NavigAzioni tra locale e globale
Nautilus è una rivista mensile che non parla solo di cultura ma è cultura: nella narrazione di ciò che accade, partendo dai territori locali per spingersi e confrontarsi con altri luoghi, fisici o immateriali, si propone di raccontare le vie che la cultura intraprende attraverso le molteplici vesti con le quali si manifesta, con lo scopo di offrire una visione multidimensionale dei processi e di proporre una mappa dei problemi e delle opportunità del patrimonio e delle attività culturali.
Di volta in volta, si viaggerà nel tempo e nello spazio, cercando di costruire ponti metaforici tra passato, presente e futuro, tra locale e globale, tra centro e periferia, tra competenze diverse, tra punti di vista plurali per offrire, in ciascun numero, non una fotografia dell’esistente bensì un’immagine in movimento di ciò che sta accadendo, che sia foriera di nuove prospettive.
Sommario
Novembre 2024 n. 41
Editoriale
Animali
«Quando sono intenti a esaminare un uomo, gli occhi di un animale sono vigili e diffidenti. Quel medesimo animale può benissimo guardare nello stesso modo un’altra specie. Non riserva uno sguardo speciale all’uomo. Ma nessun’altra specie, a eccezione dell’uomo, riconoscerà come familiare lo sguardo dell’animale. Gli altri animali sono tenuti a distanza da quello sguardo. L’uomo diventa consapevole di sé stesso nel ricambiarlo.»
Da sempre gli animali occupano il centro dell'universo insieme all'uomo: nell'antichità venivano utilizzati per popolare lo zodiaco, così come nelle statuette degli antichi Egizi, nelle pitture rupestri preistoriche fino ai capolavori del Rinascimento, hanno avuto sempre un ruolo di rilievo. Li guardiamo ininterrottamente, perché sono esseri senzienti e mortali come noi, eppure radicalmente diversi: osservandoli abbiamo imparato a definire che cosa è umano, e il loro sguardo ci è ancora indispensabile (John Berger, 2016).
Oggi gli animali abitano le case di milioni di persone, le loro fotografie invadono il web e le pagine dei giornali, sono dappertutto, eppure stanno scomparendo, perché è sempre più rara la possibilità di un incontro, sostituita dallo spettacolo di documentari, cartoni animati e giochi per bambini.
Stanno perdendo il ruolo di messaggeri di un "oltre" segreto, dell'abisso che si trova al di là del linguaggio e parla della nostra origine, della nostra solitudine come specie.
La biodiversità marina rappresenta una ricchezza inestimabile per tanti motivi. Qual è la situazione oggi nel Mediterraneo?
Noi abbiamo la fortuna di vivere in uno dei luoghi con la maggiore ricchezza di biodiversità del pianeta, soprattutto se pensiamo che il Mediterraneo contiene circa l’8% della biodiversità marina mondiale con una varietà e una ricchezza di specie straordinaria, molte delle quali sono esclusive di questo mare, ovvero endemiche. Partiamo dunque da un quadro meraviglioso, frutto di una storia evolutiva ricchissima e molto lontana che ha portato, a partire da circa 250 milioni di anni fa, alla convivenza di specie assai diverse tra di loro attraverso l’isolamento e la separazione della Tetide, il mare primordiale Mediterraneo. Oggi i cambiamenti climatici che stiamo vivendo e l’azione dell’uomo, la pesca e i traffici marittimi anche a seguito dell’apertura del canale di Suez, stanno determinando il più profondo e rapido cambiamento della biodiversità marina che l’umanità abbia mai visto.
In 150 anni, che sono un nanosecondo della storia della vita, si sono diffuse un migliaio di specie aliene, che stanno cambiando completamente i paesaggi sottomarini. Stiamo perdendo quasi completamente ad esempio i grandi banchi di ostriche, perso oltre l’80%, così come è andato perso l’80% delle foreste algali sottomarine e il 30% delle praterie sommerse di fanerogame e di altre piante dei fondali. Insomma, il paesaggio sottomarino è visibilmente diverso rispetto a quarant’anni fa e ce ne possiamo rendere facilmente conto facendo semplicemente una nuotata in una giornata d’estate. Questa trasformazione è oltre ogni possibile immaginazione e infatti non era stata mai prevista da noi scienziati, le grida di allarme dei ricercatori sono state superate dai dati reali che risultano ben peggiori delle previsioni più nefaste. Questo non vuole essere un de profundis, però dobbiamo prendere atto che questo ambiente sta cambiando profondamente e il cambiamento non è solo nell’aspetto estetico ma sottintende uno scombussolamento dei processi funzionali, del loro stesso funzionamento e quindi anche di quello che questo ecosistema restituisce a nostro beneficio.
