Animali

di Monica Pierulivo

Da sempre gli animali occupano il centro dell'universo insieme all'uomo: nell'antichità venivano utilizzati per popolare lo zodiaco, così come nelle statuette degli antichi Egizi, nelle pitture rupestri preistoriche fino ai capolavori del Rinascimento, hanno avuto sempre un ruolo di rilievo. Li guardiamo da sempre, perché sono esseri senzienti e mortali come noi, eppure radicalmente diversi: osservandoli abbiamo imparato a definire che cosa è umano, e il loro sguardo ci è ancora indispensabile (John Berger, 2016).
 
Oggi gli animali abitano le case di milioni di persone, le loro fotografie invadono il web e le pagine dei giornali, sono dappertutto, eppure stanno scomparendo, perché è sempre più rara la possibilità di un incontro, sostituita dallo spettacolo di documentari, cartoni animati e giochi per bambini.
Stanno perdendo il ruolo di messaggeri di un "oltre" segreto, dell'abisso che si trova al di là del linguaggio e parla della nostra origine, della nostra solitudine come specie.
 
Benché insignificante, in termini di rappresentanza, l'uomo è senza dubbio un abile sfruttatore di risorse: la sua presenza ha modificato radicalmente gli equilibri tra specie viventi. Un esempio: soltanto il 30% degli uccelli del pianeta è costituito da specie selvatiche, il restante 70% è pollame da allevamento.
Tra i mammiferi, le proporzioni fanno ancora più impressione: il 60% sono animali da allevamento (bovini e suini), il 36% sono umani e il 4% appena mammiferi selvatici.
Da quando abbiamo iniziato a colonizzare il pianeta, è nata questa invisibile linea di demarcazione: da una parte l’essere umano, dall’altra il resto delle creature viventi, sulle quali l’uomo esercita il suo potere. I nostri antenati furono quelli che cominciarono a instaurare con gli animali un rapporto diverso da quello preda-predatore, ma basato comunque sull’utilità.
Oggi possiamo dire che la diffusione dell'agricoltura e delle attività industriali ha lasciato sul pianeta soltanto un sesto dei mammiferi selvaggi originari, cancellato l'80% dei mammiferi marini e il 15% della biomassa ittica. D’altro canto, nonostante l'ingombrante influenza, in termini di massa totale l'Homo sapiens impallidisce in confronto ai "coinquilini" terrestri: i virus (e i vermi) sono 3 volte più abbondanti di noi, i pesci 12 volte più presenti, insetti e crostacei 17 volte, i funghi 200 volte, i batteri 1.200 e le piante 7.500 volte.
 
Forse dovremmo provare a ribaltare o comunque e vedere da un punto diverso questa relazione, a pensare che la nostra specie non debba essere necessariamente superiore alle altre, che sia necessario perseguire una società più ecocentrica, e non solo antropocentrica, basata su principi di equità, giustizia e solidarietà nei riguardi delle altre specie. Un concetto che ha un valore più ampio perché significa mettere in discussione il rapporto predatorio tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda, includendo esseri viventi e non. L’antispecismo, ad esempio, è la convinzione che non esista una specie superiore alle altre, che possa arrogarsi il diritto di trattare tutti gli animali come oggetti da sfruttare, imprigionare e uccidere. Proprio a causa di questo atteggiamento, infatti, distruggiamo habitat martini e terrestri, danneggiamo la biodiversità, provochiamo cambiamenti climatici irreversibili con conseguenti rovina dei sistemi umani, ambientali ed ecologici. 
In questo numero, denso di interventi che affrontano la questione dal punto di vista giuridico, scientifico e umanistico, proviamo a fornire una visione diversa del rapporto tra uomini e specie animale, consapevoli che anche questo rappresenti un tassello essenziale per ritrovare un equilibrio tra noi e la natura, un equilibrio al quale possiamo contribuire tutti.