Nautilus

NavigAzioni tra locale e globale

Nautilus è una rivista mensile che non parla solo di cultura ma è cultura: nella narrazione di ciò che accade, partendo dai territori locali per spingersi e confrontarsi con altri luoghi, fisici o immateriali, si propone di raccontare le vie che la cultura intraprende attraverso le molteplici vesti con le quali si manifesta, con lo scopo di offrire una visione multidimensionale dei processi e di proporre una mappa dei problemi e delle opportunità del patrimonio e delle attività culturali.

Di volta in volta, si viaggerà nel tempo e nello spazio, cercando di costruire ponti metaforici tra passato, presente e futuro, tra locale e globale, tra centro e periferia, tra competenze diverse, tra punti di vista plurali per offrire, in ciascun numero, non una fotografia dell’esistente bensì un’immagine in movimento di ciò che sta accadendo, che sia foriera di nuove prospettive. 

Il gioco

Sommario 

Febbraio  2025  n. 44

Editoriale

Il gioco e la vita

di Monica Pierulivo

Il gioco è una cosa seria, alla base di tante attività umane e animali, della vita stessa e della crescita. È un’attività che porta con sé uno spettro di situazioni che rinviano al pensiero, alla cognizione, all’affettività, all’emozione, al piacere, alla creatività e alla fantasia. Anche l’ironia e la caricatura, che appartengono a tutte le età e dunque esprimono il contesto culturale in cui si sviluppano, rappresentano elementi di simulazione insiti nelle attività ludiche.
Giocare è infatti l’arte più profonda della crescita, dell’apprendere l’ingresso nel mondo, la scoperta del proprio sé, dell’ambiente. Con la crescita il gioco si fa sempre più complesso, ma l’istinto è sempre quello. Serve ai bambini per imparare a entrare in relazione con gli altri e agli adulti per rimanere ancora un po’ bambini, per non perdere la capacità di stupirsi e di meravigliarsi. Riveste una funzione esperienziale fondamentale affinché possa sperimentare sé stesso nel mondo e il mondo stesso, anche attraverso una situazione immaginaria creata dal bambino stesso.
La vita stessa è gioco: le Costituzioni degli Stati, i sistemi economici, il sistema di leggi e di regolamenti, possono rappresentare temporanee regole del gioco, volte a creare un ordine. Se si modificano le regole ne conseguirà una diversa valutazione dei valori in campo.
Lo storico olandese Johan Huizinga nel suo libro “Homo Ludens” del 1939 e pubblicato in Italia nel 1946,  descrive il gioco come fattore preculturale, in quanto praticato dagli animali senza che nessuno l’abbia loro insegnato.

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Le Olimpiadi specchio del mondo

Intervista a Massimo Giuliani

a cura di Monica Pierulivo

Massimo Giuliani ha ricoperto il ruolo di Direttore Tecnico delle Squadre Nazionali di Nuoto di Fondo dal 1994 al 2020. In questo ruolo, ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016. Nel 2020 è stato nominato membro della IMSHOF (International Marathon Swimming Hall Of Fame), unico allenatore del nuoto di fondo italiano. 


1.     Le Olimpiadi sono un grande evento globale, con oltre 200 Paesi partecipanti in oltre 400 eventi tra Olimpiadi estive e invernali, che mette in gioco tante risorse, anche in termini di ideali. Ti chiedo quindi quali sono i valori olimpici che ispirano questa grande manifestazione, e quanta consapevolezza ci sia ancora oggi di questi ideali, tra gli organizzatori e tra chi partecipa.

 

I valori sono ancora quelli scritti nella Carta olimpica, già identificati nel 1908 dal barone de Coubertin, con la nascita del movimento olimpico. L’idea fondante era che i giovani di tutto il mondo, indipendentemente dall’etnia, dal credo politico, ecc., potessero dialogare e allacciare rapporti in maniera cosmopolita. Questo, secondo de Coubertin, portava a una progressione della civiltà mondiale. Il movimento olimpico nasce quindi su queste basi, di internazionalismo, lealtà, amicizia, solidarietà, rispetto, pace ecc.