A seguito delle modifiche approntate dalla legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022, la tutela degli animali è entrata in Costituzione, venendo stabilito nel terzo comma del nuovo art. 9 che la legge dello Stato ne disciplina i modi e le forme.
Le chiederei quali sono sue considerazioni in merito a questa riforma che, da un lato, segna un’evoluzione importante con il riconoscimento, anche in ossequio al diritto europeo, degli animali come esseri senzienti, dall’altro, rinvia al legislatore statale per la concreta attuazione del nuovo principio costituzionale di protezione del benessere animale.
Inoltre, rispetto alla tutela del benessere animale quali sono secondo lei le prospettive più interessanti sul piano del diritto internazionale ed europeo?
Infine, possiamo dire che la riforma costituzionale del 2022 conserva “il punto di osservazione dell’uomo dentro la natura”, segnando semmai il passaggio da un antropocentrismo dei diritti al c.d. antropocentrismo dei doveri, che attribuisce all’uomo una posizione di responsabilità nei confronti della natura.
Secondo lei l’antropocentrismo dei doveri può essere la giusta impostazione per tutelare gli interessi degli animali?
ML: Nel 2022 la nostra carta costituzionale ha subito una modifica nel senso che per la prima volta è stata introdotta la tutela degli animali esplicitamente nel testo costituzionale.
Questa modifica – sui cui limiti e sulle cui potenzialità ci potremmo poi soffermare – si inserisce nell’ambito di un contesto di sempre maggiore interesse sia per gli ordinamenti nazionali sia per l’ordinamento europeo nei confronti della tutela giuridica degli animali.
A livello europeo la tutela degli animali ha una lunga storia. A partire dagli anni ‘70 sono state sono state firmate una serie di convenzioni internazionali e successivamente adottate tutta una serie di normative che vanno a tutelare gli animali con riguardo a specifici aspetti, per esempio gli animali durante il trasporto, gli animali oggetto di sperimentazione, gli animali nell’alimentazione, gli animali negli allevamenti e così via. Le normative in questione sono tantissime. Basta vedere il sito della Commissione europea Animal welfare per constatare appunto l’entità della normativa.
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Amarena e le altre
Il 2023 è stato un vero e proprio annus horribilis per l’orso marsicano (Ursus arctos marsicanus Altobello, 1921), una relitta popolazione di orso bruno che vive isolata sull’Appennino centrale con un contingente che si aggira intorno ai cinquanta individui.
Iniziato il 23 gennaio con la morte per investimento dell’orso M20 -conosciuto al grande pubblico come Juan Carrito- e terminato il 31 agosto con l’uccisione a colpi di fucile della madre Amarena, avvenuta nella piana del Fucino. Madre e figlio più volte protagonisti delle cronache abruzzesi per la fiducia dimostrata nei confronti dell’uomo, una “confidenza” purtroppo mal riposta.
Al di là della perdita fisica dei due individui è stato inferto un duro colpo al patrimonio genetico della sottospecie con la dispersione del DNA specifico di Amarena, una riproduttrice prolifica capace di allevare ben quattro piccoli, portandoli tutti allo svezzamento.
Il silenzio e le parole: le bestie di Adele
di Anna Kauber
Ad Adele non è mai venuto in mente di chiedere prestiti o finanziamenti pubblici: fa parte di coloro che sanno di dover fare da sé, ché tanto nessuno ti aiuta, e la sopravvivenza dipende dalla sola risposta della terra alla tua fatica.
Adele ha 74 anni e una piccola stalla con fienile dei primi del Novecento, adiacente all’unico complesso, suddiviso in casa colonica e casa padronale, costruito sui terreni che appartenevano alla sua famiglia. Siamo a Vizzola, piccola frazione lungo la Strada Romea di Monte Bardone, una via dei pellegrini i quali, dalle strade transalpine, attraversavano la Val Taro, superavano l’Appennino al passo della Cisa e scendevano in Liguria. Il podere è a due passi dalla pieve medioevale ricostruita nel Settecento, con l’ulivo centenario segnalato dai Patriarchi sul lato.
