Editoriale

Le forme dell'acqua

di Monica Pierulivo

Fossi e cavedagne benedicon le campagne  recita il titolo del bel libro dello storico Carlo Poni, dedicato alla storia dell’agricoltura, dell’ambiente rurale italiano tra Cinquecento e Ottocento e ai temi di macro e micro idraulica. A dimostrazione del fatto che l’uomo nel corso della storia si è sempre misurato con la necessità di gestire la risorsa acqua per la sua enorme importanza dal punto di vista ambientale, economico, sociale e culturale.
La vita inizia con la “rottura delle acque” così come i miti più remoti alla base delle antiche civiltà mettono in connessione l’acqua con l’esperienza fondamentale della vita.
Terra e Acqua, acqua e terra, come nella canzone di Francesco De Gregori ispirata a un canto popolare del Polesine che ci parla del duro lavoro nelle risaie.
Elemento trasversale, fluido, multiforme, si sparge diversamente sulla terra, nella natura e nella storia dando luogo a differenti geografie e storie, modificandosi a seconda dei luoghi, dei tempi, delle relazioni fisiche e storiche, i modi di essere. La sua presenza entro ogni forma di vita non è mai uguale e non si ripete con scontata prevedibilità.
L’acqua è tutto,  per le civiltà antiche rappresentava una ricchezza preziosa; oggi sembra un bene che possiamo permetterci il lusso di sprecare. La società contemporanea si è abituata all'idea che risorse essenziali per la vita e per le attività economiche e produttive siano inesauribili e sempre disponibili. Ma ormai sta diventando chiaro a tutti che questa risorsa è limitata e ancora oggi milioni di persone nel mondo non ne hanno accesso e non possiedono neppure il minimo indispensabile di acqua potabile necessaria alla sopravvivenza.
Occorre, quindi, migliorare la conoscenza e la tutela di questo bene come elemento fondamentale esistente in natura, e come risorsa per lo sviluppo, necessaria per la vita, per la salute, per le città e per le campagne, per la diminuzione delle disuguaglianze.
In merito a questo, alcuni giorni fa per la prima volta nella storia, è stato assegnato il Nobel dell’Acqua ( Stockholm Water Prize) a un italiano, il professor Andrea Rinaldo, docente di costruzioni idrauliche all’Università di Padova, per i suoi studi sulle reti fluviali come chiave per comprendere la natura ed eliminare le disuguaglianze. Il premio è stato assegnato dal SIWI (Stockholm International Water Institute) in collaborazione con l’Accademia reale svedese delle scienze. Le ricerche del professor Rinaldo sono state premiate per la capacità di delineare un quadro ecoidrologico integrato, che unisce studi di laboratorio, lavoro sul campo e sviluppi teorici.
«I miei studi sulle reti fluviali —ha spiegato il professor Rinaldo — sono incentrati su piene, siccità e una giusta distribuzione dell’acqua. Guardano alle forme naturali dei paesaggi fluviali come corridoi ecologici per specie, popolazioni ma anche malattie. È una chiave potente per capire come funziona la natura». 
Proprio su questo tema si incentra il ventunesimo numero di “Nautilus”, nel mese in cui si celebra appunto la “Giornata mondiale dell’Acqua”. 
Attraversando ambiti diversi, biologici, materiali, politici, sociali, simbolici, i contributi proposti intendono incentrare l’attenzione sulle possibilità e i progetti in campo per contrastare la crisi idrica, sulla necessità di concepire l’acqua come risorsa in rapporto ai contesti paesaggistici, territoriali, urbani, sulle fragilità degli ecosistemi, proponendo anche suggestioni legate al significato simbolico di questa risorsa nell’immaginario collettivo e nella cultura. 
Differenti mondi d’acqua, che possono raccontare le diversità, le specificità e l’importanza della loro storia, partendo dalla consapevolezza che l’acqua è una risorsa limitata, un bene comune, appartenente a tutti gli esseri umani e a tutte le specie viventi del Pianeta.