NavigAzioni tra locale e globale

Nautilus è una rivista mensile che non parla solo di cultura ma è cultura: nella narrazione di ciò che accade, partendo dai territori locali per spingersi e confrontarsi con altri luoghi, fisici o immateriali, si propone di raccontare le vie che la cultura intraprende attraverso le molteplici vesti con le quali si manifesta, con lo scopo di offrire una visione multidimensionale dei processi e di proporre una mappa dei problemi e delle opportunità del patrimonio e delle attività culturali.

Di volta in volta, si viaggerà nel tempo e nello spazio, cercando di costruire ponti metaforici tra passato, presente e futuro, tra locale e globale, tra centro e periferia, tra competenze diverse, tra punti di vista plurali per offrire, in ciascun numero, non una fotografia dell’esistente bensì un’immagine in movimento di ciò che sta accadendo, che sia foriera di nuove prospettive. 

Sommario 

Febbraio 2023  n. 20

Editoriale

Vulnerabilità e limite


La vulnerabilità è una condizione strutturale dell’uomo e del mondo in generale. Il termine deriva infatti dal latino vulnerare con il relativo sostantivo vulnus ed esprime l’idea della possibilità di essere feriti rimandando al senso di precarietà della condizione umana.
La consapevolezza di questa fragilità umana e ambientale è essenziale per portare ognuno di noi ad avvicinarsi alle cose da una prospettiva diversa. Paradossalmente l'essere vulnerabile può diventare un fattore positivo perché costringe a realizzare la consapevolezza del limite.

Se guardiamo le cose anche da un punto di vista personale, la nostra vita quotidiana è definita da continue esperienze di incertezza. Fingere di non essere vulnerabili significa lasciare che la paura guidi il nostro pensiero e il nostro comportamento. Scegliere di gestire la nostra vulnerabilità significa familiarizzare con questa consapevolezza e affrontare al meglio la realtà.

Con la Dichiarazione di Barcellona del 1998, ventidue luminari nel campo della bioetica hanno proposto, in seguito a tre anni di lavoro presso la Commissione Europea, di inserire il principio di vulnerabilità tra le quattro colonne portarti del “credo” bioetico, insieme cioè a integrità, dignità umana e autonomia. La vulnerabilità si propone quindi come principio innovatore, evidenziando, in virtù della fragilità dell’esistenza umana, l’importanza del prendersi cura di chi è caduto in uno stato di malessere. Si tratta di un’etica pubblica della cura che non vuole semplicemente limitarsi alla protezione paternalistica degli incapaci ma che si basa sulla premessa che tutti noi - anche se “autonomi” – siamo fondamentalmente vulnerabili... 

 Negli ultimi anni gli eventi catastrofici estremi sono diventati sempre più frequenti e dirompenti, e tutti sembrano avere come denominatore comune i cambiamenti climatici. Nel suo ultimo libro, “L’equazione dei disastri”, sostiene che i cambiamenti climatici in atto dipendano in massima parte dall’azione dell’uomo. Ci può spiegare perché?

La responsabilità dell’azione umana è ormai assodata da questo punto di vista. Abbiamo innescato delle dinamiche naturali che stanno rispondendo alle nostre azioni. Lo dimostrano gli eventi sempre più frequenti come frane, esondazioni, allagamenti ecc., ma anche gli eventi non estremi come l’aumento della temperatura media globale, che è un fenomeno graduale, innescato dal fatto che bruciamo combustibili fossili, emettiamo gas serra come la Co2, eliminiamo gli assorbitori di questa anidride carbonica attraverso la deforestazione ad esempio. 

 C’è poi il problema dei campi coltivati e dell’agricoltura sostenibile; l’uso di fertilizzanti azotati per rendere più fertile il terreno è molto nocivo, l’azoto utilizzato viene rilasciato in parte nell’atmosfera come protossido di azoto che è un gas serra molto più potente della Co2.

 Il global warming potential, cioè il potenziale di riscaldamento di una molecola di protossido di azoto è quasi 200 volte quello di una molecola di Co2 e questo è molto impattante dal punto di vista delle emissioni atmosferiche.

