Nautilus

NavigAzioni tra locale e globale

Nautilus è una rivista mensile che non parla solo di cultura ma è cultura: nella narrazione di ciò che accade, partendo dai territori locali per spingersi e confrontarsi con altri luoghi, fisici o immateriali, si propone di raccontare le vie che la cultura intraprende attraverso le molteplici vesti con le quali si manifesta, con lo scopo di offrire una visione multidimensionale dei processi e di proporre una mappa dei problemi e delle opportunità del patrimonio e delle attività culturali.

Di volta in volta, si viaggerà nel tempo e nello spazio, cercando di costruire ponti metaforici tra passato, presente e futuro, tra locale e globale, tra centro e periferia, tra competenze diverse, tra punti di vista plurali per offrire, in ciascun numero, non una fotografia dell’esistente bensì un’immagine in movimento di ciò che sta accadendo, che sia foriera di nuove prospettive. 

Pace

Sommario 

Maggio  2025  n. 47

Editoriale

Dare spazio alla Pace

di Monica Pierulivo


Che cos’è veramente la Pace? Sicuramente non è un concetto astratto, anche se potrebbe sembrarlo, è piuttosto una dimensione diversa, che va costruita con cura ed impegno. Già all’inizio del ‘900 il movimento pacifista legato al socialismo era caratterizzato da una forte opposizione alla guerra, vista come male sociale causato dall'egoismo e dalla competizione tra le classi. La pace non era semplicemente l'assenza di guerra, ma un obiettivo da perseguire attraverso la giustizia sociale e la fratellanza tra i popoli, legata pertanto a un principio di internazionalismo. 
Oggi sono circa 56 i conflitti armati sparsi per il pianeta, devastato dalla crisi ambientale, dove la distribuzione della ricchezza che si produce è inversamente proporzionale allo stato sociale delle persone: chi è più ricco continua ad esserlo e ad accrescere la propria ricchezza in maniera esponenziale mentre aumenta il gap con coloro che vengono trascinati, di conseguenza, nella voragine della nuova povertà globale e locale, che rappresentano la parte più ampia della popolazione.
La giustizia sociale, la rivendicazione del diritto ad una esistenza dignitosa, in cui non si debbano elemosinare le cure sanitarie, l’accesso ai beni comuni primari (come l’acqua, il cibo, la casa, tra i primi e più dirimenti) rappresenta la base su cui deve poggiare una moderna domanda di pace a tutto tondo. Dobbiamo cambiare punto di vista e cominciare a pensare alla pace come progetto di rinascita di una nuova umanità.


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Rondine Cittadella della Pace  è un’organizzazione che si impegna per la riduzione dei conflitti armati nel mondo e la diffusione della propria metodologia per la trasformazione creativa del conflitto in ogni contesto, fondata più di trentacinque anni fa da Franco Vaccari, psicologo e docente, attualmente presidente dell’associazione.

L’obiettivo è contribuire a un pianeta privo di scontri armati, in cui ogni persona abbia gli strumenti per gestire creativamente i conflitti, in modo positivo.

Rondine ha sede in un luogo unico al mondo da cui trae il nome: un borgo medievale nel cuore della Toscana, immerso nella natura. Un luogo di rigenerazione dell’uomo, dove è stato elaborato l’innovativo “Metodo Rondine”, oggi a disposizione dell’umanità e della pace globale.

Abbiamo intervistato il presidente fondatore di Rondine Cittadella della Pace, Franco Vaccari, che dal 1988 sta sperimentando i valori dell’ospitalità e del dialogo ispirandosi a Giorgio La Pira e don Lorenzo Milani.

Ci può illustrare cosa è il Metodo Rondine?

“Rondine” è un metodo che propone un nuovo modo di vedere le relazioni umane a partire dal conflitto, che è visto non più come qualcosa di negativo o di sinonimo di guerra, ma in relazione alle differenze che esistono costantemente tra gli umani e che sono invece il motore delle energie. Quindi le differenze che ci sono si urtano, confliggono ma nell’urto, nel profilarsi, nell’incontrarsi generano energia vitale. È un modo radicalmente nuovo di vedere il conflitto, alla base dell’origine delle relazioni.

La vostra è un’associazione?

La nostra è un’associazione iscritta al terzo settore e ha intorno a sé una costellazione di soggetti giuridici, ha una Fondazione e anche una cooperativa sociale, però il motore è l’associazione. 

 

Il cuore del vostro lavoro è lo studentato internazionale, la World house dove convivono e studiano giovani provenienti dai luoghi di conflitto. 