“Resta pur sempre un cane”
Riflessioni sullo specismo in paese
A Paola,
alla cui sensibilità antispecista devo molto.
Se è vero che l’etologia ha fatto grandi passi in avanti nella comprensione del comportamento animale, è anche vero che queste conoscenze restano spesso circoscritte nella cerchia degli studiosi. In generale, nella relazione umano-animale permane un profondo “abisso di non-comprensione” (Berger 2016). Per tale ragione sin dai tempi più antichi gli esseri umani al fine di comunicare con gli animali hanno utilizzato fischi, espressioni verbali e, soprattutto, percosse (Bonanzinga 2005). Scavando nella mia memoria autobiografica, mi accorgo che il ricorso alla violenza nella relazione umano-animale, che è caratteristica ricorrente in tutta la cultura contadina (Troglodita Tribe 2023), resta tutt’oggi nei piccoli paesi eredi della tradizione agro-pastorale, un mezzo a cui poter ricorrere senza troppe remore. Le modalità di comunicazione utilizzate dai pastori, il tono autoritario e la violenza verbale sopravvivono ancora oggi in molti dei nostri comportamenti. “Resta pur sempre un cane” è un’espressione che potrei tranquillamente aver detto anche io negli anni addietro, o che forse ancora oggi alberga in remoti anfratti della mia mente. Da questa tradizione culturale normalizzata a cui appartengo, dai suoi modi disdicevoli e dai suoi falsi miti, continuo a rifuggire.
Stato di natura e matriarcato animale
di Patrizia Lessi
Ci dice Aristotele nella Politica, ben otto libri dedicati nel IV secolo a.C. all’amministrazione della Polis, che a scomporre l’intera società in parti sempre più piccole si arriva al suo nucleo fondante e non ulteriormente divisibile, vale a dire la famiglia. Per Aristotele è impensabile andare oltre nell’analisi di ciò che costituisce il vivere dell’umanità sulla Terra. Non ha senso parlare di uomo e donna come entità distinte. È la famiglia la cellula primigenia di ogni società (o meglio, di quella greca, che per Aristotele equivaleva a dire di tutte le altre conosciute e non). Una cellula organizzata secondo una rigorosa gerarchia alla cui base stanno animali e schiavi, sopra i figli dei padroni di casa, seguiti dalla donna fin tanto che il figlio maschio è piccolo e ha bisogno delle cure materne, perché fattosi autonomo e capace di ragionare può salire al vertice occupato da chi comanda, il padre.
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Storie di animali selvatici e di uomini
La fila di impronte lungo il recinto delle pecore racconta che hanno proceduto in fila rettilinea, calcando i piedi esattamente nell’orma di chi precede. Una marcia svolta senza sbandamenti, senza digressioni, fino a disperdersi nel bosco e oltre. La neve intatta rivela che non c’è stato stazionamento, il branco non sembra essersi interessato al gregge rinchiuso nello stallino nonostante il richiamo offerto dai belati e l’odore consistente. Questo territorio offre altre opportunità di cibo: ungulati, cinghiali, lepri, fagiani, topi, carcasse. La fame non è più un assillo come poteva essere al tempo della persecuzione.
È dalla metà del secolo scorso che non eravamo obbligati a parlarne. L’ultimo esemplare era stato ucciso sull’Appennino reggiano più di settant’anni or sono, in un giorno nevoso nel gennaio del 1949: Torri e Bragazzi, gli sparatori, due montanari che parevano scolpiti nella pietra serena, avevano ricevuto un premio dalle autorità, avevano portato il cadavere in trionfo in mezzo agli applausi e le grida. Era stata festa grande in quel paese di crinale.
Attratti dalle api
Era una bella mattina di maggio, il sole non ancora alto scaldava già a sufficienza la porticina di volo delle arnie che mi stavo apprestando a visitare, speranzoso di trovare i melari già colmi di miele da portare in laboratorio per smielare il primo miele dell’anno.
Era una tiepida sera di agosto, il sole ormai basso non bruciava più la pelle e i tappi di lamiera delle arnie potevano essere rimossi senza guanti. Mi apprestavo a visitare le famiglie di api a cui avevo tolto i melari qualche giorno prima per capire la popolosità delle famiglie.
