
Gli SDGs – gli Obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030 – possono essere letti in vario modo, come un tentativo ragionevole di porsi dei traguardi per migliorare la vita in questo mondo, oppure come un libro dei sogni che certifica l’impossibilità di farlo (in fondo sono decenni che le istituzioni internazionali si pongono obiettivi puntualmente disattesi), o ancora come un elenco di ciò che minaccia o è minacciato a livello planetario, e un repertorio di possibili soluzioni. Compongono in ogni caso una matrice di questioni che generano riflessioni sullo ‘stato delle cose’ mondiale. Un sito – https://sdgs.un.org/goals - elenca puntualmente successi e fallimenti, iniziative e azioni organizzative, misure da intraprendere etc. La situazione non è rosea: nel Rapporto del 2 maggio 2024 l’ONU sottolinea come “The 2024 progress assessment reveals the world is severely off-track to achieve the 2030 Agenda. […] out of 135 targets with trend data and additional insights from custodian agencies, only 17% are progressing as expected to be achieved by 2030. Nearly half (48%) exhibit moderate to severe deviations from the desired trajectory, with 30% showing marginal progress and 18% indicating moderate progress. Alarmingly, 18% have stagnated, and 17% have regressed below the 2015 baseline levels.”
“Volare" e l’Italia del miracolo economico: una sinfonia di cambiamento
di Marco Bracci
Nel blu, dipinto di blu, il brano vincitore del Festival di Sanremo 1958, rappresenta molto più di una semplice canzone: è una fotografia sonora di un Paese che si riscopre in trasformazione. Domenico Modugno, con il suo gesto iconico di aprire le braccia al cielo, non solo porta l’Italia oltre confine, ma segna un cambiamento culturale e sociale che riflette i desideri, le speranze e le contraddizioni dell’Italia del miracolo economico.
Gli anni Cinquanta sono per l’Italia un periodo di ricostruzione. Uscita distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale, la Penisola vive una rapida industrializzazione, accompagnata da una crescente urbanizzazione e dall’avvento della società dei consumi. Nel blu, dipinto di blu si inserisce in questa cornice di cambiamento, diventando simbolo di un’Italia che guarda al futuro con ottimismo, senza rinnegare la propria tradizione.
Come notano Facci e Soddu (2011), il brano “scuote le fondamenta della tradizione melodica italiana” e segna l’inizio di una nuova fase per la canzone italiana, quella della popular music intesa in senso moderno. La canzone è ibrida: fonde elementi della tradizione lirica italiana con influenze americane, come il jazz e il rhythm and blues, riflettendo così un’identità culturale italiana che è al tempo stesso locale e globale.
Noi de borgata
Le canzoni di Armandino Liberti
Con la pubblicazione del volume-CD Noi de borgata. Le canzoni di Armandino Liberti[1] intendiamo rendere un tributo alla memoria di un cantore delle periferie e del proletariato della Roma degli anni Sessanta e Settanta, e in questo modo rendere fruibili le sue canzoni, conservate nell’archivio sonoro “Franco Coggiola” del Circolo Gianni Bosio[2]. Materiali poco noti, testimonianze della protesta musicale – e sociale, politica e culturale – degli anni Settanta: la voce dura, graffiata, di Armandino, accompagnata sempre dalla chitarra, che ha attraversato le piazze della capitale e le sale del vecchio Folk Studio, non è mai stata incisa, e solo per una serie di casi fortuiti ci è arrivata, all’inizio degli anni Duemila, su due CD che abbiamo custodito negli armadi dell’archivio e che oggi, passati troppi anni, iniziano a presentare disturbi di ascolto (problema che spesso caratterizza le registrazioni digitali, a differenza di quanto accade con le registrazioni analogiche, se ben conservate).
Il valore della musica classica
di Alessandro Gagliardi
La musica classica è un genere superato? C'è chi sostiene che sia troppo “vecchio” per adeguarsi ai nostri ritmi frenetici. Gli appassionati invece sanno che la musica classica non morirà finché ci sarà chi continua ad ascoltarla e a coltivarla. Purtroppo l'ascolto di questo genere è sempre più in calo tra i giovani, che tendono ad ascoltare solo brani famosi che hanno sentito da qualche parte, senza addentrarsi nel genere. Volendo entrare nello specifico, non esiste definizione pragmatica che possa racchiudere tutte le sfaccettature e le caratteristiche peculiari della musica classica. Il termine “classico”, attribuito dai posteri, indica che questo genere funge da modello per gli sviluppi musicali futuri. Storicamente con musica classica ci si riferisce alla musica “colta” (sacra e profana), appartenente alla cultura occidentale, che nasce e si sviluppa dall'XI fino al XX secolo. Io invece credo che nella definizione debbano essere inglobati anche i tempi moderni, visto che esistono musicisti viventi che si cimentano in questo genere, introducendo nuovi stili compositivi
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Musiche tradizionali regionali
La zampogna molisana e i musicisti girovaghi
Il Molise interno, fino alle trasformazioni epocali degli anni Sessanta del Novecento, ha conservato alcune espressioni di tradizioni musicali sia riguardo all’ambito performativo – con repertori e modalità esecutive legate principalmente ai cicli stagionali annuali o a peculiari cerimonialità - sia in relazione a quello della costruzione di strumenti che lo hanno caratterizzato e, in forme peculiari di persistenza e/o riscoperta, legate anche a processi di patrimonializzazione, ancora lo caratterizzano.