Naturalmente a tutto questo si aggiunge l’importanza dell’Olimpiade dal punto di vista sportivo e quindi al forte impegno che richiede. Per un atleta si tratta certamente dell’evento più importante della sua carriera, sia come dilettante, professionista o semi-professionista e rappresenta il clou, il momento più importante della vita, della carriera, quello che ogni atleta sognerebbe dal momento in cui inizia a fare agonismo. Quindi, chiaramente le aspettative sono tante.

 
Parlando di valori, inoltre, è necessario far riferimento anche alle Olimpiadi antiche, che sono nate con lo scopo addirittura di confrontarsi, non nei campi di battaglia, ma nelle competizioni atletiche tra Stati diversi. 

In epoca antica, le Olimpiadi erano anche un’occasione per decretare periodi di tregua, nel caso si stessero combattendo delle guerre. Cosa che invece non succede più oggi, come abbiamo visto proprio in occasione dei giochi 2024. Questa differenza è abbastanza significativa per capire come siano cambiate le cose, anche rispetto ai valori fondanti delle Olimpiadi moderne di Coubertin. 

 

Esempio, alle Olimpiadi di Parigi del 2024 alcuni degli atleti russi hanno potuto partecipare senza la propria bandiera non rappresentando il proprio paese. Alcuni hanno scelto di partecipare, altri no. Se ci rifacciamo allo spirito olimpico, questo potrebbe essere interpretato come una stortura perché de Coubertin voleva mettere in dialogo i giovani di tutto il mondo, senza barriere e senza limitazioni. Se l’Olimpiade dovesse rispettare il valore olimpico non dovrebbe impedire agli atleti di partecipare. In presenza di una guerra ingiusta è stato trovato quindi un compromesso: venire a gareggiare in maniera neutra senza la propria bandiera di appartenenza. D’altronde l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina sta continuando dopo tre anni ormai e questo collide fortemente con i valori dell’internazionalismo, del rispetto, della pace. C’è quindi una contraddizione fra il preteso universalismo degli ideali olimpici e la durezza di una competizione diretta fra nazioni. Lo stesso sovranismo di alcuni Paesi si pone in contrasto con il concetto di internazionalismo.


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Gamefication e Game Based Learning:

il gioco e le nuove frontiere dell’apprendimento

Intervista a Silvia Fioretti

a cura di Patrizia Lessi

Silvia Fioretti è professoressa associata di "Didattica e Pedagogia speciale" presso l'Università degli studi di Urbino. La sua ultima pubblicazione, si occupa del valore educativo del gioco.


Nella sua introduzione ha fatto riferimento agli studi di Johan Huizinga e Roger Caillois sul gioco e la sua valenza all’interno di una cultura. Le chiedo, di quale cultura è espressione il gioco oggi?

 

Per rispondere occorre prima farsi una domanda: cos’è il gioco? Intanto possiamo dire che il gioco è un’attività estremamente complessa che non si risolve esclusivamente nel fare, nell’agire ma porta con sé uno spettro di situazioni che rinviano al pensiero, alla cognizione, all’affettività, all’emozione, al piacere.  Un autore come Gregory Bateson ha collegato il gioco all’ironia, a processi cognitivi di tipo superiore.   Huizinga e Caillois, due dei principali teorici del gioco, hanno individuato nella peculiare area di esperienza e di attività umana del gioco le caratteristiche intrinseche, dei criteri che sono considerati validi in tutti i giochi. Ad esempio: il disinteresse, la tensione, la riuscita, l’aspettativa, la libertà, le regole. Per questi autori le caratteristiche fissano il significato del gioco a seconda del tempo e del luogo in cui si trovano. In questo senso il gioco è un prodotto culturale, nasce in un contesto spazio-temporale e riflette i valori e i caratteri di una cultura. 


Come si collega l’ironia al gioco?

