Binocoli e lenti di ingrandimento
L'esperienza social-glocal
di "Sei piombinese se..."
di Patrizia Lessi
Si deve a Ronald Robertson e Zygmunt Bauman la traduzione e popolarità di un termine divenuto negli anni di uso comune nel mondo occidentale a fronte dell’origine giapponese e al modo in cui questa lingua definì negli anni ’80 il complesso rapporto andatosi a creare fra globalizzazione e realtà locali. Col termine Dochakuka il Giappone evocava la natura ibrida del mondo globale in cui a distanza di quarant’anni adesso viviamo pienamente. L’apertura di Tokyo a cultura, estetica e mercato oltreconfine non aveva determinato un amalgama informe in cui memoria e tradizioni nazionali avevano perso la loro identità, bensì una complicata dialettica fra vecchio e nuovo, vicino e lontano, conservazione e trasformazione che mostrava il fianco a molte contraddizioni, ma segnava un punto di non ritorno nel percorso economico, sociale e politico che ad est si stava facendo. Così, quando in tempi più recenti la sociologia ha introdotto il termine ombrello Glocalizzazione anche noi abbiamo avuto la fotografia del momento x rispetto al quale non si poteva più fare dietro front. La quotidianità della “realtà delle cose” si è estesa e frammentata nelle maglie virtuali della rete e in quell’idea di modernità liquida di cui tecnologia e globalizzazione spostano costantemente in avanti gli orizzonti. A dispetto delle analisi più infauste internet e mercato globale non hanno però diluito fino alla trasparenza la densità dei legami col territorio anzi, un effetto piuttosto inatteso è arrivato dalla variegata galassia dei social networks che se in parte hanno consentito il contatto con panorami geograficamente distanti, dall’altra hanno focalizzato in modo inedito gli angoli apparentemente più familiari di casa propria.
È questo, in un certo senso, il gioco del cannocchiale e della lente di ingrandimento cui non sfuggono le dinamiche contemporanee: una lente per vedere che aria tira in questa o quella parte del mondo, un’altra per ingrandire e godere dei particolari del microcosmo accanto al nostro. D’altronde non è il grande che oggi andiamo a cercare navigando in rete: il grande continente, la grande metropoli, il grande viaggio hanno una consolidata e ricchissima narrativa nell’immaginario che per oltre un secolo ha popolato pagine di libri e di giornali, schermi di cinema e tv, le voci della radio. Google search è invaso di approfondimenti del piccolo: singole parole, luoghi isolati e sperduti, tradizioni ristrette. La curiosità si nutre di dettagli. Una festa tradizionale in un villaggio nepalese piuttosto che un mercatino in Brasile, la casa di un amico d’infanzia che ora vive molto lontano e invia i colori di un altro cielo, un altro mare. Ma i dettagli sono anche quelli che rovesciano il portone del dirimpettaio in qualcosa di completamente diverso da sé. Lo spauracchio della frammentazione identitaria a cui Internet può esporre diviene allora l’avviso che ci ricorda che una rete non disperde, trattiene. Più questa si estende, tanto si fanno fitte le sue maglie.
A questo fa pensare ad esempio l’esperienza del gruppo Facebook Sei piombinese se...ormai a quasi diecimila membri che usano le lenti sopraccitate quotidianamente andando avanti e indietro, dentro e fuori scorci di strade, piazze e quartieri che trasformano continuamente in narrazioni sempre diverse. Non si tratta soltanto di amarcord per nostalgici o difesa delle bellezze nostrane. Gli utenti si danno il buongiorno, condividono, raccontano, mettono in giro ciò che le lenti inquadrano mentre passeggiano, vanno al lavoro, girano coi figli e non, come avviene più spesso nella realtà di Instagram, Tik Tok ed FB stessa, se stessi mentre fanno quell’esperienza così da rendere l’esploratore più rilevante dell’esplorazione. Così il gruppo si popola di angoli sconosciuti ad alcuni e familiari per altri, panchine, stradine isolate che in un altro scatto di cinquant’anni fa si popolano di profili, suoni e voci di altri piombinesi o altri viaggiatori. Piazza Bovio da tutte le angolazioni, nel sole, sotto la pioggia, dentro l’ovatta di una giornata uggiosa.
Mari lontani in cui cercare similitudini o lo stesso mare su cui ci si affaccia da decenni. Ma come può esserlo se diversi sono gli occhi che vi allargano lo sguardo?