Nautilus n. 41 - novembre 2024
Amarena e le altre
di Corradino Guacci
Il 2023 è stato un vero e proprio annus horribilis per l’orso marsicano (Ursus arctos marsicanus Altobello, 1921), una relitta popolazione di orso bruno che vive isolata sull’Appennino centrale con un contingente che si aggira intorno ai cinquanta individui.
Iniziato il 23 gennaio con la morte per investimento dell’orso M20 -conosciuto al grande pubblico come Juan Carrito- e terminato il 31 agosto con l’uccisione a colpi di fucile della madre Amarena, avvenuta nella piana del Fucino. Madre e figlio più volte protagonisti delle cronache abruzzesi per la fiducia dimostrata nei confronti dell’uomo, una “confidenza” purtroppo mal riposta.
Al di là della perdita fisica dei due individui è stato inferto un duro colpo al patrimonio genetico della sottospecie con la dispersione del DNA specifico di Amarena, una riproduttrice prolifica capace di allevare ben quattro piccoli, portandoli tutti allo svezzamento.
Nautilus n. 40 - ottobre 2024
Cambiamento climatico e terre alte
di Silvia Morato
Riabitare la montagna, non più solo come risposta a un’idea nostalgica o di montagna-rifugio, ma piuttosto come scelta verso una montagna-scrigno, fonte di valori, modello di sostenibilità e resilienza. È possibile anche grazie al cambiamento del clima?
Chiunque oggi parla di cambiamento climatico, ma trattarlo in modo scientifico è ben altra cosa, poiché la scienza non procede per meccanismo d’opinione, ma per verifiche sperimentali. Studi sulla storia del clima e sulla temperatura globale media negli ultimi 400.000 anni, affermano che l'attuale riscaldamento è parte di cicli naturali legati a eventi solari, correnti marine e attività vulcanica. C’è sempre stata una crescita della CO2 per cause naturali e con l’industrializzazione sono aumentate. Anche il rinverdimento globale, potenzialmente dovuto alla CO2, ha favorito, insieme alla tecnologia, un incremento della produzione agricola. Tranne la calotta antartica, i ghiacciai stanno diminuendo, innalzando lievemente il livello del mare.
Nautilus n. 37/38 - luglio/agosto 2024
Guardare i quartieri di Milano
di Associazione Museolab6
Tutti i quartieri di Milano hanno una storia, ma alcuni contengono più di altri i segni del passato accanto alle trasformazioni del presente e alle anticipazioni del futuro. È il caso del Quartiere Tortona Solari, zona emblematica della città per il suo importante passato industriale e la sua riconversione creativa che ne ha fatto uno dei quartieri più conosciuti anche internazionalmente come epicentro della Design Week, ma anche per la presenza degli show room di alcuni dei grandi brand italiani della moda e di importanti realtà culturali come il Museo delle culture Mudec, il Silos Armani, il vivacissimo centro culturale Base. Qui nel 2012 è nata, per iniziativa di un piccolo gruppo di abitanti, l’associazione Museolab6 con lo scopo di animare un laboratorio urbano per promuovere con un filo che lega passato, presente e futuro la tutela del patrimonio culturale e sociale dei quartieri sud ovest racchiusi nel Municipio 6 di Milano.
Nautilus n. 37/38 - luglio/agosto 2024
Passeggiate patrimoniali sulla via del ferro
Alla scoperta dei paesaggi minerari e culturali delle colline metallifere
di Diego Accardo e Simonetta Noè
Il territorio delle Colline Metallifere Grossetane rappresenta un unicum da vari punti di vista, non ultimo l’essere esemplare dimostrazione di come e quanto le caratteristiche geomorfologiche di un territorio ne possano condizionare le vicende antropiche in ambito storico, economico, culturale, sociale, politico.
La realtà metallifera della zona ha determinato una storia mineraria che ha radici nel Neolitico e che, attraverso l’epoca etrusca e poi quella medievale, si dipana in età medicea per proseguire, senza soluzioni di continuità, tra XIX e XX secolo fino a concludersi, negli anni Ottanta-Novanta del secolo scorso, con la chiusura delle miniere.
Oggi che si torna a guardare al nostro sottosuolo in cerca di nuovi percorsi di sfruttamento per l’economia del nuovo millennio, si riattualizzano le passate vicende estrattive, mentre restano ancora evocativamente presenti gli emblemi materiali di quel remoto lavoro, sebbene visibilmente mortificati dagli effetti del tempo...
Nautilus n. 36 - giugno 2024
La cava che suona
Il progetto del Teatro delle Rocce (Gavorrano) nel Parco Nazionale delle Colline Metallifere
di Alessandra Casini – Direttore del Parco Nazionale delle Colline Metallifere – Tuscan Mining UNESCO Global Geopark
Il Teatro delle Rocce è una struttura scenica situata nel comune di Gavorrano, in provincia di Grosseto in Toscana, Questo straordinario teatro all'aperto è nato dalla riqualificazione di una cava di roccia abbandonata della miniera di pirite di Gavorrano, diventando oggi un importante centro culturale e turistico del territorio strettamente connesso con il Parco Nazionale delle Colline Metallifere, Geoparco UNESCO. Il Teatro delle Rocce è contemporaneamente è un geosito di interesse locale, un sito di archeologia industriale e un sito culturale dove è possibile leggere una parte di storia geologica delle Colline Metallifere, connettersi con un pezzo di storia mineraria del territorio e fruire di questo spazio per importanti progetti artistici e culturali.
La miniera di pirite di Gavorrano e la “Cava Rocce”
L’attività mineraria ebbe inizio nel 1898 ad opera della Ditta Praga e C, quando nei pressi della fonte pubblica di Gavorrano venne individuata una grande massa di pirite. Nel 1908 iniziarono i lavori anche presso Ravi. Nel 1905 l’area mineraria di Gavorrano passò sotto il controllo della Unione Piriti che 5 anni dopo venne rilevata dalla Soc. Montecatini. La Montecatini da questo momento (cambiando alcune volte ragione sociale) gestì totalmente l’attività mineraria fino alla chiusura dei cantieri di estrazione nel 1981.
Nautilus n. 36 - giugno 2024
La distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce: da “fabbrica di spirito” a “fabbrica per la cultura”
di Antonio Monte
Nell’ultimo quarto dell’Ottocento San Cesario di Lecce era un piccolo Comune di 4300 abitanti. Le attività produttive più diffuse riguardavano la molitura del grano e la frangitura delle olive. Negli stessi anni il Salento cominciava a risentire della crisi del settore oleario e granario e a convertire molte terre alla coltura della vite. Parallelamente sorgevano i primi stabilimenti vinicoli e una modesta attività di distillazione; pertanto, da alcuni, alla fine dell’Ottocento, era praticata la distillazione ad alambicco semplice “a fuoco diretto”, come attività combinata alla macinazione del grano.
Anche a San Cesario di Lecce la distillazione, spesso esercitata di contrabbando, iniziò a diffondersi. Un primo alambicco alimentato dall’energia a vapore venne acquistato, intorno alla fine dell’Ottocento, da un proprietario di un molino.
Negli anni in cui si diffonde la viticoltura nella regione, anche in questo comune è presente una ramificata e artigianale lavorazione e trasformazione dell’uva da parte degli stessi agricoltori e proprietari terrieri e la collaterale attività di distillazione degli scarti della vinificazione.
Nel I° Censimento degli Opifici e delle Imprese Industriali del 1911 risultano attivi nel centro di San Cesario due molini a vapore, un “centimolo” e tre distillerie.
Nautilus n. 36 - giugno 2024
ILVA
di Claudio Saragosa
Fra i tanti recuperi avvenuti negli ultimi anni in molte aree vi sono le parti delle città e dei territori originariamente destinate alle attività produttive. Si è riconosciuto a questi luoghi dell’archè un valore non solo storico-testimoniale ma anche, talvolta, estetico-percettivo. Fra le varie realtà che sono state sottoposte a recupero, una è situata nella Maremma Toscana. Si tratta di uno dei luoghi che può vantare una continuità e profondità temporale nella lavorazione del ferro tra le più importanti. Già gli Etruschi fondevano sulla costa utilizzando il ferro elbano. Da allora in poi vi è stato un continuo processo di raffinazione delle tecniche siderurgiche e una sedimentazione di strutture edilizie legate alla produzione. Nel tempo si sono formati dei propri centri della siderurgia, uno fra questi è Follonica che raggiunge la sua maturità negli anni ’30 del XIX secolo. In questo periodo si porta a compimento la realizzazione di un impianto produttivo fra i più moderni adottando delle architetture di grande qualità compositiva. Gli edifici sembrano, infatti, grandi basiliche (una lapide appunto recita: «Al ferro padre di tutte le industrie queste officine siccome tempio Leopoldo II dava l’anno MDCCCXXXIV») progettate sia per svolgere un razionale ciclo produttivo, sia per costruire un nuovo insediamento (anche urbano) di significativa qualità morfologica. Questi spazi sono giunti a noi dopo la definitiva chiusura delle attività siderurgiche avvenuta negli anni ’60 del 1900.
Nautilus n. 36 - giugno 2024
I musei d’impresa di Soveria Mannelli
Una traiettoria possibile per le aree interne basata su manifattura e cultura
di Florindo Rubbettino
Soveria Mannelli è un paese di 3500 abitanti sull’Appennino calabrese a 800 metri sul livello del mare.
Come tutto il territorio circostante ha un triplice svantaggio: è un'area interna, è un'area interna del Sud ed è un luogo che non ha una grande storia, essendo stato popolato essenzialmente negli ultimi due secoli da pastori e contadini che si spostavano da territori più bassi. A differenza di altre aree interne non dispone quindi di un retroterra storico da utilizzare ai fini della valorizzazione turistico-culturale.
Una comunità che non avendo una storia, ha provato a costruirsi un buon presente con l'ambizione di costruire un grande futuro. E lo ha fatto attraverso un percorso laterale costruito sulla produzione, la cultura, l’innovazione. Innovazione non solo tecnologica (già nel 2003 il Censis nel 37° Rapporto sullo stato del paese lo indicava come il comune più informatizzato d’Italia), ma anche culturale.
Nautilus n. 36 - giugno 2024
Pontedera: da Piaggiopoli a città dei futuri
di Roberto Cerri
Le città si modificano. Costantemente. Sono i luoghi dove forse il mutamento è più evidente. A fine ‘800 Pontedera era piena di opifici e fabbriche tessili. Poi nel 1924 arrivò la Piaggio. Prima producendo motori per aerei e, dopo la Seconda guerra mondiale, Vespe e Api. E mentre il tessile scompariva, la meccanica Piaggiocentrica ridisegnò la città e dette lavoro a oltre 11.000 addetti, più l’indotto. Ma negli anni ‘80 la Piaggio collassò e si stabilizzò sui circa 3.000 addetti di oggi, liberandosi sia di enormi spazi industriali sia di strutture sociali (come il Villaggio Piaggio e i suoi impianti sportivi).
Lo shock produttivo e sociale costrinse Pontedera a ripensarsi e a cercare un’evoluzione industriale anche al di là della meccanica. Tant’è che oggi si propone anche come centro di un distretto dei rifiuti (stoccaggio, riciclaggio, recupero di energia), di valenza regionale.
Una partita difficile si giocò in particolare sugli immobili industriali dismessi.
Nautilus n. 35- maggio 2024
(ri)Studiare la montagna
di Diana Ciliberti
Tutti noi concordiamo sul fatto che ogni montagna ha la sua vetta. Ma quali sono i criteri fisici, statistici ed antropologici necessari a definire una “montagna”? E cosa si intende, nello specifico, quando si parla di alte e di medie montagne?
In un famoso contributo di Price (2013) si leggono alcuni aneddoti interessanti sulla montagna, di questi i più emblematici raccontano che negli anni ‘30, tra i membri di vari club alpini statunitensi divenne di moda scalare la vetta più alta di ciascuno dei quarantotto stati continentali. Il più alto di tutti era il Monte Whitney, in California (4.418 metri s.l.m.); il più basso, Iron Mountain in Polk Country, Florida (100 metri s.l.m.). Certamente, nessuno avrebbe dubitato che Whitney fosse davvero una montagna, al contrario di Iron Mountain, la cui definizione di “montagna” – così come si evince dalle diverse descrizioni promozionali – apparirebbe forse ai nostri occhi come un’esagerazione. All’estremo opposto, c’è la storia di uno scalatore britannico che durante una scalata sull’Himalaya chiese al suo sherpa i nomi di alcune vette circostanti (3.500 metri s.l.m., l’altitudine media), la guida alzò le spalle dicendo che si trattava solo di colline senza nome.
Nautilus n. 34 - aprile 2024
Sul Paese sventola bandiera bianca
di Leonardo Animali
Le bandiere delle “resistenze” hanno iniziato a contraddistinguersi per il colore rosso a partire dal 1832, quando a Merthyr Tydfil, nel Galles, divenne il simbolo dei sanguinosissimi scontri tra i minatori e la polizia privata pagata dai proprietari delle miniere. Nelle piazze di molti paesi italiani e sui palazzi municipali è facile oggi invece vedere sventolare, accanto al tricolore e in qualche caso alla bandiera europea, un terzo vessillo di colore arancione. Questa è un riconoscimento che dal 1998 viene conferito dal Touring Club Italiano (in seguito TCI) ai piccoli comuni dell'entroterra, che si distinguono per un'offerta di eccellenza. “È stata pensata – si legge nel sito dedicato – dal punto di vista del viaggiatore, e viene assegnata alle località che non solo godono di un patrimonio storico, culturale e ambientale di pregio, ma che sanno offrire al turista un’accoglienza di qualità”. I Comuni che ambiscono ad ottenerla si candidano tramite una piattaforma online e poi si attiva, da parte del TCI, un’analisi della località, con una visita sul campo condotta in forma anonima da una squadra di ‘ghost visitor’.
Nautilus n. 34 - aprile 2024
Resistenza mancata
Una riflessione sulle responsabilità dell’urbanistica nella crisi dello spazio sociale
di Fausto Carmelo Nigrelli
Chi appartiene alla mia generazione e ha una formazione urbanistica che si è cominciata a costruire negli anni Ottanta del XX sec., non può non essersi confrontato con le riflessioni sull’urbanistica riformista.
Così Giuseppe Campos Venuti aveva definito un approccio che in quegli anni, che corrispondevano culturalmente e politicamente al riflusso, rivendicava le conquiste fatte con decenni di battaglie in ambito culturale, accademico, politico. «Abbiamo dimenticato i piani delle megalomani quanto illusorie previsioni private, che sancivano lo sviluppo urbano a macchia d'olio? I chirurgici tracciati dei piani fascisti non abrogati e dei piani di ricostruzione che completavano lo sventramento dei centri storici? I piani indifferenti alle previsioni per servizi pubblici, che generavano periferie senza scuole, senza giardini, senza attrezzature comuni?» (p. 30), scriveva nel 1987 in un libro, La terza generazione dell’urbanistica, che avrebbe rappresentato una pietra miliare per la disciplina. E più avanti: «la stagione del riformismo urbanistico graduale, fertile di novità anche se piena di sbagli, ha avuto come frutti non solo una prima maturazione della società civile e politica sui problemi delle città e del territorio, ma anche un'evidente sviluppo di nuovi metodi e strumenti di pianificazione» (p. 31).
