Il gioco e la vita

di Monica Pierulivo

l gioco è una cosa seria, alla base di tante attività umane e animali, della vita stessa e della crescita. È un’attività che porta con sé uno spettro di situazioni che rinviano al pensiero, alla cognizione, all’affettività, all’emozione, al piacere, alla creatività e alla fantasia. Anche l’ironia e la caricatura, che appartengono a tutte le età e dunque esprimono il contesto culturale in cui si sviluppano, rappresentano elementi di simulazione insiti nelle attività ludiche.

Giocare è infatti l’arte più profonda della crescita, dell’apprendere l’ingresso nel mondo, la scoperta del proprio sé, dell’ambiente. Con la crescita il gioco si fa sempre più complesso, ma l’istinto è sempre quello. Serve ai bambini per imparare a entrare in relazione con gli altri e agli adulti per rimanere ancora un po’ bambini, per non perdere la capacità di stupirsi e di meravigliarsi. Riveste una funzione esperienziale fondamentale affinché possa sperimentare sé stesso nel mondo e il mondo stesso, anche attraverso una situazione immaginaria creata dal bambino stesso. 

La vita stessa è gioco: le Costituzioni degli Stati, i sistemi economici, il sistema di leggi e di regolamenti, possono rappresentare temporanee regole del gioco, volte a creare un ordine. Se si modificano le regole ne conseguirà una diversa valutazione dei valori in campo.

Lo storico olandese Johan Huizinga nel suo libro “Homo Ludens” del 1939 e pubblicato in Italia nel 1946,  descrive il gioco come fattore preculturale, in quanto praticato dagli animali senza che nessuno l’abbia loro insegnato. Analizzando la presenza delle attività ludiche nella molteplicità delle azioni umane, conclude che nella società contemporanea il gioco ha perso un po’ le sue caratteristiche quando viene adoperato per “provocare isteriche reazioni di massa” a scopo di profitto economico.

Il gioco è anche sport e competizione. Nella sua massima espressione, e cioè nei Giochi olimpici, il fattore economico sicuramente ha un ruolo molto importante, che convive e spesso crea contraddizione con il sistema dei valori che stanno alla base di questo emozionante evento globale.
Lo sport in generale può essere un’ispirazione per intellettuali, artisti e letterati. Ne sono testimonianza cinque delle  poesie più belle sul calcio di Umberto Saba edite nella raccolta Parole (1933 – 34), dalle quali emerge tutto l’amore per la squadra della sua città, pari all’affetto che prova per le strade di Trieste, per il suo freddo mare, per la grazia scontrosa e per i vicoli cittadini. 

C’è poi il grande valore sociale delle attività ludiche. I giochi da tavolo e di ruolo, molto diffusi tra giovani e adulti di ogni età, sono sicuramente un mezzo importante d’intrattenimento ma anche di  socializzazione. Possono diventare anche uno strumento terapeutico che, attraverso la costruzione di una relazione di fiducia, può aiutare tanti ragazzi che tendono a “ritirarsi” dalla vita sociale, i cosiddetti hikikomori, ad uscire di casa per giocare insieme ad altri e a volte interpretare un ruolo di finzione. 
Il gioco si compone inoltre anche di un grande valore culturale e antropologico, a partire dal Carnevale, la cui essenza è nell’effetto dato dal mascheramento e dall’ebbrezza prodotta dalle  forme iperboliche dei carri allegorici, dalla danza e dalla satira. E in questa dimensione culturale rientrano i giochi e i giocattoli delle tradizioni contadine, componenti che caratterizzano i luoghi e le culture a cui appartengono e in cui vengono praticati, differenziandosi di conseguenza nelle diverse classi sociali, per chi vive nelle città o nelle campagne o per chi conduce attività diverse.

A tutto questo si contrappone l’azzardo, impropriamente chiamato “gioco d’azzardo”, che  ha invece caratteristiche opposte: non si basa mai su capacità e abilità, ma unicamente sulla fortuna o, meglio sul caso, ed inoltre lo si pratica in solitudine e sviluppa dipendenza, la cosiddetta ludopatia e che ha anche un valore economico molto importante; basti pensare che nel 2022 il gioco d’azzardo ha rappresentato il 36,20% del gettito erariale dello Stato.  Il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo diventa perciò parte di un impegno più grande per costruire un nuovo progetto di società che rimetta al centro la persona, i suoi diritti, la sua dignità. 

Restituire dignità significa passare da una condizione di vittima a quella di giocatore libero, in cui la regola principale è di poter smettere quando si vuole. Perché la libertà di smettere è la sostanza di tutti i processi democratici che si verificano nel gioco sociale.