Interconnessioni infrastrutturali nella Pisa dell’800 

di Cristiana Torti

 
In un paese come l’Italia, complessivamente non avanzato sul piano dell’industrializzazione e dei servizi, la Toscana dell’800 si connotava per vivacità economica e funzionalità di collegamenti. 

Già dall’età medicea una storia prestigiosa aveva piantato salde radici, e i governi successivi avevano sempre tenuto presente che trasporti fluidi ed efficienti erano base di commerci e produzioni; avevano sempre guardato verso il mare i Granduchi, con l’“invenzione” del porto di Livorno, perché il mare significava viaggi, rapporti commerciali, idee e scambi. E al mare bisognava arrivarci, ma la Toscana contava su varie vie d’acqua: l’Arno, prima di tutto, in gran parte navigabile e navigato, e già nel Settecento importante fattore di localizzazione di attività. Di commerci e trasporti beneficiava anche l’agricoltura, che in fiere e mercati trovava una via di sviluppo per superare contratti agrari arcaici. Accanto all’Arno, vie d’acqua costruite avevano il duplice scopo di fornire energia idraulica alle ruote dei mulini e di collegare territori al mare.
Esempio identificativo è il Canale dei Navicelli, già nel nome destinato al transito di barche commerciali. Progettato nel 1541, fu realizzato negli anni 1574-75 e aperto agli inizi del Seicento, partendo da Pisa giungeva a Livorno.
Fu realizzato e ristrutturato sostanzialmente sotto Pietro Leopoldo il cosiddetto Sostegno, imponente chiusa che consentiva il raccordo con l’Arno (su cui si tornerà), mentre sono state ripristinate solo nel 2019 le porte vinciane dell’Incile che, dopo 76 anni, hanno ricollegato l'Arno al canale.
L’attenzione ai collegamenti di terra e d’acqua è stata nei secoli un carattere fondante della Toscana, e ne ha contraddistinto lo sviluppo.
Alla metà dell’Ottocento, si verifica una svolta epocale: arriva il treno, e comincia da Pisa. Era il 17 marzo 1844 quando, con un viaggio di ventidue minuti tra scosse e vapore, e 4 carrozze di prima classe e una di seconda, con sopra le autorità pisane e livornesi, si inaugurò la Pisa-Livorno, una delle prime linee ferroviarie d’Italia. Erano passati solo 19 anni da quando Robert Stephenson aveva guidato la locomotiva Mylord sui binari della Stockton-Darlington, la prima strada ferrata europea. 
A Pisa venne anche costruita una stazione, la Leopolda, semplice e sobria, tetto a falde, due campate, archi aperti per far uscire il vapore. Personale in divisa, un orario, biglietti, classi e vagoni merci; sul tragitto molte stazioncine, da cui partivano passeggeri e merci, agricole e industriali: mobili da Cascina, cipolle da Navacchio, pelli da S. Croce. L’anno successivo si sarebbe raggiunta Pontedera, nel 1848 a Firenze; nel 1959 la rete ferroviaria toscana avrebbe toccato i 257 km (terzo posto in Italia).
Che la ferrovia fosse stata pensata con fini di scambi commerciali era dimostrato dai collegamenti con le più importanti fabbriche. Per esempio, dalla Stazioncina di Navacchio un binario portava alla adiacente Fabbrica tessile Remaggi, mentre a Pisa la vetreria Saint Gobain, sbarcata a Porta a Mare nel 1889 perché interessata alle sabbie silicee dell’Arno e agli agili collegamenti, costruì binari fino alla Stazione per spedire vagoni di lastre di vetro.
All’indomani dell’Unità la rete stradale superava i 12mila km, con un rapporto tra km e superficie più alto della media nazionale. Intanto si affacciava un altro mezzo, destinato a un grande successo: il tram.
A Pisa il trasporto pubblico interno alla città era gestito con carrozze a cavalli e omnibus; la città, però, era sfiorata da linee tramviarie suburbane.
La prima tramvia dell’area pisana fu la Pisa – Pontedera. Costruita in pochi anni dopo studi commissionati dalla Provincia, venne inaugurata il 18 settembre 1884. Il corridoio Pisa-Pontedera, parallelo all’asta dell’Arno, costituiva un’importante area commerciale e industriale.