Nautilus n. 32 febbraio 2024
Cibo al femminile come leva di cambiamento
“Mi chiamo Doha. Sono una contadina. Amo essere contadina. Sono nata a Burim. Mio padre è stato ucciso quando avevo cinque anni. Eravamo quattro bambini. Mia madre aveva 28 anni e ci ha cresciuti lavorando la terra. Amo questa terra perché ci ha permesso di vivere. Mia nonna ha insegnato le sue conoscenze sulla natura a mia madre, mia madre a me e io le insegno a mia figlia. Questo latte è dalle pecore che alleviamo noi, per questo ci fidiamo di lui. Le uova sono delle mie galline. Queste fave fresche e questi peperoni verdi arrivano dal mio giardino. Nell’orto trovo tutto quel mi serve in cucina: cipolle, lattuga, prezzemolo… Il pane lo faccio io. La farina arriva da questi campi e anche il grano. Amo specialmente l’ulivo, lo curo come un figlio. L’ulivo è il pilastro della nostra casa: se ci sono pane e olio, non c’è bisogno di nient’altro, e possiamo ringraziare Dio. La generosità della terra è ciò che ci permette di vivere. E la cucina è ciò che mi dà gioia, mi rende felice”.
Sono le parole di Doha Asoos Mona, contadina palestinese che ha partecipato qualche anno fa a Terra Madre, l’evento internazionale organizzato da Slow Food ogni due anni, a Torino. Burim si trova in Cisgiordania, una delle terre più martoriate del mondo, quotidianamente assediata dai coloni israeliani. Doha non ha nulla di più del suo pezzetto di terra, qualche albero, pochi animali, ma le sue parole esprimono amore, fiducia, gioia, pace. Il suo sguardo mette insieme la scala minuta della vita quotidiana e quella elevata della profonda connessione con la natura; perfino dal timbro della voce si percepisce un sentimento di gratitudine, uno stato di operosa serenità.
Nautilus n. 32 febbraio 2024
Progettare con sguardo di donna
di Daniela Poli
La dimensione del genere sta assumendo oggi una rilevante risonanza mediatica. La violenza sulle donne, in particolare, mette in luce quanto ancora esse siano vittime di abusi, di molestie e di “femminicidi”, omicidi nei quali emerge una cultura dagli aspetti multiformi, ma radicata nell’idea della sopraffazione dell’uomo sulla donna. Contrariamente alla violenza di genere (esito, secondo quanto riportato nella convenzione di Istanbul, COE 2011, di discriminazioni strutturali) si affianca un notevole sforzo verso la cosiddetta “parità di genere”, che sta facendo il suo ingresso in documenti e procedure trans-settoriali e multilivello (si pensi alla composizione delle commissioni giudicatrici, ai gruppi per i concorsi, ecc.). Si tratta di un importante percorso riconosciuto a livello internazionale, che tende a dare pari opportunità e a scalfire la costruzione culturale applicata al genere per la quale alle donne sono stati attribuiti socialmente compiti riproduttivi di cura all’interno delle pareti domestiche e agli uomini attività di produzione nella sfera pubblica. Questo processo riconosce rilevanza anche alla trasformazione deli spazi urbani. La New Urban Agenda (UN Habitat, 2016), ad esempio, dichiara la necessità di costruire città eque e inclusive, rimarcando come sia possibile agire per l’equità di genere anche attraverso la costruzione e la gestione degli insediamenti umani.
Nautilus n. 31 gennaio 2024
Abitare il fiume
Il Po visto dagli argini
La relazione tra comunità umane e risorse idriche si perde nella notte dei tempi. Sono i fiumi a condurre l’uomo dal nomadismo alla condizione stanziale. Quando i primi agricoltori impararono a usare l'acqua per irrigare i terreni, si stabilirono sulle loro sponde, scavarono canali e derivazioni. I fiumi diventarono fondamentali vie di comunicazione per lo scambio di merci e l’incontro tra persone. L’energia dell’acqua e i fiumi contribuirono in maniera determinante alla nascita delle prime macchine; i trasporti e l'energia idroelettrica sono alla base della nascita delle filande, la rivoluzione industriale esplose con il carbone, ma era già nata con le acque dei fiumi.
Il Po, massimo fiume italiano, con i tributari delle Alpi e dell’Appennino, ha edificato nei secoli la valle padana, terra dove oggi si concentra una grande parte della produzione agricola italiana. Le zone più produttive sono le terre basse, un tempo paludi e acquitrini, dove i fiumi divagavano a piacimento. Qui la fatica dell’uomo è stata nel tempo capace di domare le acque con argini di terra e di prosciugare le zone umide con canalizzazioni per ricavarne terra coltivabile.
Nautilus n. 31 gennaio 2024
Abitare o vivere la montagna?
Occorre spesso una vita intera per capire il senso profondo delle cose e il viluppo delle situazioni e degli accadimenti che nel corso degli anni ci trascinano, ci sballottano, senza esserne consapevoli fino in fondo.
Lo stesso accade per la comprensione intima dei termini più elementari e di uso più comune, che si svela in tutta la sua essenza quando siamo adulti e ne comprendiamo lo spessore e le più profonde implicazioni.
Da bambino ho lasciato il mio paese di montagna e sono sceso in città per motivi di studio. Lì ho abitato per almeno vent'anni; successivamente ho scelto di nuovo la montagna e tuttora sto vivendoci. Non ci abito, ci vivo.
Non si può abitare la montagna, se questa è una scelta di vita; si tratta di un ossimoro, come a dire che adoriamo leggere senza saper scrivere.
Abitare è avere un tetto sopra la testa, magari circondati da tutte le comodità, è la risposta al bisogno primitivo di nascondersi, di proteggersi dalle minacce e dalle trappole dell'esistenza, di un convivere più sicuro e comodo, è una necessità di cui spesso siamo spettatori, non protagonisti.
Nautilus n. 30 dicembre 2023
PNRR: il contrario della visione
Il PNRR è il piano nazionale di ripresa e resilienza con il quale l’Italia gestisce i fondi europei della Next Generation Eu, quasi 200 miliardi di euro. Tanti soldi da spendere in fretta (entro il 2026). Già i concetti di “ripresa” e di “resilienza” non lasciano ben sperare per un effettivo mutamento di rotta: ripresa vuol dire tornare a quel che c’era prima; resilienza significa capacità di subire un cambiamento senza rompersi. Dunque nessuna trasformazione del sistema economico e sociale vigente, ma piuttosto la sua conservazione. Nessuna visione alternativa, insomma.
Basta guardare ai territori per accorgersi che in gran parte dei casi il ciclone PNRR ha spazzato via anni di pratica pianificatoria, di riletture territoriali, di faticosi accordi tra comuni, di protagonismo delle comunità locali. Un ciclone dall’alto, all’insegna del “tanti soldi e subito”, distribuiti secondo la logica dei bandi competitivi che sta seminando disgregazione al posto della coesione, concorrenza al posto della cooperazione. Il PNRR si è presentato come ricco, veloce, tendenzialmente dispari e mirante più al progetto che alla strategia; il che equivale a un’assenza di visione. L’obiettivo contingente della spesa si è sostituito a quello strategico della rigenerazione dei territori, delle vaste campagne e dei numerosi paesi resi marginali da un modello di sviluppo e di organizzazione dei servizi polarizzante, applicato a un Paese come l’Italia che è storicamente e strutturalmente policentrico.
Nautilus n. 30 dicembre 2023
LEGGERE IL TERRITORIO, VEDERE LONTANO, FARE POLITICA
Castiglione Messer Marino e la Scuola dei Piccoli Comuni
Per tornare ad abitare i vuoti creati da decenni di politiche pubbliche basate sui numeri del mercato e non sulle esigenze delle comunità e delle persone, c'è innanzitutto bisogno di garantire a tutti quei servizi essenziali che la Carta costituzionale definisce come diritti inviolabili. Invero, senza la possibilità di accedere alla sanità e alla scuola, nonché senza la possibilità di potersi muovere liberamente decidendo quando partire o tornare, cioè senza un territorio privo di quegli “ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 Cost.), risulta estremamente difficoltoso – laddove non impossibile – tornare ad abitare le aree interne le quali, è bene ancora una volta ricordarlo, rappresentano il 60% del territorio italiano, il 52% dei Comuni e in cui vivono oltre tredici milioni di persone.
Nautilus n. 29 Novembre 2023
Il dilemma di Hugh Grant, ovvero la dialettica tra spazio e luogo in Geografia
Lo spazio esiste come categoria materiale oggettiva, oppure può assumere significati e percezioni diversi a seconda della prospettiva? La domanda, particolarmente viva nel dibattito post-moderno, tocca direttamente la geografia, scienza “che ha per oggetto lo studio, la descrizione e la rappresentazione della Terra nella configurazione della sua superficie e nella estensione e distribuzione dei fenomeni” e una delle discipline neglette dell’attuale ordinamento scolastico.
Tradizionalmente, nella nomenclatura geografica il termine “spazio” qualifica una porzione della superficie terrestre mantenendo una declinazione neutra, oggettiva, geometrica e misurabile.
A partire dal Rinascimento si fondano su questa logica cartesiana numerose applicazioni dell’attività umana, da quelle artistiche (la prospettiva) a quelle cartografiche (le misurazioni trigonometriche) o politiche (giurisdizioni e confini). In questo senso, la nozione di spazio cartesiano si differenzia da altri concetti geografici quali “territorio”, che definisce lo spazio antropizzato, gestito e organizzato secondo strutture politiche, economiche e culturali, o “luogo” (che in inglese viene restituito come “place”), cioè spazio investito da rapporti soggettivi percettivi ed emotivi (Tuan, 1974; Maggioli, 2015).
Nautilus n. 29 Novembre 2023
Lo “spazio”, la “storia” e la “conoscenza” nel lavoro del geologo
Lo “spazio” è un termine dai tanti significati. Può essere un posto in cui collocare gli oggetti, a prescindere dalla loro dimensione, che diventa infinita quando ci si riferisce a ciò che è esterno alla Terra. Qui per spazio si intende un territorio più o meno ampio. Quanto sia ampio e cosa racconta a un geologo è il tema di questa nota, che non può che essere incompleta e soggettiva, ma che si basa su un quarto di secolo di attività professionale.
I larghi spazi sono quelli del rilievo geologico e, per suggerire un ordine di grandezza, l’esempio di Bernardino Lotti (1847-1933) appare straordinario.
Nato a Massa Marittima, prese servizio nel Regio Comitato Geologico a trentadue anni e, nei quaranta successivi, «percorse a piedi, talvolta con il mulo», ma sempre con il «fedele» Pietro Fossen, il territorio di «252 tavolette al 25.000», ognuna delle quali «copre una superficie di 100 chilometri quadrati». L’intera Toscana, Elba compresa e parte dell’Umbria furono attraversati da Bernardino Lotti, che ci ha trasmesso un patrimonio immenso di conoscenza geologica.
Più comunemente il geologo è chiamato a confrontarsi con altre realtà professionali per il progetto di opere, anche importanti, ma pur sempre puntuali rispetto ad uno spazio misurabile in chilometri quadrati e la diversa formazione si manifesta nei comportamenti...
Nautilus n. 29 Novembre 2023
Spazio e paesaggi interiori
di Stefano Lucarelli
Premessa
Mi ci sono voluti molti anni e diverse frequentazioni per capire la straordinaria differenza tra panorama e paesaggio. Uno, si osserva da lontano, fermi e immobili; l’altro si attraversa passandoci dentro, ascoltando e sentendo umori, suoni, profumi, odori e strati di ciottoli o terriccio sotto i piedi. Come dire: il paesaggio è una cosa tridimensionale, o meglio uno spazio multidimensionale. Un panorama lo puoi vedere anche al cinema, in un documentario, in una foto o anche bello e pronto per il desktop del computer.
Anche la modalità in cui si frequentano è diversa: una, impone un percorso disposto ad accoglierti e offrirti sorprese e imprevisti; l’altro potrebbe essere anche realizzato da uno screenshot per immagini virtuali. La misura è quindi determinata dallo spazio, dalla maniera in cui sappiamo penetrare dentro quelle figure e quelle cose intraviste che continuando nel percorso, a terra, in volo come in acqua, ci mettono difronte a una soglia precisa: stare in mezzo.
Anni fa percorsi, sul dorso di un dromedario, un famoso deserto, all’epoca giravano molte foto di dune e ammassi di sabbia stagliati su un cielo azzurro fitto fitto; eppure, una volta incamminatomi dentro, ho percepito chiaramente il tipo di calore, l’aria e il vento, il giorno e la notte, la sete e il sole per nulla afoso e la dilatazione infinita di una linea dell’orizzonte sempre provvisoria e imprecisa.
Nautilus n. 29 Novembre 2023
Oltre lo spazio della mercificazione dei beni
Rilocalizzare l’insediamento umano nel territorio per una reale transizione ecologica
L’insediamento umano mostra ormai nella cifra urbana la sua più impressionante e purtroppo anche catastrofica espressione spaziale ed ambientale[1]. Ciò significa che affrontare il tema di una reale ed equa riconduzione e transizione ecologica della società umana entro il “limiti planetari” (Rockström et al. 2009), anche per chi è impegnato in costruzione di politiche e di piani, implica affrontare il tema della città, ed in particolare di quelli che sono le grandi ragioni che fanno da sfondo a questo possente “motore estrattivo” di risorse, naturali ed umane. Ragioni che non permettono più di affrontare la questione ecologica in termini meramente mitigativi o adattivi richiamando soluzioni più o meno “smart” e genericamente per “ambienti urbani più sostenibili”.
L’insediamento urbano, in particolare nella sua espressione metropolitana non solo del “nord globale” ma ormai in numerosissime altre metropoli del prossimo e lontano oriente, è in realtà un costrutto socio-spaziale che è al tempo stesso prodotto e motore dell’organizzazione e strutturazione dei processi che permettono la riproduzione dell’attuale modello economico capitalistico sempre più polarizzato ed eterodiretto (Tornaghi, Dehaene 2021).
Nautilus n. 29 Novembre 2023
Campo XXV Aprile
Un luogo civico di comunità
“Luoghi straordinari. Che raccontano storie e ispirano azioni.” è una parte di quanto si legge nella home del progetto “beCivic” di Fondazione Italia Sociale (https://becivic.it/civic-places/), un progetto che ha voluto sottolineare non solo l’importanza dei luoghi riconosciuti come riferimenti dalla comunità locale, ma il valore che acquisiscono partendo proprio dalla centralità della persona, superando il mero concetto di spazio e adottando quello di luogo che contiene in sé il valore personale e intimo dell’appartenenza.
Un esempio di civic place (spazio civico) si trova a Roma, nel quartiere popolare di Pietralata, all’interno del IV Municipio, una zona urbanisticamente priva di luoghi di ritrovo spontanei, come piazze, e con pochi parchi lasciati nel tempo in condizione di abbandono e solo recentemente presi in carico da comitati locali che li difendono anche dalla cementificazione e da un’urbanistica aggressiva, come la volontà di costruire uno stadio nella zona che ha aperto un dibattito pubblico rilevante viste le problematiche di tipo logistico che possono derivarne per gli abitanti (https://www.dpstadioroma.it/) .