Teniamo presente che negli ultimi 100 anni la temperatura media globale della Terra è aumentata di 1,2 gradi e questo non era mai successo con questa rapidità. Del riscaldamento globale ci accorgiamo noi scienziati perché abbiamo le statistiche, altrimenti nessuno di noi si accorgerebbe di questo, se non fosse per l’aumento degli eventi estremi. Questi li vediamo soprattutto nel Mediterraneo. L’Italia ad esempio si è riscaldata più di 2 gradi negli ultimi 100 anni. Il Mediterraneo è quello che noi chiamiamo un hot spot, un punto caldo. Il libro è incentrato in modo particolare sull’Italia e parla di come si è estremizzato il clima del Mediterraneo e dell’Italia.

 

L’equazione dei disastri di cui parla nel libro è un’analisi del rischio?

Sì, il rischio che un evento collegato al clima possa causare danni a persone e al contesto circostante, va messo in relazione alla vulnerabilità del territorio e all’esposizione di persone e manufatti, oltre che alla pericolosità dell’evento climatico. 

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Vulnerabilità e dipendenza

 di Marco Giovagnoli

Vi sono due piste da seguire per ragionare sull’idea di vulnerabilità. La prima è più evidentemente indirizzata verso una accezione critica, problematica del termine, quella più direttamente connessa alla radice etimologica di ferita e estensivamente del danno, della debolezza, della fragilità.
In fondo questa percezione l’abbiamo condivisa, come Occidentali, con la morte di Achille, la cui vulnerabilità si palesa drammaticamente e inaspettatamente in un corpo apparentemente inviolabile e vincente, metafora della modernità e della sua attuale evoluzione; e sempre dall’antico pensiero greco ci perviene (ricordata da Serge Latouche) la possibilità della scelta tra la misura (prhónesis), e dunque il senso del limite, e la dismisura (híbris), la prospettiva dell’illimitatezza, dello sfidare i confini con tutta l’instabilità e l’incertezza che ne sono associate ma anche con l’illusione di sfuggirne attraverso la vertigine dell’invulnerabilità, del non pagar mai prezzo...

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Naturale non è. Quando il territorio diventa più vulnerabile

di Rossano Pazzagli 


“…una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale.” Così si esprimeva Giacomo Leopardi nelle Operette morali (Elogio degli uccelli, 1824). osservando il paesaggio frutto dello sviluppo dell’economia e delle attività umane. Una “cosa artificiata” esposta ai rischi della natura cattiva e dell’uomo stesso, che stava diventavo più cattivo ancora verso l’ambiente che lo circondava e di cui, peraltro, lui stesso faceva parte. Una situazione paradossale che non contempla l’abbandono, se non al prezzo di degenerazioni, derive e disastri territoriali. Eppure, tanta strada doveva ancora compiersi sulla via del progresso, con l’industrializzazione e l’urbanizzazione che mel prosieguo dell’Ottocento e soprattutto nel Novecento avrebbero cambiato il volto dell’Italia. 

La questione è ovviamente più generale, poiché in ogni parte del pianeta la natura ha subìto una progressiva manipolazione da parte dell’uomo: l’agricoltura, la città, l’industria, le infrastrutture, le tecniche - tutte componenti primarie del processo storico di territorializzazione – hanno alimentato una progressiva artificializzazione dello spazio. Via via il territorio, con l’incremento demografico e l’affermarsi di una economia estrattiva è diventato più vulnerabile. Con l’aumento del rischio, anche quelle che vengono solitamente etichettate come “calamità naturali” diventano più impattanti in termini di danno umano e ambientale.

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La vulnerabilità in prospettiva sociologica

di Antonella Golino

Il tema della vulnerabilità territoriale può essere affrontato analizzando l’interconnessione esistente  tra la dimensioni fisiche ed ambientali e quelle sociali.

Questo approccio si rileva con particolare chiarezza quando la vulnerabilità, intesa come disastro è di origine antropica. Tuttavia, anche negli eventi la cui causa è naturale e non controllabile, come nel caso dei terremoti, è divenuto di senso comune affermare che ciò che determina il loro effetto non è la causa in sé stessa, ma le modalità con cui essa interagisce con la strutturazione del territorio che si è stratificata nei secoli ad opera delle società umane. 

Riconoscere l’intreccio tra la dimensione fisica e quella sociale implica comprendere il territorio come un insieme di componenti umane e non umane, ciascuna delle quali ha una funzione attiva e interagisce con le altre in complessi processi di coevoluzione (Mela, Mugnano, Olori, 2017).