E se l’Arno offriva le sue argille alle fornaci di laterizi, la presenza di infrastrutture e un attivo retroterra agricolo, avevano favorito la nascita di molte fabbriche tessili (la più antica quella dei Fratelli Manetti, 1824), sorrette anche da una mano d’opera part time a domicilio: molte donne provenienti da famiglie agricole partecipavano all’attività tessile lavorando negli spazi vuoti dei lavori agricoli.
La tramvia muoveva dalla nuova Stazione di Pisa, costruita nella attuale collocazione dopo che la originaria Leopolda era stata declassata e poi abbandonata negli anni ‘60 dell’Ottocento. Il capolinea era nella attuale via Cesare Battisti, in un’area immediatamente esterna alle mura. La linea procedeva a ridosso della cinta muraria, non distante dal deposito-officina. Imboccato il viale Bonaini, i tram lambivano la Leopolda per immettersi lungo la via Fiorentina, e  incontravano Oratoio, Riglione, Navacchio, San Benedetto e Fornacette, per arrivare a Pontedera, con circa 12 fermate. Lungo il tracciato c’erano alcune case cantoniere destinate al personale, mentre nella stazione di Pisa, oltre agli uffici, esistevano alloggi e dormitori per il personale, magazzini merci con piani caricatori coperti e scoperti, una gru idraulica, un rifornitore d’acqua da 30 mc e due piattaforme girevoli.
Nell’agosto 1887 prese il via anche la tratta Navacchio-Calci, che connetteva la Pisa-Pontedera con l’area pedemontana.  Sui monti pisani era consistente la presenza di opifici idraulici, mulini e frantoi le cui ruote idrauliche funzionavano grazie ai numerosi corsi d’acqua in loco. Il grano di Pisa si macinava a Calci, l’olio si frangeva a Buti, e gran parte del biscotto veniva inoltrato a Livorno per essere caricato sulle navi. Vari progetti di ferrovie a vapore avevano circolato negli anni ’60 dell’Ottocento, perché le strade per Calci risultavano strette e affollate, ed erano stati rallentati dalla necessità di costruire un adeguato ponte tra Zambra e Caprona.
All’inizio della stagione balneare del 1892, il 18 giugno, si inaugurò anche la tramvia Pisa-Marina di Pisa, pensata come prolungamento della Pisa-Pontedera-Calci (PPC). In quegli anni era cominciato il turismo balneare, e Marina di Pisa era sede di una importante attività industriale. Nata come produzione di barche a fine Ottocento, la Fabbrica di Boccadarno si stava riconvertendo alla produzione di idrovolanti. La sua collocazione in foce d’Arno facilitava il collaudo dei velivoli, che avrebbero avuto poi un importantissimo sviluppo negli anni dopo la prima guerra mondiale.  Fu costruito proprio a Marina il primo idrovolante di duralluminio, e proveniva dai cantieri di Marina l’idrovolante con cui l’esploratore svedese Amundsen tentò nel 1925 la conquista del Polo Nord.
La tramvia iniziava con una spericolata impennata: il binario, raccordandosi a quello della linea per Pontedera, iniziava subito a salire per mezzo di un piano inclinato all’altezza del Bastione Stampace, e proseguiva su un lungo viadotto sopraelevato, in parte in metallo e in parte in muratura, per scavalcare il Canale dei Navicelli e la strada provinciale. L’opera era costituita da 10 campate metalliche realizzate dalle Officine Meccaniche di Savigliano, la più lunga delle quali, appoggiata sul bastione Stampace, misurava 30,60 metri. Il tratto in muratura constava di 7 arcate da 10 metri ciascuna.  La linea procedeva fino ad incontrare la vecchia via Livornese e qui correva in sede promiscua. Vicino alla fermata di Bocca d’Arno, un binario di raccordo si inoltrava nel Cantiere Navale Gallinari, poi stabilimento aeronautico CMASA, per consentire il collegamento diretto con la fabbrica. In tutto, circa 13 Km.
Questo sistema territoriale perfettamente integrato funzionò fino al primo decennio del Novecento, quando si cominciò a discutere di elettrificazione. Ma questa è un’altra storia.