 

L’ironia, la caricatura, sono elementi di simulazione presenti nell’attività ludica per Bateson. Definiscono un complesso riferibile al gioco che appartiene a tutte le età della vita e dunque esprime il contesto culturale in cui si sviluppa. In Homo Ludens Huizinga ha contribuito a riscoprire il valore del gioco quale attività in grado di definire la nostra umanità. Caillois, nella sua tavola di classificazione, individua le categorie fondamentali comuni a tutta l’attività ludica: agon, alea, mimicry e ilinx. Sono le dimensioni di   competizione, fortuna, maschera e vertigine che riscontriamo nei giochi. Rappresentano punti fermi, punti di riferimento stabili che creano un legame forte con la cultura del tempo. A me interessa indagare il modo in cui l’attività ludica possa entrare in relazione con l’istruzione. In altre parole, possa fornirci un contributo, un aiuto, per favorire l’apprendimento.


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Socializzare con i giochi da tavolo e di ruolo

Intervista a "Piombino gioca"

a cura di Patrizia Lessi


Piombino Gioca è un gruppo informale di giocatori da tavolo presente a Piombino. (LI) Promuove il valore ricreativo ed educativo del gioco collaborando con le realtà del territorio. 

Nel cuore di Piombino esiste un luogo nascosto e magico, il Nest, in cui un gruppo variegato di persone che prende il nome di Piombino Gioca, riunendosi con entusiasmo e con il solo fine di divertirsi e stare insieme porta avanti la cultura del gioco da tavolo declinato nelle sue numerose forme. È una bella realtà che merita di essere maggiormente conosciuta.

Perché Nest?

Prende il nome dal laboratorio sotterraneo del famoso videogioco (e film) Resident Evil, e come quel laboratorio, si trova sottoterra.

Nest in inglese significa anche “nido” e in effetti è il nostro ritrovo, il rifugio in cui giochiamo e socializziamo tutti insieme.

 

Il gruppo Piombino gioca si forma grazie a giocatori da tavolo o appassionati di videogames?

Decisamente grazie ai giocatori da tavolo e a chi vuole diventarlo. Molti di noi ovviamente sono cresciuti anche con i videogiochi, partendo dai classici giochi della GIG(1), ai vecchi Sega Mega Drive[2], ai Nintendo fino alle consolle più recenti. Ognuno di noi però ha la propria storia di come ci siamo avvicinati al mondo dei giochi da tavolo, e Piombino Gioca contribuisce a forgiarne di nuove!

Come arrivano le persone al Nest?

Soprattutto attraverso il passaparola, ma conta anche il nostro profilo Instagram ‘Piombino Gioca’ in cui trovare il numero di telefono del gruppo[1] . Abbiamo portato avanti collaborazioni con la Biblioteca Civica Falesiana e il Centro Giovani di Piombino. È in programma la proposta di collaborazione con Unitre-Università delle tre età di Piombino.

Come è nato il vostro logo?

Un membro del nostro gruppo (Antonio) si è sbizzarrito con l'Intelligenza Artificiale. Abbiamo selezionato una serie di modelli fino a scegliere quello attuale, che Rosa, l’artista del gruppo, ha riportato anche su tela.

E l’idea di formarvi?

Anni fa, in occasione di una serata dedicata ai giochi da tavolo e organizzata al Centro Giovani, Diego propose ai ragazzi che all’epoca facevano il servizio civile lì di aiutare ad organizzare attività come quella. Il numero di partecipanti, settimana dopo settimana, è aumentato. Dopo il cambio di gestione del Centro non è stato più possibile riunirsi lì. Da quel momento il posto in cui Diego raccoglieva e conservava giochi e miniature è diventato anche il nuovo spazio in cui incontrarsi.


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Il gioco che non vince

Combattere l’azzardo e la ludopatia per un nuovo progetto di società

a cura di Presidio LIBERA Rossella Casini Castagneto Carducci San Vincenzo  


“Il gioco sa innalzarsi a vette di bellezza e di sanità che la serietà non raggiunge” (Johan Huizinga): filosofi, pedagogisti, etologi concordano all’unanimità sull’importanza del gioco per tutti gli animali, non solo per gli umani.