Era un caldo mezzogiorno di gennaio, il sole abbastanza caldo e luminoso mi sembrava perfetto per il volo di liberazione dagli escrementi delle api dopo i brutti giorni ventosi e freddi appena passati. Avrei dovuto verificare la consistenza delle scorte di miele e se troppo lontane dal centro dell’arnia avvicinare i telaini più a portata delle api.
Curare gli animali
Le origini della veterinaria
1. Bestie per l’agricoltura e per la guerra
Fu essenzialmente tra ‘700 e ‘800 che la medicina degli animali da arte empirica venne trasformandosi in scienza veterinaria, con la progressiva definizione di un profilo professionale nuovo – quello del veterinario – formato in apposite scuole che, ufficialmente istituite, contribuiscono al processo di standardizzazione e omogeneizzazione delle conoscenze. Questo percorso richiese, tuttavia, un arco temporale abbastanza lungo, compiendosi definitivamente solo nel corso del secolo XIX, quando la disciplina veterinaria cominciò a muovere i primi passi in Italia. Un ruolo importante, per lo sviluppo dell’interesse verso la salute degli animali, fu giocato dalle grandi epidemie che imperversarono in tutta Europa dal XV al XVIII secolo. Le epizoozie, che spesso accompagnavano le epidemie di peste, colpivano duramente il patrimonio zootecnico e alimentavano il sospetto della trasmissione all’uomo.
Umani (e) animali
Omaggio a Ettore Tibaldi
di Marco Giovagnoli
Nella vastità dei punti d’osservazione dai quali il tema ‘animali’ può essere osservato, il sociologo territorialista che si occupa anche di cibo ne sceglie arbitrariamente due, quello del territorio e del paesaggio creati dal lunghissimo rapporto tra esseri umani e animali, e quello dell’esito alimentare dell’interazione tra le due sfere, esito spesso nefasto per i secondi. Insomma, ci si occupa di relazioni. E alle relazioni fa riferimento, in una dichiarazione, apparentemente semplice ma geniale, una persona che invece gli animali li conosceva bene in primo luogo a partire dal punto di vista della zoologia, essendo appunto uno zoologo. Nel 2008 scompare – come si usa dire ‘precocemente’, a 63 anni – Ettore Tibaldi, non prima di aver scritto il proprio necrologio (il necriculum, redatto a partire dalla propria morte per andare a ritroso nel tempo) ed averlo affidato a due suoi collaboratori. Accademico non-accademico, insofferente ai riti e alle convenienze accademiche (compresa la liturgia delle pubblicazioni fatte per la carriera e per l’approvazione dei gran Sacerdoti del citazionismo – chissà cosa avrebbe pensato dell’era dell’ANVUR…), ha insegnato Zoologia applicata all’Università di Milano e poi, una volta uscitone, per poco anche alle Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
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Vespa, uno stile di vita
di Marco Bracci
La Vespa non è soltanto un mezzo di trasporto, ma un oggetto sociologicamente rilevante. Come ogni invenzione tecnologica.
Nata nel 1946, in un’Italia sconvolta dalla guerra e all’avvio di in un processo di ricostruzione che sfocerà nel cosiddetto “boom economico” (1958-1963), la Vespa diventa veicolo – in senso tanto letterale quanto simbolico – di una trasformazione più ampia, che coinvolge il tessuto sociale, le pratiche (di consumo) quotidiane e l’immaginario collettivo. Diventa il simbolo di un paese in transizione verso la modernità.
Il suo nome deriva dall’esclamazione fatta da Enrico Piaggio, che l’aveva ideata, quando per la prima volta la vede, sente il rumore del motore ed esclama: “sembra una vespa!” Nasce come mezzo di locomozione per milioni di famiglie italiane del secondo dopoguerra, ma diventa ben presto un oggetto simbolico che tesse una fitta rete di relazioni sociali, economiche e culturali.
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Gli animali specchio dell’umanità
di Fabio Canessa
Il lupo prepotente che divora il mite agnello, la volpe che definisce acerba l’uva che non riesce ad afferrare, la rana che si gonfia per essere grossa come il bue e scoppia. Nelle favole di Esopo e Fedro gli animali sono maschere trasparenti degli uomini, allegorie espressioniste dei nostri caratteri. Il Medioevo così affascinato dalla magia e ammantato di sacro mistero da scorgere “in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata divinità”, vede negli animali Dio (la colomba) e il Diavolo (il serpente), oppure i peccati, come dimostrano il leone, la lonza e la lupa del primo canto della Commedia, cioè la superbia, la lussuria e l’avidità che impediscono a Dante di uscire dalla selva oscura.