Di particolare rilievo sono state, ed in parte sono, le tradizioni musicali e costruttive di strumenti musicali legate a due aree montane della regione, quella del Matese e quella delle Mainarde, rispettivamente rappresentate dai comuni di San Polo Matese e di Scapoli.
Tali tradizioni sono, ancora oggi, essenzialmente rappresentate dalla zampogna, cosiddetta molisana, e dalle musiche con essa prodotte, da sola, oppure insieme alla ciaramella (un oboe popolare) o alle voci.
Il canto del Maggio
di Letizia Papi
C’è musica per tutte le stagioni e per tutti i territori, poi c’è quella che raggiunge il suo apogeo in piena primavera: è il Cantar maggio. Quest’ antica pratica appartiene, in diverse varianti, alla tradizione popolare toscana; nell’ Alta Maremma si esprime in forma di squadra con uno o più sonatori di fisarmonica e un coro composto da cantore e cantori non professionisti, ma con speciali doti canore, riconoscibili dal vestiario in stile campagnolo e un cappello guarnito di fiori. Si chiamano maggerini e nella notte che sta a cavallo fra il 30 aprile e il primo maggio, iniziano un giro per paesi e poderi che durerà per l’intera giornata d’inizio mese, chiedendo al padrone di casa e alla massaia la questua in cambio di canti benauguranti di salute, pace, amore e raccolti copiosi. Ovviamente a chi apre loro l’uscio di casa, altrimenti possono partire anche spietati anatemi.
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Musica naturalis
Viviamo in un’epoca in cui normalmente la pratica musicale è affidata a specialisti, i quali si formano attraverso istituzioni e percorsi didattici appositi e selettivi e costruiscono il rapporto con il pubblico attraverso altre istituzioni e processi produttivi, inevitabilmente dipendenti dal mercato e costretti a fare i conti con il capitalismo e l’eterna carenza di finanziamenti destinati alla cultura.
L’Italia, tuttavia, ha saputo mantenere anche una pratica comunitaria della musica il cui apprendimento avviene, per esempio, partecipando a feste da ballo, a riti della Settimana Santa, a occasioni conviviali con i poeti estemporanei in ottava rima, a questue rituali legate al ciclo del Natale o alla ricorrenza Primo Maggio.
Musica in copertina
Musica, ovvero “…l’arte di ideare e produrre, mediante l'uso di strumenti musicali o della voce, successioni strutturate di suoni semplici o complessi, che possono variare per altezza, per intensità e per timbro…” (Wikipedia)
La prima ispirazione è figlia del luogo comune che recita più o meno “musica per le mie orecchie”, fulminazione capace di portare alla mente tre artworks con protagonisti padiglioni auricolari, partendo da quello arcinoto ideato da Hipgnosis per l’album “Meddle” (1971) dei Pink Floyd (in alternativa all’idea originale che prevedeva il primo piano dell’ano di un babbuino), proseguendo con “The roaring silence” (1976) della Manfred Mann Earth Band, per finire con l’artwork a dir poco sgargiante di “Wet Willie.” (1971) dell’omonima band a stelle e strisce.
