Isole
L’utopia di tanti mondi possibili
di Monica Pierulivo
“Il mare è assoluto, intenso fino al punto di diventare talora doloroso. Tra questi colori dell’acqua e della sabbia di granito che la fa splendere d’una candida fosforescenza ci si spoglia di tutto ciò che è banale, accidentale, relativo: si vorrebbe afferrare l’essenza della vita, liberarsi di tutti gli ingranaggi dell’esistenza che ci impediscono di vivere, togliersi di dosso i meccanismi della retorica come ci si toglie i vestiti”. (Claudio Magris, L’infinito viaggiare)
L’isola rappresenta un mito che rimanda a molteplici significati, un porto sicuro da una parte e il mare aperto dall’altra, il conosciuto e l’incognito, l’apertura e la chiusura, il desiderio di libertà e il confinamento, ma anche il sogno e l’utopia, l’immaginario.
C’è tutto e il contrario di tutto nel concetto di isola, c’è anche il tema attuale dell’isolamento al quale la pandemia ci ha costretto da un anno e mezzo. Vivere in un territorio fortemente confinato, stimola la voglia di esplorare, di conoscere il diverso e d’altronde le isole sono “porti di mare”, aperti a ciò che è sconosciuto. Un tesoro può forse essere sempre nascosto da qualche parte su un’isola, e le ricche implicazioni simboliche della tradizione letteraria ce lo testimoniano ampiamente.
Le isole e il mare possono rappresentare un viaggio nel mondo e nella mente. Italo Calvino nelle Città invisibili sottolineava l’importanza di inventare nomi per le sue città; allo stesso modo sarebbe interessante costruire una sorta di atlante delle utopie insulari.
Nella tradizione letteraria l’isola è infatti una metafora per designare l’altrove: una metafora che sottolinea le opposte componenti del mito stesso. Un esempio emblematico di questa dualità si trova nel poema epico di Ludovico Ariosto, Orlando Furioso. Cavalcando l’ippogrifo alato, Ruggero vede l’isola: dall’alto gli appare un luogo di meravigliose delizie, ma, una volta approdato, l’eroe deve affrontare prove e creature pericolose.
Poi ci sono isole sole al mondo, come Lampedusa, descritta così dalla scrittrice francese Maylis de Kerangal nel suo reportage letterario sull’isola siciliana dopo il naufragio del 2013 che ha visto la morte di oltre 300 persone.
Ma l’isola può assumere anche un significato legato alla rinascita, alla possibilità di un altro mondo, soprattutto alla possibilità che il mondo non finisca. Può essere vista come «arca» del mondo. Secondo una suggestiva immagine di Kerangal «Le isole sono come le idee. Deserte, affascinanti. Operano come riserve, catturano le storie e danno riparo agli uomini sin dalla creazione del primo poema» (cit. Tommaso Auriemma, La tentazione dell’isola assoluta, Il Manifesto, 10.08.2016)
Proprio per questo non possiamo pensarle come assolute o in antitesi alla terraferma e al continente. La stessa Piombino, che davanti a sé ha un arcipelago di sette isole, oltre la Corsica, è la dimostrazione di una continuità tra terraferma e mare. La città nata su un promontorio anch’esso isolato geograficamente per secoli, a causa delle paludi che l’hanno circondato fino ai primi decenni del ‘900, è profondamente legata alla presenza dell’isola d’Elba, così come della Corsica, con le quali ha avuto rapporti economici e culturali che hanno profondamente influenzato il territorio.
Le isole sembrano periferiche ma non lo sono. Nel 2022 sarà la piccolissima Procida a rivestire il titolo di capitale italiana della cultura. Un luogo dove non si arriva per caso, una meta decisamente inedita rispetto all’Italia dei luoghi famosi, cosiddetti centrali. Un posto dove si decide di andare, restare, osservare, riempirsi di lentezza e semplicità e questo rappresenta una grande novità e un modo diverso di guardare il mondo, da angolazioni differenti appunto.
Abbiamo scelto pertanto questo tema, così ricco di suggestioni, come trait d’union degli articoli del 2° numero di Nautilus. Una sorta di sfida, perché le idee e le riflessioni che possono scaturirne sono comunque tante e troppe per esaurirne i significati in un unico numero; nonostante questo abbiamo provato ad affrontarne alcuni.
Parleremo pertanto di utopie, di bellezza e dell’importanza dei luoghi cosiddetti “periferici”, paesi e aree interne, di progetti educativi e scolastici per far vivere le piccole scuole, del concetto di isola applicato all’ambiente e al riciclo dei rifiuti, nella letteratura e nel cinema, di ciò che lega storicamente le isole del nostro arcipelago, così diverse ma anche connesse tra di loro, delle lotte di piccole e grandi donne rivoluzionarie che come isole in un mondo maschile si sono impegnate per i diritti civili e sociali agli inizi del ‘900, di città di mare, di piroscafi affondati nel nostro canale. Parleremo poi di questioni attuali come comunicazione e isolamento, di settori dell’economia come la moda che, guardando avanti, cercano di recuperare il “buono” della tradizione per fare innovazione ed esprimere una visione diversa del mondo, sempre tra locale e globale.
Ad aprire il numero sarà un’intervista a Guido Morandini sulle sue visioni di un territorio espresse attraverso i suoi documentari Rai.
Quest’anno ricorre tra l’altro il 25° anniversario dell’istituzione del Parco Nazionale Arcipelago Toscano. Un augurio da parte di Nautilus a questa importante esperienza, che in questo quarto di secolo, pur essendo nato inizialmente tra molte conflittualità, è riuscito a far crescere la sensibilità e a valorizzare il ricco patrimonio ambientale, naturalistico e culturale delle sette isole che ne fanno parte.
E un augurio grande perché i nostri sogni e le nostre idee siano capaci di generare tensione verso orizzonti nuovi, di cui c’è tanto bisogno. Utopie? Probabilmente sì, ma concrete.