Sì, la World house è un programma che dura diciotto mesi e che ospita giovani coppie di studenti che provengono da zone di guerra o di post conflitto, israeliani e palestinesi, russi e ucraini, ecc.. Queste coppie vivono qui a Rondine per il periodo stabilito; arrivano come appartenenti a due gruppi ‘nemici’ e fanno un grosso lavoro su sé stessi di cambiamento e trasformazione. Oggi la World House accoglie trenta giovani di venticinque nazionalità diverse provenienti da Medio Oriente, Balcani, Africa, Caucaso e America Latina.

 

Quanti sono gli studenti che ogni anno vengono a Rondine e quali sono le ricadute dopo che escono da questa esperienza? Continuano a crederci? Portano avanti ancora pratiche di pace nella loro vita?

Ad oggi sono già passati 288 studenti che ora sono tutti professionisti, tornati la maggior parte nei loro Paesi, alcuni rivestono ruoli di rilievo dal punto di vista civile, sociale, professionale e anche politico istituzionale.


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Arci Servizio Civile è una grande associazione di scopo che opera per la diffusione dei valori e dell’esperienza del Servizio Civile. Ci può spiegare come funziona e quali sono le associazioni che ne fanno parte?

Arci Servizio Civile Aps (ASC Aps) è una rete associativa nazionale composta da organizzazioni che condividono l’obiettivo di promuovere il Servizio Civile come strumento di cittadinanza attiva, partecipazione democratica, adesione ai valori della Costituzione, difesa non armata e nonviolenta e promozione della Pace. È una delle realtà più grandi del Paese in questo ambito, ed è dedicata prioritariamente alla progettazione e alla gestione del Servizio Civile Universale. Nel 1996 ARCI, Arciragazzi, Legambiente e UISP danno vita all’ Associazione Nazionale Arci Servizio Civile. Si aggiunge poi l'Auser. Queste 5 associazioni sono tuttora socie di ASC Aps. In questo momento la nostra rete è costituita da 61 articolazioni territoriali e da una rete di secondo livello di 1259 Enti del Terzo Settore. Inoltre, collaboriamo nell’attuazione del SC con 240 Soggetti Pubblici.

La rete di ASC Aps opera in diversi ambiti, dall’educazione alla promozione sociale, dalla tutela dell’ambiente alla protezione civile, dallo sport sociale alla tutela del patrimonio artistico. Il lavoro quotidiano di chi opera nella rete di ASC Aps è rivolto ad accompagnare i giovani in un’esperienza concreta di impegno e crescita, di sostegno alle comunità e partecipazione.

In sintesi, ci può spiegare com’è nato il Servizio Civile in Italia, con quali obiettivi e come si è evoluto?

Il Servizio Civile nasce come alternativa alla leva militare obbligatoria, grazie alla mobilitazione di tanti obiettori di coscienza che negli anni hanno lottato per il riconoscimento di un diritto: quello di non imbracciare le armi. La legge 772 del Dicembre 1972 è stato il primo risultato di questa mobilitazione. Immaginare una forma nonviolenta di difesa della patria che avesse una sua dignità, dare valore a una scelta di obiezione di coscienza è stato un percorso lungo, culminato nella legge 230 del 1998. Dopo la sospensione della leva obbligatoria nel 2001 è nato il Servizio Civile Nazionale che nel 2017 si è trasformato in Universale, con l’ambizioso obiettivo di coinvolgere sempre più giovani, ragazze e ragazzi che si impegnano nella promozione della pace, della coesione sociale e dei diritti per tutte e tutti. È una storia che parte da lontano, da un atto individuale di coscienza ed è diventata una politica pubblica che contiene il futuro del Paese.


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Educare alla Pace nella Pedagogia Speciale: costruire Inclusione, Benessere e Umanità

di Giulia Perfetto


La pedagogia speciale è una disciplina che si occupa di rispondere ai bisogni educativi di bambini e adolescenti con disabilità o difficoltà di apprendimento, affrontando in modo mirato le sfide quotidiane che queste condizioni pongono. All'interno di questo campo, il concetto di pace emerge come un elemento cruciale, poiché implica non solo l'assenza di conflitto, ma soprattutto la creazione di un ambiente educativo dove regnano armonia, rispetto, e benessere. Nella pedagogia speciale, la pace non riguarda semplicemente l'eliminazione delle problematiche, ma la costruzione di un contesto favorevole alla crescita di ogni bambino, rispettando le sue esigenze individuali, i suoi tempi di apprendimento e le sue peculiarità. È una pace che va oltre la semplice coesistenza, promuovendo la convivenza attiva e la valorizzazione delle diversità, poiché ogni bambino, indipendentemente dalle proprie difficoltà, ha diritto a un’educazione che soddisfi i suoi bisogni specifici.