Il dibattito della sociologia dei disastri negli ultimi decenni ha evidenziato come la percezione del rischio, la valutazione della vulnerabilità locale, la resilienza sociale e il community-building sono elementi fondamentali per studiare l’impatto di un disastro su una comunità locale...


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Vulnerabilità dei territori: un’occasione di riflessione per cambiare paradigmi? 

Il caso della Darsena Europa, nuovo porto di Livorno 

di Tiziana Nadalutti

Il porto di Livorno è in crisi da molto tempo. Questo naturalmente ha un impatto sul sistema socioeconomico che diventa più vulnerabile ogni volta che chiude un’azienda della logistica, perché non si trovano davvero nuove soluzioni occupazionali. Per superare questa situazione viene proposta la Darsena Europa: un’opera immensa che si dovrebbe protendere in mare per circa 2 kilometri, finalizzata a permettere l’attracco di gigantesche navi capaci di trasportare fino a 16.000 container e con un pescaggio che raggiunge i 15-16 metri. Così, si dice, il porto diventerà fortemente competitivo e, dato che si inserisce in uno dei corridoi infrastrutturali fondamentali dell’Unione Europea, avrà un futuro sicuro. Vulnerabilità superata. 

Ma è davvero così? 

Ci si trova innanzitutto in una corsa contro il tempo, perché tutto si incardina sulla competitività: altri porti che insistono sugli stessi bacini di traffico sono almeno La Spezia, Ancona, Ravenna, Mestre. Senza contare Genova, che può inserirsi facilmente sulla stessa rete. Quindi, dato che non esiste una vera pianificazione nazionale per le infrastrutture portuali e dato che non sono tanti i porti necessari per il tipo di traffico che Livorno vuole attrarre, arrivare primi è importante...

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Le ferite della mente

di Marina Riccucci


La vulnerabilità ha il volto della fragilità psichica, di cui ci ha detto, per esempio, Mary Jane Ward nel romanzo The Snake Pit (uscito nel 1946, edito in Italia due anni dopo, con il titolo La fossa dei serpenti); ha il profilo di quella che Aristotele nell’Etica Nicomachea chiamava affezione morbosa; ha l’identità che Roberto Lorenzini ha descritto in Psicopatologia generale (un libro uscito nel 2010 e quasi introvabile, oggi). 

Il corpo, dalla mole minotauresca, della malattia che attanaglia la mente, che la perseguita e che la avvinghia, niente, proprio niente, ha del fascino sotteso che Erasmo ha voluto darle. Quella di cui Erasmo parla non è altro che una categoria filosofica: quello che Erasmo scrive, pur nella fantasmagorica raffinatezza dell’Elogio, non rappresenta che un divertissement, nulla che abbia a ha che fare con le ferite (i vulnera, appunto) che il soggetto subisce e alle quali non può sottrarsi; ferite che scompensano, che inducono, per usare l’espressione dantesca, matta bestialitade (Inferno XI 82-82), ove matta è aggettivo che qualifica la fragilità, e bestialitade il sostantivo che esprime la ferocia ferina della malattia.
Non c’è fascino in chi patisce il disturbo psicotico: il morbo che non contagia, ma che aliena da tutto, che respinge, che fa paura, che allontana. Che vulnera, appunto, e che rende magmaticamente vulnerabili: quindi soli, sperduti, poi reietti, confinati negli sguardi pietosi e raramente solidali degli altri, quelli che matti /malati non sono...

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Mettiamoci a nudo

Il corpo femminile simbolo di libertà

di Patrizia Lessi

Uno degli aspetti più inediti dell'ultima ondata del femminismo, quella che ha fatto dell'intersezionalità il proprio tratto distintivo e la prima ad aver avuto ampia diffusione in rete, è la rinarrazione dell'immagine del corpo femminile. Non molto tempo fa Instagram è stata la sede di una campagna di sensibilizzazione avente per tema la nudità, totale o parziale, esposta per veicolare un messaggio sociale che nulla avesse a che vedere con l'oggettivazione del corpo delle donne alla quale per decenni siamo stati abituati. Alla base della campagna c’era l’idea, che ne è stata poi lo slogan, del corpo politico, perché politico è l’uso che ne è stato fatto per discriminare o mettere a tacere determinati soggetti sociali. Così il corpo della donna è stato per molto tempo interprete di messaggi ben precisi, orientati a incasellarne il più possibile il ruolo nella società. Il corpo nudo ed eroticizzato è stato lungamente usato per invogliare il consumatore a comprare determinati prodotti (dalla colla isolante allo pneumatico dell’auto) o esposto giovane, tonico e magro nelle campagne di moda o nelle foto di calendari e shooting di celebri autori.
Al reggiseno bruciato in piazza negli anni ’70 si è sostituito il maglioncino della ragazza o della donna alle quali è stato insegnato che chi si scopre non ha altro da offrire. La donna colta, intelligente, seria non ha bisogno di esibire alcunché.  In pratica perché la mente emerga, il corpo deve immergersi sotto qualcosa che ne celi la vista...

