Un mare di ospiti
Quando in classe al liceo comincio a “raccontare” il Mediterraneo e le prime civiltà nate nel Mare Nostrum il discorso cade subito sul loro senso dell’ospitalità, il tratto contraddistintivo di quella gente e di quei popoli vissuti così tanti secoli fa.
Prendiamo l’epica e il più antico dei due poemi omerici, l’Iliade. Diomede, grande eroe greco, si trova a combattere in singolar tenzone contro il giovane troiano Glauco. Seguendo un codice cavalleresco che farà scuola nelle età successive, Diomede chiede al nemico: chi sei? Chi vincerò? A quale stirpe appartiene colui che mi potrebbe dare la morte? Glauco menziona l’illustre avo, Bellerofonte, che si si scopre essere stato ospitato dal nonno di Diomede. Lo scontro muore sul nascere, i due eroi scendono da cavallo e si scambiano le armature: quella d’oro di Diomede, ben più preziosa, va a Glauco che dona, come ricordo dell’ospitalità ricevuta, la sua corazza di bronzo. Il vincolo ospitale è più importante dello scontro eroico e del valore squilibrato dello scambio. Gli “Xenia”, i doni ospitali, sono intoccabili perfino tra nemici, sacrilego non rispettare i codici di comportamento che impongono.
Qualche anno fa un linguista, Raffaele Simone, ha scritto un saggetto dal titolo perturbante. “L’ospite e il nemico” in cui ripercorre fin dall’antichità le tracce di milioni di persone che nei secoli si sono mosse dall’Asia e dall’Africa verso il continente europeo e il Mediterraneo alla ricerca della salvezza e di migliori condizioni di vita.
Ma qual è l’dentità di queste donne, uomini e bambini, che approdano ai nostri confini e sulle sponde del Mediterraneo? Sono nostri ospiti o nemici?
In latino per indicare l’ospite e il nemico si usava quasi la stessa parola: hospes (ospite ) e hostis (nemico) hanno la stessa radice perché sono entrambi stranieri, cioè estranei a chi li riceve, ma l’ospite ha gli stessi diritti del nativo, il nemico no. E a volte tra l’uno e l’altro c’è una sottile linea facilmente valicabile.
La povera Lucrezia, ci ricorda Tito Livio, si suicida perché il violento Tarquinio il Superbo, ospitato benevolmente dal marito della donna, la stupra diventando nemico (hostis pro hospite).
Ma l’ospitalità è sacra anche nella cultura cristiana, basta citare un passo del Vangelo, i Giusti alla fine dei tempi saranno giudicati anche per l’accoglienza del prossimo. “Ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito”, scrive Matteo.
Le due radici della civiltà europea e mediterranea, quella classica e quella giudaico cristiana, parlano a una sola voce, confermando che l’ospitalità e l’accoglienza sono sempre state state sacre e inviolabili nel mare nostrum.
Gli abitanti di Lampedusa sembrano ricordarsene.