I confini (mobili) della giovinezza e della vecchiaia

di Marco Giovagnoli

 
Nel giugno del 2022 la Fondazione Unipolis e Demos&Pi pubblicano il XVI Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa. Tra le articolate analisi dell’indagine diretta da Ilvo Diamanti spicca una sezione intitolata Giovani e (in)giustizia sociale in Europa dove il campione in cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Polonia) si esprime su due questioni, ossia ‘fino a quando si è giovani’ e ‘quando inizia la vecchiaia’. La media delle risposte nei cinque Paesi è quella sotto riportata:

Si tratta di dati molto in linea ad esempio con un Paese a noi molto vicino come la Francia. Com’è comprensibile, i due confini variano col variare dell’età degli intervistati: più si avanza con l’età più questi vengono portati avanti. Nel mezzo, una terra di nessuno che è l’età adulta.
Ciò che colpisce è la peculiarità – rispetto alla media e rispetto agli altri Paesi – delle risposte degli Italiani. Il confine oltre il quale si entra nel territorio adulto è straordinariamente lontano nell’immaginario collettivo e quello in cui si alza la sbarra della vecchiaia è ancor più spostato nello spazio e nel tempo: 51 e 74 anni rispettivamente.

I ventinovenni si immaginano adulti 13 anni dopo e vecchi dopo 40 anni; i quarantaquattrenni si sentono ancora giovani e così gran parte di quelli tra 45 e 54 anni. Ma i cinquantacinquenni rispondono che si considerano ancora giovani e la vecchiaia è un qualcosa di cui occuparsene non prima di oltre 20 anni; gli ultrasessantacinquenni immaginano una vita da adulti di solo 20 anni, tra l’essere ancora giovani a 58 anni ed entrare nel sudario della vecchiaia verso i 78 (per inciso, l’ISTAT ci dice che nel 2022 la speranza di vita alla nascita per gli uomini è di circa 80 anni, lasciando alla vecchiaia dei maschi italiani ben poco spazio).
 
In un recentissimo lavoro Marco Aime e Davide Papotti, ragionando sui mutamenti del rapporto tra generazioni nella contemporaneità (proprio nel capitolo Confini generazionali), sostengono che “effetto di questi cambiamenti è, se non la scomparsa, il forte indebolimento della funzione dei riti di passaggio, quella di segnare un confine, renderlo percepibile, se non visibile. Oggi, invece, è questo spazio liminale, in cui si attraversa la linea segnata, a risultare meno marcato”.

La straordinaria espansione dei confini di uscita (dalla giovinezza) e di entrata (nell’età anziana) che gli Italiani hanno operato (i trentenni britannici pensano di non essere più giovani da almeno 2 anni!) ha certamente una pluralità di possibili interpretazioni, una delle quali ci viene offerta da Benjamin Barber con il suo concetto di adultescenti. “I figli americani del baby boom vogliono comportarsi da giovani e sentirsi tali anche quando giovani non sono più”. “Oltre alla cultura pop” dice Barber (quella per intenderci di cui gli adultescenti si nutrono, dai videogiochi al cinema fantasy, dal Botox al Viagra) “domina l’ethos infantilistico: giudizi dogmatici per cui le cose o sono bianche o sono nere in materia di politica e religione si sostituiscono alle complessità e alle sfumature della moralità adulta, mentre gli adulti si portano addosso i segni di un infantilismo senza limiti abbandonandosi alla puerilità senza piacere e all’indolenza senza innocenza”.

Ora, non sappiamo se questa interpretazione sia bastevole per spiegare lo spostamento del confine della gioventù verso i 58 anni di età (Barber ne indica il ‘Grande Manovratore’, il capitalismo consumistico, che peraltro specularmente ‘adultizza’ a fini di consumo i più giovani sempre più in tenera età, e che conduce l’individuo turboconsumatore verso una “felicità ferita”, come suggerisce Serge Latouche in un lavoro sulla scomparsa dei limiti) e non sapremmo neanche porre nella giusta prospettiva la ‘anomalia’ italiana, se coerente con l’habitus sudeuropeo, con il dominio della subcultura narcisistica di stampo televisivo, con la sindrome da parvenu nell’ostentare una joy de vivre figlia della (tardivamente) raggiunta opulenza.
Ma un’altra ipotesi è che su quel confine oggi così labile tra età anagrafica e età sociale si giochi anche un’altra guerra di sfondamento, di occupazione, dove alla apparente bella notizia di una attenuazione delle barriere generazionali (il manager che si veste più o meno come suo figlio, come racconta Barber) se ne annuncia una più ambivalente, per cui gli adulti sedicenti giovani vanno ad occupare gli spazi dei giovani realmente tali, quegli spazi dell’immaginario rimasti residualmente liberi dopo l’occupazione degli spazi della politica (la gerontocrazia), dell’economia (la disoccupazione, la sottoccupazione, il precariato, l’immiserimento salariale cui sono stati confinati i giovani), dell’impegno sociale (la criminalizzazione del dissenso giovanile, oggi come mai attuale nel nostro Paese).

Quel confine stabilito tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, la “frattura tra la generazione giovane e quella dei genitori” di cui parlano Aime e Papotti, con la relativa nascita di un ‘confine netto’ tra una gioventù non solo come categoria in sé ma anche nel suo volto di ‘opposizione’ rispetto agli adulti, vanno radicalmente modificandosi: quelle pietre di confine vengono divelte e portate sempre più avanti dagli irredentisti neo-giovani i quali, brandendo aperitivi, smartphone e sneaker colonizzano sempre più l’ecosistema giovanile, specie aliene rispetto alle quali gli abitanti autoctoni si ritirano sempre più o soccombono.
Il confine diventa frontiera, spazio di conquista soggetto a continui stop-and-go dove spesso la resistenza alla colonizzazione dell’immaginario assume risvolti drammatici, come nel caso degli Hikikomori o della depressione. Siamo nel Nord del mondo, ovviamente, e siamo nell’ambito di ipotesi puramente speculative. Ma l’armata degli adultescenti rischia di far pagare alle nuove generazioni e al Pianeta un conto salatissimo.

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Abbiamo citato:
Aime M. e Papotti D., Confini. Realtà e invenzioni, Edizioni Gruppo Abele, To 2023
Barber B., Consumati. Da cittadini a clienti, Einaudi, To 2010 (ed. or. 2007)
Fondazione Unipolis, Demos&Pi, La gioventù: una generazione (in)definita, XIV ed. giugno 2022
Latouche S., Limite, Bollati Boringhieri, To 2012