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Sviluppo e progresso di società vulnerabili

di Piero Ceccarini e Matteo Scatena

La vulnerabilità dei sistemi sociali è stata più volte messa in evidenza in ambito letterario.

In questo articolo, azzarderemo un confronto tra due grandi autori di diverse epoche: Flaubert e Pasolini, mettendo in evidenza i punti di contatto, oltre le ovvie contrarietà date dal secolo di differenza che separa le due figure, mantenendo centrale la domanda: “Sviluppo o Progresso?”.
Il tema del progresso è centrale nel romanzo più celebre di Gustave Flaubert: Madame Bovary. Le posizioni che prende Flaubert sono da una parte molto comprensibili e se si vuole anche assimilabili a quelle di Pasolini. È chiaro che Flaubert veda nella nuova borghesia una classe sociale senza spina dorsale, ma al contrario di Pasolini non traccia un modello positivo da contrapporvi: Pasolini parlava di agricoltori e proletari come portatori di valori autentici anche se spesso sentirà una contraddizione tra i suoi ideali e il suo reale comportamento per aver comunque ricevuto un’istruzione e condotto una vita borghese (vedi “lo scandalo del contraddirmi” dalla raccolta “Le ceneri di Gramsci”, 1957).

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Le Fraschette e la vulnerabilità di una città ciociara

di Elio Vernucci

 
Nel 1962 Alatri divenne un punto di raccolta di moltissimi profughi.  Erano persone di nazionalità italiana espulsi dai regimi del nord Africa- soprattutto Tunisia- in seguito alla nazionalizzazione delle terre agricole e alla sostituzione della manodopera  europea con quella locale.
Nella frazione Fraschette fu allestito un campo di raccolta riadattando vecchie strutture di un campo di concentramento bellico.  Fu edificata una scuola elementare in cui furono avviati i bambini. I più grandi venivano nelle scuole medie che erano allora solo in città. Ricordo ragazzi splendidi per acume e dolcezza, che venivano dall’Egitto e dalla Tunisia in classe con me.
Parlavano l’italiano l’arabo e il francese. Che i francesi parlassero francese e gli arabi l’arabo ci sembrava normale  ma che un ragazzino potesse esprimersi in tre lingue diverse era per la nostra comprensione troppo fuori dell’ordinario.

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Supereroi vulnerabili e forti

di Fabio Canessa

Sbaglia chi prende sottogamba i film dei supereroi, convinto che siano solo dei giocattoloni rivolti a un pubblico di ragazzini nerd o caciaroni.  Tra mezzo secolo questi saranno ricordati come gli anni del cinema Marvel, un universo, anzi ormai un multiverso, complesso e articolato, dove si intersecano con intrecci sofisticati le vicende dei vari supereroi, con rimandi continui tra i film (circa una cinquantina, di cui almeno un terzo di qualità molto alta) e le serie (spesso sorprendenti, come “Wanda Vision” e “Loki”). Altro che blockbuster stereotipati, il vero cinema di ricerca dei nostri tempi è proprio questo, come dimostra, per esempio, il cartoon “Spiderman un nuovo universo”, premiato con l’Oscar.
I supereroi sono gli unici personaggi dell’immaginario contemporaneo capaci di rispecchiare l’identità fragile, inquieta e sfaccettata dei giovani di oggi. Solo chi non ha mai letto un fumetto della Marvel né visto uno di questi film può pensare che agli adolescenti piacciano Spiderman e gli Avengers perché sono invincibili: al contrario, i ragazzi si identificano in loro perché sono vulnerabili.