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La pace secondo Don Milani

di Agata Turchetti


“Duro e trasparente come il diamante, non poteva che ferire e ferirsi” disse don Raffaele Bensì, padre spirituale del Priore di Barbiana, ad Enzo Biagi in una drammatica intervista televisiva del 20 luglio 1971.  Prete scomodo, ribelle all'autoritarismo prudenziale e ottuso. Maestro carismatico, tenero e intransigente, dai connotati arditi e radicali. Uomo di pace se con tale espressione si intende non soltanto assenza di guerra quanto tensione ideale, sostenuta da azioni concrete, hic et nunc, verso un mondo libero, equo, giusto, solidale nei confronti di ogni essere umano, fino all'ultimo degli ultimi. 

Pace e giustizia camminano insieme. Lo spirito di pace vive solo nella giustizia. L'insegnamento evangelico di Matteo era risuonato nella Pacem in terris di Giovanni XXIII e nella prima Marcia della Pace di Aldo Capitini, ad Assisi, con la bandiera arcobaleno “segno dell'alleanza tra Dio e la terra”. 


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Costruire la pace con mezzi pacifici: i Peace studies e il loro rapporto con i movimenti sociali

di Federico Oliveri


I Peace studies, o studi sulla pace, sono un campo interdisciplinare di ricerca relativamente recente, che si concentra sulla comprensione delle cause profonde dei conflitti e sulla promozione di metodi nonviolenti per la loro prevenzione e risoluzione.

I suoi primissimi passi risalgono agli anni della Guerra Fredda, quando il rischio di un conflitto nucleare globale ha mostrato la necessità di prevenire quella che poteva diventare l'ultima guerra della storia. Da questo punto di vista, il Manifesto Einstein-Russel del 1955 ha costituito un punto di riferimento centrale richiamando alla responsabilità sociale degli scienziati e delle scienziate di tutte le discipline, oltre che a quella dei decisori politici e della cittadinanza tutta.

Non si tratta di una posizione meramente morale o intellettuale. I Peace studies, specialmente in termini di prassi, affondano le loro radici nei grandi processi di emancipazione coloniale e di affermazione dei diritti fondamentali che hanno segnato il Novecento e che hanno reinterpretato in modo radicale il concetto stesso di pace.


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La guerra è un atto contrario alla ragione umana e a tutta la ragione umana

(L. Tolstoj)

di Marica Notte


L’idea dell’uomo, nella storia europea, trova espressione nella distinzione dall’animale. Con l’irragionevolezza dell’animale si dimostra la dignità dell’uomo[1].

Nel dibattito filosofico, la differenza tra uomo e animale è stata sempre determinata dal concetto di razionalità (ratio), cioè di lógos (λόγος), perché tale facoltà attribuisce un preciso valore ontologico e sociale discriminante. Nella Politica, Aristotele definisce l’uomo come animale razionale perché «[...] l’uomo è zoon logon echon, ossia animale avente il logos ed evidentemente qui il logos riferito all’uomo è la parola. Dopo aver ribadito che l’uomo è animale politico, il filosofo distingue la phoné, ossia la voce, che è data anche agli altri animali, dal logos, che costituisce il proprio dell’uomo, l’unico ad avere coscienza del bene e del male».[2]

[1] T. W. Adorno ‐ M. Horkheimer, Dialettica dell’Illuminismo, tr. it. Einaudi, Torino 2010, p. 134.[2] M.T. Speranza, L’animale che dunque sono? Intorno a Derrida per una genealogia del rapporto uomo-animale.

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Gaeta 46 anni dopo

di Vittorio Graziosi


E così… dopo 45 anni ho rivisto il portone di legno borchiato, antico, che il 21 Settembre 1980 si chiudeva alle mie spalle. 

Era la conclusione della mia esperienza come detenuto, nel Reclusorio Militare di Gaeta. La fine dei dodici mesi di condanna, ricevuti per il rifiuto alla divisa militare

… Tutto aveva avuto inizio i primi di ottobre del 1979, quando alla chiamata alla leva militare a Barletta, mi ero rifiutato di accettare la divisa. 

Ero determinato a mettere i bastoni tra le ruote – a tutti i costi – a chi non amava la pace. Quella ipocrisia che fa armare le nazioni per la difesa dei “sacri confini” e per questo ogni nazione del mondo ha un Ministero della Difesa e nessuno ha il Ministero dell’Attacco (ma poi… qualcuno attacca), non avrebbe avuto la mia complicità. 

E così, dopo tredici giorni di detenzione blanda a Barletta, avevo visto arrivare quattro carabinieri che dopo avermi letto il capo d’imputazione “Rifiuto alla divisa” dal mandato n. 193.79.568.79 (lo so perché me lo sono tatuato) mi avevano ammanettato e così conciato tradotto al carcere militare di Bari Palese. Di questo Carcere moderno e piuttosto liberale nella gestione, sono stato ospite per tre mesi, fino al 13 gennaio 1980 quando vengo trasferito al Reclusorio di Gaeta, un carcere famigerato, più che famoso. 


