Non è solo il Museo “del Calcio” 

di Marco Bracci 

 
Correva l’anno 1990, lo stesso dei Mondiali di Calcio ospitati dall’Italia; il dott. Fino Fini, medico della Nazionale Italiana di calcio dal 1962 al 1982, ebbe l’idea di realizzare il Museo del Calcio accanto alla storica sede del Centro Tecnico Federale di Coverciano.
Lo spazio espositivo, inaugurato dieci anni dopo (era il 2000), non solo si proponeva di raccontare la storia della FIGC e della Nazionale Italiana, ma anche di far comprendere quanto  “il calcio e lo sport recitino un ruolo chiave nello sviluppo della società e del singolo individuo: il calcio, grazie al suo linguaggio universale, è veicolo di valori fondamentali quali solidarietà, sacrificio, altruismo, generosità e giustizia, ed è uno strumento chiave di integrazione e superamento di qualsiasi barriera, sia essa linguistica o culturale”. ( La storia del Museo del Calcio)
 
Ho avuto la fortuna di conoscere il dott. Fini che purtroppo ci ha lasciati nel 2020; lo incontravo ogni volta che portavo al Museo gli studenti universitari americani che a Firenze frequentano il mio corso sulla sociologia del calcio in Italia – Soccer and Italian Identity.  Ricordo con piacere quanto amasse intrattenere questi giovani con la sua consueta introduzione al Museo prima della visita. Ogni volta emergeva, chiara, la sua passione per questo sport, ma soprattutto la sua consapevolezza per il ruolo strategico che il calcio, storicamente, politicamente e culturalmente, ha sempre svolto nel nostro Paese.

Il Museo, oggi, a distanza di ventidue anni dalla sua fondazione e dopo aver intrapreso un percorso di rinnovamento, avvenuto durante la forzata e prolungata chiusura nella primavera del 2020 a causa della pandemia da Covid-19,  è in grado di offrire un viaggio nella storia italiana e internazionale, attraverso le vicissitudini sportive delle Nazionali di calcio del nostro Paese, a partire dal primo decennio del XX secolo sino al presente: non si tratta soltanto di un percorso educativo, ma anche esperienziale, tramite il quale il visitatore, che sia o meno interessato a questo sport, ha l’opportunità di cogliere gli stretti (e spesso apparentemente invisibili) legami tra calcio e politica – come nel caso dell’uso propagandistico e finalizzato alla costruzione e al mantenimento del consenso da parte del Regime Fascista tra il 1926 e il 1938; la relazione tra calcio e giornalismo – la Olivetti “Lettera 62” rossa di Gianni Brera come testimonianza più eclatante; le connessioni tra calcio, ricerca tecnologica e moda – queste ultime chiaramente visibili attraverso una rassegna di maglie originali da gioco appese in tutte le sale che compongono il Museo, attraverso le quali è possibile verificare come i completi indossati nel corso del 1900 e in questo scorcio di inizio Millennio abbiano subito delle modificazioni estetiche e “tecniche” impressionanti (di lana e molto pesanti all’inizio...in tessuto-non tessuto e leggerissimi adesso); discorso simile per i palloni da gioco che oggi garantiscono performance impensabili solo un paio di decenni orsono, e che si trovano esposti in una sala dedicata al piano terra.
Come non sottolineare l’importanza data all’ambito puramente sportivo e agonistico? Alle Coppe del Mondo vinte nel 1934, 1938, 1982 (Pertini e quel “non ci prendono più!” rivolto al mondo nella notte di Italia-Germania 3-1) e 2006, si aggiungono le due Coppe del Campionato Europeo che la Nazionale Maschile ha vinto nel 1968 e nel 2021 (Euro 2020): a ogni coppa è legata una storia, quella della fatica, del sacrificio, della volontà e della bellezza che questo sport porta con sé fin da quando, dopo essere stato “importato” nell’Italia del nord sul finire del XIX secolo, iniziò a farsi strada fino a diventare fatto sociale totale e simbolo della cultura popolare italiana (la “Partita del Secolo” Italia-Germania 4-3 del 1970 è sempre lì a ricordarcelo).

Adesso che il dott. Fino Fini non c’è più, a fare gli onori di casa pensa spesso l’attuale Presidente della Fondazione Museo del Calcio, Matteo Marani, giornalista sportivo con una predilezione per il racconto storico, che ha ereditato soprattutto l’onere di gestire e comunicare il Museo del Calcio oggi.

Personalmente trovo ogni visita sempre molto istruttiva e carica di pathos, di emozioni da scoprire, di racconti da imparare, di memorie da ricordare, non tanto per restare nostalgicamente ancorati al passato, quanto piuttosto per capire il presente di questo sport - ad esempio attraverso la storia e le vicende del calcio femminile sempre più attivo e rilevante da molteplici punti di vista - e soprattutto per proiettarsi nel futuro.

A coloro che obiettassero (sicuramente ve ne sono) di non essere interessati minimamente al calcio, risponderei: ma il Museo del Calcio non è solo il Museo “del Calcio”, e li inviterei a visitare prima il   Il sito web del Museo del Calcio e a varcare poi il cancello in viale Aldo Palazzeschi 20 a Coverciano – Firenze.