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Gli animali non esistono
di Nicoletta Moschini
Potremmo affermare che gli animali, nel loro senso pieno e autentico, (quasi) non esistano più. Abbiamo cancellato la loro presenza dalla nostra coscienza collettiva e dall’ambiente, arrivando a dimenticare di essere noi stessi animali, creature tra creature. Certo, sono ancora intorno a noi, ove si limitano ad essere senza esistere, relegati a meri ingranaggi funzionali, come se il loro valore dipendesse unicamente dal ruolo che possono rivestire per l’animale umano, in un rigido sistema di gerarchie antropocentriche. Tutto ruota intorno a criteri da noi stessi definiti ed autoriferiti di utilità e intelligenza, come suggerisce con uno sguardo sottile il botanico Stefano Mancuso.
Già Rousseau osservava come la società fosse sorta dai primi recinti e dalle prime barriere, distinzioni nette tra “mio” e “tuo” che si sono erette al di sopra dello stato di Natura, fino a decretare quali esseri esistono e quali, al contrario, smettono di farlo.
Bestie sacre
Il vivo del presepe
Diversi anni fa mi capitava nei giorni di Natale di essere ospite di una grande casa parentale dove la sera del 26 dicembre, da tempo, si allestiva il Presepe Vivente. L’intero paese vi partecipava e anche noi eravamo spesso coinvolti. Un appuntamento immancabile dentro un percorso preparato con cura dalle mani esperte di donne e anziane signore per il cibo e da quelle di falegnami, muratori e altri operai del luogo per le suppellettili.
Per un certo periodo sembrava si fosse fermato.
Ora, però, è tornato a far risuonare le sue zampogne in omaggio ad una tradizione tanto bella quanto vissuta.
Dalla finestra di casa sento battere chiodi e spostare grandi palanche di legno.
Sono i martelli che colpiscono afferrati da mani professionali.
Nel piccolo paese di Trivigliano, nella Ciociaria profonda, i carpentieri sono al lavoro dal mattino, stanno preparando le capanne e i recinti con i percorsi segnati del loro annuale Presepe Vivente.
Sarà pronto e finito per la sera stessa del 26 dicembre quando una folla di curiosi e di paesani aprirà le porte simbolicamente chiuse e sorvegliate da uomini in abiti da antichi romani, con elmo, mantello porpora e lancia.
Copertine bestiali
Ammesso che simili confronti abbiano un senso, quello che pretende di contrapporre “Sgt. Pepper lonely hearts club band” dei Beatles a “Pet Sounds” dei Beach Boys, si spegne all’istante dal punto di vista musicale (due capolavori, nessun dubbio), mentre dal punto di vista grafico non c’è proprio storia! Va bene il richiamo agli animali del titolo, ma quello scatto agreste non ha molto a che fare con la musica contenuta nel lavoro della band statunitense, di grande qualità.
Se si considera che solo in Italia (dato del 2023) la stima dei soli animali cosiddetti da affezione sfiora i 65 milioni di unità si intuisce facilmente come il mondo animale (domestico o selvatico poco importa) si riveli da sempre un ottimo elemento di marketing nel campo della grafica applicata alle copertine dei dischi.
Materiale ce ne sarebbe tantissimo per cui, prima di avventurarmi fra quelle copertine che hanno “qualcosa da raccontare”, ne butto lì un po’ suddivise per categorie, giusto a mo’ d’aperitivo.
Un cane è per sempre
di Giovanna Lenzi
Il seguente testo non nasce a scopo scientifico. Mi auguro piuttosto che sia di aiuto ai lettori che stanno per approcciarsi a questo mondo.
Parafrasando una celebre pubblicità (un diamante è per sempre) volevo fare delle piccole considerazioni per aiutare ad una scelta consapevole quando si decide di portare a casa un amico a quattro zampe. Sia che decidiate di comprare o adottare un cane cucciolo o adulto dovete porvi delle domande perché il vostro amico starà con voi mediamente 15 anni; domandatevi quindi:
Qual è il mio stile di vita (sedentario o attivo)?
