Il progetto BES dell’Istat per la misura del benessere equo e sostenibile

di Luigi Costanzo (*), Alessandra Ferrara (*)

Il progetto BES (Benessere Equo e Sostenibile) è stato avviato in Italia nel 2011, su iniziativa congiunta di Istat e CNEL[1], sulla scia del dibattito internazionale sul tema going beyond the GDP, con l'obiettivo di "misurare e valutare il progresso della società italiana" mettendo in atto, nell'ambito delle statistiche ufficiali, la produzione regolare di un insieme di indicatori di benessere, da affiancare alla misura classica del Prodotto interno lordo (PIL). Il progetto muove dai risultati della Commissione sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale (Commissione Stiglitz, 2008).[2] Alla fine del 2011 è stata istituita una Commissione scientifica, aperta ai rappresentanti di un'ampia gamma di organizzazioni della società civile, e nel marzo 2013 è stato pubblicato un primo rapporto sul "benessere equo e sostenibile in Italia".[3]

L'idea alla base del progetto è che il PIL venga impropriamente utilizzato ben oltre il suo scopo originario, basandosi sul presupposto che il benessere di una popolazione sia una funzione lineare della sua produzione di beni e servizi. Per una serie di ragioni, dopo la Seconda Guerra Mondiale il PIL è diventato il principale parametro di riferimento per la definizione delle politiche a livello mondiale, nonostante persino l’economista[4] che per primo lo aveva proposto nel 1934, aveva messo in guardia contro il suo utilizzo come misura del benessere.

L'adeguatezza degli indicatori di performance economica basati sui dati del PIL è stata nel tempo messa in discussione, e sono state sollevate notevoli perplessità soprattutto sulla loro pertinenza come misure del benessere sociale, dal momento che non vengono presi in considerazione gli aspetti di sostenibilità sociale e ambientale della crescita economica.[5] In sintesi, la sfida del progetto BES è quella di misurare la performance della società nel suo complesso, concepita come qualcosa di più ampio e complesso rispetto alla performance della sua economia, al fine di proporre - sia ai decisori politici che ai cittadini - una visione alternativa e più completa del progresso e della crescita. Ciò ha portato ad adottare l'approccio multidimensionale raccomandato dalla Commissione Stiglitz, secondo cui gli attuali indicatori macroeconomici dovrebbero essere integrati - e non sostituiti - da indicatori che riflettono la qualità della vita delle persone, comprese le misure delle disuguaglianze e dei divari che minano la coesione sociale, nonché le misure della sostenibilità economica, sociale e ambientale: "i tempi sono maturi (...) per spostare l'accento dalla misurazione della produzione economica alla misurazione del benessere delle persone. (...) Cambiare enfasi non significa abbandonare il PIL e le misure di produzione. (...) Significa lavorare per lo sviluppo di un sistema statistico che integri le misure dell'attività di mercato con misure incentrate sul benessere delle persone e con misure che colgano la sostenibilità".[6]

Le implicazioni di un tale spostamento di prospettiva sono potenzialmente enormi: scegliere ciò che le statistiche ufficiali devono misurare, monitorare e portare all'attenzione del pubblico significa definire le priorità della politica economica; implementare sistemi di informazione statistica così concepiti e orientati può contribuire in modo significativo a un profondo cambiamento culturale, perché "ciò che misuriamo influisce su ciò che facciamo".[7]

Come primo passo, sono stati individuati 12 domini tematici, ognuno dei quali identifica una specifica dimensione del benessere. Di questi, otto corrispondono (anche se non esattamente) a quelli proposti dalla Commissione Stiglitz (vedi Tabella 1.1). I quattro aggiuntivi sono stati introdotti a seguito di un ampio processo di consultazione pubblica[8], condotto al fine di arrivare, per quanto possibile, a una visione ampiamente condivisa di ciò che le persone ritengono rilevante per il benessere, anche in relazione alle possibili singolarità del caso italiano. Questo modo di procedere è risultato essenziale per la strategia del progetto, che si basa su un approccio partecipativo.