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Pace dai territori

Esperienze di impegno locale contro la guerra e le disuguaglianze

a cura di Rossano Pazzagli


Come spesso accade, i territori sono più avanti della politica. Mentre quest’ultima si divide tra guerra e pace, dal basso e dalle periferie del Paese sale l’invito al ripudio della guerra, peraltro sancito dall’articolo 11 della Costituzione, il richiamo ai valori del dialogo tra i popoli e della dignità umana. 

A Piombino, ad esempio, che fu una delle più importanti città operaie d’Italia, medaglia d’oro per la Resistenza, sono attive realtà come la “Rete solidale antirazzista” e “Donne in nero” che da alcuni anni portano avanti iniziative per promuovere una cultura di pace, fondata sui valori di inclusione interculturale e di giustizia.

Sempre da Piombino è partito l’appello contro il programma di riarmo europeo: si intitola “Un'Europa armata non è la nostra Europa” e in poco tempo ha raccolto centinaia di firme in tutto il comprensorio della Val di Cornia, nella Maremma toscana, e oltre. 


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Basta raccontare la guerra per desiderare la pace

di Fabio Canessa


In questi terribili tempi di guerra, nessun libro può farci venire più desiderio di pace che “La paura”, un capolavoro scritto più di cento anni fa da Federico De Roberto. Ermanno Olmi ne

trasse un bellissimo film, “Torneranno i prati”. Siamo nelle trincee della desolata Valgrebbana durante la prima guerra mondiale, “uno scenario da Sabba, la porta dell’Inferno”. Lo squallore del paesaggio incornicia lo spossamento dei soldati, costretti a un’“inerzia snervante, quella sospensione nel vuoto, lo stillicidio di quel tedio”, nel disagio di una condizione marcescente.

Per cui c’è chi si augura piuttosto la battaglia, il pericolo, “le avanzate contro il fuoco nemico”.


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“Si scrive la storia della guerra e non si scrive quella della pace (Gandhi)

di Paolo Mazzucchelli


“Nella millenaria letteratura sul tema della guerra e della pace si possono trovare infinite definizioni di guerra, mentre si trova di solito una sola definizione di pace, come fine o cessazione o conclusione o assenza o negazione della guerra, quale che ne sia la definizione”, scriveva Norberto Bobbio.

La guerra è dominante, nella letteratura e nell’arte, molto più facilmente rappresentabile che non la Pace.

Forse è per questo che anche sulle copertine dei dischi raramente la pace si trova rappresentata e, comunque, solo per un periodo di tempo limitato e ben preciso che va, tranne poche eccezioni, dalla fine degli anni ‘50 sino alla metà dei ‘60.

Anni in cui la pace, l’antimilitarismo e le lotte per i diritti civili delle persone di colore sono parole d’ordine e obbiettivi prima della beat generation e poi del movimento hippie.


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“Testimonianze” per la pace

Il lungo impegno della rivista fondata da padre Balducci

di Severino Saccardi


Opportuna è, forse, una piccola nota iniziale sul senso di un’esperienza come quella di «Testimonianze»in questo nostro tempo. Una rivista di cultura può sembrare una sorta di reperto novecentesco nel mondo della comunicazione e globale e della sfida e dell’intelligenza artificiale (cui ha fatto riferimento anche il nuovo papa, Leone XIV). Ma, intanto, già ad una prima occhiata alla produzione recente di «Testimonianze», viene in evidenza che uno degli ultimi numeri è dedicato a un tema caldo come L’Europa dei diritti alla sfida della transizione digitale. Sono le grandi questioni della nostra epoca, attorno alle quali tutto si gioca: il destino della democrazia, il rapporto tra ricchezza e povertà, la dinamica pace-guerra. Ebbene, in relazione a tutto questo, “arcaici” strumenti come le riviste di cultura sottolineano un’istanza che è di grande attualità: in un contesto in cui tutto (anche e soprattutto le notizie) viene consumato con rapidità e rapidamente rimosso e dimenticato, c’ è la necessità di un ritorno ad una riflessione che vada in profondità, che solleciti un confronto non fazioso, che alleni ad un uso della ragione critica. 