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Note infrante

Le fragilità delle rockstars 

di Paolo Mazzucchelli

 
Troppo spesso ci si dimentica che dietro alla Star, al nostro gruppo o artista del cuore c’è un essere umano, con tutte le sue peculiarità, il talento ma anche dinamiche affatto serene, fantasmi… vulnerabilità. Un caro amico raccontandomi della sua vita on the road come frontman di una delle più longeve band italiane ne sottolineava le fatiche (fisiche oltre che mentali) derivanti dal calendario zeppo di impegni, dalle aspettative dei fans, dalle pressioni di management e casa discografica, dalla mancanza di privacy che la fama porta inevitabilmente con sé. “Oh intendiamoci, comunque sempre meglio che lavorare in miniera!” era l’immancabile frase conclusiva.
L’immagine della rockstar sempre sorridente e disponibile ha cominciato a vacillare già sul finire degli anni’60 grazie anche ad un giornalismo sempre più interessato a raccontare un’immagine “a tutto tondo” dell’artista, spesso spinto in questa direzione dal tutt’altro che nobile obiettivo di soddisfare l’interesse morboso di una parte dei lettori.
Non serve un’analisi particolarmente profonda per leggere nei volti dei quattro Beatles ritratti sulla copertina di “For Sale” da Robert Freeman la stanchezza e l’insofferenza nei confronti dei ritmi sempre più frenetici che venivano loro richiesti ed imposti.

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NELLA STIVA

Notizie e segnalazioni
Approfondimenti, convegni, pubblicazioni

Libri

Vulnerabilità, social media e democrazia. Categorie resilienti e infosfera, a cura di: Antonio Masala e Veronica Neri, Pisa, ETS 2022.

Un Ebook curato da due filosofi, docenti all’Università di Pisa, sull'espansione incontrollata delle tecnologie che ha esposto l’individuo a nuove forme di vulnerabilità e che ha cambiato radicalmente lo stile comunicativo tra personaggi pubblici e cittadini. L’interazione del corpo con la macchina espone a possibilità e, al contempo, a pericoli inediti. Districarsi tra centinaia di notizie, immagini, interazioni, conversazioni, offerte, identità diventa sempre più difficile, fino a rasentare l’impossibilità a causa della rapida ascesa del deep-fake. Possiamo dunque ancora pensare l’“infosfera” in termini di “verità”, “realtà” e “senso comune”, magari aggiungendo il prefisso “post-”, o si tratta di categorie oramai superate? Dall’altro lato, l’emergere di un registro personalistico e confidenziale tra pubblici poteri e cittadini, senza la tradizionale mediazione degli esperti, è alla base di molti fenomeni di difficile categorizzazione, che spesso sfociano in polarizzazioni estreme Le nuove tecnologie hanno alterato il modo di concepire l’azione politica?
https://www.edizioniets.com/scheda.asp?n=9788846765123&from=homepage

Paesaggi litoranei: dal fiume Arno al Promontorio di Piombino, Pisa, Pacini editore, 2022. Testi di Maria Luisa Ceccarelli Lemut, Giorgio Mandalis, Marco Paperini, Rossano Pazzagli, Michele Pierleoni, Monica Pierulivo, Olimpia Vaccari

Un libro sul paesaggio della costa etrusca che rimette al centro il territorio e il

cospicuo patrimonio ambientale e culturale che la natura e la storia hanno

accumulato qui, su questa terra incastonata tra Maremma e Toscana. 
Il paesaggio, che questo volume descrive nella sua formazione ed evoluzione è un buon modo per rileggere l’area che dal Pisano arriva fino a Piombino, per provare a ripensarlo sulla base delle sue vocazioni più autentiche, rivolgendo lo sguardo ora al mare, ora alla terra, a quelle risorse naturali che sono state all’origine della sua lunga storia. Le pagine di questo libro, oltre a essere un racconto storico, sono un viaggio, tematico, nella vita e nelle impressioni di chi ha vissuto e costruito il paesaggio di questo territorio così suggestivo. Libro uscito nella collana Pacini Storia, con il contributo della Banca di Credito Cooperativo di Castagneto Carducci.

https://www.pacinieditore.it/prodotto/paesaggi-litoranei-fiume-arno-promontorio-piombino/?utm_source=Newsletter&utm_medium=Editoriale&utm_campaign=LITORANEI+10%2F02%2F2023


 

 Barnabas Calder, Architettura ed energia. Dalla preistoria all'emergenza climatica, Einaudi, 2023

