Si fa presto a dire prevenzione
Sul lavoro, la sicurezza è la madre di tutti I diritti, ma non di tutte le lotte.
L’associazione Ruggero Toffolutti è nata nel 1998 a Piombino, sulla spinta dei familiari del ragazzo che le dà il nome. Stritolato da un ingranaggio, dal profitto e dall’indifferenza alla Magona. Da allora è attiva ininterrottamente muovendosi in regioni diverse, con lo scopo della sensibilizzazione “con ogni strumento non violento”, dice lo Statuto.
Non abbiamo verità in tasca ma una buona esperienza.
E’ importante la cultura della sicurezza, educando anche a comportamenti personali adeguati sin dai banchi di scuola: e noi su questo lavoriamo molto con strumenti diversi, teatro, fotografia, sport, mostre, assemblee nelle scuole e nelle fabbriche, iniziative pubbliche.
Ma quella mancanza di cultura è sempre più spesso trasformata in un alibi istituzionale, politico, sindacale, imprenditoriale per colpevolizzare le vittime e nascondere le responsabilità della logica del risparmio e del profitto. E quando incontriamo i ragazzi, i lavoratori, i cittadini seminiamo anche questo, insieme alla necessità di organizzarsi e fare squadra. Di prendere coscienza e reagire.
Nel nostro vocabolario, prevenzione è la parola chiave. La prevenzione però è fatta di tanti segmenti. Tra questi, formazione e informazione non formali, certificazioni attendibili alla prova dei fatti. E potenziamento dei controlli, assolutamente insufficienti.. Un’ azienda rischia un controllo sulla sicurezza ogni 11-12 anni (fonte Inail) mentre si fanno strada i tentativi di privatizzarli , i controlli.
Prevenzione significa interventi sugli appalti al ribasso e subappalti a cascata che minano trasparenza e sicurezza. E invece rispuntano i sub sub appalti.
Significa la consapevolezza che l’evasione contributiva, fiscale, assicurativa così diffusa è direttamente proporzionale alla violazione delle norme sulla sicurezza.
Vuol dire impedire che i progetti di alternanza scuola lavoro diventino semplice sfruttamento e lottare contro la precarietà e la ricattabilità.
Vuol dire battersi per una contrattazione che parta da qui, dalla sicurezza, e per protezioni sociali adeguate. Non si può morire a 16 anni quando si dovrebbe stare a scuola. Non si può morire a 66 cadendo da un ponteggio. Non si può essere licenziati da un algoritmo mentre già siamo all’obitorio come è accaduto a un giovane rider fiorentino.
Prevenire vuol dire rifuggire da un copione post mortem stantio, che suona falso come il termine di morti inaccettabili. Se lo fossero, ce ne sarebbero meno. Significa diffidare da chi dice Obiettivo infortuni zero mentre firma accordi o interventi legislativi che vanno in senso opposto. Oppure legare l’assenza, formale, di infortuni all’erogazione di premi: così si incentiva l’omissione.
Non si previene barattando sicurezza, salute e ambiente con un’occupazione purchessia. E’ uno scambio perdente anche per l’occupazione.
Che le cause siano strutturali è chiaro, come è chiaro che non si può prevenire senza punire. Qui invece parliamo di pene esigue e inapplicate che finiscono per essere il peggior nemico della prevenzione stessa, penalizzata dalla certezza di farla franca. prima con i controlli, poi nelle aule di tribunale.
Siamo favorevoli all’introduzione del reato di omicidio sul lavoro. Non per manie di vendetta. A parte la definizione più realistica che incrina parole abusate come fatalità, riteniamo che si colmino lacune nella definizione di reato e di identificazione delle responsabilità . Si dà meno spazio alle interpretazioni e si specifica tra l’altro la tutela giuridica delle figure impegnate nella denuncia delle situazioni di rischio. Si distinguono i lavoratori dai responsabili dell’organizzazione /prevenzione rischi in quanto questi ultimi hanno facoltà di spesa e sarebbero i primi ad essere chiamati in causa. Per noi la proposta chiarisce e rafforza gli strumenti a disposizione di una giustizia che sia meno offensiva per chi piange davvero questi morti. Morti, loro sì, che sono l’ultima ruota del carro.
Ci dicono che gli strumenti ci sono già. Si vede….. Sono rari i Pm che infliggono il massimo della pena, comunque risibile, davanti a responsabilità accertate. Non sono rari invece i casi in cui questi strumenti hanno presentato delle falle. Ed è rarissimo il carcere per i condannati.
Poi ci sono le indagini, che per essere efficaci hanno bisogno di operatori formati, specializzati. Da qui la richiesta di una procura nazionale o comunque di gruppi di esperti nelle procure. Dall’accuratezza del loro lavoro dipende molto dell’accertamento della verità e della velocità dei processi. L’ inadeguatezza attuale, infine, ha permesso che incidenti gravi e con responsabilità chiare non fossero sanzionati grazie alle tante proroghe processuali per cavilli fino alla prescrizione.
Prevenzione quindi prima di tutto, sapendo che dipende dalla somma di tanti elementi da trasformare in terreno di autocoscienza e impegno collettivo.
Noi continuiamo a seminare.