Museo del perduto amor...
Di recente hai concluso una relazione? Desideri alleggerire il carico emotivo cancellando tutto ciò che ti ricorda quella dolorosa esperienza? Non farlo, un giorno potresti pentirtene. Invia invece il tuo oggetto al nostro Museo e partecipa alla creazione di una storia emozionale collettiva!
Brokenships.com
Scorrendo rapidamente la lista delle parole o dei concetti associati più di frequente alla chiusura di una relazione (specie se recente) saltano agli occhi immagini come dimenticare, lasciarsi il passato alle spalle, voltare pagina, darci un taglio netto, andare avanti, ricominciare.
Poste del cuore o articoli incentrati sulle dinamiche degli affetti consigliano di cambiare, laddove si può, arredamento o abitazione, luoghi della città e quelli del pensiero. Si invita a stipare case cose auto e fogli di giornale in scatole di cartone o del pensiero da chiudere ermeticamente finché il tempo non avrà messo la giusta distanza fra noi e il nostro dolore, consentendoci di riaprirle per ritrovare col dovuto distacco qualche bel ricordo. Eppure nel 2006, nel decennio che ha visto nascere Facebook, Twitter, Instagram e Whatsapp, contenitori senza fondo ed eternamente aperti dove immagini e parole si accumulano e nascondono senza mai sparire veramente, Olinka Vištika e Dražen Grubšić hanno fondato a Zagabria il primo Museo delle relazioni interrotte (Muzej prekinutih veza- brokenships.com) a cui donare i simboli di un amore finito.
Diviso in una parte fisica ed una virtuale il Museo (che oggi ha un gemello in Francia) asseconda quel desiderio ambivalente di chiudere la pagina della propria relazione aprendo il libro di quelle degli altri. Perché sì, l’amore interrotto richiede dimenticanza di sé come antidoto al dolore e alla disillusione, ma l’amore di per sé vuole essere riconosciuto, accolto, ricordato. Lo leggiamo da secoli nella letteratura, ne dissertiamo nei libri di filosofia, lo studiamo in psicologia. La storia narrata è anche storia delle storie d’amore, finite bene o male, mai vissute o bruciate in un giorno. Ed è questo uno degli aspetti più interessanti del Museo di Zagabria: ogni oggetto, ogni racconto appartiene a nostri contemporanei che un tempo si sono amati realmente. Mentre noi guardiamo quell’anello o quella cartolina, quel racconto di qualcosa che non esiste più, i suoi protagonisti continuano a vivere nel nostro stesso tempo, in questo mondo, la loro storia non può essere oggetto di un’esposizione in un museo tradizionale, in cui il rimando ad un passato lontano, per molti aspetti imperscrutabile, è parte dell’idea generale che si ha comunemente di un museo. Qui l’ambizione è quella di far convivere oggetti o parole del passato con emozioni e sentimenti che sono gli stessi da sempre. Così in quel bicchiere, nella carta stropicciata di un regalo o addirittura nell’ascia usata per distruggere il soggiorno quando siamo stati abbandonati noi riconosciamo la dolcezza, la gioia, la rabbia, tutta la densità emotiva che fatichiamo ad archiviare quando le strade si divaricano e ci fanno avanzare in direzioni che in coppia non avevamo contemplato. E se in un oggetto posto in una teca sta il simbolo di spazi e tempi dell'amore che appartengono all’esperienza comune, il racconto di cosa è stato e non è continuato diventa la lettura offerta agli ospiti della sezione virtuale del Brokenships: sia nella sede fisica che in rete è possibile leggere centinaia di testimonianze provenienti da ogni parte d’Europa sul fatto che l’amore ideale viva di amanti concreti, di sogni trasformati in progetti, di storie con un loro inizio e una loro fine, di speranze che accompagnano un altro inizio.
Un museo in continuo aggiornamento dove conosciamo sconosciuti e riconosciamo il conosciuto, il nostro sentimento esperito dagli altri e dove poter avere conferma attraverso i loro gesti, le parole e le cose che dell’amore molto parliamo, poco sappiamo, e che forse ciò che cerchiamo è la testimonianza di qualcuno che ci ricordi che l’amore c’è, l’abbiamo vissuto, è stato, per un giorno o anni, autenticamente nostro.