Nautilus n. 28 Ottobre 2023
Uomini della Natura
Il lavoro nel bosco in Maremma
La Maremma è sempre stata una regione di 'frontiera' per la Toscana, con caratteristiche demografiche e quindi sociali e un contesto ambientale diverso dal resto della Toscana. Terra 'vuota' di uomini e che quindi necessitava di manodopera, terra la cui demografia è stata condizionata dall'endemismo malarico , dove prevalevano l'incolto, il bosco, la palude. Non solo terra agricola spesso a seminativo nudo, ma territorio dove anche il bosco alimentava un'economia, soprattutto del legname e del carbone, e quindi richiedeva manodopera specializzata, spesso a carattere stagionale.[1] Uomini che conscevano i ritmi della natura: nulla di idilliaco, vita dura e esistenza contrastata dalle malattie, ma pur sempre migliaia di uomini che popolavano i boschi o che erano a stretto contatto con essi.
Nautilus n. 27 Settembre 2023
L'Italia plurale e la diversità paesaggistica
di Rossano Pazzagli
Diversità è un termine ambivalente. Può significare alterità, ma anche pluralità. In alcuni casi le due declinazioni possono convergere e coincidere. Nel paesaggio le troviamo entrambe: l’alterità e la pluralità.
L’Italia, in particolare, ha un paesaggio molto diversificato, articolato e complesso, frutto di un peculiare incontro tra uomo e natura e delle stratificazioni storiche che caratterizzano un Paese a lungo diviso e geograficamente molto vario. Nel 1963 il geografo Aldo Sestini scriveva che “non esiste un paesaggio italiano”, precisando che “l’Italia possiede una grande varietà di paesaggi” e passando a descriverli nel bel libro edito dal Touring Club Italiano, che a tutt’oggi resta una delle più complete e ravvicinate antologie dei paesaggi del Bel Paese colti nel momento della loro trasformazione, vittime dell’urbanizzazione da un lato e dell’abbandono dall’altro...
Nautilus n. 27 Settembre 2023
Diversità linguistiche
I paesi albanofoni nel Molise
di Fernanda Pugliese
Il primo a parlarne era stato Claudio Tolomeo nel 168 d. C.
Erano gli "alvanoi"e abitavano il territorio dell'odierna Albania e la loro capitale era Albanopolis. Non erano greci, né slavi, né rumeni, né bulgari, non erano nemmeno latini. Erano genti di stirpe illirica anche se nel corso dei secoli avevano fatto parte dell'impero Romano e dopo la caduta dello stesso, 476 d. C. il loro territorio ero stato scisso in due parti. Il Nord era stato assegnato all'Impero Romano d' Occidente, il Sud all'Impero Romano d'Oriente.
Il confine era delineato dal percorso del fiume Shkumbi che attraversava l'Albania centrale ed era anche confine naturale nella definizione dei due dialetti principali che erano rispettivamente il Ghego e il Tosco...
Nautilus n. 27 Settembre 2023
L'affresco sulle zolle
Negli ultimi dieci anni intorno ai paesi appenninici, sui campi lasciati incolti dall’emigrazione o dalla perdita dei vecchi nonni e babbi che ci lavoravano, si sono insediati altri nuclei familiari.
Provengono da campagne intorno a grandi città, infestate dall’uso indiscriminato di prodotti chimici utilizzati dalle vicine tenute a produzione intensiva.
Autentici partigiani della terra che resistono e riescono a sopravvivere, producendo prodotti raggiungibili solo attraverso il passa-parola, i Gruppi d’Acquisto o Cooperative dagli statuti sottoscritti da strette di mano e autocontrollo della filiera.
Ma con tanta, troppa difficoltà.
E così, perplessi e disorientati, spazientiti dalla burocrazia, immalinconiti dai costi e dalla depressione, cercano rifugio nell’idea di spostarsi, di andare altrove, dove trovare aria buona, acqua ancora pulita e terreni grassi per il loro “latte e miele”.
Perché è di questo che si tratta, di contadini migranti veri e propri che, indossati i panni dei nuovi “cialtroni” di pavesiana memoria, hanno rammendato quella stoffa come nuova per una diversa misura della relazione con la terra.
Nautilus n. 27 Settembre 2023
Il Cotone, continuità e diversità
Il Cotone (un idronimo che significa porto costruito dall’uomo) è un quartiere di Piombino che sta fuori la città. Un insediamento lineare assieme alla borgata Poggetto che si srotola lungo la via provinciale, la strada che costeggia lo stabilimento siderurgico (mappa con misure).
La prima parte è costituita da cinque case popolari a parallelepipedo con tetto a spiovente in tegole. Semplici, color marrone consumato, senza terrazzi né modanature che le aggrazino. Costruite negli anni ‘20 del Novecento per gli operai che lavoravano nell’acciaieria, che oltre a lavorarci se lo vedevano anche da casa.
Oltre, continuando verso nord sulla strada matrice, affiancati dal muro perimetrale dello stabilimento, a sinistra, si appoggia un reticolo di vie disposte a scacchiera regolare. Questo è il tessuto della borgata Il Poggetto che assieme al Cotone contano circa 150 casette a uno due piani, autocostruite e di buona fattura.
Tessuto abitativo, muro dipinto a murales, circolo Arci, monumento all’Umanità del Cotone contribuiscono a far assumere al quartiere i contorni del pittoresco. Estetica della semplicità popolare direbbe un documentarista come Joris Ivens...
Nautilus n. 27 Settembre 2023
Tracce di luce
Un Festival diverso per narrare e far conoscere il grande artista Charles Moulin
Sfuma il caldo, nella quiete settembrina si assopisce la tempesta ormonale che accompagna il tempo estivo, con il clamore dei mille eventi assiepati in una ressa infinita dentro la competizione tra i “borghi”, i più “belli”, i più “autentici”, i più patetici, che scordano di essere paesi e propongono sagre, concerti, rievocazioni storiche miste a fuochi d’artificio. Tutto questo nella grande melassa informe della competizione canicolare, la cui cifra è nella vorace proposta di consumo dei territori a favore dello scalcitante e fagocitante turismo di massa che ingurgita ogni cosa senza troppo pensarci.
A settembre, l’incendiaria proposta del CISAV (Centro Indipendente Studi dell’Alta Valle del Volturno) è una proposta di pace, differente, non turistica (non nel senso classico) e la si gode con le temperature che si dimensionano a misura del godibile, in un contesto di paese che vuole far pensare – senza acrobazie – alla dimensione del possibile, alla diversità di una proposta completamente immersa dentro un orizzonte culturale che narra il territorio in funzione di una riflessione stimolata dall’irrevocabile necessità di analizzare il portato artistico, storico, sociale, antropologico e finanche eco-filosofico del grande artista Charles Lucien Moulin.
Nautilus n. 25/26 Luglio-Agosto 2023
Il mare antiorario.
Da Firenze a Siviglia. L'America prima dell'America
La Terra non va solo lavorata, va capita, o meglio, vista, viaggiata, e il lavoro del geografo deve essere quello di guardare, viaggiare, raccontare…
Un viaggio nei mari occidentali. Lo spunto parte dal fatto di vivere questa parte di Mediterraneo navigandolo per sentire le sensazioni antiche di chi lo ha attraversato prima di noi.
Il Mar Tirreno ha una grande tradizione marinara, vi sono nate tre delle quattro grandi repubbliche marinare (Amalfi, Pisa e Genova).
Tutto l’arco tirrenico e ligure è stato l’ispiratore di grandi scoperte che, a differenza di Venezia (il cui più grande viaggiatore è di terra), si fonda sulla navigazione.
Si parla di viaggi genovesi verso l’Atlantico già nel Quattrocento.
A questo si aggiunge tutta la parte provenzale (da Marsiglia) e poi la Spagna con la Catalogna fino ad arrivare a Siviglia .
É interessante quindi cercare di rivivere questo sistema per come è oggi, senza perdere di vista i suoi riferimenti passati...
Nautilus n. 25/26 Luglio-Agosto 2023
Triade mediterranea.
Uno sguardo dall'altra sponda
Dai tempi dell’università desideravo visitare i paesi del Maghreb e finalmente questo desiderio ha preso corpo. Per ragioni personali, infatti, ho avuto l’occasione di fare un viaggio in Tunisia. Non si è trattato di una vera e propria vacanza, il che mi ha permesso di poter avere uno sguardo meno “turistico” sulla parte del paese che ho avuto modo di visitare.
Non posso negare che il mio primo approccio a questa terra antica, ma nuova per me, sia stato, se non proprio “eurocentrico”, sicuramente “italiano”. Il primo contatto con Tunisi, nel breve tragitto che separa l’aeroporto da casa, è stato con una città “occidentale”, le costruzioni, i negozi, i locali non sono assolutamente dissimili da quelli di una metropoli europea. Due, in particolare, sono gli elementi che riportano alla realtà dell’Africa del Nord: le palme da dattero, ad abbellire le strade e regalare un’ombra preziosa, e i minareti che si innalzano tra gli edifici rimandando ad un mondo musulmano.
Nautilus n. 25/26 Luglio-Agosto 2023
Mari mediterranei.
L'Adriatico e il Mediterraneo ieri e oggi
Qualche anno fa, chiudendo un Corso di formazione sul tema “Adriatico, un mare di storia” promosso dalla Rete di Storia di Castelfidardo, ho tentato di individuare alcune idee forti sui mari mediterranei e gli snodi concettuali che ritenevo utilizzabili a fini didattici. Quelle riflessioni restano valide ancora oggi ed anzi le vicende degli ultimi anni sembrano renderle ancora più attuali.
La guerra in Ucraina non deve farci dimenticare che, a differenza di quanto si è detto e scritto, dopo il 1945 la guerra aveva già fatto la sua ricomparsa in Europa.
Alla fine degli anni Ottanta con lo sfaldamento dell’Unione sovietica erano riemerse antiche divisioni interne legate alla presenza di innumerevoli minoranze nazionali e all’esistenza di rivendicazioni territoriali in regioni o in Stati con frontiere troppo recenti o mutate troppe volte per essere considerate stabili...
Nautilus n. 25/26 Luglio-Agosto 2023
Un niveo Mediterraneo
“Sutt’acqua fami, sutta nivi pani”: sott’acqua fame, sotto la neve pane; gli inverni molto piovosi rovinano il raccolto, mentre quelli nevosi lo favoriscono. Se questo vecchio proverbio siciliano nasceva a ragion veduta nel mondo contadino, a maggior ragione valeva per i “nevaioli”. Il pane, loro, se lo andavano a guadagnare appunto “sotto la neve”.
È un proverbio “inatteso”, questo, che mette in relazione il “pane” con la neve, soprattutto per la sua localizzazione: la Sicilia. Quando si pensa alla Sicilia, e al Mediterraneo in generale, immediatamente vengono in mente sole e mare, spiagge e bagnanti. L’idea è quella di un ambiente tipico del clima mediterraneo, o meglio del clima come viene immaginato e poi trasferito nei dépliants turistici, una realtà climatica portata al limite della mitizzazione.
Nautilus n. 25/26 Luglio-Agosto 2023
Appennini e Mediterraneo
Il Mediterraneo è un mare tra montagne e non è un caso che Fernand Braudel, nella sua monumentale opera dedicata a Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, nel tentativo di descriverne l’ambiente, inizi la sua trattazione proprio dalle catene montuose che disegnano le diverse penisole di questo spazio liquido.
In tale prospettiva, la dorsale appenninica, appartenendo a pieno titolo al mondo mediterraneo, in quanto perfettamente collocata in questo contesto geografico, non si configura mai come un’area interna. Non solo la distanza delle montagne dal mare è relativamente poca, sia verso l’Adriatico, sia in direzione del Tirreno, ma anche le attività economiche e sociali risultano, per tutta l’età moderna, fortemente integrate, in un gioco di spazi che dalle coste arriva ad inglobare pianure, colline e altipiani.
Nautilus n. 24 Giugno 2023
Scuola è Paesaggio
Il Paesaggio italiano, quello che era ed è ancora per le sue parti residue, è il bene culturale più importante del nostro paese. Il bene che tutti gli altri comprende e significa. ( A. Paolucci )
Una svolta per il rinnovamento scolastico
Quale idea di Paesaggio ci consegna l’immaginario dell’esperienza scolastica che ognuno di noi ha attraversato soprattutto riferendosi ai primi anni di scuola ?
Non è una domanda peregrina. “Paesaggio”, per molti, è tuttora ( quasi) sinonimo di panorama, la veduta di un territorio da un determinato punto di osservazione, magari con il retro pensiero della vacanza, e i bambini portano a scuola questa immagine.
Nautilus n. 24 Giugno 2023
L’Italia è una repubblica democratica fondata sul turismo?
Scuola e formazione in un settore strategico
di Maria Chimisso
La citazione del Primo articolo della Costituzione italiana è fatta con il massimo rispetto per la Carta e suoi principi, ma pone una questione fondamentale di ordine politico e programmatico, che coinvolge il sistema di istruzione e formazione del nostro Paese.
Lo sviluppo delle nazioni è frutto delle vicende storico politiche che le connotano, ma radica nella struttura geografica, geologica e culturale del sistema paese. La nostra penisola è protesa nel Mar Mediterraneo, ombelico di traffici e approdo di civiltà millenarie, che si sono succedute a colpi di conquiste sanguinose. Ognuna ha lasciato la sua cifra stilistica e linguistica su di un territorio geologicamente instabile e frammentato e fatto di coste, rare pianure, colline e montagne. Questo melting pot culturale e geografico è l’Italia, un tessuto variegato difficile da tenere insieme, uno scrigno di bellezze e tesori con carattere di unicità ed esclusività planetario, un paese che è ancora lontano dal completare il suo processo di unificazione politica.
La considerazione che deriva da questa analisi sintetica è che per tenere insieme i pezzi di un sistema composito e centrifugo occorre una salda forza centripeta e una gestione sistemica dei processi.
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Nautilus n. 23 Maggio 2023
La scarsità del suolo e la città
Quando si pensa alla scarsità viene in mente il suolo. Il suolo infatti è una risorsa fondamentale per la vita sulla terra e conseguentemente per la vita dell’uomo. Il suolo è l’interfaccia attiva fra il mondo della materia attualmente inerte (perlopiù studiato dalla geologia) e il mondo della pellicola vitale, della biosfera, (studiato dalla biologia e dall’ecologia). Nella sinergia fra le caratteristiche della roccia madre e il mondo della vita si sviluppa, in tempi lunghissimi, una pellicola sottilissima fatta di una complessa interazione fra organismi e i minerali della roccia madre.
Nautilus n. 23 Maggio 2023
Una risorsa scarsa: lo spazio
La scarsità è un concetto relativo. Così, anche la disponibilità di spazio è strettamente correlata all’andamento della popolazione, alla sua densità piuttosto che alla sua quantità; agli stili di vita e ai comportamenti economici più che al dato numerico. Il ‘900 è stato a livello mondiale un secolo di crescente urbanizzazione, tanto che nel 2009 la popolazione delle città ha superato quella rurale. Anche in Italia il processo di concentrazione urbana ha generato spopolamento delle aree rurali, accentuato dalla conformazione della penisola, prevalentemente collinare e montuosa e da un modello di sviluppo polarizzante in termini di attività produttive e servizi, basto prima sull’industrializzazione e poi sulla terziarizzazione dell’economia e dell’occupazione, trascurando l’agricoltura e le altre attività legate al territorio e alla natura. Ciò ha generato squilibri e disuguaglianze, in particolare tra aree spopolate (essenzialmente rurali) e luoghi a forte concentrazione come le città, le conurbazioni, le coste.
