Gli irriducibili nel tempo della catastrofe climatica
di Leonardo Animali
La sesta edizione dell’Indagine BEI (Banque européenne d’investissement) sul clima, uscita qualche mese fa, e che ha coinvolto i 27 stati membri della UE, ci fornisce una fotografia aggiornata sulla consapevolezza della catastrofe climatica dei cittadini europei. Con un punteggio di 6,41/10 gli italiani si collocano al 16° posto tra i 27 Stati membri dell'Unione europea. Ma già un sondaggio Ipsos per Amref Italia, fatto lo scorso anno nel periodo della COP 28 a Dubai, certificava che il 90% degli Italiani considera il cambiamento climatico una grave minaccia per il mondo intero, soprattutto per la salute dei cittadini. Da questo si può dedurre che la stragrande maggioranza degli Italiani non abbia niente a che spartire con il tema del negazionismo climatico. Dopotutto, nel nostro Paese, a convincerli, più che la scienza sono le drammatiche conseguenze dei fenomeni estremi negli ultimi anni. Le alluvioni di Marche nel 2022, Emilia Romagna e Toscana nel 2023, di nuovo Marche e Romagna nel 2024, seguite da Campania e Liguria, con vittime e danni, rappresentano fatti convincenti. Dall’inizio del 2024 ci sono stati 1.899 eventi estremi, di cui 212 tornado, 1.023 nubifragi, 664 grandinate con chicchi di grandi dimensioni (record in Versilia con chicchi di diametro fra 7 e 9 cm): questi i dati raccolti dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche in Italia tra gennaio e metà settembre di quest’anno. Qualche milione di Italiani ha avuto poi ulteriori conferme da marzo di quest’anno, con la grave siccità che ha visto l’acqua potabile razionata in Sicilia, poi d’estate in diverse zone delle Marche e in Molise, dove ai primi di ottobre diversi centri venivano ancora riforniti ogni quattro giorni dalle autobotti della Protezione Civile.
Altro elemento che accentua poi la veridicità della crisi climatica nel nostro Paese sono gli incendi diffusi. Quelli totalmente inconsapevoli dell’esistenza e delle conseguenze della crisi climatica, o meglio, lo sanno benissimo ma depennano la questione, sono i vari livelli dei decisori politici e istituzionali e il potere economico e industriale italiano. Sono queste entrambe due categorie completamente asservite al capitalismo estrattivista, per cui la mitigazione degli effetti climatici, la tutela ambientale e la messa in sicurezza geomorfologica del Paese sono non solo un ‘fastidio’, ma rappresentano questioni ‘nemiche’. Ciò è normale per il mondo dell’industria, specie quella legata direttamente o indirettamente al fossile; lo dovrebbe essere di meno per la politica, vocata a fare gli interessi delle popolazioni e a tutelare l’accesso ai beni comuni, per primo l’acqua; ma è da tempo evidente che quest’ultima da molti anni si comporta con il potere economico alla stregua dei cagnolini sotto la tavola imbandita. Anzi la politica, nell’assecondare i desiderata del capitale, legifera non per intervenire sugli effetti della crisi climatica e sui conseguenti nuovi bisogni, spesso emergenziali, che questa genera sulle persone, ma per accanirsi da un punto di vista securitario, poliziesco e carcerario su quanti protestano o denunciano l’inazione dei governi. Questo metodo lo possiamo riscontrare già in molti Paesi europei, come ad esempio la Germania e la Gran Bretagna; qui dal mese di agosto l’agricoltore e attivista Roger Hallam, cofondatore di ExtinctionRebellion e Just Stop Oil, ha iniziato assieme ad altre compagne a scontare in carcere la pena di 5 anni per aver solo progettato un blocco autostradale, che non è mai avvenuto. Anche l’Italia si è subito adeguata a questa linea, con l’approvazione di nuove leggi dai nomi anche singolari, “ecovandali” e “anti Gandhi”, che sono mirate esclusivamente a colpire i movimenti per la giustizia climatica e sociale, trasformando sanzioni finora di carattere amministrativo in anni di carcere. Mentre, nel resto del mondo, il regolamento dei conti con quanti protestano per cause ambientali è lasciato risolvere ai ‘gringos’ assoldati dalle multinazionali, o ai ‘carabineros’ delle varie autocrazie: oltre 200 gli attivisti assassinati nel 2023.
Di cambiamenti, in senso visionario e profetico, se ne intendeva invece Alexander Langer, che già nel 1990, in uno scritto dal titolo “Caro San Cristoforo”, individuava come soluzione alla società capitalistica fondata sui “più veloci, più alti, più forti”, una civiltà del "può bastare o del forse è già troppo". Langer già alla fine degli anni Ottanta, scriveva di “conversione ecologica” (concetto molto differente da “transizione ecologica”), espressione resa poi centrale da Papa Francesco nelle ‘Laudato si’ e ‘Laudate Deum’. Nella sua profezia laica, il politico e attivista altoatesino anticipava già l’unica soluzione possibile alla crisi climatica: un radicale cambiamento degli stili di vita personali e collettivi. Concetti che poi verranno ripresi dalla teoria della ‘decrescita felice’ di Serge Latouche, sintetizzabile nelle “8R”: rivalutare, ricontestualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Alex Langer, per cui “i pesi” diverranno poi “davvero insostenibili”, si congedò dalla vita terrena il 3 luglio 1995; ma nella sua lettera-testamento scriverà: “continuate in ciò che era giusto”. Perché, in quell’ultima frase del suo scritto, non ha utilizzato il verbo presente “è”, ma “era”, come sarebbe stato logico, visto che si rivolgeva alla società del suo tempo? Perché molto probabilmente Langer aveva capito che il cambiamento che lui aveva intuito non poteva essere affidato alla capacità e alla volontà della sua generazione, che si rivelava già fallimentare a quel tempo, complice e connivente dell’estrattivismo, e che è la stessa che oggi non vuole cambiare alcunché di fronte ai cambiamenti climatici. Alex Langer sceglie proprio di saltare quasi un paio di generazioni, e rivolgersi a quelle successive. “Continuate in ciò che era giusto” è un biglietto che sotto un albero di albicocco avrebbe una logica temporale e linguistica, se fosse raccolto oggi da una persona della Generazione Z, nata già anni dopo la scomparsa di Langer. Quella che da qualche anno anima i movimenti per la giustizia climatica e sociale, e che ha deciso di mettere il proprio corpo e la propria fedina penale di fronte alla ferocia del capitalismo e della repressione della politica.
Sono loro i ‘nuovi profeti’, come li ha definiti Erri De Luca, i soli che possono ribaltare il sistema nel tempo dei cambiamenti climatici. Perché, come ha detto Padre Alex Zanotelli qualche giorno fa, rivolgendosi alle persone di Ultima Generazione, “siamo giunti ad un punto della storia umana dove o si fa quello che fate voi, o rischiamo davvero di finire nel baratro. È arrivato il momento della disobbedienza civile pagando di persona”.
Il cambiamento della storia, nell’epoca del cambiamento climatico, è nelle menti e nei corpi di questa fragile e al tempo stesso fortissima generazione. La politica, i governi, e il potere economico, gli unici e veri irriducibili, fanno scudo con leggi, manganelli e prigione, volendo resistere a qualunque costo. C’è uno spazio, un interstizio, tra i corpi di queste persone e gli opliti del potere: chi resta della generazione che assieme ad Alex Langer ha desiderato un “vero ‘regresso’, rispetto al più veloce, più alto, più forte", è chiamato oggi a mettersi lì dentro, ad occuparlo a protezione e cura.