Tra i tanti aspetti positivi, il gioco sviluppa abilità individuali e di gruppo, insegnando a stare insieme secondo regole condivise.

L’azzardo, impropriamente chiamato “gioco d’azzardo” ha invece caratteristiche opposte: non si basa mai su capacità e abilità, ma unicamente sulla fortuna o, meglio sul caso, ed inoltre lo si pratica in solitudine

Allora, siccome citando Nanni Moretti “le parole sono importanti”, la prima riflessione che proponiamo è di carattere semantico, sulla correttezza di usare lo stesso termine per i giochi veri e propri e per il gioco d’azzardo. L’inglese in questo caso è più preciso, perché usa il termine game per il gioco e gamble per l’azzardo. Non è un esercizio di stile, ma confondere significa contribuire a sdoganare una pratica dannosa e che niente ha a che fare con la bellezza del gioco.

Ma al di là delle questioni lessicali, partendo dalla questione della differenza fondamentale tra gioco e azzardo, proseguendo in questo ragionamento sulla negatività dell’azzardo, c’è un altro elemento, noto ma sottovalutato: l’azzardo porta spesso a sviluppare una dipendenza, la c.d. ludopatia, che ha tutte le caratteristiche delle dipendenze da sostanze, ma è molto più subdola, infatti non si vede, non puzza e non porta buchi nelle braccia, ma nelle vite e nelle relazioni familiari. 


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Giocare è conoscere

di Marica Notte


L’esperienza che più si lega all’infanzia è quella del gioco. Il gioco, potremmo dire, è una fonte della conoscenza umana, al pari della sensazione e dell’intelletto che, secondo il filosofo John Locke, garantiscono validità al processo conoscitivo in sé. L’essere umano, per formulare le idee, si mette in relazione al mondo esterno primariamente attraverso i sensi, e trasforma poi il percepito in contenuti mentali attraverso il senso interno, la ragione. La conoscenza deriva dall’apprendimento che il soggetto instaura con l’ambiente. Per questo possiamo pensare che il gioco, per un bambino, abbia una funzione esperienziale fondamentale affinché possa sperimentare se stesso nel mondo e il mondo stesso. Il filosofo naturalista tedesco Karl Groos studiò le funzioni evolutive del gioco da un punto di vista comparativo e notò che gli esseri umani sono la specie che gioca di più rispetto alle altre, perché ha molte più cose da imparare, conoscere e trasmettere.

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Del giocare a Carnevale

di Alessandra Broccolini


Festa e gioco sono componenti universali dell’esperienza umana e le troviamo in ogni società. Come concetti sono entrambi sono di difficile definizione e generazioni di studiosi tra antropologi, sociologi, psicologi e storici, hanno tentato di individuarne dei caratteri fondamentali, a volte senza riuscirci. Come campo privilegiato degli studi antropologici la festa fa riferimento all’ambito del rito ed è connessa non solo alla sfera religiosa (feste patronali, mariane, pellegrinaggi, riti della Settimana Santa, ecc.), ma più in generale vive dentro il calendario prima agricolo e successivamente religioso, manifestandosi in una dimensione prevalentemente pubblica e sociale, come sono tutte le feste calendariali e come è anche il carnevale, che in Europa esprime la chiusura di un ciclo stagionale (la fine dell’inverno e la rinascita primaverile) ma è stato successivamente inglobato nel calendario religioso come momento che precede la Quaresima.

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Homo ludens

di Fabio Canessa


Dispiace ripetere la logora affermazione che “to play” in inglese significa sia giocare che recitare e suonare, ma il nocciolo della questione sta proprio in questo: il teatro, il cinema, l’arte in generale è prima di tutto un gioco. La cui regola è il formidabile patto psicologico tra l’artista e il pubblico, che sa benissimo di trovarsi di fronte a una finzione ma accetta ben volentieri di far finta che sia una realtà autentica. Anzi, paga addirittura il biglietto per vedere degli attori che recitano sul palcoscenico di un teatro o un film proiettato su uno schermo. 