Nautilus n. 22 aprile 2023
Le funzioni del confine: Trieste, tra storia e letteratura
L’idea di confine è onnipresente. A parte la sua presenza nei discorsi politici, particolarmente urgenti in Europa, assistiamo ultimamente anche a un dibattito sull’importanza del confine in ambito culturale. Lasciando da parte la questione di come definire il concetto, questo breve intervento vuole considerare la funzione del confine nel contesto di una città multiculturale. Prenderò a modello Trieste, una città che vive da secoli gli effetti di un confine in continuo movimento. Un breve sguardo alla storia di Trieste e all’opera di uno dei suoi tanti autori ci aiuta a capire come il confine ha acquisito un doppio valore: è una realtà concreta che ha un impatto sugli individui, ma è anche un concetto inadatto a contenere, o definire, i movimenti complessi della vita...
Nautilus n. 22 aprile 2023
La riva bianca la riva nera
…sono di un paese vicino a lei
però sul fiume passa la frontiera
la riva bianca la riva nera...
Questa canzone di Iva Zanicchi fu un successo nell’estate del 1971 e divenne a modo suo una canzone antimilitarista, soprattutto nella versione spagnola tradotta in La orilla blanca, la orilla negra.
Nell’Europa continentale, dove i confini sembrano più marittimi che terrestri, può sembrare assurdo trovare al suo interno un fiume che è tutto un confine e le sue rive sono un susseguirsi di bianco e nero.
Parlerò di un’esperienza di navigazione fluviale durata tre estati (dal 2017 al 2019) che, partendo da Valenza in Piemonte, mi ha portato con una barca fino in Ucraina. 2500 km di acque interne, uscendo una sola volta dall’acqua per attraversare il confine alpino tra Trieste e Lubiana, navigando con una piccola barca a remi il Po, i canali veneti, le lagune di Venezia, Caorle, Marano e Grado e poi il fiume Sava , il Danubio e infine il suo delta sul Mar Nero...
Nautilus n. 22 aprile 2023
Il confine per cui ho lottato tanto e tra poco non mi servirà più
di Ilic Copja
Secondo una definizione, “il confine è una linea o una zona di separazione e al contempo di contatto tra due aree geografiche naturali o politiche”. Su questa prima parte della definizione siamo sostanzialmente d’accordo. Il problema sorge leggendo la seconda parte, che riguarda cosa delinea e come viene istituito: “Essa rappresenta il limite tra due proprietà controllate da entità diverse e può essere definita legalmente dalle autorità competenti. I confini possono essere naturali, come ad esempio quelli che seguono elementi del paesaggio, o artificiali, stabiliti in base ad eventi storici o trattati”.
La parte piu problematica è chi li definisce questi confini. Nel corso della storia umana spesso i confini tra Paesi, Stati ed Imperi sono stati definiti con trattati dopo delle guerre: alla fine chi ha vinto definisce i propri confini e quelli del vinto. Ciò rispecchia il famoso detto di Winston Churchill: “La storia viene scritta dai vincitori”.
Nautilus n. 22 aprile 2023
PAESAGGI DI CONFINE tra centro e periferia
di Marina Foschi
Il perimetro dei centri storici rappresenta un paesaggio di confine mutato nel tempo secondo esigenze riconoscibili che ne hanno segnato la valenza identitaria: luogo di relazione degli insediamenti che conservano testimonianze di funzioni egemoni rispetto a un territorio circostante. Quel rapporto, interrotto con lo sviluppo industriale delle città e l’abbandono delle campagne, può essere ricucito pianificando il recupero delle testimonianze storiche e dei valori paesaggistici.
I confini perduti e l’età dei piani regolatori: la tutela dei centri storici
In Emilia Romagna la conservazione dei centri storici prevista dalla legge regionale n.2 del 1974 si basava sulla definizione di funzioni e perimetri di circa 2000 insediamenti per i quali evidenziava, con il confronto delle cartografie storiche e delle riprese aeree, la trasformazione dell’assetto urbano e del contesto paesaggistico prodotta nel dopoguerra dalla società industriale che già denunciava la crisi di quel modello di sviluppo.
La definizione teorica è di Lucio Gambi, primo presidente dell’Istituto per i Beni Culturali al quale la Regione aveva affidato la compilazione dell’inventario...
Nautilus n. 22 aprile 2023
L’abbandono come confine. Le terre al limite del Grande Fiume
Una premessa necessaria
Negli ultimi sessant’anni abbiamo modificato il territorio come mai avvenuto nel corso dei secoli precedenti. La dispersione dello spazio costruito e l’urbanizzazione diffusa hanno provocato una frammentazione territoriale e paesaggistica che ha raggiunto livelli veramente preoccupanti: crescita urbana disorganizzata, incoerente, slegata dagli insediamenti tradizionali, realizzazione di surplus di infrastrutture (leggere e pesanti), diffusione di modelli architettonici standardizzati. Paesaggi banali e tutti uguali.
Fino alla seconda metà del secolo scorso, il paesaggio agrario era stato il risultato di secoli di storia e di lavoro, dove lo sviluppo della civiltà era andato di pari passo con quello dell’agricoltura e dell’allevamento e, di conseguenza, con la trasformazione del paesaggio quale prodotto del lavoro dell’uomo.
Nautilus n. 22 aprile 2023
Storie di confine
Un libro su Monteverdi e la necessità di tornare ai luoghi
La riflessione sui confini può nutrirsi di questo recente libro che Alessandro Colletti ha dedicato alla storia delle località minori del comune di Monteverdi Marittimo, in provincia di Pisa (A. Colletti, Monteverdi e Canneto: storie di confine, 2022). Una microstoria che non è una piccola storia, ma la storia grande di piccoli luoghi. Si tratta di un libro sui luoghi, dunque – sui posti, come si dice in Toscana – e i luoghi sono come le persone: bisogna volergli bene. Per volergli bene bisogna conoscerli, rispettarli, curarli… e conoscere i loro confini, non fosse altro che per attraversarli, infrangerli, cogliere il senso vero dell’andare oltre il limite. I luoghi non sono soltanto lo sfondo inerte delle azioni e dei comportamenti umani, né banali mete turistiche da visitare e fotografare meccanicamente. Sono anch’essi soggetti, realtà vive all’incrocio tra natura e uomo, sul confine, appunto, tra locale e globale. Sono territorio, paesaggio, società. I luoghi hanno un nome, talvolta più di un nome, e la toponomastica come il paesaggio ci parla delle funzioni e delle trasformazioni delle località che ogni giorno distrattamente frequentiamo. Come le persone, i luoghi nascono e muoiono, ma essi possono vivere molto più a lungo, per secoli o millenni.
Nautilus n. 22 aprile 2023
Confini di Maremma. Maremma di confine
La Maremma toscana è stata per secoli territorio “altro” rispetto al resto della regione, sia dal punto di vista fisico che demografico. Una vasta area costiera, dominata in buona parte da paludi e boschi, che l'opera di bonifica secolare ha cercato in qualche modo di normalizzare e rendere produttiva, anche attraverso politiche di immigrazione stagionali o definitive.
Se accettiamo la differenza che esiste in lingua inglese fra confine e frontiera (border e frontier) non possiamo non applicare il secondo significato alla Maremma, almeno dalla seconda metà del Settecento.
La frontiera ha infatti implicazioni non solo spaziali, ma anche sociali, in quanto “è in continua evoluzione, non è un dato certo”ed è quindi un concetto “che accetta più facilmente di essere modificato” nel momento in cui si modificano le condizioni fisiche e sociali del soggetto, in questo caso la Maremma...
Nautilus n. 21 marzo 2023
Se mancano l’acqua, la neve e l’intelligenza collettiva
Come ricordava Vandana Shiva in un suo intervento di diversi anni or sono, il termine ‘risorsa’ indica un processo etimologicamente chiarissimo, ossia una continua e rinnovata disponibilità di un qualcosa che può essere materiale o immateriale. Re-surgere, un evento che ad esempio la Cristianità ha posto a fondamento del proprio credo, la sconfitta dell’esaurimento della morte nella vita rinnovata per sé e per l’Umanità del – appunto – Risorto.
La modernità ha corrotto questo significato attribuendo all’idea di ‘risorsa’ un valore puramente economicista indipendentemente dalla garanzia della sua sempiterna presenza, sia ad esempio nell’ossimoro delle ‘risorse non rinnovabili’ (quelle energetiche in primis, fondamento della crescita economica), sia con lo scivolamento nella reificazione degli esseri umani, lavoratori ‘risorse umane’ soggetti anch’essi ad esaurimento (sotto forma di licenziamento o peggio di ‘morte bianca’) quando non più funzionali alla formazione del profitto.
Nautilus n. 21 marzo 2023
Una storia dell' "invisibile":
le acque sotterranee
di Antonio Bonatesta
Esattamente un anno fa, in occasione della trentesima Giornata mondiale dell’acqua, il World Water Assessment Programme (WWAP) dell’Unesco dedicava alle acque sotterranee il suo Rapporto mondiale sullo sviluppo delle risorse idriche, intitolandolo Rendere visibile l’invisibile. Significativamente, l’enfasi degli studiosi del WWAP cadeva fin dalla scelta del titolo sulle ricadute che la principale caratteristica delle acque del sottosuolo ha avuto e tuttora mantiene sulle forme del loro consumo, quella cioè di essere acque sottratte alla nostra percezione, invisibili appunto, inattingibili nei loro connotati oggettivi di quantità e qualità se non attraverso il fragilissimo rapporto tra conoscenza scientifica e senso comune.
Il fatto è questo: non è possibile assistere con i propri occhi al drammatico spettacolo di una falda in secca, inquinata o invasa dall’acqua salata, a differenza di quanto solitamente accade per i paesaggi idrici superficiali, fiumi e laghi. Possiamo avere nozione dello stato degli acquiferi sotterranei soltanto in forma indiretta, tramite la mediazione dai saperi esperti o sperimentando l’impatto della loro alterazione sugli usi civili, irrigui e industriali. Non esistono però immagini televisive, documentari e reportage fotografici in grado di testimoniare al grande pubblico la loro condizione in questa o in quella regione del mondo, in India e in Cina, ad esempio, dove lo sfruttamento si è fatto più intenso; o ancora in Europa e negli Stati Uniti, dove il loro inquinamento raggiunge le punte più alte.
Nautilus n. 21 marzo 2023
Sentieri di Acqua e Pietra
Un modello di intervento partecipativo valorizzazione dell'alta valle del Volturno
Il progetto SAP “Sentieri di Acqua e Pietra” nasce all'interno del programma MuSST#2 - Musei e sviluppo dei sistemi territoriali promosso dalla Direzione generale Musei per sostenere le Direzioni regionali Musei nell'elaborazione di processi di valorizzazione territoriale integrata e partecipata, interpretando così il nuovo assetto istituzionale del sistema museale disegnato dalla Riforma «Franceschini».
Nautilus n. 21 marzo 2023
Seguendo la linea dell'acqua
Seguire le linee d’acqua che incidono i nostri territori significa riscoprire in queste non solo il ruolo insostituibile di connessione ecologica, non solo di strutturazione del paesaggio ma anche essenziali e riconoscibili infrastrutture culturali. Significa cogliere le istanze di una nuova Civiltà delle acque basata sulla consapevolezza delle poste in gioco, sulla condivisione degli obiettivi e degli interessi vitali e sulla partecipazione collettiva alle scelte di gestione e di tutela.
Da qui, e con questo obiettivo, il breve saggio ha preso forma, seguendo un percorso (una linea, appunto) che muove dalla considerazione dell’acqua stessa quale risorsa e bene comune e procede nell’interpretazione dei contesti di sua pertinenza (paesaggi, territori, città, etc.) quali fattori di crescita e di riqualificazione ambientale e quali esemplificazioni della combinazione sostenibilità-resilienza-identità.
Nautilus n. 21 marzo 2023
Il Po e la siccità
di Giuliano Landini
I dati idrogeologici rilevano che la siccità in Europa nell'estate 2022 è stata la peggiore degli ultimi 500 anni e anche i dati ricavati dall'Osservatorio Globale sulla Siccità (Global Drought Observatory, GDO) indicano che il 47% dell'Europa ad agosto si trovava in condizioni allarmanti: i segnali più gravi erano la mancanza di umidità nel suolo e gli effetti negativi sulla vegetazione. Inoltre, il livello dell'acqua nei fiumi, compresi il Reno, il Danubio e il Po, era sceso così tanto da impedirne la navigazione.
Anche il nostro Po è stato pesantemente colpito dalla scarsità di acqua e tuttora risente della persistente situazione critica; ancora oggi il livello dell’acqua non è risalito abbastanza per garantire la navigazione nei prossimi mesi.
Questo è un fatto preoccupante, che può portare innumerevoli danni all’economia e all’agricoltura.
Nautilus n. 21 marzo 2023
Laghi globali: fragili ecosistemi
L’acqua dolce nel mondo rappresenta appena il 2,5% e di questa una quantità ancora più esigua (neppure lo 0,3%) è composta dalle acque presenti nei fiumi, nei laghi e nell’atmosfera. La parte restante si trova nei ghiacciai e nel sottosuolo. Ma a livello di sensibilità non tutte le acque sono uguali. Come si evince dall’abbondante letteratura sulla blue revolution, gli interessi della unità scientifica e dell’opinione pubblica in generale, comprese le organizzazioni internazionali, si sono rivolti essenzialmente alle problematiche connesse ai grandi fiumi (Nilo, Tigri, Eufrate, Indo o Mekong). Viceversa per i laghi, fatta eccezione degli studi sull’inquinamento, si possiede un numero minore di riflessioni forse perché di solito si tratta di acque che si inseriscono con maggiore difficoltà nei processi di sviluppo economico. A conferma di quanto la storia dei laghi deve fare i conti con una situazione di partenza poco esaltante, non va neppure dimenticato che gli specchi d’acqua, come parte della più ampia categoria di acque stagnanti e speso paludose, finirono per essere visti come un vero e proprio pericolo per la salute delle persone. Meglio, come attesta la lunga vicenda delle bonifiche italiane, di procedere alla loro cancellazione trasformando i terreni guadagnati in nuovi spazi per l’agricoltura.
Nautilus n. 21 marzo 2023
La gestione della risorsa idrica nell’Asia Centrale post sovietica
di Fabio Indeo
Dal raggiungimento dell’indipendenza nazionale nel 1991, le cinque repubbliche post sovietiche dell’Asia Centrale sono in profonda competizione tra loro per la gestione della risorsa idrica, fondamentale per lo sviluppo economico e per il benessere delle comunità locali: da una parte, Kirghizistan e Tagikistan (upstream countries) nazioni ricche d’acqua in quanto attraversate dai due principali fiumi che scorrono in Asia Centrale (Amu Darya e Syr Darya) e dall’altra Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakhstan (downstream countries) che necessitano di regolari e consistenti flussi d’acqua per l’agricoltura e soprattutto per la coltivazione e produzione del cotone, l’”oro bianco”, una delle principali e più lucrose voci dell’esportazione uzbeka e turkmena.