In questa piccola vicenda pisana ci sono elementi molto significativi. Il primo è la precocità della costruzione di infrastrutture di trasporto, pensate e programmate con una visione lungimirante del territorio e del suo sviluppo; anche per questo la provincia pisana dell’800 ha avuto un primato nella industrializzazione, intendendo come industria il rapporto sinergico tra poche grandi industrie e moltissime piccole e medie attività.
L’altro elemento su cui merita soffermarsi è la costante ricerca di intermodalità, nella consapevolezza che i trasporti funzionano quanto più sono privi di rotture di carico.
Nell’area pisana in questo periodo si costruisce un costante rapporto tra tram e treno. Il capolinea dei tram è localizzato sempre accanto alla stazione ferroviaria, se non dentro di essa. Ho segnalato sopra raccordi tra ferrovia, tramvia e alcune industrie, creati per facilitare le spedizioni; ma l’attenzione ai commerci era stabile. Per esempio, sulla tramvia PPC, per il servizio merci erano attivi un binario tronco con relativo piano caricatore a Riglione e a San Benedetto, mentre a Navacchio esisteva un vero e proprio raccordo con lo scalo ferroviario. Attraverso verghe lunghe 200 metri che si insinuavano tra le case e con due piattaforme girevoli si facilitava il carico/scarico delle merci e il loro passaggio da un mezzo di trasporto all’altro, ed esisteva qui un binario di raddoppio e uno di ricovero e sosta; del resto Navacchio si collocava all’incrocio tra Pisa, Pontedera, Calci e Livorno, tra pianura, monte e mare.
Ancora più interessante appare il rapporto realizzato tra tramvia, collegata alla ferrovia, e canale dei Navicelli, collegato al porto di Livorno.
Presso la darsena pisana di Porta a mare, si è detto, e all’origine del canale era stato costruito il Sostegno, imponente chiusa in muratura, un’opera idraulica ideata da Leonardo da Vinci e ristrutturata sotto Pietro Leopoldo (restaurata alcuni anni fa). Associata alla vecchia "Cateratta Maestra" posta direttamente sull’Arno, essa costituiva una sorta di vasca di compensazione, grazie alla quale si poteva regolare al meglio il livello dell'acqua, in modo che i navicelli potessero transitare dall’Arno al Canale e viceversa, e ciò anche quando il fiume era in piena.
Quando sul finire dell’Ottocento si costruì la tramvia Pisa - Marina di Pisa, si pensò bene di realizzare un viadotto che, oltre a oltrepassare il canale, conduceva i veicoli in una sorta di galleria  ospitante una piattaforma girevole, grazie alla quale i carri, girati di 90 gradi, imboccavano il fascio di 3 binari che sorgeva nelle adiacenze dei cosiddetti scali del Sale, lungo il canale dei Navicelli.. Qui era posizionato un nodo di interscambio per le merci dirette a Livorno, tanto che, dopo l’Unità, erano stati costruiti dei magazzini sulla sponda sinistra del canale.
Insomma, un sistema integrato di interconnessioni tra strade, treno, tram e vie navigabili.


Bibliografia
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S. Maggi - A. Giovani, Muoversi in Toscana. Ferrovie e trasporti dal Granducato alla Regione, Il Mulino, Bologna 2005.
F.Vasarelli, Il trammino. Passato, presente e futuro della ferrovia del litorale pisano, ETS, 2012
Locus, n. 1, Pisa, Felicieditore, 2006, Tramvie