Generazioni e rigenerAzioni
Nel suo romanzo “I vecchi e i giovani”, ambientato nella Sicilia dei Fasci di fine Ottocento, Luigi Pirandello ci introduce a un contrasto di concezioni e di ideali che si risolve nello scontro tra due generazioni: quella che ha fatto l’Unità d’Italia e che vede perduta l’eredità del Risorgimento, e quella dei più giovani, che nel gretto conservatorismo dei padri scorge solo la difesa di interessi nazionali. L’analisi del conflitto generazionale ritorna nella Russia degli anni Sessanta dell’Ottocento in “Padri e figli” di Turgenev, in un mondo diviso, pieno di contraddizioni e ambiguità.
Si tratta di una questione di grande rilievo che nella letteratura e non solo, è stata affrontata più volte e in modi diversi.
Lo scenario che abbiamo di fronte oggi si presenta in termini di forte discontinuità con il passato, anche recente.
La perdita di un nucleo di valori sicuri e condivisi e la frammentazione dei modelli tradizionali di riferimento dai quali si generavano gli orientamenti e la produzione di significato dell'esistenza stessa, sono causa di incertezze e difficoltà a fare progetti a lunga scadenza per le nuove generazioni. Questo significa, per esempio, che il periodo della formazione non si concentra ed esaurisce più tutto all'inizio dell'esistenza, bensì si frammenta lungo tutto l'arco della vita, alternandosi con i periodi lavorativi.
Il lavoro stesso non è più concepito in termini di continuità (sempre lo stesso lavoro fino al momento del pensionamento), bensì in termini di flessibilità e di mutamento (più esperienze di lavoro, anche diverse fra di loro).
Queste trasformazioni dei modelli dominanti portano a concepire in modo nuovo la propria esistenza, ma, soprattutto, chiedono una forte disponibilità al cambiamento e una buona capacità di progettare, di scegliere e di cambiare percorso.
Sul piano più strettamente politico, dagli anni Settanta stiamo assistendo a una caduta delle tensioni collettive e a una ripresa delle tensioni internazionali. Viviamo ormai quotidianamente problemi che si presentano con i connotati dell'emergenza: inquinamento, guerre nucleari, terrorismo internazionale, ecc.
Questo quadro generale estremamente ambivalente - in quanto richiede consapevolezza, disponibilità al cambiamento, capacità progettuale e, nel contempo, impedisce di pensare a un futuro e a progetti a lungo termine - si ripercuote direttamente sui singoli e sulle istituzioni e ha notevoli implicazioni sul piano della socializzazione delle nuove generazioni.
Le generazioni che hanno vissuto le ultime due guerre hanno sicuramente interiorizzato valori e orientamenti sociopolitici che le hanno segnate e quindi caratterizzate profondamente.
Se guardiamo alle tre generazioni attuali, possiamo osservare che i giovani d'oggi (15-20 anni) stanno vivendo una situazione di stallo dal punto di vista di una socializzazione politica anche se si osservano forme di mobilitazione legate a temi specifici come quelli della pace e dell’ecologia.
Nel contempo i giovani di oggi hanno alle spalle una generazione, quella dei trentenni, che ha vissuto una fase di mobilitazione, quella dei movimenti collettivi (peraltro non generalizzabile a tutti i giovani di allora), alla quale ha fatto seguito un profondo senso di sconfitta e l'attuale situazione di disorientamento e di incapacità a passare un messaggio positivo riguardo al futuro e alle istituzioni; infine, i giovani hanno dei padri (e degli insegnanti) che hanno vissuto una giovinezza «debole» dal punto di vista delle opzioni politiche e storiche.
Da un lato stiamo andando verso una crescente difficoltà a definire le generazioni (che sono sempre meno caratterizzabili) e dall'altro, le due generazioni immediatamente precedenti a quella attuale vivono con disagio la necessità di costruire e trasmettere un progetto di vita e di società coerente e stabile.
Anche per quanto riguarda lo scarto generazionale, cioè la distanza tra le generazioni e i relativi conflitti, si registrano mutamenti significativi. Sotto molti aspetti le ultime generazioni si assomigliano sempre di più per quanto riguarda gli orientamenti di fondo, padri e figli di oggi sono molto più simili, e non solo nell'abbigliamento, rispetto a un tempo. Con ciò possiamo pensare che lo scarto generazionale stia generalmente diminuendo, almeno sotto il profilo ideale. Se questo, per certi aspetti, può essere ritenuto positivo (tra adulti e giovani c'è un terreno comune su cui incontrarsi), per altri aspetti può risultare problematico, perché, a ben vedere, erano proprio lo scarto generazionale, l'alterità, la diversità che in passato molto spesso costituivano la molla per la crescita verso l'autonomia e la specificità delle nuove generazioni e per la loro elaborazione di un progetto di vita.
Di certo si può affermare che siamo di fronte a un nuovo modo di intendere l'incontro e lo scambio fra le generazioni, all'insegna della somiglianza, che tuttavia da sola non risulta sufficiente, proprio per la fragilità e l’incoerenza del quadro generale di riferimento in cui vivono oggi le generazioni adulte.
In questo numero di Nautilus parliamo di questo e di molto altro, affrontando tematiche che riguardano il nostro presente, ma sempre con uno sguardo di prospettiva e nel solco di un possibile cambiamento. Tra i temi trattati emergono i processi demografici attuali, che condizionano inevitabilmente le nostre vite e rappresentano certamente una problematica fondamentale delle nostre società; la necessità di ricostruire e sviluppare le comunità partendo dalla partecipazione e dal rapporto tra generazioni diverse; l’importanza di rigenerare gli spazi urbani coinvogendo i bambini per cambiare paradigma e provare a vedere la realtà da punti di vista diversi. Inoltre nel nuovo numero i lettori potranno trovare testimonianze, esperienze, riflessioni sul rapporto stretto tra i territori, i paesaggi e le generazioni che li hanno creati e vissuti.