Nautilus n. 21 marzo 2023
LIFE REWAT: risolvere le crisi idriche con soluzioni basate sulla natura e la partecipazione
di Alessandro Fabbrizzi e Rudy Rossetto
Negli ultimi decenni, la forte crescita della pressione antropica unitamente ai cambiamenti climatici in atto ha creato nelle aree costiere impatti negativi sulla disponibilità e la qualità della risorsa idrica, diminuendo la ricarica naturale delle falde, producendo i presupposti per l'intrusione del cuneo salino ed in generale causando il peggioramento qualitativo delle acque e degli ecosistemi delle zone umide più che in ogni altro ambiente.
Le aree costiere del bacino del Mediterraneo stanno quindi vivendo forti conflitti per la allocazione e la gestione della risorsa idrica, soprattutto tra gli usi agricoli e turistici.
In Toscana, il Fiume Cornia ha origine sulle colline Metallifere e lungo il suo percorso di circa 50 km attraversa le province di Pisa, Grosseto e Livorno prima di sfociare nel mare Tirreno. Il sistema costituito dagli acquiferi della pianura alluvionale di questo fiume costituisce l’unica fonte di acqua nell’area della Val di Cornia, ed è da decenni caratterizzato da una condizione di forte disequilibrio quantitativo del bilancio idrogeologico. Disequilibrio causato da un uso intensivo della risorsa idrica - di per sé già limitata – per i comparti irriguo e civile, a sostegno anche dell’Isola d’Elba. L’alterazione del bilancio ha comportato gravi conseguenze con l’ingressione di acque marine, abbandono di campi pozzi per l’idropotabile, fenomeni di subsidenza e conseguenti danni registrati al patrimonio immobiliare e infrastrutturale...
Nautilus n. 21 marzo 2023
Acqua e/è donna
DocuDonna e l’ecofemminismo di Vandana Shiva
di Cristina Berlini
La prima volta che ho sentito parlare di eco-femminismo è stato circa venti anni fa, quando, mi sono ritrovata fra le mani un libro scritto da Vandana Shiva, “Le guerre dell’acqua”, sulle conseguenze disastrose della privatizzazione dell'acqua e gli inevitabili futuri conflitti per accaparrarsi il dominio di questa indispensabile risorsa naturale. Oltre ad essere fisica ed economista indiana, tra i massimi esperti internazionali di economia sociale, attivista politica e ambientalista, Vandana Shiva ama definirsi ecofemminista. La prima volta che incontrai questo termine, andai a cercarlo in rete: eco-femminismo inteso come filosofia che unisce ecologia e femminismo, e che affronta questi due temi come uno unico.
Vandana Shiva è dunque una delle principali esponenti del movimento ecofemminista che ha come obiettivo fondamentale quello di creare una connessione teorica e pratica tra ambientalismo, animalismo e femminismo; combattendo contro il sessismo, il dominio sulla natura, il razzismo e lo specismo.
In Women, Ecology and Survival, Shiva, elabora una forte critica al potere capitalista occidentale e patriarcale che subordina le donne, che colonizza i paesi del terzo mondo, che seleziona soggetti di rango superiore ed altri di rango inferiore e che degrada in un modo irrispettoso la natura e le sue risorse.
Leggi ancora
Nautilus n. 20 Febbraio 2023
Vulnerabilità dei territori: un’occasione di riflessione per cambiare paradigmi?
Il caso della Darsena Europa, nuovo porto di Livorno
Il porto di Livorno è in crisi da molto tempo. Questo naturalmente ha un impatto sul sistema socioeconomico che diventa più vulnerabile ogni volta che chiude un’azienda della logistica, perché non si trovano davvero nuove soluzioni occupazionali. Per superare questa situazione viene proposta la Darsena Europa: un’opera immensa che si dovrebbe protendere in mare per circa 2 kilometri, finalizzata a permettere l’attracco di gigantesche navi capaci di trasportare fino a 16.000 container e con un pescaggio che raggiunge i 15-16 metri. Così, si dice, il porto diventerà fortemente competitivo e, dato che si inserisce in uno dei corridoi infrastrutturali fondamentali dell’Unione Europea, avrà un futuro sicuro. Vulnerabilità superata.
Ma è davvero così?
Nautilus n. 20 Febbraio 2023
Naturale non è.
Quando il territorio diventa più vulnerabile
“…una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale.” Così si esprimeva Giacomo Leopardi nelle Operette morali (Elogio degli uccelli, 1824). osservando il paesaggio frutto dello sviluppo dell’economia e delle attività umane. Una “cosa artificiata” esposta ai rischi della natura cattiva e dell’uomo stesso, che stava diventavo più cattivo ancora verso l’ambiente che lo circondava e di cui, peraltro, lui stesso faceva parte. Una situazione paradossale che non contempla l’abbandono, se non al prezzo di degenerazioni, derive e disastri territoriali. Eppure, tanta strada doveva ancora compiersi sulla via del progresso, con l’industrializzazione e l’urbanizzazione che mel prosieguo dell’Ottocento e soprattutto nel Novecento avrebbero cambiato il volto dell’Italia.
Nautilus n. 19 Gennaio 2023
“Santa Bellezza”: bosco urbano esercizio sentimentale di cittadinanza
di Benedetta Celati
La bellezza come categoria ideale e come bisogno esigibile. Nell’incontro tra queste due accezioni si possono costruire forme nuove di esercizio della cittadinanza, incoraggiate dalla possibilità di riconoscere nell’aspirazione al bello una delle manifestazioni più alte e compiute del diritto di uguaglianza.
Quando sento parlare di Santa Bellezza, associazione di promozione sociale che, ispirandosi alla filosofia del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, sostiene la realizzazione di un progetto di bosco urbano, a Pianoro, nella città metropolitana di Bologna, nella mia testa cominciano a comporsi questi pensieri.
Per la verità, si riattivano delle riflessioni che sono in qualche modo consonanti con i ragionamenti sviluppati in questi ultimi anni a Piombino sul tema degli spazi pubblici, e in particolare della biblioteca, strumento di inclusione sociale e centro di riferimento per la città, che necessita di trovare la propria collocazione in un luogo adeguato, ossia capace di corrispondere anche esteticamente alle finalità democratiche che un tale servizio esprime.
Nautilus n. 19 Gennaio 2023
Alberi per il futuro, quale consapevolezza?
Il 2022 è stato un altro anno in cui gli impatti della crisi climatica si sono fatti sentire in modo deciso anche in Italia ( https://www.climalteranti.it/2023/01/06/il-2022-anno-di-caldo-record-in-italia-e-il-quarto-sesto-piu-caldo-nel-mondo/ , 2022). Oltre alla fusione dei ghiacciai e alle alluvioni, altri eventi estremi hanno colpito fortemente e direttamente i sistemi arborei e forestali: siccità e ondate di calore, grandi incendi boschivi, distruzione di paesaggi iconici, come le pinete mediterranee e le peccete delle Dolomiti, a causa di forti attacchi parassitari favoriti dalle condizioni termo-pluviometriche. Contemporaneamente, le crisi energetica ed alimentare conseguenti alla guerra russo-ucraina e agli esiti della pandemia, spostano il dibattito pubblico dalla futile discussione sull’esistenza e sulle cause della crisi, a quella più interessante sulle soluzioni da adottare per contrastarla, anche se spesso con strategie attuabili ma lontane dal poter risolvere da sole un tale problema trasversale e complesso, rischiando anzi di “distrarre” dalle necessarie azioni di decarbonizzazione del settore energetico, industriale, residenziale o dei trasporti.
Nautilus n. 19 Gennaio 2023
Le vie degli alberi
Per una storia delle alberature stradali
L’aumento del traffico automobilistico, conseguenza del boom economico e dell’insufficienza dei trasporti pubblici, ha fatto emergere in misura crescente il problema della sicurezza stradale. Spesso sotto la spinta emotiva di gravi incidenti, dimenticando la responsabilità di errate gestioni della mobilità, sono state le tradizionali alberature lungo le strade d’Italia a finire sotto accusa. Qualcuno è arrivato a richiedere l’abbattimento indiscriminato di interi filari di piante, ignorando le funzioni che questi hanno a lungo svolto e che almeno in parte potrebbero ancora svolgere.
Nautilus n. 19 Gennaio 2023
Il progetto Ossigeno di Regione Lazio
Linee guida alla scelta di specie arboree e arbustive da utilizzare negli interventi di forestazione
di Alberto Todini e Alessandra Somaschini
Premessa
La crisi climatica è ormai una drammatica certezza e quasi quotidianamente ce ne accorgiamo per i suoi effetti a scala locale quali un aumento della frequenza e delle dimensioni degli incendi boschivi, l’aggravamento dell’effetto isola di calore nei centri urbani, l’incremento dei processi di dissesto idrogeologico conseguenti alla estremizzazione degli eventi meteorologici.
Una risposta efficace che ci permetta realmente di contrastare il fenomeno in atto, ci obbliga a ragionare con estrema lucidità e efficacia per selezionare le azioni in assoluto più efficaci a tale scopo, evitando perdite di tempo e di risorse che potrebbero rivelarsi determinanti...
Nautilus n. 19 Gennaio 2023
Un protagonista dimenticato delle nostre campagne: il gelso
Che il paesaggio agrario italiano si sia modificato negli ultimi decenni è cosa nota ma, nel cercare di catturare ancora oggi le permanenze più o meno antiche del paesaggio dobbiamo fare i conti con la mancanza sempre più diffusa del gelso – nelle sue due varietà bianco e nero – che, fino a qualche decennio fa, era ampiamente presente nel paesaggio agrario italiano da nord a sud.
I grandi alberi che ancora oggi – raramente – sopravvivono lungo le strade vicinali o lungo i fossi delle sistemazioni idraulico-agrarie di pianura sono solo una pallida rappresentazione della loro ampia presenza nelle campagne, soprattutto a partire dal XVIII secolo, legata alla manifattura serica, per la quale le foglie dell’albero erano indispensabili come nutrimento della larva del Bombix mori.
Nautilus n. 17/18 Nov-Dic 2022
PO 432
Museo-Cantiere della navigazione e del governo del fiume PO
Sulle rive del fiume Po, a Boretto in provincia di Reggio Emilia, a 432 chilometri dalla sua sorgente, si trova PO432, il Museo Cantiere del Po, della navigazione interna e del governo delle acque. Si tratta di un museo di archeologia industriale che documenta la storia della navigazione fluviale in Emilia-Romagna, della cantieristica, delle bonifiche e del governo delle acque.
Ha sede nei cantieri dell'ex ARNI (Azienda per la Navigazione Interna della Regione Emilia-Romagna) ora AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po). Il Museo conserva oggetti, strumenti e macchinari utilizzati principalmente nella prima metà del secolo scorso dal Genio Civile per la manutenzione dei fondali e la regolamentazione della navigazione...
Nautilus n. 16 ottobre 2022
Il paesaggio agrario: una prassi di generazioni
C’è un rapporto stretto tra il paesaggio e il succedersi delle generazioni. Generazioni di agricoltori, di pastori, di boscaioli che nel tempo per necessità hanno impresso al territorio forme che poi si sono rivelate durature, sensibili o resistenti. “Una prassi di generazioni, lontane o vicine che siano”, scrisse Emilio Sereni aprendo la sua magistrale Storia del paesaggio agrario italiano (Laterza, 1961). Lo stesso Sereni specificava il significato di paesaggio agrario come “quella forma che l’uomo nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale”. Non pare – aggiungeva – che in una tale accezione per l’Italia si potesse parlare di paesaggio agrario anteriormente all’età della colonizzazione greca e del sinecismo etrusco.
Nautilus n. 16 ottobre 2022
Vivere l'Arno: generazioni a confronto
Nel 2018 l’Istituto di Ricerca sul Territorio e l’Ambiente-Leonardo, di cui faccio parte, si occupò di un progetto, su incarico della Provincia di Pisa, dal titolo “partecipARNO”. Si trattava di uno studio pilota promosso dalla Regione al fine di avviare un processo territoriale partecipato, volto a elaborare un Contratto di Fiume dell’Arno per la Provincia di Pisa. Il progetto ha comportato la realizzazione di interviste a persone a vario titolo interessate alla questione, tra le quali anche molti anziani interpellati al fine di recuperare, fra l’altro, la memoria della vita delle comunità legate al fiume. Sono stati inoltre diffusi questionari, svolte indagini di vario tipo, organizzati incontri e studi per ricostruire la storia dell’Arno. L’interesse delle comunità e la partecipazione sono stati alti, a dimostrazione di quanto questo tema sia sentito...
Nautilus n. 15 settembre 2022
I tratturi: da vie armentizie a percorsi di partecipazione
Un legame naturale lega da tempi remoti la Puglia alle montagne dell’Appennino centro-meridionale. È la transumanza, l’antichissima migrazione delle greggi che dalle altitudini dell’Abruzzo e del Molise scendevano nelle pianure del Tavoliere attraverso una fitta rete di “vie erbose”: i tratturi.
La pratica della transumanza venne sottoposta ad un rigoroso regime fiscale da Alfonso I d’Aragona che nel 1447 istituì la “Regia Dogana della Mena delle pecore di Puglia”, con sede inizialmente a Lucera e, successivamente, dal 1468, a Foggia. Questa speciale magistratura aveva come compito precipuo l’amministrazione del Tavoliere fiscale, composto sia da terre a pascolo che da terre a coltura, e la gestione della rete dei tratturi. I più importanti, che correvano con una fascia erbosa larga 60 passi napoletani (equivalente a circa 111 metri), erano detti “regi”. Vere e proprie autostrade “del Re”, di proprietà demaniale, erano sottoposti periodicamente a controlli sulla loro consistenza, perché spesso invasi e usurpati dai proprietari dei terreni confinanti...
Nautilus n. 15- Settembre 2022
La strada (perduta?) del paesaggio
La strada è molte cose, come il paesaggio è un termine ad alto grado di polisemia. Dai sentieri ai tratturi, dalle vie terrestri a quelle d’acqua, dalle ferrovie alle autostrade e agli aeroporti: l’umanità è sempre stata in movimento, una popolazione per molto tempo nomade in cerca di stanzialità, poi stanziale in cerca di movimento.
La XIV edizione della Scuola di Paesaggio «Emilio Sereni», consolidata esperienza di studi superiori sul paesaggio che si svolge ogni estate presso l’Istituto Alcide Cervi (Reggio Emilia), è stata dedicata proprio al rapporto tra paesaggio e viabilità, inteso come esito del bisogno ineludibile dell’uomo di spostarsi nello spazio, di connettere luoghi e persone, merci e culture, città e campagne. Basata su un approccio multidisciplinare - dalla storia all’urbanistica, dalla geografia all’ecologia, dall’economia all’antropologia – tramite lezioni, laboratori, visite di studio e altre iniziative collaterali, la Scuola «Emilio Sereni» si rivolge a tutti i soggetti che a vario titolo si occupano di paesaggio e di territorio, in particolare a coloro che operano nei campi della formazione e della ricerca, dell’amministrazione, della pianificazione, tutela e valorizzazione delle risorse territoriali, dello sviluppo rurale e del rilancio dei territori fragili, delle attività imprenditoriali in ambito rurale, della promozione dei beni culturali e della educazione al paesaggio.
Nautilus n. 15 - settembre 2022
Mobilità sostenibile: da pratica "alternativa" a necessità
Quando negli anni ’90 si iniziava a parlare di mobilità sostenibile l’argomento riguardava solo gli ambientalisti e chi era già consapevole dei problemi a cui stava andando incontro il pianeta assumeva comportamenti controcorrente.