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Le mani battute

di Stefano Lucarelli


È difficile immaginare un qualunque contesto relazionale privo di tensioni e conflitti. È difficile anche immaginarlo caratterizzato dalla presenza di una costante condivisa armonia. Per questo motivo, quando s’interiorizza il termine “Pace”, soprattutto quella “universale”, si rischia di precipitare nella retorica o in un certo conformismo, perché è una condizione personale e sociale carica di contraddizioni e difficoltà oggettive. Resta però un punto: la pace è una continua ricerca di mediazioni, di riflessioni e di analisi, senz’altro, che stravolge e sposta montagne, effettivamente, ma una volta avvertita come necessaria è raro che ci scappi di mano. Non è facile conquistarla o inseguirla, piuttosto assorbirla, attraverso un rapporto con i gesti, le considerazioni e la rinuncia tenere fermo il pensiero. Un pensiero libero, fuori dai recinti identitari e disponibile alla trasformazione critica è un passo fondamentale per costruire una pace visibile, o almeno. 


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Forte come l'amore è la guerra

di Patrizia Lessi


C'è un passaggio in The Hurt Locker, film con cui nel 2010 Kathryn Bigelow è stata la prima donna a vincere l'Oscar come miglior regista, in cui il sergente James, reduce da una lunga permanenza in Iraq e tornato a casa dalla moglie e dal figlio di pochi mesi, gira disorientato fra i reparti di un supermercato, bisognoso di indicazioni precise su dove andare e cosa prendere, impermeabile alle lusinghe di un lunghissimo corridoio pieno ai lati di marche di cereali. Confuso da quella rassicurante abbondanza ne prende uno totalmente a caso e lo butta nel carrello. In questo come in altri momenti cruciali del film, il protagonista, valoroso artificiere che con la sua squadra ha quotidianamente sfiorato la morte, pianto compagni, fatto scelte eroiche e provato affetto per un bambino dell'indifesa popolazione civile iraqena, tornato in America perde non solo i punti di riferimento, ma ciò che lo rende profondamente se stesso. L'autentico James sembra essere rimasto nel luogo che pur nella violenza e nel sangue è ormai irreversibilmente divenuto casa sua. 


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NELLA STIVA

LETTURE, NOTIZIE E SEGNALAZIONI

Luigi Ferrajoli, Per una Costituzione della Terra. L'umanità al bivio,  Feltrinelli 2022
 

 Esistono problemi globali che non fanno parte dell'agenda politica dei governi nazionali, anche se dalla loro soluzione dipende la sopravvivenza dell'umanità. Il riscaldamento climatico, il pericolo di conflitti nucleari, le disuguaglianze, la morte di milioni di persone ogni anno per mancanza di alimentazione di base e di farmaci salva-vita e le centinaia di migliaia di migranti in fuga segnano il nostro orizzonte presente e futuro. In gran parte dipendono dall'assenza di limiti ai poteri selvaggi degli Stati sovrani e dei mercati globali. Tuttavia, secondo Luigi Ferrajoli, un'alternativa istituzionale e politica è possibile e la sua stella polare è una Costituzione della Terra. Non si tratta di un'ipotesi utopistica. Al contrario, è la sola risposta razionale e realistica allo stesso dilemma che Thomas Hobbes affrontò quattro secoli fa: la generale insicurezza determinata dalla libertà selvaggia dei più forti, oppure il patto di convivenza pacifica basato sul divieto della guerra e sulla garanzia dell'abitabilità del pianeta e perciò della vita di tutti. La vera utopia, l'ipotesi più inverosimile, è l'idea che la realtà possa rimanere così com'è: l'illusione cioè che potremo continuare a fondare le nostre democrazie e il nostro tenore di vita sulla fame e la miseria del resto del mondo, sulla forza delle armi e sullo sviluppo ecologicamente insostenibile delle nostre economie. Solo una Costituzione della Terra che istituisca un demanio planetario a tutela dei beni vitali della natura, metta al bando le armi, a cominciare da quelle nucleari, e introduca un fisco globale e idonee istituzioni globali di garanzia in difesa delle libertà fondamentali e in attuazione dei diritti sociali di tutti può realizzare l'universalismo dei diritti umani, assicurare la pace e, prima ancora, la vivibilità del pianeta e la sopravvivenza dell'umanità. Una Costituzione della Terra non è un'utopia: è l'unica strada per salvare il pianeta, per affrontare la crescita delle disuguaglianze e la morte di milioni di persone nel mondo per fame e mancanza di farmaci, per occuparsi del dramma delle migrazioni forzate, per difendersi dai poteri selvaggi che minacciano la sicurezza di intere popolazioni con i loro armamenti nucleari. 



