Un palcoscenico mediterraneo

Il porto di Livorno e la portualità toscana nel tempo

di Olimpia Vaccari


«..Si distinguono le città con porto dalle città-porto. Nelle prime i porti sono stati costruiti per necessità, nelle altre si sono creati secondo la natura dei luoghi; qui sono una mediazione o un completamento, là l’inizio o il centro. Ci sono porti che restano sempre soltanto approdi o ancoraggi, mentre altri divengono palcoscenici e infine mondi (...). Possiamo altresì distinguere i porti da altri elementi: se sono stati aperti dal corso di un fiume, se l’hanno scelto o imposto le spinte di terraferma o addirittura dall’entroterra o se infine è stato proprio voluto dal mare…» Così Prédrag Matvejevic, saggista croato, nel Breviario mediterraneo oltre a ricostruire gli infiniti significati storici della parola “Mediterraneo” descrive le numerose caratteristiche della città-porto mediterranea, definita dal rapporto con il luogo e dalle relazioni che instaura con l’orografia ed il paesaggio. Ne consegue che la scelta fondativa di un porto è legata a condizioni geografiche ottimali di approdo e che a loro volta inducono la fondazione di un insediamento urbano. 
Studi recenti sulla portualità toscana hanno mostrato che la matrice originaria dei porti della Toscana affonda le sue radici nel ruolo fondamentale esercitato all’interno del Mediterraneo antico dall’estrazione, produzione e commercializzazione  del ferro dell’Elba, uno dei poli principali e di lunghissima durata nel sistema di comunicazione e di circolazione delle risorse nella Toscana marittima.
In età romana, al crocevia formato dal promontorio di Populonia e di Piombino e dalla rete dell’arcipelago si affiancò lo sviluppo più a Sud del porto collegato all’antico sito di Cosa/Ansedonia. Più a Nord si consolidò un terzo polo, costituito dal sistema portuale pisano allo sbocco della valle del fiume Arno. All’estremo settentrionale di questa costellazione di approdi, sul confine ligure, si posero il porto e la città di Luni, in funzione del marmo apuano, mentre, in area versiliese, si individuavano scali minori connessi ad attività estrattive.
In questo quadro il Portus Pisanus costituì  il centro di un sistema articolato in una pluralità di scali ed approdi marittimi e fluviali, che vide il suo declino alla fine del VII secolo. Occorre attendere il XII secolo per ritrovare investimenti in infrastrutture portuali sulla costa toscana e in particolare nel nuovo polo portuale di Porto Pisano e del  vicino castello di Livorno. Una complessa trasformazione insediativa riguardò anche il promontorio di Populonia, da cui emerse il porto “nuovo” di Piombino, che ripristinava  l’antica simbiosi tra l’Elba e la terraferma. Ad uno scalo marittimo stabile e autonomo puntarono Lucca, con il porto versiliese di Motrone, e  Siena con Talamone.
Nei primi decenni del Quattrocento Firenze  conquistò lo stato pisano e il suo sistema portuale: al controllo di Porto Pisano si affiancò nel 1421 il possesso  di Livorno. Restarono esclusi dal controllo fiorentino, Motrone e Talamone, e – più significativamente – lo snodo piombinese ed elbano rimasti sotto la signoria dei d’Appiano.
Durante il Rinascimento, i porti della Toscana furono sottoposti ad una importante revisione urbanistico –architettonica del loro sistema difensivo marittimo  nel quadro di una costruzione di un asse economico lungo la valle dell’Arno da Firenze al mare.
Gli interventi furono volti a rafforzare il ruolo di Pisa come città emporio mentre una costellazione di porti furono potenziati con fortificazioni che rispondevano allo sviluppo delle nuove tecnologie militari.
Nel 1548, la costruzione di Cosmopolis (oggi Portoferraio), il primo avamposto sul mare, che si configurava come porto, città e fortezza atta a difendere le coste del nuovo Stato regionale  e lo specchio del Mar Tirreno dalle incursioni dei pirati musulmani.
Nel 1577 il porto livornese fu ridisegnato dal Buontalenti nella forma urbis della bastionatura pentagonale: il castello di Livorno venne inglobato e il porto divenne il fulcro del sistema dal quale si innestava il Canale dei Navicelli (1574), la via d’acqua che, configurandosi  come uno dei primi sistemi di intermodalità nel trasporto su acqua, effettuava l’interscambio commerciale toscano attraverso Pisa, la città-emporio.
Ma fu solo con la creazione del porto franco sostenuto da statuti di franchigia che consentì a Livorno, ad iniziare dal tardo Cinquecento, di giocare un ruolo essenziale nel commercio di deposito e di ridistribuzione internazionale come centro di smistamento del commercio tra il Mediterraneo orientale e le rotte verso i paesi dell’Europa del Nord.
Nel Seicento la crescita demografica ed economica di Livorno, lo sviluppo del porto dei grani e del porto di deposito, il ruolo delle galere stefaniane, la proclamazione del porto franco e il riconoscimento della sua neutralità divennero un motivo imprescindibile dell’azione politica e diplomatica del Granducato toscano sullo scenario italiano e internazionale. In questa prospettiva gli spazi portuali -moli, banchine, magazzini, lazzaretti, abitazioni per le comunità commerciali- rappresentarono un punto di osservazione privilegiato per indagare le modalità di intervento in relazione alla domanda di strutture marittime portuali e urbane.
Nel corso del Seicento e Settecento tutto ciò fu tradotto in un nuovo disegno urbano complessivo: il progetto di creare un quartiere per il porto di deposito livornese, denominato la Venezia. Si partì con  i lavori alle fortificazioni e la conversione dei vecchi fossati militari in comode vie d’acqua che si estendevano nell’area smilitarizzata della Fortezza Nuova. Le vie d’acqua servivano per trasportare le merci con i navicelli direttamente dalle navi ai magazzini, depositi a livello della strada e del fosso. La costruzione di questo quartiere sull’acqua, richiamava tuttavia alla memoria il disegno di Leonardo per una città ideale che sviluppava le sue funzioni attraverso  una viabilità articolata su più livelli.
La simbiosi tra porto e città terminò nell’Ottocento con la progressiva chiusura delle aree portuali con il porto franco e la creazione delle barriere doganali. Livorno dimenticò questi spazi sull’acqua che sottratti al suo dominio divennero luoghi autonomi, specializzandosi sempre più secondo una logica di mero potenziamento infrastrutturale. Le colmate a nord di Livorno ridisegnarono il limite costiero sostituendovi gli spazi delle nuove banchine che allontanarono così il porto dalla città.
La definitiva cesura dell’Età contemporanea e postunitaria condusse il porto livornese  e la Toscana costiera ad una nuova stagione in un complesso rapporto tra intervento statale, sistema creditizio ed imprenditoria nazionale e internazionale.
La nascita e lo sviluppo nella prima e seconda  Età moderna dei nuovi porti di Viareggio e di Carrara aprì a una nuova pagina del sistema portuale toscano, dove solo Piombino, fino alla crisi mineraria elbana e, successivamente, della siderurgia rappresenterà il secondo polo portuale della toscana, dopo Livorno.
Nel quadro dei processi di industrializzazione e trasformazione dell’economia italiana, gli sviluppi novecenteschi fino alle esperienze più recenti -collegate al trasporto marittimo dei container e agli itinerari delle grandi navi turistiche- Livorno rimane ancora una volta il principale porto toscano, inserito nel contesto delle relazioni mondiali.
 