La Commissione scientifica ha selezionato 132 indicatori, rilevanti per le diverse dimensioni, sulla base dei quali è stato redatto il primo Rapporto BES,[9] prossimo oggi (primavera del 2024) alla sua undicesima edizione. Annualmente il Rapporto offre una panoramica della società italiana[10] e degli aspetti qualitativi del suo sviluppo, cercando di valutare le tendenze in atto in termini di effetti sul benessere delle persone, sia sotto l’aspetto dell’equità (dinamiche suscettibili di accrescere o almeno di non ridurre la coesione sociale) sia della sostenibilità nel lungo periodo (dinamiche non basate sul consumo di risorse non rinnovabili e non gravanti sulle generazioni future).

Il dominio “Paesaggio e il patrimonio culturale” è tra le dimensioni proposte dal progetto BES in aggiunta a quelle individuate dalla Commissione Stiglitz, ed è qui considerato sotto l’aspetto di beni comuni di natura non rinnovabile,[11]la cui conservazione è ritenuta rilevante per il benessere. A questo proposito, vale la pena sottolineare come la Costituzione italiana (1948) menzioni la tutela del "paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione" tra i suoi "principi fondamentali".[12]

(*) Istat, Direzione per le statistiche ambientali e territoriali. e-mail: [email protected]; [email protected]

[1] Alla fine del 2011 è stata istituita una Commissione scientifica, coordinata dall’Istituto Nazionale di Statistica e dal Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro e aperta ai rappresentanti di un'ampia gamma di organizzazioni della società civile; nel marzo 2013 è stato pubblicato un primo rapporto sul "benessere equo e sostenibile in Italia. Per saperne di più sul progetto BES, si veda Istat, LA MISURAZIONE DEL BENESSERE https://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/la-misurazione-del-benessere-(bes).
[2] Per consultare il Rapporto finale della Commissione si veda https://ec.europa.eu/eurostat/documents/8131721/8131772/Stiglitz-Sen-Fitoussi-Commission-report.pdf
[3] Istat e CNEL (2013). Per saperne di più sul progetto BES, si veda Istat, LA MISURAZIONE DEL BENESSEREhttps://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/la-misurazione-del-benessere-(bes)
[4] Simon Smith Kuznets (1934), p. 7 ("Il benessere di una nazione può difficilmente essere dedotto da una misura del reddito nazionale").
[5] Si veda Costanza et al. (2009, 2014). Per una rassegna completa dei vari approcci alla misurazione del benessere individuale e del benessere sociale che sono stati presi in considerazione per la costruzione di alternative al PIL (e per un'ampia bibliografia anche su questo tema), si veda Fleurbaey (2009).
[6] Stiglitz et al. (2009), p. 12.
[7] Ibidem, p. 7.
[8] Le risposte date a una domanda specifica rivolta a 24.000 famiglie nell'ambito di un'indagine campionaria8 , i risultati di una speciale web survey condotta tra gli utenti del sito web del progetto (a cui hanno risposto 2.500 persone), la discussione - sia sul blog del progetto sia in diversi incontri pubblici - di una serie di contributi spontanei ricevuti da esperti di varie discipline, sono stati tutti parte di un complesso processo decisionale.
[9] Istat (2013) https://www.istat.it/it/archivio/84348
[10] Gli indicatori sono presentati per il Paese e per le sue regioni, al fine di tenere conto delle ben note disuguaglianze che caratterizzano l'economia italiana sotto il profilo territoriale.
[11] Nell'accezione generalmente accettata dalla teoria economica, i beni comuni sono definiti come beni rivali (perché il loro consumo da parte di una persona preclude il consumo da parte di un'altra) e non escludibili (perché non è richiesto alcun pagamento per utilizzarli), mentre i beni pubblici sono non rivali e non escludibili. Si fa qui riferimento alla definizione più inclusiva proposta dalla Commissione Rodotà, istituita dal Ministero della Giustizia italiano nel 2007 per modificare la normativa del Codice Civile in materia di beni pubblici, secondo la quale i beni devono essere distinti in privati, pubblici e comuni, e questi ultimi sono definiti come "cose che esprimono utilità funzionali all'esercizio dei diritti fondamentali e al libero sviluppo della persona". I beni comuni devono essere tutelati e salvaguardati dall'ordinamento giuridico, anche a beneficio delle generazioni future.
[12] Costituzione della Repubblica Italiana, art. 9. Per una storia critica della legislazione italiana sulla tutela del paesaggio, si veda Settis (2010).