Alta moda etica made in Calabria: il brand Cangiari 


di Francesca Passeri

La moda risponde sempre più a un crescente bisogno di sostenibilità; una moda che sia più lenta, con minore impatto sull’ambiente, maggiore rispetto per i lavoratori coinvolti nel processo produttivo, utilizzo di materiali sostenibili.
Problematiche che oramai non sono più ignorabili ed anzi, rappresentano la grande sfida per mantenere la fedeltà e l’attenzione di un consumatore sempre più consapevole delle scelte compiute dai brand di moda.
Ma l’idea che proprio la moda potesse perseguire valori positivi come la responsabilità sociale ed ambientale è sembrata da principio particolarmente azzardata, visto che tra i vari tipi di consumo quello di moda è sempre stato superficialmente liquidato come il più superfluo e eticamente riprovevole (Hilton 2004)
(https://www.researchgate.net/publication/305712310_Cultura_materiale_e_nuovi_valori_il_caso_della_moda_etica).

In un tale contesto si inserisce il concetto di moda etica; l’enciclopedia Treccani definisce moda etica “Settore del sistema moda che si propone di dare impulso allo sviluppo sociale e alla sostenibilità ambientale, nel rispetto dei diritti e delle condizioni di lavoro della manodopera impiegata”.
Anche i colossi internazionali del fast fashion propongono collezioni con particolare attenzione sull’aspetto etico, sulla trasparenza delle filiere produttive, sull’utilizzo di materiali riciclati e tessuti organici.

Su queste premesse, all’inizio degli anni Duemila, un gruppo di cooperative sociali dà vita a Goel, una comunità che ha come scopo di prendersi cura delle fasce più deboli; l’ideatore è Vincenzo Linarello, il quale attraverso il recupero dell’antica arte della tessitura grecanica e bizantina, crea le basi per un cambiamento della situazione lavorativa in Calabria.
È su queste premesse che nasce un brand al 100% sostenibile ed etico, Cangiari, che in dialetto calabrese significa cambiare; un cambiamento che vede coinvolte giovani donne desiderose di salvare l’antica arte della tessitura, contribuendo a un significativo cambiamento del contesto sociale in cui il brand si trova ad operare.

Emblematiche della sostenibilità del progetto sono le parole di Linarello: “Vogliamo raccontare un’attitudine al fare, una consapevolezza che osserva il mondo e lavora per migliorare la qualità della vita di tutti. Per fare questo dobbiamo cambiare rotta, provare a modificare le priorità economiche, sociali, di scambio che regolano il nostro quotidiano. La posta in gioco è il futuro e l’economia della società intera: la sfida è riuscire a provare che non solo l’etica è giusta, ma funziona meglio. Dà utili e profitti e questo risultato, da solo, può delegittimare l’economia mafiosa”.

Cangiari rappresenta oggi il primo brand di moda etica di alta gamma; il patrimonio di conoscenze tramandate di madre in figlia per intere generazioni, patrimonio nascosto nelle antiche cantilene, le nenie, che le majistre oralmente trasmettevano alle future generazioni.
Antichi disegni che attraverso i telai, prendono forma in pezzi unici totalmente ricostruiti secondo la tradizione.
Le majistre, spesso non avevano avuto la possibilità di imparare a leggere e scrivere; pertanto tramandavano la complessa arte della tessitura attraverso le loro cantilene, le nenie, uno stratagemma che consentiva loro di memorizzare e tramandare alle figlie e alle nipoti, i complessi calcoli matematici alla base del complicato intreccio dei fili nei telai: circa 1800 fili nei licci dei telai (www.cangiari.it).

Gelose dei propri segreti, le majistre hanno deciso però di tramandare la loro arte alle giovani donne che oggi producono i tessuti Cangiari, le quali hanno riprodotto su carta ciò che oralmente le majistre avevano loro “cantato”.
“Ma per tessere un metro lineare di tessuto fatto a mano (non più largo di 70/80 cm) servono da 3 a 6 ore di appassionato lavoro! Un tessuto prezioso e costoso, dunque, che poteva essere adeguatamente retribuito solo in un mercato di fascia alta. Ma non bastava il telaio a mano, Cangiari doveva essere un progetto etico a 360°, rimanendo al contempo fashion e di alta qualità. L'etica dappertutto dunque. Etica nei materiali: divenendo il primo marchio di fascia alta che usa solo ed esclusivamente materiali bio, certificati G.O.T.S.. Etica nella filiera di produzione: filiera cooperativa e partecipata dagli stessi lavoratori, luogo sociale di inserimento lavorativo anche di persone svantaggiate. Etica nel messaggio del brand: un lifestyle raffinato ma che si fonda sui valori di GOEL e sulla sostenibilità ambientale e sociale” (www.cangiari.it).
Le creazioni Cangiari hanno oggi ottenuto visibilità anche a livello internazionale, grazie alla partecipazione all’Arab Fashion Week a Dubai, inserendosi a pieno titolo nell’alveo dei brand del lusso.

Il Museo Salvatore Ferragamo (https://www.ferragamo.com/museo/it) ha inserito i preziosi disegni delle donne di Cangiari nell’ambito della mostra “Sustainable Thinking”, sottolineando la necessità per il sistema moda di includere all’interno delle proprie produzioni lavorazioni locali di altissima gamma.

Cangiari nasce pertanto sulla spinta di donne interessate ai problemi della loro comunità; attraverso le loro sapienti mani, la tradizione si inserisce nei processi produttivi, estetica ed etica si fondono, contribuendo a una concezione della moda come industria culturale, anziché come settore frivolo e superficiale.

Concludo con le parole di Linarello: “Cangiari è un messaggio di bellezza etica. L’etica non dev’essere solo giusta ma efficace. All’interno del progetto la presenza di donne lavoratrici raggiunge il 90 per cento e dà un’importante lezione di economia alla nostra terra: l’etica che sposa la tradizione e allo stesso tempo incrocia l’innovazione può essere il futuro del mercato”.