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Fare arte come un gioco: SCENOSIPARIO

di Antonella De Nisco


“Crediamo nei bambini, i cittadini di domani. Crediamo che la loro educazione, il loro percorso formativo, la loro cultura, sia il bene più prezioso che abbiamo: un bene che deve essere coltivato con competenza e passione.

Crediamo che l’arte, in ogni sua forma, possa svolgere questa funzione, al di là di ogni diversità culturale, sociale, economica, abbattendo le barriere e portando un vero messaggio di pace”. (Mus-e - Manifesto)

 

Il progetto Mus-e Italia (https://www.mus-e.it/) prevede il coinvolgimento degli artisti di vari ambiti dal canto al teatro, dalla danza alle arti visive e multimediali, che attuano operazioni creative nelle scuole attraverso workshop svolti durante le ore curricolari, dove l’arte, nel piacere della relazione e del gioco, si fa alimento per l’immaginazione delle bambine e dei bambini.


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Umberto Saba e il gioco del calcio

di Gordiano Lupi


Gli intellettuali snobbano il calcio, soprattutto quello popolare, lo sport legato alla propria terra, che riporta ai tempi dell’oratorio e delle domeniche vissute all’ombra del campanile. Pare quasi un mantra radical-chic, una sorta di appendice al film di Salce, interpretato da Paolo Villaggio nei panni del ragionier Fantozzi, della serie La corazzata Potëmkin è cultura, un bell’incontro di calcio tra Padova e Vicenza no, solo sport, una cosa di poco conto. Luciano Bianciardi non la pensava così, lui era un intellettuale alternativo, scriveva per Playboy e il Guerin Sportivo, alla fine un editore ancor più alternativo ha raccolto molti suoi interventi calcistici in un libro a tema (Il fuorigioco mi sta antipatico) e tanti sono ancora dispersi su riviste d’epoca. Umberto Saba, invece, sembra un letterato fuor di sospetto, scevro da tentazioni popolari, fa parte di quei poeti laureati – alcuni lo definiscono ermetico ma non è vero, forse crepuscolare, pascoliano, di fatto un genio non classificabile – che non ce li vedresti a fare il tifo in gradinata, magari rischiando il freddo d’una giornata di vento.

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Conoscere e ricostruire

Giochi e giocattoli nel mondo contadino padano

di Claudio Davoli


Nella società contemporanea nella quale il gioco è sempre più legato a interessi economici e quelli che chiamavamo contadini ora si sono trasformati in imprenditori agricoli, può apparire anacronistico riproporre all’attenzione giochi e giocattoli appartenuti al mondo agricolo della Pianura Padana già in via di progressiva scomparsa a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Rimane tuttavia necessario ricordare come il gioco sia sempre stato e continui ad essere una componente che caratterizza i luoghi e le culture a cui appartiene e in cui viene praticato, differenziandosi di conseguenza nelle diverse classi sociali, per chi vive nelle città o nelle campagne o per chi conduce attività diverse. Nel mondo contadino, a cui facciamo riferimento, sia per i bambini sia per gli adulti, non mancavano momenti di gioco, anche se queste attività ludiche erano limitate per più impellenti necessità. Se bambini e bambine giocavano in modi spesso diversi ma con uguale frequenza, nel mondo degli adulti, pur con una prevalenza della componente maschile, terminate le attività domestiche e in campagna, ci si ritrovava nelle stalle