Una storia innovativa dell’architettura, attraverso il rapporto tra edifici e risorse energetiche nelle diverse epoche.
 La storia dell’architettura è la storia dell’umanità. Gli edifici in cui viviamo o abbiamo vissuto, dalle più umili capanne preistoriche ai grattacieli di oggi, rivelano le nostre priorità e ambizioni, le nostre strutture familiari e di potere.  Inoltre, e in una misura mai esplorata fino ad ora, in ogni epoca l’architettura è stata plasmata dal nostro accesso all’energia, dal fuoco e l’agricoltura ai combustibili fossili. Barnabas Calder  ci spiega come ogni edificio sia stato influenzato dall’energia che era a disposizione dei suoi architetti, e perché tutto ciò sia importante soprattutto oggi, quando il trentanove per cento delle emissioni mondiali di gas serra deriva dalla costruzione e dalla gestione degli edifici. Se vogliamo evitare cambiamenti climatici catastrofici, ora più che mai abbiamo bisogno di un’architettura bella ma anche intelligente, e di ristrutturare, non demolire, gli edifici esistenti. 

B. Latour, Guerra e Pace al tempo dei conflitti ecologici, a cura di Nicola Manghi, Rosenberg & Sellier, 2019
La nuova epoca geologica di cui abbiamo varcato la soglia, l'Antropocene, costituisce l'occasione per domandarsi: cosa significa essere di questa terra? Le nuove condizioni del pianeta richiedono di forgiare nuove sensibilità collettive, dar forma a nuove alleanze, scioglierne di antiche. E ci obbligano a chiederci: che cos'è la politica al tempo del riscaldamento globale? Il percorso tracciato da Latour per rispondere a questa domanda ci condurrà lontano dai sogni liberali che ancora pochi anni fa prevedevano un futuro di pace perpetua, ma anche dalle previsioni di chi prevede un'imminente 'guerra per le risorse': la guerra c'è già, e situare il fronte attorno al quale si combatte è al contempo prova intellettuale che le scienze umane dovranno affrontare e sfida esistenziale che Latour pone alle nostre coscienze individuali. Nei saggi raccolti in questo volume, Latour intreccia sociologia della scienza, filosofia politica e teologia per abbozzare i contorni di una nuova ecologia politica che si dimostri finalmente all'altezza dei tempi geologici.



D. Viero, La scuola del macchinismo. Passaggi per un'altra antropologia,  Mimesis Filosofie, Milano 2020
La “Scuola del macchinismo” di Davide Viero (è un libro necessario per diversi ordini di motivi: da una parte perché rilancia modalità di riflessione interne alla professione docente sempre più lontane dalla percezione della categoria; e in ogni caso indispensabili per restituire consapevolezza sul senso di un agire, quello didattico, mortificato dall’imposizione di approcci tecnocratici e mortificanti, di cui è responsabile proprio il “macchinismo” del titolo, una deriva, al limite dell’impostura intellettuale, della recente ricerca pedagogica, egemone ormai in buona parte delle facoltà di scienze della formazione. 
Lo studio di Viero induce allora a ripensare profondamente il senso stesso della disciplina pedagogica ... 









L'APPUNTAMENTO


LA CULTURA DEL CIBO

Settimana dell’enogastronomia molisana 

I prodotti alimentari come specchio dell’identità regionale.
A questo obiettivo risponde l’evento realizzato dal Comune di Campobasso nel capoluogo del Molise dal 23 al 28 gennaio scorsi. Partner dell’iniziativa, oltre le aziende aderenti, sono state l’Università del Molise, l’Ufficio Scolastico Regionale, la Regione Molise, l’Arsarp e le associazioni operanti nei vari settori. 

Per una settimana ogni mattina nelle scuole e ogni pomeriggio in una sala pubblica aperta a tutta la cittadinanza (Circolo Sannitico) si sono svolti seminari dedicati alle varie filiere produttive e alimentari: dai cereali alla carna, dal tartufo ai formaggi, dall’olio al vino. Ad ogni filiera sono stati associati dove i produttori hanno avuto modo di socializzare le proprie esperienze per la promozione della qualità dei prodotti, ai quali si associa anche la qualità del paesaggio. Un modello organizzativo snello, rivolto ai giovani e a tutta la cittadinanza, che può facilmente essere emulato anche in altre regioni.