Turismo del gusto,
gusto del turismo
di Marco Petrella
Domandarsi se il turismo gastronomico esista davvero è diventato oggi un interrogativo retorico. Non solo perché l’espressione è ormai diffusamente affermata nella letteratura scientifica e nella pubblicistica ma in quanto mangiare bene e gustare il territorio appaiono elementi sempre più rilevanti tra le motivazioni che portano alla mobilità turistica in tutto il mondo. Imperniato su un atto alimentare che assume i tratti di una vera e propria incorporazione, il turismo gastronomico colloca il piacere della tavola al centro delle pratiche turistiche e media la scoperta e la conoscenza del territorio attraverso il gusto, che diventa la motivazione prevalente per lo spostamento di un numero sempre più elevato di persone. A differenza di altre forme di turismo, quello gastronomico ha un carattere profondamente adattabile: si pratica tanto in città quanto in campagna, in montagna e nei luoghi di mare, in un gradevole paesaggio agrario come in una anonima trattoria lungo un asse viario. Si sviluppa quindi in località centrali quanto in contesti rurali periferici all’insegna dello spopolamento; in questi ultimi peraltro riveste un ruolo di rilievo nello sviluppo locale.
La relazione stretta tra cibo e turismo non è una novità degli ultimi anni. Il fenomeno turistico fin dai primi decenni del secolo scorso si è accompagnato anche in Italia a un forte interesse del visitatore per le produzioni, per i piatti, per le tradizioni alimentari dei territori; questa tendenza ha dato impulso, in un processo in cui si sono spesso mescolati sguardi e sinergie outsider e insider, a complessi processi di creazione di immagini territoriali e di patrimonializzazione del cibo. Non a caso, quella che è probabilmente la prima opera concepita come guida/inventario della tradizione in cucina e dell’identità alimentare dell’Italia, la “Guida Gastronomica d’Italia”, ha preso forma nel contesto del Touring Club Italiano nel 1931 ed è stata seguita, l’anno successivo, da una carta geografica edita dall’ENIT destinata a lasciare un’impronta nella costruzione dell’immagine culinaria dell’Italia attraverso le rappresentazione delle specialità italiane regionali: L’Italie Gastronomique dell’artista Umberto Zimelli (Petrella, 2019).
I processi di turistificazione che si sono affermati in Europa a partire dal secondo Novecento hanno trasformato abitudini e territori alimentari, nutrendo processi di conservazione, in altri casi di banalizzazione o cancellazione, dei patrimoni paesaggistici e architettonici legati al cibo e non solo. La progressiva crescita del turismo, specie nelle aree costiere, ha inoltre giocato un ruolo nella trasformazione della tradizione di una cucina sempre più orientata verso la soddisfazione di un turista, esperto ed esigente a tal punto da trasformare la stessa tradizione dei luoghi. L’associazione, quasi automatica nel mondo contemporaneo, tra località di mare e cucina di pesce, per niente scontata fino a poco più di un secolo fa in molti luoghi del Mediterraneo (Giagnacovo, Iarossi, Petrella, Zilli, 2019), è probabilmente la testimonianza di un processo di adattamento del territorio all’esigenza del turista che diventa uno degli attori principali nella costruzione dell’immagine territoriale, in senso turistico e non.
In questo senso, la tendenza, molto diffusa nel presente, di confondere pratiche di turismo gastronomico nell’etichetta del turismo esperienziale appare non solo semanticamente pleonastica ma ontologicamente insidiosa. Essa infatti tende ad eliminare il vincolo tra turismo e milieu territoriale, che nel caso del turismo gastronomico è assicurato dalle componenti tanto materiali quanto immateriali del cibo, con il rischio di limitare la possibilità di esperienze offerte al turista ad attività poco radicate, che producono effetti più o meno condivisi nelle comunità e rispondenti relativamente a valori comuni di abitanti temporanei e permanenti.
La sfida per i territori, in particolare quelli più svantaggiati, diventa quindi oggi quella di superare un turismo esperienziale per dirigersi verso un turismo del buon gusto che sappia valorizzare l’innovazione in cucina, basato su esperienze del luogo arricchite da una autentica cultura territoriale del gusto frutto di relazioni, scambi, condivisioni. Un approccio che trasformi il mero consumatore/cliente in un buongustaio (come si direbbe in francese, un mangeur) attratto da luoghi e paesaggi che sono parte integrante dell’atto gustativo attraverso una presenza materiale, ma anche attraverso il racconto che di essi e dei loro prodotti il ristoratore e gli altri professionisti coinvolti sanno proporre (Etcheverria, 2020). E’ probabilmente questo il passaggio necessario per trasformare un luogo in una destinazione turistica del gusto, la cui gestione e organizzazione richiede particolari e poliedriche professionalità, competenze, saperi, nonché marcate doti di creatività che percorsi di formazione nel turismo e nella gastronomia (tra questi, quello dell’Università del Molise nella sede di Termoli https://www2.dipbioter.unimol.it/scienze-turistiche/) possono contribuire a creare.
Bibliografia
Etcheverria, Olivier, Le restaurant, une approche géographique : de l'invention aux destinations touristiques et gourmandes, Iste, Londra, 2019
Giagnacovo, Maria; Iarossi, Maria; Petrella, Marco; Zilli, Ilaria, Un poisson hors de l'eau. Pour une approche géo-historique à la tradition du poisson en Molise (Italie) entre les XVIIIe et XIXe siècles, in : Miossec, Alain; Pitte, Jean-Robert (a cura di), La mer nourricière: un défi millénaire. Géographie gastronomique de la mer et gestion des ressources, CNRS, Parigi, pp. 139-157.
Petrella, Marco, La tavola delle prelibatezze. L'Italie gastronomique nella costruzione culturale e turistica del volto della nazione, in: L’Universo, 2019, pp. 125-138.