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Da Toscanelli a Cavicchi

Giochi di campagna tra Ottocento e Novecento

di Rossano Pazzagli


Due libri, distanza più di un secolo l’uno dall’altro, danno conto in modo dettagliato nella vita delle campagne, degli aspetti tecnici e colturali, ma anche degli usi e costumi delle famiglie contadine. L’economia rurale descritta nella provincia di Pisa di Giuseppe Toscanelli e La mia terra. Memorie di un tempo che fu di Coraldo Cavicchi. Nell’800 e nel primo ‘900 della provincia di Pisa facevano parte anche i territori dell’Alta Maremma, cioè quell’area compresa tra Rosignano e Volterra a nord e Piombino e Suvereto a sud. Erano territori rurali con già qualche barlume di industria, che poi si sarebbe sviluppata nel corso del secolo, dove prevaleva ancora una civiltà contadina fatta di fatiche e di rapporto con la natura, ma non scevra del gioco e della festa. Questi costituivano, anche nelle epoche passate, una dimensione significativa nella vita delle persone, bambini o adulti che fossero. 

Nel mondo contadino si lavorava molto, ma ci si divertiva pure. Si lavorava alacremente e continuativamente, seguendo le ore del giorno e le stagioni dell’anno, senza alcuna distinzione tra tempo di lavoro e tempo libero. Si può dire che il tempo libero non esisteva e che tale concetto apparirà solo con l’affermarsi dell’era industriale. 


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Il gioco dell’apprendimento

di Mitia Davoli e Iride Sassi


Quando, come, dove giocano bambini e ragazzi? Con quali sguardi gli adulti e gli educatori osservano il giocare di bambini e ragazzi? Come costruire contesti in cui il gioco possa crescere come struttura di apprendimento di ognuno e del gruppo?

 

L’esperienza di Officina Educativa (servizio del Comune di Reggio Emilia, progetta e collabora con le scuole primarie e secondarie di I grado della città) valorizza il gioco come sperimentazione, modalità di procedere per prove ed errori, esame e interpretazione della realtà, contesto in cui creatività, sfida, piacere e motivazione costruiscono relazioni e significati da vivere e condividere.

Nell’approccio di ricerca di Officina Educativa il gioco, che contiene ricerca e progettazione, permette di oltrepassare la separazione tra attività ludiche e attività di formalizzazione dei saperi. 


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Palla in gioco

di Stefano Lucarelli


Era una battaglia.

Fino all’ultima goccia di sudore, fino all’ultimo livido sullo stinco, fino all’ultimo gol che segnava la fine della partita.

In piazza, lungo un marciapiede largo accanto alla canonica della parrocchia tra le macchine parcheggiate, si giocava a pallone.

E per giocare lì bisognava aver superato almeno i dieci anni, perché si affrontavano i più grandi. Prima era il cortile sotto casa tra i cancelli e le saracinesche dei garage.

Sotto i quattro grandi palazzi che gli facevano da torri perimetrali.

A un ora precisa appena dopo il pranzo ci si scapicollava sulle scale per scendere di sotto a giocare, e, preferibilmente, a pallone.

Chi lo possedeva arrivava prima di tutti gli altri e lo calciava in alto per richiamare il branco alla sfida. Poteva capitare che dalle finestrone che illuminavano le scale si potesse vedere il pallone salire lungo la parete esterna e poi ridiscendere per essere ripreso al volo dal piede successivo per l’ennesima salita a campanile, come si usava dire.

Una volta scesi tutti si formava un gruppo per fare le squadre.

A quel punto i due più bravi, uno di fronte all’altro, facevano la conta dichiarando a voce alta o pari o dispari.


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NELLA STIVA

LETTURE, NOTIZIE E SEGNALAZIONI

Perché facciamo la differenza?

