Un'esperienza educativa di ieri con contenuti attuali
di Adolfo Carrari
a Patrizia Rossi e a Claudio Gentili
Nell’ambito di un percorso di riflessione sulla figura di Don Milani, il 12 e il 14 aprile 2024 si è svolto a Piombino un seminario di studi dal titolo La scuola dell’andare verso.
Il presente articolo, concepito nell’ambito di questo seminario, riguarda un’esperienza degli anni Settanta, quella del Centro Proletario di Cultura a Piombino (CPdC).
Un’esperienza che ho ricostruito non soltanto sulla base della mia memoria e dei ricordi, ma soprattutto sulla base dei documenti fortunatamente conservati e di un periodico pubblicato dal Centro stesso in quegli anni.
Nell’ottobre del 1971 nel quartiere Salivoli aprì un doposcuola gestito da un gruppo di studenti universitari e da alcuni operai di formazione post-sessantottina, che avevano i propri riferimenti nelle esperienze della scuola di Barbiana di Don Milani e della comunità di Don Mazzi nel quartiere dell'Isolotto di Firenze.
Il locale era quello della ex Coop. "La Proletaria", di fronte alla spiaggia di Salivoli, ed era frequentato da 20 ragazzi delle scuole secondarie di primo grado.
Al tempo il quartiere era formato da un misto di villaggi: Lombriconi, via Salivoli, Diaccioni e intorno la campagna con vigne di ottimo bianco.
Politiche abitative
Piombino in quel periodo aveva inaugurato azioni innovative nel campo delle politiche abitative. Gli stabilimenti industriali godevano di buona salute e riuscivano a garantire l’occupazione di migliaia di lavoratori prevalentemente operai.
Per offrire loro condizioni di vita migliori in ambienti salubri, le amministrazioni di allora scelsero questo quartire sul mare, lontano dai fumi dei tradizionali quartieri industriali del Cotone e Poggetto, per offrire migliori condizioni abitative e un ambiente salubre e non inquinato ai lavoratori della grande fabbrica.
Il Quartiere: rischi di ghettizzazione
Si parlava di villaggi "modello" ma il centro città era piuttosto lontano e i ragazzi, allora numerosi, erano distanti dai cinema, dalla biblioteca, dai centri di aggregazione. La vita delle famiglie era scandita dai turni lavorativi, dal poco tempo per dedicarsi ai figli. Il doposcuola quindi era utilissimo alle famiglie, sostituiva le ripetizioni private che molte famiglie non potevano permettersi.
Le attività del doposcuola
Il pomeriggio era così articolato:
1) Svolgimento die i compiti pomeridiani
2) Recupero delle lacune e dei ritardi in alcune materie
Lo scopo degli organizzatori era anche quello di promuovere partecipazione e iniziative di approfondimento alla vita sociale e del quartiere; si proponevano quindi discussioni assembleari, si ascoltavano e si affrontavano problemi, suscitati dai ragazzi stessi su tutte le problematiche che riguardavano la loro vita in ambiti sociali diversi.
Benchè la maggioranza degli organizzatori fosse politicizzata ed orientata, non c'era indottrinamento, bensì ricerca di dati, strumenti concreti per risolvere i problemi ed affrontarli, con riferimento ai metodi appunto di Don Milani.
Ogni 15 giorni si organizzavano assemblee con i genitori, dove si analizzava l'andamento scolastico dei figli, e si promuoveva la partecipazione degli stessi alla vita della scuola. Non eravamo i soli a farlo...
L'obiettivo: suscitare la partecipazione qualificata
Insieme al doposcuola, si era da poco costituito il Consiglio di quartiere e si spingeva affinchè le famiglie potessero partecipare realmente alla vita sociale e della scuola. Poi nel 1974 furono istituiti gli organi collegiali.