Alla fine del secolo scorso il mondo occidentale costituiva la rappresentazione fedele di una dimensione in cui l’uomo, prima ancora che un essere sociale, stava diventando un individuo consumatore.
La comunicazione globale ha alimentato e velocizzato questo processo di trasformazione ma oggi i campanelli d’allarme dell’epoca sono vere e proprie emergenze.
Nel contesto degli anni ’90 dunque attuare pratiche e stili di vita ispirati al rispetto dell’ambiente e al risparmio energetico significava essere “diversi” ma soprattutto rinunciare alle opportunità offerte da una società moderna, tecnologica, efficiente. Andare in bici a scuola o condividere un' auto per andare a lavoro rientravano in un modus vivendi quantomeno originale o interpretato dal comune pensiero come l’ostentazione di una diversità per il gusto di apparire originali.
Oggi, a distanza di un trentennio, quell’essere un po’ bohemienne è diventata una necessità....
Nautilus n. 15 settembre 2022
Metropoli di paesaggio
Uno scenario di ripartenza tra mobilità e rigenerazione
di Elisa Uccellatori e Sergio Fortini
Premessa
Questa è la storia di un lavoro in itinere, finalizzato a concretizzare una visione strategica che, cinque anni fa, ha anticipato l’evidenziazione di una serie di urgenze – ambientali, sociali, economiche - arrivate poi all’attenzione comune in modo perentorio negli anni a venire, accendendo alleanze e innescando progetti.
Che cosa è Metropoli di Paesaggio
Metropoli di Paesaggio è il nome di una politica territoriale basata sul rapporto tra mobilità sostenibile intermodale, rigenerazione urbana e territoriale, innesco di nuove opportunità di lavoro.
Il principio da cui tale visione strategica parte è quello di valorizzare il paesaggio come peculiare quanto efficace infrastruttura: nella provincia di Ferrara, all’interno della quale il ragionamento è partito, la presenza di una rete potenzialmente articolata di vie d’acqua e percorsi ciclabili ha offerto lo spunto per la configurazione di un sistema integrato che, con la sovrapposizione della ferrovia e delle tratte stradali battute – si spera in tempi brevi – da mezzi pubblici elettrici, dà l’opportunità di formare una rete capillare a servizio dell’intero territorio...
Nautilus n. 15 - Settembre 2022
L’Italia a piedi
I cammini e lo sviluppo dei territori
Quelli che in Italia abbiamo definito Cammini, per distinguerli dalla sentieristica classica e che in Europa vengono riconosciuti come “Itinerari storico culturali”, stanno incidendo positivamente in alcuni territori delle cosiddette aree interne del Paese.
Lo stanno facendo, nella maggior parte dei casi, con progetti nati dal basso. Anche l’ormai famosa Via degli Dei, quello che oggi sembra essere il caso più eclatante di successo di un Cammino, nasce da un lavoro continuo dal basso prima di arrivare ad essere attenzionato dalle istituzioni e dal circolo mediatico: forse fin troppo.
Mentre scrivo si celebrano i 10 anni del Cammino di San Benedetto che collega Norcia a Montecassino. Altro Cammino di grande successo che nasce dalla folle idea di Simone Frignani per poi diventare nel tempo un itinerario attenzionato dalle Regioni ed in parte dallo Stato.
Ne potrei citare molti altri di itinerari nati da un’idea di una singola persona o associazione che poi hanno iniziato ad avere un riscontro territoriale importante una volta superato il primo scetticismo delle comunità locali.
Nautilus n. 15 - Settembre 2022
La ciclovia VENTO
Un progetto di territorio sostenibile
Spostarsi da Torino a Venezia è piuttosto facile: possiamo scegliere treni o autostrade che in poche ore ci fanno percorrere la tratta e raggiungere la meta. Si mette così al centro la destinazione, sfruttando i mezzi di trasporto rapidi e ultrarapidi che sorpassano il più velocemente possibile la pianura e i luoghi che stanno tra la città di partenza e quella di arrivo. Oppure, possiamo scegliere di non oltrepassare in un istante quel territorio di mezzo. Scopriremmo allora come quello che prima non era altro che un’immagine sfuggente fuori dal finestrino, uscendo dalle scatole supersoniche delle auto e dei treni, diventa una narrazione inaspettata e in continua trasformazione nei suoi paesaggi, nei suoi sapori, nelle sue piazze, nei suoi centri storici... Tra Torino e Venezia esiste un mondo denso e ricchissimo che una proposta di viaggio lento, a piedi o in bicicletta, può restituire a tutti coloro che scelgono di dare valore all’esperienza stessa del viaggio e non solo al raggiungimento della meta nel più breve tempo possibile.
Il progetto VenTO, la grande infrastruttura di quasi 700 chilometri che sarà dedicata esclusivamente alla mobilità lenta e che prende il nome proprio dagli estremi del suo percorso, VENezia e TOrino, apre alla scoperta del territorio interno della pianura Padana, seguendo il corso del fiume Po...
Nautilus N. 15 - settembre 2022
Mobilità e investimenti infrastrutturali in Toscana
di Patrizia Lattarulo e Leonardo Piccini
La Toscana presenta livelli di accessibilità in linea con la media europea ma distanti da quelli delle regioni economicamente più dinamiche del centro-nord Europa.
Inoltre, se le connessioni di livello sovralocale hanno conosciuto nei decenni scorsi un periodo di intensa programmazione (la cui realizzazione si è però scontrata con ostacoli e ritardi di varia natura e risulta ancora non integralmente compiuta), l’accessibilità interna non ha invece conosciuto uguale centralità nelle politiche regionali e nazionali. Questo ha determinato, unitamente alla tendenza all’accentramento di alcuni servizi, situazioni di forte disomogeneità territoriale, con le aree più marginali oggetto di rilevanti fenomeni di abbandono e declino socioeconomico e le aree centrali soggette, al contrario, a situazioni di congestione e pressione ambientale.
La propensione all’uso del mezzo privato su gomma rimane comunque in Toscana molto alta anche a causa dell’assetto territoriale, costituito da città di piccole e medie dimensioni molto interconnesse.
Nautilus n.13/14 Luglio/Agosto 2022
La portualità toscana e la crisi dell'industria
di Leonardo Piccini
La fase recessiva vissuta dall’economia toscana ha accentuato le disparità territoriali invertendo una tendenza verso la convergenza che aveva caratterizzato gli anni precedenti la grande crisi del 2008. Nei sistemi locali della toscana costiera (e ancor più in quelli caratterizzati dalla presenza di porti di rilevanza regionale come Carrara, Piombino e Livorno), la crisi industriale ha assunto caratteri di tale complessità da rendere necessario il mantenimento di un forte impegno in termini di politiche pubbliche di intervento. L’economia della costa toscana ha mostrato, fin dal periodo del decollo industriale, caratteristiche peculiari rispetto al modello dominante, caratterizzandosi per una dimensione media d’impresa maggiore e una specializzazione in settori ad alta intensità di capitale e di uso del suolo. Proprio questo sistema industriale ha vissuto una crisi profonda prolungata nel tempo, senza trovare un percorso efficace di riconversione. ..
n.13/14 Luglio/Agosto 2022
Tutti al mare!
Come una città sul mare (non) diventò una citta di mare. Quali sono i requisiti affinché una città geograficamente posizionata sulla costa possa diventare marittima?
Uno solo: essere costretti, da contingenze storiche interne o esterne, ad un cambiamento antropologico violento. Perché di questo si tratta. Una comunità che ha vissuto di Terra può guardare ad un elemento instabile ed ostile solo se questo rappresenta la sua unica possibilità di sviluppo e di sopravvivenza.
Sono nato nell’interno della Toscana., da una famiglia contadina che aveva i campi sulla lama dell’Arno. L’acqua del fiume faceva paura quando cresceva per le piogge autunnali o primaverili. L’argine era considerato una difesa ma se ne percepiva anche la sua fragilità. Ho vissuto l’Alluvione del 1966 come trauma personale e catastrofe condivisa. L’acqua nel bene e nel male e sempre stata un problema.
La terra era la vera risorsa...
Nautilus n. 12- Giugno 2022
Monocultura turistica e tramonto della comunità
Il caso Bolgheri
Quando gli fu chiesto di indicare i luoghi più belli e affascinanti della Toscana, il critico d’arte Philippe Daverio ne indicò tre: Lucca, Fiesole e Bolgheri, “un borgo dove c’è armonia”, spiegò.
Armonia che con gli anni si è andata perdendo: da borgo discreto ed esclusivo (Sandro Veronesi vi ha ambientato gran parte del suo Colibrì, il romanzo che gli ha fatto vincere il premio Strega) a "mangimificio" a cielo aperto, con i tavolini che occupano per intero la piazza del borgo, dove una volta si tenevano concerti e dibattiti.
Il food ha preso il sopravvento sulla cultura.
Nautilus n. 12- Giugno 2022
Esiste turismo senza cultura antropologica? A proposito del bando PNRR sui “borghi storici”
Del turismo come movimento culturale conviene parlare sempre di più. Lo necessita la nuova stagione delle ricerche antropologiche da cui il turismo trae progressivo vigore. Dal ripensamento delle scienze sociali critiche e dall’approccio qualitativo ed etnografico al fenomeno, discende la novità che divengono sempre più minoritarie le posizioni di chi vede nello scambio fra host e guest (l’oggetto specifico dell’antropologia del turismo) una mera relazione di scambio economico (scambio fra reddito da lavoro dell’ospitato e servizio offerto dietro compenso da parte dell’ospitante),
Nautilus n. 11- Maggio 2022
La partecipazione “effettiva”
Dalla Costituzione alla Rete del Nuovo Municipio
La partecipazione è un ingrediente fondamentale della democrazia.
Nello scenario di crisi delle democrazie contemporanee il venir meno della partecipazione e l’indebolimento della rappresentanza ci mettono davanti a una deriva postdemocratica e alla necessità di ricostruire il rapporto cittadini/istituzioni.
La partecipazione non è una novità, né un optional. Ha anch’essa una sua storia, che oggi ci appare discendente. In Italia essa è anzitutto una grande questione costituzionale: uno dei compiti della Repubblica è quello di promuovere “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 della Costituzione). Allora, in quella cruciale fase storica, la partecipazione si concretizzò nei grandi processi di liberazione e di ricostruzione e prese in misura crescente la forma della militanza nei partiti e nelle organizzazioni sindacali..
Nautilus n. 11- Maggio 2022
Dentro un quartiere: il “Laboratorio di democrazia partecipata” di Lambrate a Milano
di Sergio De La Pierre
Da ormai dieci anni nel quartiere Lambrate opera il Laboratorio di democrazia partecipata, gruppo informale ospitato generosamente dal Circolo ACLI di via Conte Rosso, nel cuore di uno dei quartieri più “popolari”, innovativi e creativi della città: a coloro che ancora coltivano la memoria storica dell’era della grande industria (Innocenti, Faema, Colombo…) si sono innestati nuovi ceti sociali – giovani, “creativi”, nuovi artigiani – che hanno formato un amalgama foriero di una rinnovata identità di questo antico quartiere operaio.
Nautilus n. 11- Maggio 2022
Prendere parte
I drammatici eventi sismici che interessarono buona parte dell’Italia centrale tra il 2016 e il 2017 hanno, come tutti i disastri, posto una serie di questioni sul ‘dopo’, sul ‘che fare’ a seguito del subitaneo rivolgimento, una volta scemate le operazioni più o meno efficaci di messa in sicurezza di persone, animali, cose. Chiamava, quella cesura, ad una riorganizzazione dei territori con una qualche visione di medio-lungo periodo – o almeno questo era il mood condiviso della prima ora – che andasse al di là del rimarginare danni e ferite, dell’immaginare mere ricostituzioni dell’assetto precedente, verso scenari desiderati di rinascita, spesso di ripristino di antichi splendori o, non necessariamente in contrasto, di ‘fughe in avanti’ dense di innovazione e di post-contemporaneità.
Nautilus n. 10- Marzo 2022
Raccontare le fabbriche: la dimensione immateriale delle industrie
Nell’ultimo numero di “Nautilus” Giovanni Contini riflette sull’importanza delle fonti orali per una originale ricostruzione del passato, capace di spingersi laddove non riescono ad arrivare le fonti tradizionali. Con questa prospettiva, ampliata alle testimonianze letterarie e ad ogni forma di memoria orale o scritta, si può rileggere anche la storia dei processi industriali, compresa quella delle trasformazioni che essi hanno prodotto nei paesaggi urbani e rurali, nella percezione degli ambienti, nelle mentalità collettive e nelle identità, in particolare quelle legate al mondo del lavoro ed alle sue lotte politiche e sindacali. I
n questa direzione assumono valori e significati diversi anche quei processi di dismissione e recupero delle industrie, che a partire dagli anni Ottanta del Novecento hanno accompagnato il tramonto del modello della grande fabbrica fordista...
(nella foto a destra Centro Culturale Solvay- Rosignano M.mo)
Nautilus n. 10- Aprile 2022
L’architettura industriale come fabbrica di valori
L’architettura può costituire un’utile chiave di lettura per storicizzare i fenomeni connessi all’industria e all’industrializzazione, ma è necessario che la ricerca dei suoi possibili valori testimoniali non si esaurisca nell’individuazione di un modello tecnologico o tipologico di riferimento, né nella selezione critica di un’opera in base a parametri esclusivamente estetici, come l’adesione ad una corrente artistica o ad una genealogia di pionieri e maestri.
Come settore specialistico di competenze tecnico-scientifiche e tecnologiche, l’edilizia industriale è entrata a pieno titolo nel dominio dell’Architettura solo agli inizi del Novecento, quando alla secolare tradizione dei millwrights si sostituì quella del factory designer e quando, per imprenditori come Henry Ford o Tomáš Baťa, lo spazio fisico del lavoro e della produzione cominciò a diventare una “voce” non più secondaria nel bilancio di un’impresa.
Nautilus n. 10- Aprile 2022
GKN: per questo,per altro, per tutto
Benedetta Celati dialoga con Francesca Gabbriellini
«Babbo che cosa vuol dire insorgiamo?» chiede un bimbo al padre, di fronte al lungo striscione con cui si apre il corteo del Collettivo di Fabbrica della GKN di Campi Bisenzio. «Vieni, andiamo davanti che voglio farti vedere bene» dice il babbo, portando il figlio ancora più vicino. «Hanno scelto una parola bellissima. “Insorgiamo” significa che le persone hanno deciso di alzare la testa, perché si sono stancate di subire. È l’orgoglio di chi vuole reagire. Lo fanno anche per te». Questa risposta mi colpisce molto, sia per l’emozione che trasmette sia per la forza dei suoi contenuti.
È il 26 marzo 2022, fa piacevolmente caldo, e a Firenze migliaia di persone si sono ritrovate nel Parco delle Cascine per sfilare a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori della GKN, dietro quella parola che ha attirato l’attenzione e stimolato la curiosità del bambino e che rende omaggio alla martinella, campana simbolo della resistenza fiorentina.