Tutta la famiglia è d’accordo con la scelta di portare un cane a casa?
Le dimensioni della casa/giardino o il tempo che posso dedicargli permettono al mio cane di manifestare liberamente le sue caratteristiche comportamentali?
Quali sono le disponibilità economiche da dedicare al mio amico?
NELLA STIVA
LETTURE, NOTIZIE E SEGNALAZIONI
John Berger, Perché guardiamo gli animali? Dodici inviti a riscoprire l’uomo attraverso le altre specie viventi, il Saggiatore, Milano, 2016.
Lo sguardo di un cane, con la sua muta urgenza, può interrogare in modo profondo, indicando realtà che sfuggono all'attenzione umana. Una lepre che attraversa un confine, davanti agli agenti di frontiera, rivela quanto ci sia di arbitrario nelle convenzioni che governano il nostro quotidiano. Rispecchiarsi negli occhi di un orango equivale a un viaggio nel tempo lungo millenni, e il bagliore emanato da una lucciola può apparire ancora più gelido e remoto di quello di una stella.
In Why Look at Animals?, saggio compreso in About Looking (1980), una raccolta di scritti sulla vita, l’arte e il modo in cui vediamo il mondo attorno a noi, John Berger esamina l’evoluzione del nostro rapporto con gli animali, analizza il modo in cui li pensiamo in epoca moderna, e come sono passati da essere fonte di ispirazione per le primissime forme d’arte, divinità e elementi spirituali a forme di spettacolo in cattività. L’assenza di contatto con gli animali viene paradossalmente compensata da istituzioni come zoo, circhi, riserve naturali. I giocattoli per bambini, i film d’animazione e giochi che riproducono immagini della natura non fanno che esasperare la nostalgia di una reale interazione con gli animali, che vengono tenuti dall’uomo in ambienti innaturali, castrati, nutriti con cibi artificiali, limitati nello spazio. Il concetto che Berger affronta è la loro crescente marginalizzazione; le creature in gabbia sono diventate “il monumento vivente alla propria scomparsa”. Reprimere gli animali e allo stesso tempo usare le loro immagini, scrive Berger, non è altro che il capitalismo che riproduce le vecchie pratiche coloniali europee. Il vedere si lega a forme di sorveglianza e controllo e il guardare gli animali diventa un’osservazione fatale, la causa della loro estinzione.
Emanuele Coccia, MetamorFosi. Siamo un’unica, sola vita, Einaudi, Torino, 2022.
«La vita non è che un'unità cosmica che stringe la materia della Terra in un'intimità carnale. Siamo tutti carne della stessa carne, indifferentemente dalla specie cui apparteniamo». Un saggio dirompente, che ribalta in modo radicale la nostra idea di cambiamento. Tutto è metamorfosi e di questo facciamo esperienza fin dalla nascita, perché nascere significa ereditare una vita che ha già vissuto – il suo Dna, il suo respiro, la sua carne, i suoi atomi – e sforzarsi di darle un altro volto. È ciò che accade a tutte le specie attraverso l'evoluzione: ciascuna è la metamorfosi di una forma che ha già vissuto e che si prolunga nella diversità dell'altra. Questa continuità lega tutti i viventi tra di loro e con la Terra, l'immenso bruco da cui si liberano, a ogni istante, le farfalle delle specie. Filosofo italiano tra i più noti e stimati a livello internazionale, Emanuele Coccia ha fatto di questo libro brillante e originale, tradotto già in diverse lingue, la metamorfosi dei saperi più diversi: dalla zoologia alla filosofia, dalla biologia alla linguistica, dalla botanica alla letteratura. Ne risulta una visione in cui l'essere umano stesso è uno zoo ambulante, frutto ed espressione di una forma di vita più vasta e interconnessa.
