Digitale

di Filippo Bruni

Rivoluzione digitale, mondo digitale, strumenti digitali, competenze digitali, comunicazione digitale: sono solo alcuni esempi d’uso di un termine legato a fenomeni che hanno trasformato la vita di ciascuno di noi.
Digitale: dall’inglese, contare, ma anche dal latino, dito, usato con la stessa funzione.
Il cambiamento avvenuto, sicuramente epocale come ricorda Floridi, è appunto legato al numero e al codice binario. 
Immagini, testi, musica, video prima prodotti e fruiti tramite strumenti e supporti differenti sono stati tutti trasformati una serie di zero e di uno rendendo possibile la loro gestione in un unico oggetto, che poi sia computer, tablet o smartphone diventa secondario. 
Il modo di comunicare è cambiato: dalle mail si è passati alle chat, ai social network aggiungendo (o forse in alcuni casi sostituendo) alla rete delle relazioni fisiche la rete delle relazioni virtuali realizzando un intreccio dalle sfumature infinite.    

La diffusione a livello globale delle tecnologie digitali è stata prevalentemente accompagnata, negli anni Novanta del secolo scorso, da interpretazioni positive: il web, in una prospettiva neoilluminista, è stato visto da alcuni come una occasione di emancipazione: comunità virtuali, creazione e condivisione della conoscenza, possibilità di una comunicazione molti-molti, nuove forme di democrazia sono alcuni dei tratti che sorreggono tali interpretazioni.
Ma, a partire dal primo decennio del nuovo secolo - di fronte all’ulteriore diffusione delle tecnologie digitali, sempre più pervasive ed intrusive - sono state sottolineate, con insistenza sempre maggiore, una serie di criticità: la perdita di autenticità delle relazioni umane, minacciate da discutibili usi dei social e dalla robotica; forme di servitù e di auto sfruttamento; modalità di sorveglianza e di controllo sempre più pressanti legate a nuovi aspetti del capitalismo digitale.
L’espressione di capitalismo della sorveglianza è stata usata da Shoshana Zuboff proprio per indicare come le grandi e ben note aziende di fatto monopoliste del web si siano appropriate delle nostre vite e anche del mondo naturale e del paesaggio.
La creazione di Google Street View, come mostrato dalla Zuboff, è l’esempio paradigmatico del modo di procedere del capitalismo della sorveglianza.  L’obiettivo è quello della realizzazione di una mappa che va oltre un tradizionale approccio commerciale. Lo scopo finale è quello di guidare – o, meglio, determinare - le scelte di chi la usa: la mappa deve avere la capacità di influenzare i comportamenti reali delle persone nel momento stesso in cui avvengono negli spazi reali, anche privati, della vita quotidiana. 

Se è impensabile eliminare la dimensione del digitale, è però opportuno sfuggire a visioni ingenue.  In tal senso può essere utile la categoria del postdigitale. 
Il primo elemento del postdigitale è dato dal disincanto verso i sistemi di informazione ed oggetti digitali. Alcune forme di fascinazione generate dal digitale vanno comprese in termini storici. E quindi, secondo elemento, il postdigitale non implica l’abbandono o il rifiuto del digitale, o di suoi ulteriori sviluppi, ma il convincimento che il digitale non sia l’unica forma universale di elaborazione delle informazioni: ad esso vanno affiancate altre modalità.  La logica è quella dell’ibrido: si tratta di mettere insieme vecchio e nuovo, ragionando sugli opportuni equilibri, senza inseguire, da un lato, narrazioni che esaltano in maniera acritica l’innovazione digitale proponendone modalità interessate e ben poco trasparenti, e, dall’altro, evitando forme nostalgiche.  

L’esperienza, ormai comune, di chi guida un’auto seguendo le indicazioni su una mappa digitale, è quella della sovrapposizione di visioni/immagini complementari. Per utilizzare un termine dei programmi di grafica, sono layer che si completano. Più strati, più livelli tra di loro integrati forniscono, come sottolinenano Pier Cesare Rivotella e Pier Giuseppe Rossi, indicazioni funzionali alle nostre esigenze e alle nostre decisioni. E, ragionando in termini ancora più ampi, sul rapporto tra naturale e artificiale, pur comprendendo che la pandemia abbia generato forme di saturazione relativamente al digitale, rimane aperta la prospettiva di una ibridazione – consapevole e progettata – tra la nostra vita on line e l’ambiente in cui esistiamo. 

 

Nota bibliografica 

 

F. Bruni, Educare al paesaggio. Educare al postdigitale, Jesi (AN), edizionigei, 2020. 

L. Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, Cortina, 2017. 

P.C. Rivoltella e P.G. Rossi, Il corpo e la macchina. Tecnologia, cultura, educazione, Brescia, Morcelliana, 2019. 

S. Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Roma, Luiss University Press, 2019.