Città o parchi di divertimento?
di Marco Bracci
I
Guardare una città dall’alto, magari da una ruota panoramica, così tanto di moda negli ultimi tempi in Toscana - come non ricordare la polemica sorta nel febbraio 2020 a Piombino? O la recentissima notizia apparsa sui media riguardante Firenze (https://firenze.repubblica.it/cronaca/2021/11/11/news/ruota_panoramica_firenze_patron_catena_pizza_vince_bando-326020616/)?
Una vista mozzafiato, un’esperienza unica, un panorama da fotografare: le nostre città stanno diventando sempre più instagrammabili, lo devono essere affinché i turisti possano goderne appieno le bellezze e possano diffonderle tramite i social media, producendo visibilità internazionale, nuovi arrivi e milioni di soggiorni, attivando così un potenziale ed economicamente remunerativo circolo virtuoso. Virtuoso? Siamo proprio sicuri? Non c’è il rischio che le città d’arte (ma non solo) siano trasformate in parchi di divertimento da consumare in pochi giorni – sempre più spesso in poche ore – senza che l’esperienza del turista sia realmente arricchita dalla visione delle “attrazioni” divenuta oltremodo superficiale, sfuggente, distratta?
Il turista contemporaneo, definibile come “3L” (learning – leisure – landscape) sembra essere sempre più indirizzato verso il leisure e il landscape, e sempre meno concentrato ad apprendere (learning), e le strategie di offerta turistica attivate dalle città stanno seguendo queste dinamiche con l’obiettivo di rincorrere il turista per soddisfarlo a tutti i costi. “Ti vuoi divertire? Bene! Questa città fa per te”. Il turista è attratto dalla possibilità di evadere dalla propria vita quotidiana e di provare qualcosa di sorprendente e di straordinario. Così facendo avrà sì modo di vedere la città, ma certamente non di farne esperienza, quell’esperienza della diversità che spinge il viaggiatore a esplorare; ma il turista è pigro, vuole tutto e subito e si accontenta dell’idea di consumare qualcosa di “tipico” del luogo che visita, qualcosa di “autentico”, che troppo spesso è una rappresentazione distorta dell’autentico. Il turista consuma la città, e quando se ne va cosa accade alla città “consumata”? Cosa accade al parco di divertimento quando chiude e le luci si spengono? Cosa accade ai residenti di questo luogo? La risposta sta nella soluzione trovata: il parco divertimenti non chiude mai per volontà propria ma solo e soltanto per cause esogene – la “chiusura” forzata a causa della situazione sanitaria nazionale e internazionale che tutti noi abbiamo vissuto soprattutto nel corso del 2020.
Si badi, non si tratta di essere a favore o contrari al turismo, che non solo è un settore complesso, ibrido (coinvolgendo attività commerciali, imprenditoriali, culturali ed educative plurime), fondamentale per le economie locali e per quella nazionale, ma di porre l’accento sugli effetti nefasti che una mancanza di governance dei processi ad esso correlati ha prodotto finora.
Il tema del turismo che invade le città è strettamente legato alla vivibilità delle stesse da parte dei residenti che, da attori del luogo in cui abitano, stanno letteralmente divenendo spettatori passivi di un processo di depauperamento sociale e culturale.
Le città “parchi di divertimento” hanno indirettamente prodotto un conflitto aperto tra i visitatori temporanei (primariamente “i turisti) e i suoi abitanti, distogliendo l’attenzione sui temi strategici che dovremmo in realtà affrontare per iniziare a ri-costruire tessuti sociali sfilacciati lavorando sul tema della sostenibilità, così à la page di questi tempi ma effettivamente determinante per proiettarci nel prossimo futuro; la sostenibilità non è soltanto quella economica, ambientale, sociale, ma anche quella culturale (cultura intesa anche come comunicazione di sé e dell’altro, e come capacità di una comunità di agire in comune, anche per il bene della collettività).
La riflessione che scaturisce è essenzialmente politica: cosa vogliamo fare dei nostri territori e delle comunità che vi abitano? Quali strategie abbiamo in mente affinché le nostre città non siano viste solo “dall’alto” ma tornino a essere osservate e vissute “dal basso”?
Come possiamo impedire che le città siano consumate, sedotte e abbandonate?
Partiamo da qui. Ma prima, scendiamo dalla ruota.
Letture consigliate:
Galli G. e Lensi M., La filosofia del trolley, Carmignani editore, 2019 http://carmignanieditrice.com/home/266-la-filosofia-del-trolley-grazia-galli-massimo-lensi.html
Semi G., Gentrification. Tutte le città come Disneyland?, Il Mulino, 2015
https://www.mulino.it/isbn/9788815258038