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Bibliografia essenziale

-M. Bettini, Storia del porto di Livorno 1949-1994, Livorno 2004

-L.Frattarelli Fischer, L’Arcano del Mare, un porto nella prima età globale: Livorno, Pisa, Pacini 2018
- P. Matvejević, Mediteranski breviari, 1987; trad.it.  Breviario mediterraneo, 1988
- I sistemi portuali della Toscana mediterranea. Infrastrutture, scambi, economie dall’antichità a oggi, a cura di M.L. Ceccarelli Lemut - G. Garzella - O. Vaccari, Pisa, Pacini, 2011.
- Il porto di Piombino. Tra storia e sviluppo futuro, a cura di ML. Ceccarelli Lemut, G. Garzella, G. Petralia, O. Vaccari, Pisa 2015 (Collana Centro di Studi Storici Mediterranei “Marco Tangheroni”, 4)
- I porti della penisola italiana. Due mari a confronto fra storia e sviluppo futuro, Atti del Convegno di studi (Ancona, 8-9 aprile 2011) a cura di G. Garzella - R. Giulianelli - I. Simonella - O. Vaccari, Pisa 2011,  (Collana Centro di Studi Storici Mediterranei “Marco Tangheroni”, 1), pp.105-112
-Sordini B., 2000, Il porto della “vana gente”. Lo scalo di Talamone tra il secolo XIII e il secolo XV, Siena