Nautilus n. 10- Aprile 2022
I signori dell’acciaio e la crisi della siderurgia a Piombino
La ribattezzarono piazza della Solidarietà. Fino a qualche mese prima era solo un brulicante parcheggio di auto, scooter e biciclette davanti all’ingresso della portineria operai. A Roma avevano deciso: lo Stato abbandonava l’acciaio. L’Iri, dopo aver trascinato la ricostruzione del Paese nel dopoguerra, era cresciuta così tanto dal diventare un gigante ingovernabile: dall’acciaio alle auto, dal petrolio ai Baci Perugina. Alla fine del 1991, per pony express, arrivano nella case dei piombinesi centinaia di lettere di licenziamento. La fabbrica, prima di essere ceduta, doveva essere “ripulita” dagli esuberi.
Nautilus n. 10- Aprile 2022
Industria e turismo
Gli esordi della Solvay a San Carlo
Oggi l’industria e il turismo evocano un contrasto, un’incompatibilità, quasi un’antitesi. Eppure, nell’esperienza storica - dal classico caso inglese del ‘700 alla più tardiva industrializzazione italiana - questi due settori sembrano integrarsi e sovente svilupparsi in parallelo. L’industria, allora simbolo di modernità, creava le condizioni di base (reddito e tempo libero) per la pratica turistica, prerequisiti difficilmente presenti nelle tradizionali società rurali. Talvolta erano gli stessi imprenditori ad affiancare all’attività industriale servizi di tipo ricreativo.
Come già era avvenuto ai primi del Novecento con l’impresa mineraria inglese dell’Etruscan Mines nelle colline verso Campiglia Marittima, così a partire dagli anni ’20 i belgi della Solvay arrivarono a San Carlo, nello stesso versante del Monte Calvi, il rilievo più a sud della Provincia di Livorno.
Nautilus n. 10- Aprile 2022
La fabbrica e la comunità. Un caso da ripensare
Un’analisi del processo d’industrializzazione in Toscana tra Otto e Novecento evidenzia fin dalla fase di avvio la presenza di svariati esempi di one company-towns, cioè di esperienze di sviluppo manifatturiero profondamente segnate dall’insediamento di nuclei produttivi a forte monocultura industriale. Tra i casi più significativi quelli di Larderello, Abbadia San Salvatore, Rosignano e Campo Tizzoro. Risulta invece più difficile assimilare a questi ultimi la realtà di Piombino, un caso per il quale la storiografia in argomento (P.Favilli, I.Tognarini) ha preferito far ricorso ad un’espressione come città-fabbrica, ritenuta probabilmente più idonea per descrivere una crescita frutto della presenza di attività certamente monorientate ma anche significativamente diverse in particolare nella gestione della forza lavoro e tali da determinare per un lungo periodo un diverso e più profondo senso di appartenenza, un’identità più forte in sostanza, per i lavoratori della Magona d’Italia rispetto a quelli delle acciaierie Ilva.
Nautilus n. 10- Marzo 2022
Una grande impresa in una piccola provincia: il caso della Fiat di Termoli in Molise.
Nel secondo Novecento, l’Europa fu interessata da un processo di costruzione dei paesaggi industriali che i governi nazionali posero in essere attraverso politiche territoriali di sviluppo economico al fine di bilanciare, mediante azioni di rilancio e agevolazioni industriali, gli squilibri di aree regionali, sub-regionali e di aree metropolitane. Nel ridisegno economico dei territori, l’azione pubblica indirizzò quella delle grandi imprese nazionali, che rivestirono un ruolo chiave: emblematico, soprattutto per i “territori del Sud”, è il caso della Fiat in Italia.
Muovendo da questa prospettiva, la lettura di specifici casi studio può essere assunta quale lente di indagine sulla storia industriale europea in età contemporanea.
Nautilus n. 9- Marzo 2022
La memoria del mondo contadino
Quando nelle campagne arrivarono la televisione, l’acqua in casa e la luce elettrica eravamo già negli anni ’70 del secolo scorso. A quel tempo mia nonna non voleva vedere in tavola lenticchie, né cicerchie. Diceva che ne aveva mangiate troppe da giovane, quando non c’era altro, e che quei legumi le ricordavano la miseria e la guerra.
Era una donna piccola e mite, proveniente da una famiglia di mezzadri che per sopravvivere aveva cambiato diversi poderi, tutti in collina tra Monteverdi, Suvereto e Campiglia, nell’Alta Maremma toscana. Si sposò nel 1931 con un contadino come lei, che non era mezzadro ma piccolo proprietario, troppo piccolo per non fare altri lavori, dal bracciante al pastore. Erano famiglie sempre in bilico: bastava un matrimonio o una morte per sbilanciare tutto, perdendo braccia da lavoro, aumentando le bocche da sfamare o per vedere la poca terra divisa in parti ancora più piccole, talvolta insufficienti a mantenere anche una sola persona...
Nautilus n. 9- Marzo 2022
“Il Circolino ritorno al futuro”: ricordare per partecipare e progettare…
Per iniziare a raccontare una storia, ci insegna Italo Calvino, occorre saper estrarre dalla complessità del mondo, che è somma di informazioni, esperienze, valori, memoria individuale e potenzialità implicita, un discorso, una narrazione, un sentimento.
Questo esercizio, per nulla banale, consente non solo di passare dalla possibilità di dire tutto alla capacità di dire una cosa, in modo particolare, ma anche di rendere l’esperienza soggettiva il mezzo attraverso cui l’universo dei casi singolari si traduce nella trama di un unico racconto, che trasforma i ricordi di ciascuno in memoria collettiva.
Ricordare, se si decide di provare a progettare un futuro potenziale, è pertanto essenziale, perché ci permette di costruire le fondamenta di un itinerario che, presentandosi come un foglio bianco, reca in sé una molteplicità di scelte immaginabili, che collegano quello che ancora non esiste con ciò che, invece, potrà davvero esistere.
n. 8 - Febbraio 2022
Clima
Fisico del clima, CNR
Oggi la parola “clima” evoca immediatamente immagini di grandi ondate di calore e siccità, oppure di eventi estremi e disastri dovuti a piogge violente. Manifestazioni molto diverse, dunque, tanto da apparire contrapposte. Azioni caotiche in un sistema climatico la cui dinamica sembra sfuggire alla nostra comprensione: perché, ad esempio, se la Terra si sta scaldando avvengono ancora episodi di freddo e piogge violente?
Ma spesso la percezione “a pelle” di un fenomeno di cambiamento, come quello che tutti stiamo vedendo nel clima, può risultare erronea, tanto da condurre a valutazioni sbagliate, a sovrastime o a sottostime nel suo comportamento attuale ed eventualmente nella sua evoluzione futura.
Ci è capitato recentemente col fenomeno della pandemia...
n. 8 - Febbraio 2022
Città
di Claudio Saragosa
«Che cos'è la città? Come si è formata? Quali processi favorisce, a quali funzioni adempie, quali fini consegue? Non c'è una sola definizione che possa applicarsi a tutte le sue manifestazioni, né una sola descrizione che ne comprenda tutte le trasformazioni, dal nucleo sociale embrionale alle forme complesse della maturità e alla disgregazione materiale della decadenza. Le origini della città sono oscure, gran parte del suo passato è sepolta o irrimediabilmente distrutta, e le sue prospettive sono difficili da prevedere»[1].
Così esordiva Lewis Mumford (1895-1990) nella sua La città nella storia (1961) facendo presagire che questa invenzione, la città appunto, potesse o scomparire o divenire una copertura senza soluzione di continuità di tutto il pianeta (un immenso alveare urbano).
E oggi, forse, entrambe queste previsioni si sono in gran parte realizzate nel senso che le urbanizzazioni contemporanee sono di dimensioni impressionati (per estensione o per numero di abitanti) e nel contempo hanno perso quei connotati che rendevano la città una città...
n. 8 - Febbraio 2022
Paese
di Rossano Pazzagli
Il paese è casa, un tempo si diceva la patria. Che si tratti della nazione intera, sia che ci si riferisca al luogo dove si nasce o si vive, ha a che fare col senso di appartenenza a un luogo e a una comunità. “Un paese ci vuole”, scriveva Cesare Pavese alla metà del ‘900; un paese significa non essere soli, “avere gli amici, del vino, un caffè” avrebbe cantato dieci anni dopo Mario Pogliotti nella straordinaria e quasi dimenticata avventura musicale del “Cantacronache”.
L’Italia è, fondamentalmente, un Paese di paesi. Un’assonanza lessicale dal duplice valore semantico che la nostra bella lingua consente; una rete essenziale di borghi, villaggi e contrade che da Nord a Sud popolano il territorio della penisola fin nelle valli più strette e sui più impervi crinali.
È l’Italia interna, prevalentemente collinare e montuosa, vittima sacrificale di un modello di sviluppo che ha marginalizzato le zone rurali, privilegiando i grandi centri urbani, le poche pianure e qualche tratto di costa.
n. 6 - 7 Dicembre 2021/Gennaio 2022
La sostenibilità del cibo “dentro e fuori mercato”
La trasformazione del sistema alimentare, dalla produzione al consumo, insieme alla transizione ecologica, occupa un posto centrale nell’attuale agenda europea. Al centro di tutto vi è il concetto, indefinito e fors’anche un po’ abusato, di sostenibilità, al quale si lega l’idea che sia possibile far convergere gli obiettivi della crescita economica con l’esigenza di preservare l’ecosistema.
La consapevolezza dei c.d. limiti planetari, a partire dal cambiamento climatico, è, infatti, il netto spartiacque che divide le politiche del “prima” da quelle del “dopo”, con la pandemia che suggella ulteriormente un simile passaggio, avendo fatto emergere prepotentemente il nesso tra salute umana, animale e biodiversità. Il Covid-19, del resto, cambiando le prospettive economiche e sociali dei Paesi, ha inciso, altresì, sul tema della sicurezza alimentare e dell’accesso omogeneo al cibo, ossia sul divario tra Nord e Sud del mondo che allo stesso risulta correlato...
n. 6 - 7 Dicembre 2021/Gennaio 2022
Territorio e sovranità alimentare
Dal piano del cibo al Farm to fork
Le politiche alimentari e le relative strategie rappresentano sempre più lo snodo per il perseguimento dell’obiettivo di una più elevata qualità della vita per i cittadini.
Da una diversa politica del cibo e dalla educazione alimentare e ai consumi discendono significativi risultati in tema di salute pubblica, protezione ambientale, salvaguardia del paesaggio e delle risorse naturali, corretta gestione del territorio, coesione sociale e, centrale per il resto degli obiettivi, un più adeguato livello di reddito per gli agricoltori, elemento, quest’ultimo, sempre più discusso dalle dinamiche dei mercati globalizzati e da parte delle stesse politiche agricole attuate negli ultimi decenni.
Nel 2010, tra le primissime esperienze in materia di food policy in Italia, la Provincia di Pisa ideò ed avviò, con il supporto scientifico del Laboratorio Sismondi dell’Università di Pisa, il percorso di elaborazione del Piano del Cibo, volto a conoscere, socializzare, formare, cambiare il modo di gestire la cultura dell’approvvigionamento alimentare e il rapporto con il cibo...
n. 6 - 7 Dicembre 2021/Gennaio 2022
Politiche del cibo e sistemi alimentari
Nuove visioni per le sfide emergenti
Le crescenti sfide derivanti dai processi di modernizzazione della filiera agroalimentare, hanno posto l’attenzione sulla necessità di ridefinire i sistemi alimentari locali, partendo dalla considerazione che il cibo è agricoltura.
Pertanto, il tema dell’agricoltura deve essere affrontato attraverso la valorizzazione delle tipicità e delle filiere agroalimentari.
L’elemento di forza sul quale la nostra agricoltura può puntare ad accrescere la propria competitività sul mercato, per tutelare le tradizioni locali e ridurre l’inquinamento ambientale si basa sulla combinazione di due concetti, quali ‘Politiche Locali del Cibo (PLC) e Paesaggio’. Con il termine “locali” si deve intendere il territorio governato da un Ente Pubblico che mira ad una governance dell’intero food system.
Per comprendere meglio come le PLC agiscano su aspetti generali, e in modo specifico sul paesaggio, è necessario sapere che queste politiche nascono, a livello locale, proprio come risposta agli effetti che il food system a livello globale produce sui sistemi ambientali, sociali ed economici anche a livello locale...
n. 6 - 7 Dicembre 2021/Gennaio 2022
Green Society in Val di Cornia
Il progetto Sterpaia e Le Pietre
di Adriano Bruschi
Questa è una storia che, partendo dai produttori, è riuscita a creare un'offerta di prodotti sani e innovativi attraverso una rete di informazione e distribuzione al di fuori dei monopoli di produzione e consumo, cercando di stimolare stili di vita e consumi alternativi.
Tutto nasce all'inizio degli anni 2000, dalla sollecitazione della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa a condurre uno studio sugli impatti ambientali in agricoltura coinvolgendo Legambiente e le associazioni di categoria.
Legambiente diventa allora protagonista di contatti e riunioni, con l’intento di aggregare gli agricoltori biologici.
Immediatamente emergono tutte le difficoltà degli agricoltori della Val di Cornia, che non riescono più a rendere remunerativo il loro lavoro e hanno uno scarso, difficile rapporto con il mercato, cioè con i consumatori.
L'agricoltura è in grande difficoltà soprattutto a causa del mercato che spinge i prezzi sempre più in basso, infine c'è anche il cambiamento climatico a mettere in crisi le coltivazioni standardizzate che le multinazionali impongono. Gli incentivi pubblici riescono per ora ad arginare l'abbandono dei campi, anche se già si vedono ampie porzioni di terreni non coltivati; il rischio però è la prevalenza di un'economia assistita che ne aumenti la sua debolezza...
n. 6 - 7 Dicembre 2021/Gennaio 2022
Il cibo proveniente dalle acque
Il cibo ha avuto da sempre un ruolo basilare nella storia dell’uomo e nella sua evoluzione. L’acquisizione delle conoscenze sulle nuove tecnologie di produzione degli alimenti, affinate da una lunga e costante sperimentazione, è stata alla base dell’evoluzione dell’umanità fino dai tempi in cui l’uomo da “raccoglitore” è diventato agricoltore e da cacciatore si è fatto allevatore.
Su questi nuovi saperi, su quel diverso modo di porsi nei confronti della terra e dei suoi prodotti, ma anche sul rinnovato modo di rapportarsi agli altri individui, si è creata la prima civiltà e si è strutturata una società che se pur non priva di forti contraddizioni e profonde storture, ha costituito il quadro di riferimento per lo sviluppo dell’umanità.
Nel passaggio dal nomadismo opportunistico alle produzioni strutturate, la pesca e l’allevamento ittico hanno giocato un ruolo particolare che non sempre è stato in linea con lo sviluppo del parallelo settore agricolo.
Secondo alcune ipotesi l'agricoltura sarebbe nata 20-22.000 anni fa in almeno una dozzina di luoghi del pianeta: dagli altopiani della Nuova Guinea, all'America centrale e al Medio Oriente...
n. 5 - Novembre 2021
I parchi devono fare i parchi?
All’origine della creazione dei parchi nazionali
- Yellowstone come metafora
Esistono diverse storie sul come, quando e perché furono fondati i parchi nazionali nel mondo. Si tende oggi a interpretarli come il risultato dell’azione di una generale rivolta contro la distruzione dell’ambiente naturale. L’idea dei parchi nazionali non scaturì però all’origine dall’amore per la natura, da un pensiero ecologista o ambientalista ancora di là da venire.
Gran parte dei parchi creati al mondo sono nati per un intreccio di motivi e di interessi, da quelli culturali a quelli sociali ed economici, coinvolgendo forze diverse e lobbies a livello sia locale sia nazionale.
