Scurati, RAI…e della necessità di resistere. 

di Marco Bracci

Stop della Rai al monologo sul 25 aprile, scontro tra Scurati e Meloni
L'opposizione: 'È censura'. L'azienda nega: 'Voleva troppi soldi'. Bortone legge il testo in trasmissione (ANSA).

Questa notizia riferisce di uno dei fatti più rilevanti accaduti nella seconda metà di questo mese di Aprile 2024, in questa Italia che si appresta a celebrare il 25 Aprile, che forse alcuni vorrebbero solo celebrare come festa di San Marco; ma dato che non tutti gli italiani sono veneziani è forse utile ricordare “il 25 Aprile” non soltanto come una data, ma come una data storica, un momento epocale, uno spartiacque per l’Italia, un nuovo avvio per il nostro Paese che nel 1945 poteva iniziare a guardare al futuro con occhi diversi, sicuramente non più con occhi “fascisti”. Sto semplificando troppo? Beh, forse è vero, ma i lettori di Nautilus mi perdoneranno se in questo caso mi permetto di farlo. Ciò che è avvenuto pochi giorni fa è rilevante per la nostra Repubblica che si basa (per fortuna, ancora) su principi democratici e antifascisti, sanciti dalla Costituzione Repubblica dopo un complesso processo di negoziazione tra le forze politiche che componevano l’Assemblea Costituente, forze politiche ideologicamente distanti l’una dall’altra o in forte contrapposizione l’una con l’altra; forze politiche che ebbero la saggezza di scrivere una Carta per garantire un futuro libero e democratico per i cittadini italiani, come ad esempio Antonio Scurati, che, rivolgendosi al Presidente del Consiglio in carica, ha pensato di poter esercitare il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero, così come sancito dall’Articolo 21 della nostra Costituzione antifascista:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

A proposito, non vorrei dimenticare che nello stesso articolo si legge:
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.


In questo mese di Aprile 2024, con un rigurgito di inverno dal punto di vista climatico, mi vengono i brividi e provo un freddo pungente e inaspettato; e purtroppo sento un ghiaccio intenso dentro di me mentre mi tocca assistere (ci tocca assistere) a scelte politico-ideologiche che la più grande e importante azienda culturale del Paese – la RAI – non dovrebbe prendere. Mi riferisco ovviamente al caso “Scurati-monologo sul 25 Aprile”. Ma commetteremmo un errore se personalizzassimo la vicenda in questione che non riguarda solo ed esclusivamente Scurati, Meloni e Bortone; e non riguarda neanche solo questa RAI così mal gestita e malandata; semplificheremmo il significato di ciò che è avvenuto ragionando solo in termini di opposizioni binarie: giusto vs sbagliato; libertà vs censura; antifascisti vs fascisti…anzi no, in questo ultimo caso invece avremmo tutto il diritto di pensare in termini dicotomici in quanto dovremmo (ri)affermare i tratti politico-culturali sui quali si è sviluppata la nostra identità nazionale a partire proprio dal 25 Aprile 1945, e poi attraverso il 2 giugno 1946, e poi in seguito con il 1 gennaio 1948; tratti che devono essere “ovviamente” anti-fascisti.

Eccomi nuovamente al tema “semplificazioni”; chi mi conosce sa che prediligo la complessità dell’analisi perché la realtà è complessa; e si direbbe che l’Italia, in questo preciso momento storico, sia ancora più complessa e ibrida di sempre, e a ben vedere da alcuni mesi a questa parte – precisamente dal 22 ottobre 2022 – sta diventando anche più difficile da comprendere. Ma in questa Italia così ingarbugliata, d’un tratto, alcuni giorni fa – per la precisione quando è scoppiato il caso “Scurati-RAI” – ho realmente compreso che tutto è molto semplice: si tratta di decidere da che parte stare; si tratta di resistere a una narrazione così snervante per me sul fatto che “non ha più senso dirsi fascisti o antifascisti...il passato è passato…ecc. ecc”; si tratta di ribellarsi a una condizione che altrimenti rischia di condurci verso uno stato anomico, verso una condizione confusionale dove i principi democratici rischiano di confondersi con altro che niente a che fare con la nostra Repubblica.
Allora, in una tale situazione, penso che sì, va bene anche semplificare, e dire che dirsi antifascisti è necessario, è giusto, e persino banale. Ecco, per una volta voglio essere intenzionalmente banale. Spero che molti altri italiani decidano di fare lo stesso.