Il valore della musica classica
di Alessandro Gagliardi
La musica classica è un genere superato? C'è chi sostiene che sia troppo “vecchio” per adeguarsi ai nostri ritmi frenetici. Gli appassionati invece sanno che la musica classica non morirà finché ci sarà chi continua ad ascoltarla e a coltivarla. Purtroppo l'ascolto di questo genere è sempre più in calo tra i giovani, che tendono ad ascoltare solo brani famosi e che hanno sentito da qualche parte, senza addentrarsi nel genere. Volendo entrare nello specifico, non esiste definizione pragmatica che possa racchiudere tutte le sfaccettature e le caratteristiche peculiari della musica classica. Il termine “classico”, attribuito dai posteri, indica che questo genere funge da modello per gli sviluppi musicali futuri. Storicamente con musica classica ci si riferisce alla musica “colta” (sacra e profana), appartenente alla cultura occidentale, che nasce e si sviluppa dall'XI fino al XX secolo. Io invece credo che nella definizione debbano essere inglobati anche i tempi moderni, visto che esistono musicisti viventi che si cimentano in questo genere, introducendo nuovi stili compositivi.
Perché dunque oggi si ascolta meno musica classica? Quali sono le motivazioni per cui i giovani non si sentono attratti da questa arte? Molte potrebbero essere le ragioni, ma, a mio avviso, la motivazione più rilevante si identifica con una loro mancanza di concentrazione. Un genere come il pop, infatti, offre brani orecchiabili, facilmente ascoltabili durante le attività quotidiane. Queste canzoni, a differenza di brani classici, non necessitano di molta attenzione, poiché il ritornello si insinua nella testa dell'ascoltatore, che lo canticchierà piacevolmente tutto il giorno. Un altro fattore non certo meno importante è rappresentato dall'influenza dei social, che hanno contribuito all'incremento del fenomeno del multitasking, rendendo difficile concentrarsi su una cosa per volta, apprezzandola appieno. La velocizzazione dei tempi di azione-ricezione comporta il bisogno di accorciare anche i tempi d'ascolto: la soglia d'attenzione cala e 3 minuti di musica sono il limite massimo tollerabile. Mentre in passato la musica era un momento di riflessione e condivisione, oggi deve conquistare subito l'attenzione dell'ascoltatore. Un terzo elemento non deve poi passare inosservato: attualmente la musica in voga vede sempre più protagonista solo il testo, considerato principale portatore di significato e di emozione. In questo modo la musica (melodie ed armonie) è spesso sottovalutata e relegata al semplice ruolo di asservimento alle parole. Infine, a differenza di alcuni brani di oggi dal ritmo sempre più martellante e monotono, la musica classica spazia notevolmente nelle dinamiche ritmiche di ciascun brano e non prevede la ripetizione costante di un "ritornello" che soddisfi le aspettative dell'ascoltatore, rendendo il brano meno orecchiabile.
Detto questo, voglio però affermare con energia che esistono moltissime ragioni per cui vale davvero la pena ascoltare e studiare la musica classica, non solo per apprezzarne i molteplici aspetti, ma perché questo genere, soprattutto per i bambini, porta numerosi benefici, come il temporaneo incremento dell'attività cognitiva (effetto Mozart), la regolarizzazione del battito cardiaco e la riduzione quotidiana di stress. La storia del rapporto tra musica e benessere inizia prima della nascita. In uno studio sullo sviluppo dell’udito nei nascituri, alcuni feti hanno ascoltato diversi tipi di musica, grazie a cuffie poste sul ventre materno; contemporaneamente venivano effettuate delle ecografie per intercettare l’espressione del bambino, come risposta allo specifico brano. La musica legata più spesso ad espressioni di piacere, rilassamento e sonno, è stata la musica classica, laddove gli altri generi causavano agitazione motoria, mutamenti di posizione o espressioni facciali di disgusto. Le esperienze musicali sembrano riuscire a modificare e cambiare, entro certi limiti, le connessioni cerebrali aiutando la memoria, le competenze simboliche, la coordinazione motoria e l’eliminazione dello stress.
Il sistema scolastico italiano prevede l’apprendimento della musica, riconoscendone l’importante valore formativo. In Italia uno strumento musicale lo si può studiare attraverso un approccio prima di natura propedeutica e poi sempre più approfonditamente. Negli anni, affiancando l’Educazione musicale nella scuola secondaria di I grado, sono nate le Scuole ad indirizzo musicale, i Licei coreutici e musicali. All’apice dell’apprendimento rimangono i Conservatori di musica, oggi istituti di alta cultura universitaria, con percorsi accademici di I e II Livello e, dall’A.A. 2024/2025, anche di Dottorato. Rimangono fondamentali, nel percorso di studio musicale, anche tutte le Scuole di musica private, comunali, civiche, con una utenza che comprende fasce d’età dall’infanzia alla maggiore età, il tutto in ambito sia professionale che amatoriale. Da docente di esperienza quarantennale mi preme infine sottolineare che se un brano di musica classica è un capolavoro, resta sempre vivo e attuale, in qualsiasi momento lo si esegua e lo si ascolti. Quello che va fatto con gli studenti è insegnare loro a capirlo. Un brano come la Sinfonia n. 2 di Sibelius racconta l’invasione russa della Finlandia, per questo la musica trasuda disperazione, per poi trasmettere volontà di riscatto. O ancora, I Pini della Via Appia di Ottorino Respighi descrive una legione romana marciare sotto il sole.
Agli esecutori dobbiamo chiedere loro di diventare essi stessi ciò che la musica racconta: il pubblico, attraverso di loro, deve percepire la fatica, il sudore, il peso delle armi. E i ragazzi sono davvero capaci di trasformare in musica una visualizzazione. La musica classica quindi non è mai lontana, semplicemente deve essere avvicinata nel modo giusto.