Telmo Pievani, Tutti i mondi possibili. Un'avventura nella grande biblioteca dell'evoluzione, Raffaello Cortina editore, 2024
Nel 1976, una giovane studentessa di ingegneria di Princeton è a Madrid in vacanza. Legge "La biblioteca di Babele" di Jorge Luis Borges e ha un’illuminazione. Immagina quegli scaffali sterminati e si immedesima nel destino del bibliotecario che si aggira disperato alla ricerca del libro dei libri, quello che contiene le risposte ai misteri fondamentali della vita. Prima di lei, John Maynard Smith aveva fantasticato sull’esistenza di un’analoga libreria: piena non di libri, ma di proteine. Più di recente, alcuni biologi hanno ricostruito lo spazio combinatorio ideale – il morfospazio – di tutti gli animali e di tutte le piante possibili. Ma qual è il senso, per la scienza, di immaginare mondi che non esistono per spiegare la realtà? Perché il morfospazio degli animali è pieno di zone vuote? Dopo più di 40 anni di tenaci ricerche e di disavventure, quella giovane lettrice, Frances Arnold, svelerà l’enigma e scoprirà forme e combinazioni che l’evoluzione non aveva ancora esplorato. Un viaggio appassionante, da Madrid a Stoccolma. Intrecciando scienza, filosofia e letteratura, tra Borges e Italo Calvino, Telmo Pievani ci guida attraverso Babele per mostrarci quanto è vasto e sconosciuto il mondo del possibile che non si è ancora realizzato.
Troglodita Tribe, La fattoria InFelice. Animali e contadini, Ortica editrice, 2023
La fattoria, come luogo poetico in cui gli animali vivono felici donando i loro prodotti a noi umani, non esiste e non è mai esistita. È un inganno atto a manipolare il nostro immaginario per rendere accettabile lo sfruttamento, il dominio, la violenza e la segregazione a cui sono sottoposti tutti gli animali da reddito. Cosa si cela dietro la tanto decantata cultura contadina? Dietro l’immagine del latte appena munto? Dietro un romantico pollaio amatoriale? Questo libello, superando le fantasie bucoliche disneyane, smaschera uno dei miti della nostra società: la fattoria felice. Denuncia come questo mito sia funzionale a nascondere l’orrore dello sfruttamento animale, e mostra come la catena del dominio, che caratterizzava la civiltà contadina, continua a caratterizzare il nostro presente.
Collaborano con noi:
Velio Abati
David Abulafia
Diego Accardo
Leonardo Animali
Flaminia Aperio Bella
Pupi Avati
Antonella Balante
Simone Baleani
Tina Balì
Katia Ballacchino
Alberto Barausse
Giuseppe Barbera
Alessandra Bazzurro
Patrizia Becherini
Federico Beconi
Marinangela Bellomo
Stefano Benvenuti Casini
Maddalena Bergamin
Cristina Berlini
Annunziata Berrino
Jacopo Bertocchi
Giuliana Biagioli
Anna Bigi
Francesco C. Billari
Carlo Bisci
Antonio Bonatesta
Gabriella Bonini
Lorenza Boninu
Ermanno Bonomi
Barbara Borgi
Arianna Brazzale
Sonia Bregoli
Dario Bressanini
Filippo Bruni
Daniela Bruno
Adriano Bruschi
Roberto Buizza
Marco Cadinu
Mario Calidoni
Federico Campagna
Fabio Canessa
Luciano Canfora
Maurizio Canovaro
Luca Caprara
Enrico Caracciolo
Mauro Carrara
Adolfo Carrari
Massimo Catarini
Francesco Catastini
Alessandra Casini
Piero Ceccarini
Carlo Cecchi
Carlo Cellamare
Giovanni Cerchia
Roberto Cerri
Fred Charap
Lucia Checchia
Maddalena Chimisso
Maria Chimisso
Federica Cicu
Diana Ciliberti
Augusto Ciuffetti
Graziella Civenti
Pietro Clemente
Giovanni Contini
Ilic Copja
Paolo Coppari
Paolo Corbini
Lauretta Corridoni
Luigi Costanzo
Marta Cristianini
Antonella Cucinotta
Francesca Curcio
Giancarlo Dall’Ara
Roberto Danovaro
Simone D'Ascola
Stefano D'Atri
Marzia De Donno
Roberta De Iulio
Antonio De Lellis
Maria Carla De Francesco
Antonella De Marco
Gianluca De Vito Franceschi
Maurizio Dell'Agnello
Claudia Della Valle
Vezio De Lucia
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Andreina Di Girolamo
Mirco Di Sandro
Federica Di Sarcina
Giusi D'Urso
Silvia Duranti
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Alessandro Fabbrizzi
Elena Falaschi
Francesco Falaschi
David Fanfani
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Luigi Ferrajoli
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Maurizio Ferrari
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Antonio Floridia
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