Gioco & Filosofia, Brunella Antomarini, Francesco Lutrario e Daniela Movileanu, Tab edizioni, 2021


Definire il gioco è complesso e spesso si tende a farlo per negazione: il gioco non è serio, non è reale, non produce un valore tangibile. Questo approccio non permette di comprendere cosa sia e che funzione abbia. Nonostante ancora non esista una “ludologia”, ovvero una disciplina che studi i giochi e il gioco con un approccio specifico, tuttavia se ne trovano tracce già nel pensiero degli antichi filosofi e gli attuali modelli concettuali di riferimento sono validi e trasversali a numerose discipline: dall’antropologia alla psicologia, dalla storia alla matematica, fino alle tecniche di game e gamification design. Lo scenario post-digitale, caratterizzato dall’espansione esponenziale di tecnologie che interagiscono con gli esseri umani, suggerisce una rinnovata idea del gioco come strumento cognitivo, riflessivo, o anche liberamente ideato come fine a sé stesso. In questo contesto ritrovare in forma semplice e diretta una filosofia del gioco diventa utile e necessario. Il libro ripercorre i testi di filosofi “del gioco” dall’antichità al XIX secolo, per lasciare spazio in un successivo volume a quelle del XX e del XXI secolo.



Pedagogia di genere. Educare ed educarsi a vivere in un mondo sessuato, Irene Biemmi, Barbara Mapelli, Mondadori Universitaria, 2023

Divenire donne e uomini o scegliere di vivere e viversi come soggettività sessuali fluide è un processo in continua trasformazione che la riflessione pedagogica ha il compito di porre a tema, in un’ottica interpretativa e propositiva che assuma il genere come principale punto di vista e chiave di lettura. In tale prospettiva si sviluppano le tre parti che compongono il testo. La prima segue la storia della pedagogia e della pedagogia di genere; la seconda riflette su alcuni dei temi che attraversano la teoria e la pratica educative; la terza propone percorsi di lettura per l’infanzia e l’adolescenza, utili ad accompagnare le crescite sessuate. Le autrici hanno scelto di non proporre conclusioni al loro lavoro, nella convinzione che, se la prospettiva adottata è momento educativo in evoluzione perenne, questo testo non può che esserne una tappa, se pure (auspichiamo) significativa.


Giocattologia: Storia e teoria critica del giocattolo e del giocare, di Vincenzo Capuano, Mursia 2020


La Storia del giocattolo è la più «politica» delle discipline. I giocattoli sono simboli, modelli e metafore, ci raccontano chi siamo stati e che cosa siamo diventati, nel pubblico e nel privato. Ci interpellano su che mondo stiamo lasciando a chi verrà dopo di noi. Lo fanno da un punto di vista «privilegiato», quello della riflessione sull’infanzia, condizione di cui tutti facciamo esperienza. Le differenze e gli stereotipi di genere, il tempo, il sacro, la realtà virtuale, il corpo, la moda, i social, le dipendenze: questi e altri i temi dell’universo ludico nel quale siamo immersi.


Il valore educativo del gioco. Gamification e game based learning nei contesti educativi , di Silvia Fioretti, FrancoAngeli 2023


I termini gamification e game based learning indicano una molteplicità di approcci e si riferiscono ad una complessità di temi e contenuti. Questi termini vengono utilizzati in diversi contesti, dalle attività produttive a quelle organizzative, dai servizi sociali all'istruzione, dalla salute al marketing e per una vasta gamma di attività (dal tempo libero al mondo produttivo, dallo svago all'apprendimento). Questi approcci sono legati a processi e percorsi pianificati, utili ad indurre motivazione e coinvolgimento. Un numero crescente di organizzazioni sta utilizzando le caratteristiche dei giochi, soprattutto premi e ricompense, per motivare e incentivare determinati comportamenti. Infatti, le attività ludiche coinvolgono ed emozionano e nel gioco si sperimentano divertimento, coinvolgimento, partecipazione, impegno, intenzione, padronanza, competenza. I contributi inseriti nel volume indagano questi aspetti, sottolineano il valore educativo del gioco nei contesti di insegnamento e apprendimento promuovendo, allo stesso tempo, un'attenzione critica nei confronti di mode e tendenze attuali e richiamando la necessità di ricerche solide per approfondire i legami tra strategie didattiche, processi motivazionali e risultati di apprendimento.

Collaborano con noi:

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David Abulafia
Diego Accardo
Leonardo Animali
Flaminia Aperio Bella
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