Una terra popolata. Storie di di vita e resistenza della Palestina, a cura di Sonia e Sofia, volontarie di Laylac a Dheisheh, edizioni Piagge 2024


La realtà della Palestina ha molte facce, tante quante le persone che la abitano o che hanno dovuto lasciarla. Sono milioni le biografie che compongono la storia palestinese, essenziali per capire cosa significhi vivere in questo pezzo di terra. Le pagine contengono dodici storie di queste persone. La maggior parte di loro vive nel campo profughi Dheisheh, un piccolo labirinto di edifici di cemento e strade strette, coperte di graffiti e detriti, che si trasformano: di giorno, uno spazio di gioco per i bambini e le bambine e, di notte, un luogo di transito per i soldati israeliani. Altri protagonisti vivono ad al-Walaja o a Hebron (al-Khalil), città palestinesi dal contesto non meno ostile. Quello che hanno in comune, è che soffrono in prima persona le conseguenze dell’occupazione israeliana.
Laylac è un’organizzazione palestinese fondata nel 2010 nel campo profughi di Dheisheh, in Cisgiordania, da attivisti sociali e professionisti. Laylac mira a promuovere lo sviluppo sociale e individuale attraverso l’attivismo giovanile, basandosi su valori di giustizia sociale, diritti umani, partecipazione collettiva, volontariato, diversità e solidarietà. Le attività di Laylac includono formazione sui diritti umani, advocacy sociale, scambi nazionali e internazionali, e promozione del volontariato.
Le autrici di questo libro, Sonia e Sofia, hanno trascorso tre mesi a Laylac. Durante questo periodo, hanno ascoltato attentamente le storie di vita di alcuni residenti del campo profughi di Dheisheh e di altre città palestinesi, trascrivendo insieme a loro le testimonianze.




David Grossman, La pace è l'unica strada, Mondadori 2024
 
David Grossman, da sempre convinto sostenitore di una coesistenza tra Israele e Palestina, non si è mai sottratto dal commentare e analizzare la complessa relazione tra i due popoli.

Questo libro raccoglie alcuni degli interventi più urgenti e militanti, in cui Grossman analizza la parabola politica di Israele, guardando con occhio critico alle azioni del governo e della classe dirigente del suo Paese: un Paese che gli appare oggi più vulnerabile che mai, per colpa delle correnti estremiste e della decadenza di quei valori democratici che lo rendevano uno stato davvero ebraico. Grossman riflette sulle dinamiche che alimentano il circolo vizioso della violenza, fino ai tragici eventi del 7 ottobre 2023, nuova miccia di un conflitto mai sopito e che sembra destinato a non avere fine. Ma continua anche a professare la sua speranza per un futuro di pace, in cui tutti possano sentirsi protetti e rappresentati equamente, "e coltivare la storia e le tradizioni della propria comunità senza cancellare quelle degli altri".


Cecilia Sala , L'incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan, Mondadori 2023

 

Kateryna ha 28 anni, ha fatto la modella, ha amici sparsi per l'Europa e all'inizio del 2022 spera che in Ucraina scoppi la guerra: «Non sono così vile da augurarmi di vivere sotto il ricatto di Vladimir Putin per anni, contando sul fatto che il compito di affrontarlo spetti poi a un'altra generazione invece che alla mia». Oggi Kateryna è un soldato. Assim ha 23 anni, studia Ingegneria aerospaziale all'università di Teheran e dal giorno in cui Mahsa Amini è morta, il 16 settembre 2022, con il suo gruppo ha cominciato a scrivere il nome di Mahsa nei bagni delle università e nei vagoni dei treni: «Non sapevamo a cosa stessimo dando inizio». Nabila è una campionessa di kick boxing, è lesbica ed è una conservatrice fedele alla Repubblica islamica, ma come molte donne religiose considera il caso di una ragazza fermata in una stazione della metro per un velo malmesso e riconsegnata cadavere pochi giorni dopo alla famiglia «un'onta collettiva e un'enormità contro Dio». Zarifa è cresciuta con l'idea che da grande avrebbe fatto politica ed è diventata adulta in un Afghanistan dove era possibile, dopo il 2001 e prima del 2021. Appartiene alla generazione che ha immaginato e poi iniziato a costruire la propria vita su presupposti incompatibili con i codici degli integralisti, quella che oggi si rifiuta di considerare il movimento dei talebani, «che esiste da meno tempo dei telefoni cellulari, che in tutto ha controllato il paese per sette anni non consecutivi», il proprio destino. Kateryna, Assim, Nabila e Zarifa sono solo alcuni dei protagonisti di questo viaggio. Cecilia Sala li ha seguiti alle feste e tra le bombe. Il risultato è un racconto corale, straziante, verissimo, che ci mostra in presa diretta «tre incendi che bruciano il mondo» e lo sconvolgono oltre i confini dei paesi in cui sono divampati. 

