Mare nostrum, mare vostrum

di Monica Pierulivo

Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e essere nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo (Aldo Moro)

Lo spirito dei navigatori dell’antichità rappresentato dall’imbarcazione a vela, le sirene che con il loro canto ammaliatore ci riportano alla mitologia e alla figura di Odisseo, simbolo dell’umanità, viaggiatore del Mediterraneo che voleva spingersi oltre le colonne d’Ercole, mosso dalla sete di conoscenza. Sulla vela il logo delle Olimpiadi, anche qui con un richiamo alle origini dei giochi e una connessione tra antico e moderno, insieme a fichi d’india e frutti tipici delle mediterraneità. Infine sullo sfondo un omaggio a Piombino, con il suo faro sullo sperone proteso sul mare dove un tempo sorgeva la Rocchetta, che potrebbe rappresentare qualsiasi altro luogo sul mare.
Non è facile racchiudere il Mediterraneo in una immagine, sintetizzando tutte le sue possibilità di lettura, si tratta di scegliere una o più chiavi che consentano di tenere insieme la molteplicità dei significati di quest’area. La multidimensionalità degli approcci e degli sguardi che vi si possono gettare è una grande ricchezza.  E infatti una delle eredità più antiche di questo territorio è quella di rappresentare uno spazio d’interconnessione e di meticciato.
Il Mediterraneo, in un articolo di Predrag Matvejevich di circa quindici anni fa, è sempre più frontiera che si estende da Levante a Ponente per separare l’Europa dall’Africa e dall’Asia minore. “…si presenta oggi come uno stato di cose che non riesce a diventare un progetto…Tutto è stato detto su questo “mare primario” diventato uno stretto di mare, sulla sua unità e sulla sua divisione, la sua omogeneità e la sua disparità: da tempo sappiamo che non è né una realtà a sé stante e neppure una costante, l’insieme mediterraneo è composto da molti sottoinsiemi che sfidano o rifiutano le idee unificatrici…”
Concetto condiviso anche dallo storico David Abulafia nell’intervista di apertura di questo numero, quando afferma che non si può parlare di un’identità mediterranea per la grandissima varietà di culture, incroci, scambi, scontri, stili di vita, società difficilmente contenibili in un’unica entità integrata.
Il più circoscritto specchio di acqua salata del mondo, non lacustre, tende a sfuggire persino a ogni classificazione geografica o storica o geopolitica. Luogo dei discorsi contrastanti tra mari e terre, tra coste e montagne, trova in questo pluralismo il motivo principale per essere indagato. «Uno spazio mutevole e contraddittorio, solcato da rotte e destini diversi e comuni. Condivisi e dissonanti» (Feniello e Vanoli citati nell’articolo di S. D’Atri).
Un mare attraversato dalla storia e percorso anche da chi cerca di comprendere e dare un significato ai luoghi che vi si affacciano, ai mestieri del mare, al modo di utilizzare le imbarcazioni e a come questo rifletta una visione del mondo (G.Morandini). 
Ed è proprio in questi termini che è possibile ripensare all’oggi e al futuro e parlare di un’identità mediterranea complessa che da un approccio retrospettivo passi a un nuovo equilibrio. I processi di cooperazione e integrazione passano attraverso la modificazione delle immagini e delle rappresentazioni negative dell’altro. É necessario cambiare gli stereotipi e perché questo avvenga c’è bisogno di condizioni diverse, che favoriscano il dialogo interculturale, c’è bisogno di creare un progetto euro-mediterraneo dal punto di vista economico e politico.
Come evidenzia Marco Moroni, nel suo articolo ”Mari mediterranei”, se si allarga lo sguardo all’intero mare Mediterraneo, si comprende che nel nuovo scenario internazionale l’Italia deve tornare ad essere davvero un Paese mediterraneo; deve farlo per motivi sia politici e culturali, sia economici, visto che nel mare nostrum continua a passare circa un terzo dei commerci mondiali. Un processo che può diventare rischioso se l’Italia non sarà in grado di coglierne l’opportunità.
A livello europeo il Mediterraneo è da sempre considerato come il naturale sbocco a sud dell’Europa, che è al centro (Gabriele Proglio); una visione da superare, cambiando prospettiva, e pensando anche a un “Mediterraneo nero”, non solo bianco, dando spazio a numerose altre storie dei soggetti esclusi da questa modalità di fare storia, con l’intento di costruire una diversa narrazione dei fenomeni migratori attuali.