Il doposcuola chiudeva quell'anno, con risultati scolastici positivi; i ragazzi furono tutti promossi e si aprirono nuovi scenari. Il coinvolgimento delle famiglie e il rapporto umano che si era creato con molti di loro spinse a progettare un luogo più ampio di partecipazione e proposta sulle tematiche cittadine e di quartiere; nacque così il Centro Proletario di Cultura, nell'accezione più ampia di strumento che si affiancasse ai luoghi del lavoro, al sindacato, alla scuola, agli organi collegiali, ai partiti, per preparare l’entrata nel mondo del lavoro. L'obiettivo di prevenire la dispersione scolastica, si univa a quello più generale di prevenire l'emarginazione e la ghettizzazione culturale.
Il Centro Proletario di Cultura
All'inizio del nuovo anno scolastico fu necessario affittare un locale più ampio e più centrale nel quartiere, con una grande insegna che lo identificava.
Fu svolta un'indagine sui problemi principali del quartiere: casa, scuola, sanità, trasporti. Si costituì una biblioteca di quartiere con l'apporto di tutti e a disposizione di tutti.
Il Centro iniziò a pubblicare un suo bollettino d'informazione diffuso capillarmente casa per casa dal titolo il "Quartiere operaio".
Quell‘anno il doposcuola ebbe un boom d'iscrizioni, un centinaio circa, con quaranta presenze fisse. Fu un impegno che allargò anche il gruppo dei docenti volontari e creò non pochi problemi organizzativi.
Bilancio dell'attività del CPdC
Il bilancio dell’attività fu molto positivo. Oltre all’elevato numero di iscritti, furono coinvolti più di 20 "insegnanti“ che si alternavano con una frequenza di 5/6 al giorno.
Il doposcuola funzionava ogni mese dell'anno, e ogni giorno del mese con questo orario: la mattina ad eccezione del lunedì, dalle 9.00 alle 11.30, il pomeriggio, eccetto il sabato dalle 15.00 alle 17.30: La "quota d'iscrizione" era di 2000 lire e serviva per pagare l'affitto di 60.000 lire mensili e le altre spese di funzionamento del Centro.
Si tenga presente che c'era un tesseramento del Centro e periodicamente il bollettino pubblicava il bilancio delle entrate e delle uscite.
Le attività del Centro
Le attività si ampliarono nell'arco dei due anni successivi, divenendo veri motori di iniziative che si intrecciavano con altri eventi sul territorio legati alle lotte sociali, alle grandi battaglie civili per i diritti, tra le quali le sfide referendarie sul divorzio e sull'aborto.
In questo contesto, il Centro svolgeva il proprio ruolo culturale, promuovendo incontri ed iniziative. Persone di grande spessore incontrarono i ragazzi e le loro famiglie. Ne cito due per tutti: il 15 aprile del '75 il senatore e partigiano Enzo Enriques Agnoletti e nell'ottobre del '76, una delle donne che hanno contribuito a scrivere la Costituzione italiana, Teresa Mattei, che in seguito, in altri suoi interventi pubblici, avrebbe ricordato gli organizzatori del Centro con l’appellativo "i ragazzi di Salivoli".
Un'esperienza ancora attuale
La missione e il messaggio del Centro Proletario di Cultura credo che siano anocra attuali, per certi aspetti.
Quando il CPdC terminò le proprie attività nel '77, i ragazzi che vi avevano studiato e che vi erano cresciuti, i genitori che lo avevano frequentato, gli stessi giovani che lo avevano promosso, parteciparono con convinzione alla vita politica e sociale. Portando nelle diverse sedi ciò che di buono il Centro era riuscito a trasmettere loro. "La libertà, non è stare sopra un albero, ma è partecipazione" cantava al tempo Giorgio Gaber.
Negli anni seguenti in Val di Cornia e a Piombino, con l'aiuto degli enti locali e dell'ASL, con il distretto scolastico e con tutte le scuole di ciascun ordine e grado, sono state progettate attività (progetti integrati di area, finanziati dalla Regione), e politiche educative che hanno raggiunto buoni risultati nel prevenire il disagio e la dispersione, fenomeni che purtroppo non sono ancora debellati ma che anzi ancora oggi rappresentano delle grandi criticità.
Credo pertanto che il pensiero di Don Milani possa essere ancora attuale, a favore di un insegnamento improntato alla formazione di cittadini consapevoli e dotati di un forte e reale spirito critico.