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Chantal Meloni, Giustizia universale? Tra gli Stati e la Corte penale internazionale: bilancio di una promessa, il Mulino 2024
 

 Istituendo, nel 1998, la Corte penale internazionale, la comunità internazionale volle immaginare un sistema di giustizia penale globale, capace di porre fine all'impunità degli autori dei più gravi crimini: il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e di aggressione. A oltre vent'anni dalla sua entrata in funzione, l'universalità di questa promessa si scontra con la durezza della realtà: da un lato gli Stati non si sono dotati di leggi nazionali adeguate sui crimini di diritto internazionale; dall'altro si rimproverano al sistema la selettività, i doppi standard, la mancanza di effettività e la politicizzazione. Eppure, mai come oggi, dinanzi alle sanguinose guerre in Ucraina e Palestina, il binomio pace-giustizia torna a mostrare la sua indivisibilità, concedendo alla società civile una luce di speranza e indicando ai paesi una possibilità di politica. Questo saggio tenta un bilancio equilibrato e fornisce le categorie giuridiche imprescindibili per prendere parte a uno dei dibattiti del nostro tempo. 

Collaborano con noi:

Velio Abati
David Abulafia
Diego Accardo
Ilaria Agostini
Leonardo Animali
Flaminia Aperio Bella
Gennaro Avallone
Pupi Avati
Antonella Balante
Simone Baleani
Tina Balì
Katia Ballacchino
Alberto Barausse
Giuseppe Barbera
Massimo Bastiani
Alessandra Bazzurro
Patrizia Becherini
Federico Beconi
Gianluca Becuzzi
Matteo Bellegoni
Marinangela Bellomo
Stefano Benvenuti Casini
Maddalena Bergamin
Cristina Berlini
Annunziata Berrino
Jacopo Bertocchi
Giuliana Biagioli
Anna Bigi
Francesco C. Billari
Carlo Bisci
Riccardo Bocci
Antonio Bonatesta
Gabriella Bonini
Lorenza Boninu
Ermanno Bonomi
Barbara Borgi
Arianna Brazzale
Sonia Bregoli
Dario Bressanini
Alessandra Broccolini

Filippo Bruni
Daniela Bruno
Adriano Bruschi
Roberto Buizza
Marco Cadinu
Mario Calidoni
Federico Campagna
Fabio Canessa
Luciano Canfora
Maurizio Canovaro
Mathias Canapini
Luca Caprara
Enrico Caracciolo
Mauro Carrara
Adolfo Carrari
Massimo Catarini
Francesco Catastini
Alessandra Casini
Piero Ceccarini
Carlo Cecchi
Carlo Cellamare
Giovanni Cerchia
Roberto Cerri
Fred Charap
Lucia Checchia
Maddalena Chimisso
Maria Chimisso
Federica Cicu
Diana Ciliberti
Angelo M. Cirasino
Augusto Ciuffetti
Graziella Civenti
Pietro Clemente
Giovanni Contini
Ilic Copja
Paolo Coppari
Paolo Corbini
Gabriella Corona
Lauretta Corridoni
Luigi Costanzo
Marta Cristianini
Antonella Cucinotta
Francesca Curcio
Maria D'Agostini
Giancarlo Dall’Ara
Roberto Danovaro
Simone D'Ascola

Stefano D'Atri
Claudio Davoli
Mitia Davoli
Marzia De Donno
Roberta De Iulio
Antonio De Lellis
Hervé Defalvard
Maria Carla De Francesco
Antonella De Marco
Gianluca De Vito Franceschi

Marco Del Francia

Sergio De La Pierre

Maurizio Dell'Agnello
Claudia Della Valle
Vezio De Lucia
Antonella De Nisco
Andreina Di Girolamo
Mirco Di Sandro
Federica Di Sarcina
Giusi D'Urso
Silvia Duranti
Michele Ercolini
Alessandro Fabbrizzi
Elena Falaschi
Francesco Falaschi

David Fanfani
Paolo Favilli
Luigi Ferrajoli
Alessandra Ferrara
Maurizio Ferrari
Francesco Ferrini
Giulio Ferroni
Maria Fiano
Simone Ficicchia
Gianluca Fiorentini
Silvia Fioretti
Antonio Floridia
Giovanni Luigi Fontana
Fiore Fontanarosa
Sergio Fortini
Marina Foschi
Sara Franceschelli
Tiziano Fratus
Francesca Gabbriellini
Nicola Gabellieri
Alessandro Gagliardi
Sarah Gainsforth
Domenico Gallo
Beatrice Galluzzi
Roberta Garibaldi
Danilo Gasparini
Maria Pia Gasperini
Catia Eliana Gentilucci
Manuela Geri
Andrea Ghelfi
Vera Gheno
Cristina Ghirardini
Manuela Giobbi
Stefano Giommoni
Andrea Giotti

