Dare spazio alla Pace

di Monica Pierulivo

Che cos’è veramente la Pace? Sicuramente non è un concetto astratto, anche se potrebbe sembrarlo, è piuttosto una dimensione diversa, che va costruita con cura ed impegno. Già all’inizio del ‘900 il movimento pacifista legato al socialismo era caratterizzato da una forte opposizione alla guerra, vista come male sociale causato dall'egoismo e dalla competizione tra le classi. La pace non era semplicemente l'assenza di guerra, ma un obiettivo da perseguire attraverso la giustizia sociale e la fratellanza tra i popoli, legata pertanto a un principio di internazionalismo.
Oggi sono 56 i conflitti armati sparsi per il pianeta, devastato dalla crisi ambientale, dove la distribuzione della ricchezza che si produce è inversamente proporzionale allo stato sociale delle persone: chi è più ricco continua ad esserlo e ad accrescere la propria ricchezza in maniera esponenziale mentre aumenta il gap con coloro che vengono trascinati, di conseguenza, nella voragine della nuova povertà globale e locale, che rappresentano la parte più ampia della popolazione.
La giustizia sociale, la rivendicazione del diritto ad una esistenza dignitosa, in cui non si debbano elemosinare le cure sanitarie, l’accesso ai beni comuni primari (come l’acqua, il cibo, la casa, tra i primi e più dirimenti) rappresenta la base su cui deve poggiare una moderna domanda di pace a tutto tondo. Dobbiamo cambiare punto di vista e cominciare a pensare alla pace come progetto di rinascita di una nuova umanità.
Contribuire alla causa della “Pace perpetua” per dirla con Kant, vuol dire oggi far fare un salto di qualità alla causa del lavoro e di tutti gli sfruttati.

Proprio da qui dobbiamo partire per costruire qualcosa di nuovo, una società aperta e inclusiva che non sopisca i conflitti, che possono avere una funzione positiva, ma che li affronti e li gestisca.
“Oggi le democrazie hanno davanti una grande sfida, quella di superare coloro che hanno interesse a creare conflitti di varia natura sotto forma di populismi, sovranismi, localismi, razzismi… Invece la conflittualità intesa come esercizio fisiologico della democrazia, sociologicamente riconosciuta come fondativa di legami e vincoli sociali, di reciprocità nell’accettazione delle differenze e delle rispettive specificità, sta nella capacità di gestire e governare la grammatica del conflitto, la possibilità di non cadere nella pratica della violenza, che non è intrinseca al conflitto ma semmai è la dimostrazione dell’incapacità di stare nel conflitto stesso” (S. Allievi, Diversità e convivenza, 2025).
Alla luce di queste considerazioni, è fondamentale che le istanze ideali espresse dai movimenti sociali, civili, ambientali, scolastici, giovanili, politici, culturali e morali confluiscano progressivamente in un percorso condiviso di dialogo e convergenza.
Solo così può essere costruita la Pace, lavorando per società più eque e più aperte, più libere e inclusive, che nascano dalle differenze e che considerino le diversità come valori positivi.
Un’utopia? Forse, ma “il Mediterraneo, che l’imperialismo europeo per lungo tempo ha diviso in colonizzati e colonizzatori, era stato molto tempo prima e per un tempo non breve, un’area politico-culturale unitaria. Può tornare ad esserlo se sapremo ripensare radicalmente la troppo angusta, arroccata e purtroppo incrinata “unione” europea (L. Canfora, Fermare l’odio, 2024).
“Give Peace a chance”, cantava John Lennon nel 1969, invocando in fondo un concetto semplice: dare spazio e possibilità alla Pace.