L’Europa delle donne riparte dalla lotta alla violenza e agli stereotipi di genere
di Federica Di Sarcina
Il 5 marzo 2020, la Commissione europea – presieduta per la prima volta in 60 anni da una donna, Ursula von der Leyen, figura chiave nella Germania di Angela Merkel – ha approvato un nuovo piano per l’uguaglianza di genere (COM 2020 152 final), rinnovando profondamente l’approccio strategico dell’Unione europea in materia di parità tra i sessi. Del tutto in linea con quanto annunciato da von der Leyen negli orientamenti politici della Commissione attualmente in carica – “Non dobbiamo aver paura di essere fieri di dove siamo arrivati o di essere ambiziosi per il nostro futuro” – il nuovo piano rilancia la sfida per una “unione dell’uguaglianza” a partire dalla lotta alla violenza e agli stereotipi di genere.
Fin dalle sue origini (1958), la Comunità/Unione europea (CEE/UE) ha prestato un interesse crescente verso la condizione femminile. Dapprima limitato agli aspetti salariali e lavorativi, l’attenzione dell’UE nei confronti delle «questioni di genere» si è progressivamente ampliata e l’uguaglianza tra i sessi è divenuta una delle cosiddette cross cutting issues del processo di integrazione europea, al pari delle questioni ambientali. Il più recente dei trattati europei, il Trattato di Lisbona (2007), non solo ha posto la parità tra le donne e gli uomini tra i valori sui quali si fonda l’UE ma ha conferito forza giuridica vincolante alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, rafforzando la base legale necessaria per l’affermazione delle pari opportunità in Europa (F. Di Sarcina, L’Europa delle donne. La politica di pari opportunità nella storia dell’integrazione europea (1957-2007) Bologna, Il Mulino, 2010).
Quanto ai piani d’azione per la parità di genere della Commissione europea, si tratta di strumenti di soft law che, dagli anni Ottanta del secolo scorso, si sono susseguiti regolarmente nel tempo, sia per annunciare nuove iniziative legislative a livello europeo, sia per guidare e supportare gli Stati membri nella realizzazione di politiche attive per le donne nella sfera economica, politica e sociale, ponendo sempre l’occupazione femminile al primo posto.
Primo posto che la Commissione von der Leyen assegna, invece, alla liberazione dalla violenza e dagli stereotipi: “Chiunque dovrebbe essere al sicuro nella propria casa, nelle relazioni più strette, sui luoghi di lavoro, negli spazi pubblici e online. Le donne e gli uomini, le ragazze e i ragazzi, in tutta la loro diversità, dovrebbero essere liberi di esprimere le loro idee e le loro emozioni e di perseguire le loro scelte formative e professionali senza sentirsi vincolati da ruoli di genere stereotipati” (COM 2020 152 final). In una Unione europea in cui il 33% delle donne ha subito violenze fisiche e/o sessuali, il 22% ha subito violenza ad opera del proprio partner, il 55% ha subito molestie sessuali; in una Unione europea in cui 600000 ragazze e donne hanno subito mutilazioni genitali femminili e 180000 ragazze corrono lo stesso rischio; in una Unione europea in cui il 44% delle persone ritiene che il compito principale di una donna sia occuparsi della casa e della famiglia e il 43% pensa che per un uomo il compito principale sia guadagnare denaro, questo cambio di passo appare tanto innovativo quanto necessario. Gli stereotipi di genere sono alla base delle disuguaglianze tra donne e uomini, limitano le aspirazioni di ragazzi e ragazze e contribuiscono fortemente al divario retributivo di genere. Solo smantellando gli stereotipi e contrastando la violenza sarà possibile dar vita a una economia basata sulla parità tra i sessi e scalfire quel soffitto di cristallo che impedisce alle donne di accedere alle posizioni apicali, nei settori dell’economia e della politica.
In un simile contesto, l’accordo raggiunto il 6 febbraio scorso tra la Presidenza belga del Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo in merito alla prima direttiva sulla violenza contro le donne e la violenza domestica, appare un atto importante, sia per la definizione di norme comuni a tutti gli Stati membri, sia per l’affermazione di un’Europa non solo potenza economica ma anche attore sociale e politico sulla scena europea e internazionale. La nuova direttiva dovrebbe configurare quali reati nell’UE la mutilazione genitale femminile, il matrimonio forzato, la condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato, lo stalking online, le molestie online, l’istigazione all’odio o alla violenza online. La norma dovrebbe altresì prevedere un accesso più facile alla giustizia per le vittime di tali reati e impone agli Stati membri di fornire un livello adeguato di protezione e assistenza specialistica
(https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2024/02/06/violence-against-women-council-and-european-parliament-reach-deal-on-eu-law/).
Nella morsa sempre più stretta delle destre sovraniste che attanaglia l’Europa, i diritti delle donne sono sotto attacco. Come ha affermato la statistica Linda Laura Sabbatini, “Se l’Europa non cresce qualitativamente quale soggetto unitario, fondato sui principi dei trattati costitutivi, verrà meno alla sua stessa vocazione storica, e diventerà terra di conquista. Ce lo diciamo, ma tardiamo a farlo. Servirebbe una nuova generazione di politici europei coraggiosi e visionari per uscire da queste secche. Soprattutto donne, intransigenti nella difesa dei diritti di tutti” (https://www.repubblica.it/commenti/2024/02/08/news/costruiamo_la_nostra_europa_sui_diritti_delle_donne-422082319/).
Tra il 6 e il 9 giugno prossimi, in tutti i Ventisette paesi dell’Unione, si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Quale occasione migliore per far sentire la voce delle donne?