Le famiglie in Toscana

di Letizia Ravagli

Le famiglie toscane sono profondamente cambiate negli ultimi decenni a causa di grandi mutamenti di natura demografica, sociale ed economica. Nel 2022 se ne contano, secondo i dati Istat, 1 milione e 673mila, circa 104mila in più rispetto al 2011, un incremento che è legato alla crescita di separazioni e divorzi. Nel 2022 sono nati nelle famiglie toscane 21.610 bambini, quasi 11mila in meno del 2009, un calo dovuto sia alla riduzione del numero di potenziali genitori che del tasso di fecondità, soprattutto per il primo e il secondo figlio. Tra le famiglie con figli sono aumentate di oltre un terzo quelle monogenitoriali, tra le più esposte al rischio di povertà. Le molteplici crisi economiche hanno ridimensionato il reddito a disposizione delle famiglie e l'inflazione post pandemica ne ha eroso il potere d’acquisto, soprattutto se a basso reddito. Espresso in termini pro capite e a prezzi costanti, il reddito disponibile delle famiglie toscane è pari a 19.866 euro nel 2022, era 22.158 euro nel 2007. Secondo un’indagine Irpet, nel 2024, il 15% delle famiglie toscane non può permettersi di riscaldare adeguatamente la propria abitazione, di consumare carne o pesce almeno a giorni alterni o di comprare prodotti per i bambini e il 16% non potrebbe gestire una spesa imprevista di 800 euro.

Le politiche a sostegno delle responsabilità genitoriali e delle famiglie in condizione di disagio economico hanno stanziato risorse di importo rilevante negli ultimi anni ma non sempre sono state ben disegnate e in alcuni casi non hanno superato la legislatura.
 
Sul fronte delle politiche di sostegno alle responsabilità familiari, il 2022 ha visto l’entrata in vigore del nuovo Assegno unico e universale, un supporto economico alle famiglie con figli, commisurato all’Isee, che ha sostituito i previgenti interventi di natura categoriale (tra cui le detrazioni ai fini Irpef per figli a carico e gli assegni familiari). La nuova misura incrementa le risorse rispetto al passato ed è destinata anche a nuclei precedentemente esclusi, composti da lavoratori autonomi e incapienti. L’importo dell’assegno è, tuttavia, contenuto se rapportato al costo sostenuto dalle famiglie per i figli e non è maggiorato per quelle con uno o due figli, che sono calate di più negli ultimi decenni. Un grande investimento è stato, inoltre, fatto sul rafforzamento dei servizi educativi per la prima infanzia, strumento che dovrebbe al contempo incentivare la natalità e l’occupazione femminile. Il Piano nazionale di ripresa resilienza ha previsto la realizzazione di nuovi posti di nido ma molte delle risorse sono andate ai Comuni dove la copertura del servizio era già superiore al target europeo del 33% di bambini tra 0 e 2 anni. La manovra per il 2024 ha, in aggiunta, incrementato il fondo, istituito nel 2017, che serve a finanziare un contributo per il pagamento della retta del nido ma non abbastanza da rendere gratuito il servizio, obiettivo che è, invece, stato raggiunto, per le famiglie con Isee inferiori a 35mila euro, con l’intervento regionale NidiGratis. Lo sforzo a sostegno delle famiglie con figli del governo in carica è confermato dall’introduzione dell’esonero dal pagamento dei contributi sociali per le madri lavoratrici, che però è una misura a tempo, rivolta alle sole lavoratrici dipendenti e a tempo indeterminato con almeno due figli.

Le misure adottate, in via temporanea, a contrasto degli effetti della crisi pandemica (soprattutto attraverso il rafforzamento degli ammortizzatori sociali) e in funzione di mitigazione dell’impatto dell’inflazione (con misure di calmierazione dei prezzi dell’energia e di supporto al reddito) sono state straordinarie in termini di risorse coinvolte ed elevata è stata la loro capacità di proteggere le famiglie dal rischio di povertà. A contribuire al sostegno delle famiglie, ci ha pensato anche una misura che era nata, nel 2019, per essere strutturale, il Reddito di cittadinanza. Sebbene presentasse molti limiti, come il fatto di non supportare adeguatamente le famiglie con figli e di non tener conto delle differenze nel costo della vita, lo strumento, con un ammontare di risorse consistente, aveva permesso sia di ridurre l’incidenza di famiglie in povertà assoluta che di attenuare l’intensità della povertà tra quelle povere. I timori di un presunto “effetto divano” sui beneficiari, che avrebbero potuto essere disincentivati a cercare lavoro dalla misura, e di un costo eccessivo per le casse pubbliche ha portato, tuttavia, il governo in carica alla sua abolizione a partire dal 2024, con le legge di bilancio per il 2023, facendo in questo modo un deciso passo indietro nella lotta alla povertà. Al suo posto, sono state introdotte due nuove misure, l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, la prima, di natura categoriale, è destinata solo alle famiglie povere in cui all’interno sono presenti anziani, disabili o minori, la seconda è un contributo una tantum per i poveri ritenuti più facilmente occupabili.