La vicenda della fondazione nel 1872 del più antico di questi parchi nazionali, quello di Yellowstone, è di una tale complessità, per antefatti, motivazioni, svolgimenti del progetto e risultati, da apparire di per sé come una metafora di quanto avviene oggi.
Il parco nacque con una schizofrenia iniziale tra una rappresentazione all’esterno di tipo mitologico, ed una contemporanea dipendenza da interessi economici, conflittuali con le finalità istitutive.
n. 5 - Novembre 2021
Il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
100 anni di natura protetta
Alla fine dell’800 sulle montagne del Parco sopravvivevano gli ultimi orsi marsicani e gli ultimi camosci dell’Appennino. Il 9 settembre 1922, per iniziativa di un Direttorio provvisorio, presieduto dal parlamentare locale Erminio Sipari, un’area di 12.000 ettari, dei comuni di Opi, Bisegna, Civitella Alfedena, Gioia dei Marsi, Lecce dei Marsi, Pescasseroli e Villavallelonga, divenne Parco Nazionale. Più tardi lo Stato italiano, con decreto legge 11 gennaio 1923, ne riconobbe per legge l’istituzione.
Oggi, dopo successive integrazioni, il Parco comprende un territorio di 50.000 ettari con un’area contigua di circa 80.000 ettari, 24 Comuni e tre regioni, Abruzzo, Lazio e Molise...
n. 5 Novembre 2021
I 25 anni del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano
Una sfida culturale che trasformato un "incubo" ion sogno
Con Giuseppe Tanelli, primo presidente
di Nunzio Marotti
Ricorre quest'anno il venticinquesimo dell'istituzione del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano (Pnat), avvenuta il 22 luglio 1996. Tra alti e bassi, oggi il Pnat gode di buone relazioni con il territorio e di credibilità internazionale, come più volte sottolinea l'attuale presidente Giampiero Sammuri.
Eppure, nei primi anni Novanta, ci fu nelle isole una forte opposizione sociale e istituzionale alla nascita del Parco.
Fu il ministro Edo Ronchi a portare a compimento l'iter, definendone la perimetrazione dopo un lungo confronto con le esigenze locali.
Negli anni è cresciuta nell'opinione pubblica la consapevolezza dell'importanza della protezione ambientale e dello sviluppo sostenibile a supporto dell'economia locale.
Oggi l'Ente Parco ha raggiunto una credibilità e un ruolo sempre più consolidati, non solo in ambito locale, ma anche a livello nazionale ed internazionale, attraverso la certificazione della Carta Europea del Turismo Sostenibile di Europarc Federation, con lo straordinario riconoscimento come Riserva della Biosfera Mab Unesco e il prestigioso inserimento nella Green List della Iucn, massimo attestato mondiale per le aree naturali protette (solo 59 in tutto il mondo e 3 in Italia)...
n. 5 - Novembre 2021
Toscana regione di parchi
La natura domina il paesaggio toscano e si integra con l’attività dell’uomo che nei secoli ha fatto di questa Regione uno degli angoli più suggestivi d’Italia e non solo.
La Toscana è un alternarsi ed integrarsi di natura ed emergenze storico-architettoniche, paesaggi ben ordinati e paesaggi selvaggi che hanno al loro interno habitat di particolare ricchezza e diversità biologica.
A partire dalla prima metà del XX secolo la delicatezza di questo equilibrio, riconosciuto come patrimonio nazionale, non è stata lasciata alla saggezza dei singoli, ma salvaguardata con uno specifico sistema normativo, successivamente incrementato delle Regioni e integrato con le politiche comunitarie.
Nella Toscana il sistema delle aree protette è costituito da 3 parchi nazionali, 1 area marina protetta, 3 parchi regionali, 2 Parchi provinciali, 35 riserve statali, 47 riserve naturali regionali e 53 Aree Naturali Protette di Interesse Locale. ..
n. 5 - Novembre 2021
Ossigeno
La Regione Lazio guarda al futuro con un grande progetto di forestazione
Ne parliamo con Alessandra Somaschini
biologa, dirigente Regione Lazio
Trasformare il Lazio in una regione green, attenta alle sfide della qualità dell’aria e alla cura del territorio, delle aree verdi e dei parchi. È da questi presupposti che nel 2019 è nato Ossigeno, il progetto della Regione che mira nel lungo termine a piantare 6 milioni di nuovi alberi e arbusti autoctoni, uno per ogni abitante del Lazio.
Gli obiettivi sono quelli di contrastare i cambiamenti climatici provocati dall’effetto serra, conservare la biodiversità, ridurre l’inquinamento dell’aria e di conseguenza le malattie e la mortalità spesso collegate, garantire un ambiente più sano per le future generazioni.
Gli alberi sono fondamentali per la nostra sopravvivenza e per la nostra salute perché svolgono una serie di funzioni indispensabili per la vita sulla Terra.
Producono l’ossigeno che respiriamo e sottraggono dall’atmosfera anidride carbonica e altre molecole responsabili dell’effetto serra, nonché sostanze inquinanti prodotte dalle nostre attività.
n. 5 Novembre 2021
Paesaggio geominerario e sostenibilità:
l’esperienza del Parco delle Colline Metallifere – Tuscan Mining UNESCO Global Geopark
Il territorio del Parco delle Colline Metallifere si estende nella Provincia di Grosseto in una zona a carattere prevalentemente collinare, ricoperta da estese aree boschive su una superficie di 1087 kmq e comprende i territori di sette comuni: Follonica, Scarlino, Gavorrano, Massa Marittima, Montieri, Monterotondo Marittimo, Roccastrada.
Costituisce un segmento della lunga catena preappenninica alla quale Paolo Savi dette il nome di “Catena Metallifera”.
Le Colline Metallifere sono state oggetto di sfruttamento minerario dall'epoca protostorica fino al XIX secolo per i minerali di argento, rame, piombo, per l'alunite, la lignite picea e la pirite. Il territorio, infatti, è stato nel secolo scorso uno dei distretti minerari più importanti dell'Italia per l'estrazione della pirite (Gavorrano, Niccioleta, Boccheggiano) per la
produzione di acido solforico, una delle materie prime fondamentali dell’industria chimica
moderna...
N. 4 - ottobre 2021
Per il centenario della nascita di Antonio Cederna
Il 27 ottobre Antonio Cederna avrebbe compiuto cento anni. Si era laureato a Pavia in archeologia e si specializzò a Roma, ma lasciò subito l’archeologia e cominciò a scrivere d’arte su «Lo spettatore italiano», rivista di Elena Croce e dal 1949 collaborò con «Il Mondo» diretto da Mario Pannunzio fino alla chiusura del prestigioso settimanale nel 1966. Dal 1967 scrisse sul «Corriere della Sera», poi su «la Repubblica» dalla fondazione (1982), e sull’«Espresso». ...
N. 4 - ottobre 2021
Dagli alberi alle rotonde
La fine di un’estetica della strada
La strada è un indiscutibile segno paesaggistico. Tratto fisico e al tempo stesso espressione delle relazioni umane, ha disegnato lo spazio naturale, contribuendo al lungo e incessante processo di territorializzazione. La storia delle strade è un tema molto ampio, che tocca diversi ambiti – dall’architettura all’economia, dall’antropologia all’ingegneria - e che ci consegna non pochi interrogativi sul nostro modo di intendere il rapporto tra società, infrastrutture e paesaggio.
In gran parte d’Europa i viali alberati sono stati la più antica forma d’inverdimento ai bordi delle strade, marcando in modo quasi indelebile i tragitti viari e contribuendo a una coerente architettura del paesaggio, mentre nel nostro tempo, specialmente dagli anni ’70 del ‘900, ...
N. 4 - ottobre 2021
Cantine d'autore
Il vino e le cattedrali del gusto
Chiese e cattedrali, palazzi e monumenti, siti archeologici e ambientali: a questi luoghi abituali mete della curiosità dei turisti, si sono ormai aggiunti altri manufatti dell’uomo che fino a qualche anno fa avremo fatto fatica a pensare come mete turistiche e di attrazione culturale. Le cantine. O meglio, le cantine d’autore, quelle progettate dalle archistar italiane e internazionali. Sono le nuove cattedrali laiche, quelle del gusto e del buon bere. Sono le mete di un nuovo turismo esperienziale che non si accontenta più di vedere cose belle, ma le vuole anche vivere da vicino, toccarle, assaggiarle…
N. 4 - ottobre 2021
Casa Saldarini e Casa Esagono
Architettura e natura nelle opere di Vittorio Giorgini a Baratti
di Marco Del Francia
Ci sono luoghi che sembrano avere il potere di racchiudere tutti i segreti dell’esistenza umana. Posti in cui ogni forma, ogni rumore ed ogni colore che la natura rivela paiono svelare chissà quale arcano mistero.
Nel golfo di Baratti, chiuso tra la verdeggiante macchia mediterranea e il promontorio di Populonia, il lieve vento di Libeccio sembra impregnare con l’alito del tempo l’intera spiaggia dal cuore etrusco. È facile allora essere avvolti da questo salmastro temporale, subire qui, più che altrove, la suggestione di cose antiche ma pur sempre attuali, ed essere coinvolti e partecipi di una dolce atmosfera magica. Nessun altro evento, di quello che è stato e che continua a rivelarsi in questo luogo, potrebbe essere accaduto se non qui.
Il golfo assume allora l’aspetto di un imbuto, che nei secoli ha convogliato uomini, accadimenti, storie. Come quella di Vittorio Giorgini, architetto fiorentino che a Baratti è capitato per caso, nella prima metà degli anni ‘50 e che grazie a quella circostanza fortuita ha intessuto un appassionante e indissolubile rapporto d’amore con questa terra bagnata dal mare...
N. 4 - ottobre 2021
Architettura e territorio
Il villaggio Diaccioni, un esempio virtuoso di architettura sociale
di Patrizia Becherini
La tecnica non deve mai essere fine a se stessa,
ma deve servire a risolvere i problemi reali della vita.
(Adalberto Libera)
La condivisione di valori e il senso dell'identità collettiva, di appartenenza e radicamento; le forme di abitare la casa, il quartiere, la città, sono alcuni dei temi centrali del dibattito architettonico contemporaneo, che si ritrovano nell'esperienza del Villaggio Diaccioni a Piombino, esempio particolarissimo e significativo di architettura sociale.
Risale a un primo progetto di Adalberto Libera, uno degli architetti che hanno contribuito alla storia dell'architettura nel secolo scorso; il plastico è esposto al Centro Pompidou di Parigi, proprio perché si trattava di una progettazione all'avanguardia,...
N. 4 - ottobre 2021
Il Circolino, un’occasione perduta
Nel panorama dell’architettura culturale piombinese un posto di rilievo lo occupa senza dubbio il
Circolino, come affettuosamente i Piombinesi chiamano l’edificio che ospitò il dopolavoro della
fabbrica, prima Circolo Italsider, poi Circolo Acciaierie di Piombino, poi ancora Circolo Ilva, infine,
quando fu affidato a un privato, Circolo Pegaso.
Una storia sfortunata quella degli ultimi anni di vita del Circolino.
Quando nel 2009 fu chiuso, era affidato a un’associazione piombinese, e nel frattempo la sala era stata completamente smantellata per diventare pista da ballo. Mi sono sempre chiesto che fine avessero atto le duecento poltroncine su cui generazioni di piombinesi si erano fino allora sedute, per assistere ai
cicli di cinema d’autore, ai grandi spettacoli di jazz, alle feste aziendali, a tutti gli eventi che dal
1961 si erano succeduti in quasi cinquant’anni di vita cittadina: forse su ebay?
N. 2 agosto 2021
Isole in terra
L’isola non è un elemento geografico, ma una condizione esistenziale. Oggi, nell’era della globalizzazione, la nostra società è piena di isole, come un mare di cui non si conoscono i confini. Siamo isole, vittime di un isolamento cominciato ben prima della pandemia e col covid portato alle sue più estreme conseguenze, favorito da una gestione dell’epidemia che ha coltivato la paura dell’altro, il distanziamento presentato anche lessicalmente come “sociale” anziché fisico. È stato il modello di sviluppo capitalistico, soprattutto nella sua fase più consumistica e dissipativa, a generare isole in terra, che si sono aggiunte a quelle di mare.
N. 2 agosto 2021
Isole "ecologiche"
In un «postmoderno» in cui tutto è metafora di qualcosa, l’isola rappresenta, in quanto sistema chiuso e autosufficiente nel quale è possibile realizzare azioni ecologicamente orientate, un possibile modello di innovazione ambientale e sociale. Lo dimostra, significativamente, il lavoro dell’osservatorio “Isole Sostenibili”, promosso da Legambiente e Consiglio Nazionale delle Ricerche, che cerca di sostenere, in particolare nelle isole c.d. “minori”, l’attuazione di progetti fondati sulla sperimentazione di meccanismi di sostenibilità «per l’approvvigionamento di energia pulita e nella gestione dell’acqua, per il recupero e riciclo dei rifiuti e per una mobilità a emissioni zero».
N. 2 agosto 2021
Mari, incroci di culture
di Gloria Peria
Nelle giornate molto limpide dalla costa toscana fino a quella ligure, è ben visibile gran parte dell’arcipelago toscano incorniciato dalle montagne della Corsica. La vicinanza fisica tra le isole prende il sopravvento sulla geografia politica e ci suggerisce d’indagare su destini legati da tempo immemorabile. Su questi destini ha dominato il mare, il Tirreno, teatro sin dall’antichità di guerre e pirateria manifestatesi con modalità e intensità diverse nel corso della storia. Basti, a questo proposito, ricordare le scorrerie del temibile Dragut che nel corso del XVI secolo non hanno risparmiato alcuna delle isole tirreniche, Corsica compresa. Razzie...
N. 1 luglio 2021
RigenerAzioni urbane
Piombino è una città perfettamente in linea con i tempi che corrono: attraversata dalla crisi, perennemente in cerca della sua transizione giusta, vive il rapporto col futuro proprio in funzione di quel binomio ambiente-sviluppo che sembra avere ormai assunto il ruolo di inopinabile strumento di lettura della realtà. Rigenerazione e resilienza, le parole passpartout della contemporaneità, acquistano, però, in questo contesto, una loro valenza specifica, divenendo un qualcosa di più rispetto a dei meri concetti simbolo di cui tutti parlano, ..
N. 1 luglio 2021
Cultura e territorio
di Rossano Pazzagli
Il legame tra cultura e territorio, spezzato dal processo di sviluppo capitalistico, deve tornare al centro dell’attenzione. La politica sembra indietro, mentre a livello culturale c’è una riconsiderazione del ruolo del territorio e della dimensione locale nei processi di trasformazione economica e sociale. (...)
N. 1 luglio 2021
Industriamoci!
Partire dalle nostre unicità per costruire nuovi scenari
Crisi dell’industria e crisi dei modelli di sviluppo che nel corso del ‘900 hanno avuto un ruolo preponderante nel definire il sistema socio economico dei territori.
Di fronte al prefigurarsi di situazioni diverse ma non ancora ben delineate, che ruolo ha l’eredità culturale prodotta dall’industria e dal lavoro nei territori, e come questo lascito può essere utilizzato per caratterizzare positivamente aree e regioni, interpretandone le vocazioni e valorizzandone le unicità?