Marco Giovagnoli
Beatrice Giovannetti
Paolo Giovannini
Massimo Giuliani
Antonella Golino
Chiara Gorini
Vittorio Graziosi
Corradino Guacci
Jennifer Guerra
Luciano Guerrieri
Sara Guiati
Alfonso Maurizio Iacono
Barbara Imbergamo
Paola Imperatore
Fabio Indeo
Matteo Innocenti
Marco Jacoviello
M. Cristina Janssen
Anna Kauber
Sabrina Lallitto
Ingrid Lamminpää
Mario Lancisi

Giuliano Landini

Patrizia Lattarulo
Gianluca Lentini
Giovanna Lenzi
Emanuele Leonardi
Rosario Lerro
Toby Lester
Marta Letizia
LIBERA
Norberto Lombardi
Vincenzo Lombardi
Donatella Loprieno
Micaela Lottini
Leonardo Lovati
Stefano Lucarelli
Michele Lungonelli
Gordiano Lupi
Giuseppe Lupo
Stefano Maggi
Simone Mangani
Enrico Mannari
Marco Marchetti
Maria Rosaria Marella
Enrico Mariani
Michele Mariani
Nunzio Marotti
Alessandra Martinelli
Luca Martinelli
Angelo Marucci
Marco Masoni
Luigi Mastronardi
Michele Mazzi
Paolo Mazzucchelli
Giuseppe Melucci
Emanuele Menietti
Michele Mezza
Serena Milano
Manuela Militi
Chiara Missikoff
Antonio Monte
Guido Morandini
Silvia Morato
Massimo Morisi
Marco Moroni
Rossella Moscarelli
Alessandro Moscatelli
Nicoletta Moschini
Museolab6
Tiziana Nadalutti
Alessandra Narciso

Sasha Naspini
Fausto Carmelo Nigrelli
Simonetta Noè
Marica Notte
Franco Novelli
Federico Oliveri
Francesco Orazi
Sergio Paglialunga
Maurizio Pallante
Luca Pallini
Gianni Palumbo
Vito Palumbo
Stefano Pancari
Anna Paolella
Caterina Paparello
Letizia Papi
Vincenza Papini
Roberto Parisi
Valeria Parrini
Giorgio Pasquinucci
Antonello Pasini
Alberto Pellai
Ivan Pereira
Giulia Perfetto
Camilla Perrone
Matteo Petracci
Marco Petrella

Paolo Pezzino


Gloria Peria
Paolo Piacentini
Leonardo Piccini
Manuel Vaquero Piñeiro
Vittorio Pineschi
Alessandra Pioggia
Piombino gioca
Carlo Pistolesi
Daniela Poli
Elena Pontil
Anna Pramstrhaler 
Federico Prestileo
Gabriele Proglio
Chiara Daniela Pronzato
Alberto Prunetti
Fernanda Pugliese
Lorenzo Ramacciato
Omerita Ranalli
Sofia Randich
Silvia Ranfagni
Letizia Ravagli
Giuseppe Restifo
Fabrizio Ricciardelli
Marina Riccucci
Eraldo Ridi
Andrea Rolando
Rudy Rossetto
Florindo Rubbettino
Antonio Ruggieri
Enrico Russo
Paulina Sabugal
Severino Saccardi
Rita Salvatore
Giampiero Sammuri
Giacomo Sanavio
Giuseppe Santarelli
Antonio Santoro
Claudio Saragosa
Stefano Sarzi Sartori
Iride Sassi
Luca Sbrilli
Cinzia Scaffidi
Enzo Scandurra
Vincenzo Scaringi
Matteo Scatena
Rossella Schiavonea Scavello
Nicola Sciclone
Anna Segre
Francesco Serino
Salvatore Settis
Alessandro Simonicca
Federico Siotto
Lorenza Soldani
Albertina Soliani
Alessandra Somaschini
Catia Sonetti
Francesco Sottile
Gianna Stefan
Enrico Tabellini
Marco Tagliaferri
Alberto Tarozzi
Cecilia Tomassini
Emidio Ranieri Tomeo
Nicholas Tomeo
Cristiana Torti
Aurora A. Totaro
Luca Trapanese
Laura Trappetti
Agata Turchetti
Giulia Ubaldi
Elisa Uccellatori
Franco Vaccari
Olimpia Vaccari
Gianpiero Vaccaro
Giorgio Vacchiano
Federico Valacchi
Daniele Valeri
Maurizio Vanni
Giorgio Vecchio
Francesco Vincenzi
Daniele Vignoli
Daniele Vergari
Elio Vernucci
Nicola Verruzzi
Marco Vichi
Francesco Viegi
Carmen Vitale
Angela Vitullo
Marta Vitullo
Alessandro Volpi
Paolo Volpini
Massimo Zamboni
Andrea Zanetti
Enrico Zanini
Ilaria Zilli
Donato Zoppo
Massimo Zucconi