NELLA STIVA
LETTURE, NOTIZIE E SEGNALAZIONI
Alan Bennet Krueger,
Economia rock. Il mercato, la crisi, il lavoro e la disuguaglianza sociale spiegati a chi ama la musica, (prefazione di Tito Boeri) Rizzoli 2019
La musica è un linguaggio potente e universale, capace di attraversare barriere geografiche, politiche e sociali per parlare a ciascuno di noi. Riesce a tenerci compagnia, a regalarci un sorriso o una stretta al cuore, talvolta può persino cambiarci la vita. Ma non è solo questo: è anche un grande mercato, una forza trainante dell'economia e, in fin dei conti, un lavoro per decine di migliaia di persone. Oltretutto, è stato uno dei primi settori a doversi scontrare con le grandi innovazioni tecnologiche degli ultimi anni. Musicisti, cantanti, produttori, manager, tecnici del suono: ciascuno di loro, a tutti i livelli, ha visto cambiare il proprio mestiere con l'arrivo del digitale e dei servizi di streaming, legati a doppio filo alle complesse norme su proprietà intellettuale e royalties. Non a caso, persino per superstar del calibro di Paul McCartney il grosso degli incassi viene ormai dalle performance live anziché dalle vendite discografiche. Unendo prosa immediata, approccio diretto e un'enorme mole di interviste, Alan Krueger riesce a portare il lettore dietro le quinte di questo showbusiness, raccontando il mondo della musica con il piglio dell'appassionato e la competenza dell'economista di primo livello.
Daniel Baremboim, Edwuard B. Said, Paralleli e Paradossi. Pensieri sulla musica, la politica e la società, (con uno scritto di Claudio Abbado), Il Saggiatore 2015
Anche la più ineffabile delle arti si vena di risonanze politiche quando a parlarne sono un intellettuale di origine palestinese e un figlio della diaspora ebraica. In questo libro, Edward Said e Daniel Barenboim usano la metafora della musica per confrontarsi sul significato civile dell'arte, sul valore formativo dell'ascolto dei grandi compositori, sulle difficoltà dell'interpretazione, sui parallelismi tra arte del suono e arte della parola. Dall'intreccio delle riflessioni prende forma una visione complessa dell'universo sonoro. Luogo irreale ed effimero che si anima per la breve durata delle note, la musica vive sospesa tra due dimensioni: soggetta alle regole della fisica, costruita su precisi rapporti matematici, è al tempo stesso capace di esprimere sentimenti e ideali con un'intensità che l'immagine e la parola raramente raggiungono. Il tentativo di venire a capo di questo paradosso è l'occasione per riflettere sul significato politico dell'opera di Beethoven, sulla lezione di Furtwängler, sul magistero professionale e umano di Toscanini, sulle difficoltà morali di un direttore d'orchestra ebreo innamorato di Wagner. E proprio la scelta di Barenboim di dirigere le opere wagneriane a Bayreuth, che fu tempio della musica ariana, diventa l'esempio concreto di come l'arte ha il potere di superare odi e divisioni, indicando ai popoli un futuro di convivenza possibile. Con uno scritto di Claudio Abbado.
Herbie Hancock, Lisa Dickie, Possibilities. L'autobiografia, (traduzione di Michele Piumini) Minimum Fax, 2015
In "Possibilities", il pianista e compositore Herbie Hancock riflette su ben sette decenni di vita e carriera vissuti da vero innovatore, nei quali ha esplorato ogni genere musicale e lasciato un'impronta indelebile sul jazz, l'r&b e l'hip-hop, garantendosi al contempo il successo testimoniato dai quattordici Grammy Awards vinti. Dagli inizi come bambino prodigio al lavoro in quintetto con Miles Davis, dalle innovazioni introdotte come leader di un sestetto rivoluzionario alla collaborazione con musicisti del calibro di Wayne Shorter, Joni Mitchell e Stevie Wonder - passando per le sue influenze musicali, divertenti dietro le quinte, il suo matrimonio lungo e felice e il suo rapporto creativo e personale con il buddismo - queste pagine rivelano il metodo che si cela dietro il genio musicale di Hancock.
Marco Bracci, Edoardo Tabasso, Da Modugno a X Factor. Musica e società italiana dal dopoguerra a oggi, Carocci editore 2010
Dall’avvento del rock’n’roll al successo internazionale di Volare, dalla diffusione dei juke-box alla British invasion, dal beat italiano e dai cantautori alla disco music, dall’avvento di MTV e Videomusic al connubio sempre più decisivo tra new media e industria discografica italiana, passando da Sanremo fino a X Factor. Da Elvis a Ligabue, dai Beatles e Bob Dylan a Battisti e Mina. Da Michael Jackson, Bruce Springsteen e gli U2 a Eros Ramazzotti, Gianna Nannini, Laura Pausini e molti altri ancora. Il libro ricostruisce in modo originale la sfida della tradizione melodica italiana con il pop e il rock internazionali all’insegna dell’ibridazione dei generi, della cultura e delle mode giovanili, evidenziando come la musica sia capace di segnare i momenti pubblici e privati di una società, quella italiana, ricca di sfide e utopie.
Collaborano con noi:
Velio Abati
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Diego Accardo
Leonardo Animali
Flaminia Aperio Bella
Pupi Avati
Antonella Balante
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